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"10 domande a..."

-Patrizia Mazzonetto-

di

Monia Di Biagio

Patrizia Mazzonetto nasce, per la gioia del gestore del sito, Carlo, essendo questi uno dei suoi autori preferiti, lo stesso giorno e mese di Vonnegut,  il 10 ottobre del 1960 a S. Giorgio in Bosco (PD). Come lei stessa afferma “Da sempre scrivo poesie.” Dopo alcune esperienze formative teatrali, pubblica con la rivista TAMTAM di Adriano Spatola, poeta deceduto del gruppo ’63, l’atto unico di teatro poesia “UN CADEAU: MODERNALIA!” 1986. Dopo alcuni anni nei quali persegue altre esperienze di vita, si riaffaccia al mondo della poesia e del teatro. Nel Novembre 2002 pubblica sul sito Internet NUOVIAUTORI.ORG una poesia “BLASFEMÌA D’AMORE”. È rimasta sempre in contatto attraverso altri lavori poetici con il sito, dove attualmente cura e gestisce, insieme a Carlo, il concorso gratuito  “Poesie del cazzo” volto alla creazione dell’ omonima antologia. Carlo Trotta e Patrizia Mazzonetto ci tengono a definirlo un “(non-)concorso” di poesia in cui non si vincerà nulla se non la possibilità di essere selezionati, in modo assolutamente insindacabile dagli stessi curatori, per venire inseriti in un e-book  o in una raccolta cartacea. L’indirizzo esclusivo cui rivolgersi per inviare propri testi e fare domande è poesiedelcazzo@tiscali.it Nel Marzo del 2003 un’altra poesia viene pubblicata, preceduta da alcune note introduttive, su SPEAKER’S CORNER, angolo della poesia, della RCS. Sempre nel corso del 2003 vince il secondo posto con un altro lavoro di poesia teatrale “SALOMÈ ED ERODIADE” del Concorso IL VIAGGIO INFINITO 2003, premio ritirato nel novembre 2003 a Conversano (BA). La motivazione della premiazione a Patrizia, per la settima edizione de IL VIAGGIO INFINITO 2003, concorso patrocinato dalla Presidenza della Repubblica è la seguente: ”un lavoro che nella confluenza e convivenza di due personaggi (madre e figlia) si snoda in un interessante meccanismo scenico con l’entusiasmo proprio di un creatore che inventa le proprie forme, gli ambienti, le luci, le atmosfere con una sublime semplicità riveniente dalla capacità stessa di questo poeta-drammaturgo di aver saputo mondare le scorie dell’accessorio e del provvisorio a vantaggio della nudità di un dramma umano espresso e rappresentato in una sfera di astrazione estetica.” Ad ottobre, altresì, ritira il primo premio del concorso poetico “E IL NAUFRAGAR M’È DOLCE IN QUESTA RADIO”, sez. poesia singola, edito dalla Casa Editrice Romana IL FILO. E’ presente inoltre, nella prima raccolta cartacea degli autori di NUOVIAUTORI.ORG e nel settimo volume della casa editrice IL FILO:  “VIAGGIO NELLE PAROLE”. Recentemente una poesia in stile Haiku è stata inserita in una raccolta, intitolata “50 Haiku”, conseguente al 1° Concorso Nazionale poesia Haiku, presieduto dal prof. F. Virgili. Un’altra poesia “11 marzo 2004 – Atocha – “ è stata inserita in un volantino, patrocinato dall’UNESCO, edito da NUOVIAUTORI in occasione del 21 marzo 2004, ricordato con la giornata Internazionale della poesia. Ad Aprile 2004 “SALOMÈ ed ERODIADE” esce per la casa editrice IL FILO collana “NUOVE VOCI”. In agosto 2004 è stata inserita nella rivista elettronica spagnola (aragonese) http://elpollourbano.net nella rubrica “aragoneses en red”.

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"Cara Monia, prima di iniziare a rispondere, ti ringrazio solo per la pazienza che hai avuto per leggere alcune cose mie, ed in anticipo per quella che porterai, per seguirmi qui di seguito. Anticipatamente saluto anche chi avrà la voglia di ascoltarmi nelle mie risposte."

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1- Teatro e Poesia, quanto questi due importanti termini influenzano, muovono e arricchiscono la tua persona?

Credo questi due poli, che per me sono uno solo, siano la mia persona. Da sempre vivo condizionata da queste due forme espressive: la poesia da quando ho iniziato a leggere, e ancor prima da quando ho iniziato a sentire ed ascoltare. Di questa mi colpiva la musicalità prima ed, in seguito,crescendo, i “SIGNIFICATI”. La prima cosa che scrissi, “Malinconia”, era in rima, avevo otto anni e non sapevo fosse possibile liberarsi dalla “metrica”, quando lo seppi fu una sorta di liberazione. Perché tutto quello che vivevo aveva per me un ritmo poetico, che veniva siglato dalla musicalità delle parole, dai metasignificati come anche dalla possibilità di giocare con il segno grafico. Il teatro, invece, è nella mia persona da quando ho sentito il profumo, o, meglio, l’aroma delle assi di un palcoscenico, ed il fruscio e l’odore dei costumi di scena. Io sono nata in un piccolo paese dell’Alta Padovana, assolutamente irrilevante dal punto di vista storico, lì c’era, retaggio del Ventennio, “La casa del Popolo ex Casa del Fascio”, dove andavo a pattinare, una delle poche attività permesse in un posto come quello. Era una sala polifunzionale, come si direbbe oggi, che ospitava un vero PALCOSCENICO (non come quelli che ci sono ora nei nuovi centri Politutto); lì io amavo andare sotto il palco a curiosare, superando le mie fobie su insetti di vario genere, lucertole topi e affini (un assurdità se consideri che sono nata in campagna), pur di cercare di assaporare i resti delle macchine di scena, un po’ ci salivo sopra e fantasticavo…Poi c’era il teatro dalle suore, che abbandonai quando pretesero di farmi fare delle cose assurde, ma assolutamente normali per il luogo, il tempo e quella cultura di base. Lo ripresi più avanti negli anni e da lì le mie due anime si fusero (COME SONO ROMANTICA), anche se una certa base di solidità da nordest italiano mi ha imposto delle scelte che hanno contratto, per un certo periodo, questa mia dirompenza emotiva. Io nella mia professione attuale, cioè quella che mi permette pecunia, sono ogni giorno sostenuta da questi poli, anzi forse non potrei né fare quel che faccio (che non dico!) né essere come sono quando lavoro, per di più, avendo a che fare con vissuti di tutti i generi, ogni giorno ho argomenti che mi si appiccicano e attendono una forma e una voce.

2- Un concorso poetico, anzi mi correggo e preciso un “non-concorso” poetico che già dal nome è tutto un ambizioso programma, difatti colgo questo titolo come una provocazione bella e buona e che già, solo per il fatto che sia gratuito, probabilmente vuole distaccarsi totalmente da quel panorama veniale dell’attuale miriade di concorsi nazionali. Quanto spesso ti sei soffermata a riflettere sull’importanza di questo progetto che con molta serietà e professionalità stai portando avanti così egregiamente?

Ora ci penso molto meno di prima dell’avvio. Inizialmente invece, c’è stata una ponderazione abbastanza marcata, non tanto sul non-concorso, ma sui modi per rendere visibili quanti come me si esprimono pubblicamente, ma risultano invisibili, perché lontani dall’editoria classica, fatta dai soliti. Quando pubblicai “UN CADEAU: MODERNALIA!” (Carlo ne ha una copia, anche perché è pressoché introvabile) chi mi indicò di rivolgermi ad Adriano Spatola fu un “direttore editoriale” –non so come definirlo e di cui non ricordo il nome- che mi venne passato da una centralinista della casa editrice Einaudi. Io non sapevo chi fosse Spatola, ma mi diede il suo numero di telefono e lì è iniziata una minuscola amicizia con questa persona, che era realmente un grande cuore d’artista. Costui è stato una dei massimi rappresentanti della poesia contemporanea, nonché un teorico, è morto troppo presto, o forse ne aveva le palle piene. Provate oggi a fare, senza conoscere nessuno, quello che feci vent’anni fa……impossibile! “POESIEDELCAZZO” è soprattutto una trovata Marketing, che prende spunto dal sentire comune della maggior parte delle persone che ci circondano. Scrivere, soprattutto poesia – non considero il teatro, che è ancora peggio! -, è, infatti, una perdita di tempo e di soldi, questi ultimi in quanto non guadagnati e molte volte anche spesi, quindi è una cazzata della vita. In più, come già ho scritto nell’introduzione al nostro non-concorso, ciascuno di noi avrà avuto qualcuno che, a fronte di un nostro diniego a partecipare a qualche riunione conviviale perché  (pre-/)occupati dai nostri pensieri, ci avrà detto: “…con le tue poesie del cazzo!” Con questo non-concorso la mia preoccupazione è stata quella di aiutarci tutti a metterci in mostra con le nostre Poesie del Cazzo, perché abbiamo qualcosa da dire, non solo fare, produrre, scopare ….dire, fare, baciare, lettera o testamento…….(scusa ma mi faccio le battute da sola!) e lo vogliamo mostrare. In tutto questo poi, c’è lo zampino del Trotta, il FANTASTICO TROTTA, più fuori di un balcone, che ha colto il significato di tutto questo inserito nella società in cui viviamo, società presa a stupire e a pubblicizzare la sua capacità di farlo. E’ stato detto NON-Concorso perché noi non ci poniamo come maestri di pensiero, noi andremo col nostro giudizio, opinabile come già dichiarato in partenza, che non ha alcuna pretesa di dire a qualcuno tu vali oppure no, non siamo noi i banchieri, o bancari, delle emozioni, noi non apriamo fidi. Vogliamo solo essere una vetrina o un vasetto di pomodori sul suo scaffale bene in vista, con un’etichetta che faccia venire la foglia di provarci, di assaporarci e capire che non ci sono solo le grandi marche, con i loro punti in omaggio,noi siamo come i cibi biologici e come quelli bisogna andarli a cercare, ci siamo etichettati in questo NON-concorso per far venir voglia di mangiarci e …..non lasciarci più….non abbiamo il botulino. E’ un’operazione di marketing che ha la pretesa di far incuriosire per scoprire il mondo culturale sommerso, racchiuso per ora per la maggior parte in internet, ma che ha la voglia di uscire e prendere aria, saggiarla, volarla.

3- Sempre a proposito della contemporaneità del concorso, mi sembra fatto a posta e su misura per dar spazio e voce alla poesia contemporanea, quanto ti distacchi da affermazioni come: “gli autori di una volta non ci sono più”, “la poesia è morta” o ancora meglio “quella di oggi è una non-poesia”?

Gli autori di una volta non ci sono più perché sono o morti, o dormono con i loro amanti che si chiamano Alzheimer, Pick od altro. La poesia non è morta, non la sappiamo definire, ma non è morta, è nelle cose. Non solo nelle cose di una volta con il sentire di una volta, con i modi di espressione di una volta, d’altronde le fonti di comunicazione non sono più quelle di una volta, tutto non è quello di una volta, noi siamo adesso, non una volta, veniamo da quelli di una volta ma andiamo avanti e tra qualche anno saremo quelli di una volta anche noi, meglio se dopo la nostra morte. Per rispondere, alla tua domanda il nostro “concorso” vuole dare spazio alla contemporaneità, alla poetica contemporanea, con NON, MA, SE oppure O ma sempre poesia.

4- Non ti sembra che la Poesia, quella con la “P” maiuscola, quella fatta, a mio personalissimo avviso, di ricercati termini linguistici, figure retoriche, concatenazioni di versi quasi matematici, venga sempre più spodestata da quelli che io definirei semplicemente “pensieri”: fatti di un linguaggio più colloquiale, fors’anche avvicinabile, fino a quasi giungere, però, ad una “non-poesia”, bensì ad una prosa in versi? Forse è per questo che nel citato concorso le poesie partecipanti vengono definite quasi spregevolmente, non Poesie ma “poesie del cazzo”?

No, lo Poesia ha sempre una “P” maiuscola, ma anche la “O”, la “E”, la “S”, la “I” e la “A”(in questo caso @). Cambia la sperimentazione, il linguaggio, la metrica e quanto altro. Per di più siamo anche di fronte ad una variazione della nostra lingua, sempre più contaminata da altri idiomi e linguaggi. Viviamo non una Babele, bensì nel mezzo della nascita di un nuovo  Creolo, quindi ci dobbiamo abituare. Per quanto attiene alla poesia/prosa e viceversa, pur amando la commistione di genere, altrimenti dove mettiamo il mio teatro-poesia, credo che si debba parlare sempre di due generi distinti, in questo momento forse molto vicini. Poesie del cazzo è si spregevole, ma anche i carbonari erano considerati spregevoli però furono l’inizio della storia dell’Unità d’Italia, li conosciamo bene!

5- Se il concorso è un “non concorso” e le poesie in gara sono “non poesie”: due negazioni affermano? Cosa?

Affermano che la poesia è viva e vive in mezzo a noi. (Quasi come El CHE)

6- Non so se a ragion di vedute, credo fermamente tu sia una poetessa molto particolare, che vuol trovare nella sperimentazione la propria strada. Ma tu “il Poeta” (titolo dell’omonima poesia) lo definisci così:

il poeta,

un tuo vicino di casa,

guarda e sorride

ed affila la parole

non picchia la moglie

non maltratta i bambini

e muore

meglio

ti strappasse

i coglioni!"

Dunque chiunque “il tuo vicino di casa”, che abbia un’animo più sensibile che vivrà parlando e morirà tacendo tutto quello che avrebbe potuto e dovuto fare? Un buono ma inetto, vista l’esortazione finale? Perché?

Non è così, è il vicino di casa che è inetto e tutto il resto, è il vicino di casa che ha bisogno di essere scrollato, di essere preso a frustate, e tutto quello che c’è di peggio, per indurlo a vedere, sentire, per smuoverlo dal torpore veliniano, barzellettiano, lustriniano eccetera….. Il poeta ama tutti, fiuta l’aria e parla, non obbliga ad ascoltare, pur essendocene un gran bisogno. Sarebbe meglio si comportasse come un istruttore dei Navy Seals, ma noi abbiamo ora POESIEDELCAZZO……….A proposito ho un’altra poesia che parla dei poeti, la riporto qui pari, pari, non è mai stata sul sito, ed ora c’è:

"Gabbiani"

Dalla spiaggia

le vostre grida

mi attirano

osservo

il planare

e sulla riva

dal mio passeggio

mando preghiere

ai corpi alati caduti

la vostra morte

è come quella dei poeti

sarà rimpianta

al limitare dell’estinguo.

Come vedi ho anche un’idea molto “alta” della poesia, e dei poeti; credo nella loro necessità, nella loro utilità, sono come delle lenti di ingrandimento, credo che la poesia sia come l’aria e l’acqua, le comprendiamo quando si stanno esaurendo od inquinando troppo. La poesia è nella Natura, è in Natura, ed è dentro di noi. Molti sono troppo affaccendati, qualcuno è anche stupido, per accorgersene.

7-Sempre parlando di sperimentazione poetica e quindi linguistica nel leggere le tue poesie, ho visto che passi, da poesie col ritmo incalzante (come in “D’amore”) a quelle con immagini tenui che quasi ricordano il giorno che piano scivola via (come in “Milano notte”), o ancora a fotogrammi ingialliti di passato ancora tanto caro (come in “Per luci ed ombre”). La poesia, per te, oltre che sperimentazione, è momentanea, così come ti balza al cuore, o studiata e programmata, come sperimentazione in versi della stessa realtà esteriore ed interiore?

Come ti ho detto, la poesia mi è saltata addosso e non mi lascia, e qualsiasi cosa per me può diventare, od è, materia poetica. Molte volte le lascio così come vengono, sono già perfette, altre volte le devo plasmare, o meglio, sono loro che me lo chiedono ed io eseguo. Gli Haiku invece, hanno bisogno di una costruzione, anche se è vero che un momento molte volte non chiede tante parole. La stessa costruzione grafica è un auto-divenire: non voglio dire che lascio, come Breton e compagnia, che essa fluisca libera sulla melodia delle emozioni, ma cerco solo di incanalarla rispettando la sua potenza, e le anse, la sua idea di forma.

8- Per quanto riguarda invece la scelta della sperimentazione grafica? Mi riferisco a quelle tue poesie dalla chiara sperimentazione grafica: ovvero come concateni graficamente e sonoramente le parole tra loro, come ad esempio in: “al circo” e soprattutto in “ senza titolo”, ma anche in molte altre “Cenerentola”, “Il pendolo”, “Brindisi” (dove quasi si nota l’oscillazione del bicchiere pronto al brindisi appunto), ed ancora in “Maternità”, “se”, “innamorata”….E’ come se tu “dipingessi le tue poesie”: forse perché, proprio come accade ad un pittore, anche tu vuoi non solo trascrivere i tuoi pensieri, ma dargli una forma, disegnandoli su foglio, esattamente così come appaiono nella tua mente?

In parte ho già risposto. Se permetti allegramente vorrei rispondere che invidio i pittori ed in genere chi si occupa di arti figurative, ho anche provato, un tempo, a mettermi in gioco con questa maniera di espressione, il commento di uno che se ne intendeva davvero fu di lasciare perdere “..per me –disse- non sai tenere una matita in mano. Fai quel che sai fare, continua a studiare e non mollare” Attualmente non so a che punto io sia…. Forse al 1^. Invidio anche i musicisti, ma c’è come una barriera, che mi limita, pur ricercando io sempre un suono, una melodia, un armonia a volte ricca di assonanze a volte completamente dissonante. Con quello che scrivo spero di infrangere questi miei limiti, che conosco e mi infastidiscono. Mi fa piacere che tu abbia visto un segno pittorico, vorrei riuscire ad andare oltre, a dare alle mie produzioni un “peso” rappresentativo che le faccia assomigliare a delle sculture, sculture di parole, che abbiano una grazia ed un suono simile ai vari “mobile”. A volte penso alle preghiere scritte su garze, tipiche della cultura tibetana, e vorrei le mie poesie fossero anche questo. O, meglio, questo potrebbe diventare un’idea da sviluppare per Nuoviautori, con Nuoviautori, una volta concluso il NON-CONCORSO “POESIEDELCAZZO”. Avendolo scritto qui ne rivendico la maternità, spero di avere un padre a fianco…”….CARLO MI SENTI?” L’idea è di un’istallazione poetica fatta con poesie al vento……… magari per la prossima giornata della poesia (Tutti i diritti riservati per Nuoviautori ovviamente. E non sto scherzando. Periodo sospeso, ma me ne frego.)

9- Riportando un tuo verso iniziale “Quale senso?”, naturalmente mi riferisco alla “Poesia di Pace”: quale senso dai tu stessa, alla luce di tutti gli avvenimenti quotidiani, ad un mondo che va avanti, ad una vita nostra che si deve pur vivere con tutte le sue banalità ed i suoi cliché, mentre una parte di questa è ferma bloccata da immagini cruente che ci attanagliano e non ci lasciano più sfuggire? In definitiva: Quale senso fuggire? Quale senso non fermarsi? Quale senso vivere ancora, sempre e comunque, in una vita che sempre più, nella sua quasi totalità, si sta trasformando in morte?

Un periodo senza pace sulla terra non è mai esistito, questa guerra ci coinvolge di più perché ci tocca da vicino, perché i media l’hanno resa così presente tanto da non riuscire a districare le nostre esistenze da quello che sta accadendo, perché ascoltiamo varie tesi e nessuna ci convince, ma siamo orfani di soluzioni se non quelle legate ad una PACE ideale, che io, tu, noi, tutti vogliamo e che non riusciamo a proporre nei modi articolati richiesti dalla complessità delle questioni in gioco. Cosa voglio dire con questo? Io voglio la pace, ma la pace bisogna costruirla, bisogna rifletterci, bisogna che riflettiamo sulla nostra natura, come esseri umani: Dobbiamo vedere l’orrore che è dentro di noi, affrontarlo eppoi forse sarà possibile… Parlo di NOI nel senso di comunità umana, non etnica. La pace per noi occidentali ha un significato, ma per gli altri? Noi parliamo di pace intendendola collegata al concetto di democrazia (finché dura) ma gli altri? Dobbiamo confrontarci nell’assieme, come comunità, come Nord e Sud, Oriente ed Occidente, senza pudori, senza premesse di innocenza o di colpa a senso unico. Caino ed Abele sono nati dalla stessa madre,  noi dobbiamo capirli entrambi, potrebbero anche essere gemelli monovulari.  Ecco, il senso della mia esistenza si somma a quello degli altri che evidentemente pongono le stesse domande, e quello di altri ancora che fuggono perché non hanno di che vivere, la mia esistenza è mio figlio, la mia famiglia, il percorso che stiamo facendo, per ora congiunto domani non so…. La mia esistenza ha senso ed è il senso perché sto camminando lungo un percorso, mostrandolo, manifestatamene lo indico e lo seguo ….spero di poter essere letta e capita…….. Scusami sono un’ottimista inguaribile……… (a volte umanamente oscillante)

10- Ultima, classica, ormai immancabile domanda, che inserisco sempre come decima, perché significa per me tracciare una linea continua di vedute, tra tutti i vari autori intervistati: anche tu come hai partecipato a vari Concorsi Letterari, li hai vinti, inoltre sei stata recentemente pubblicata da importanti Fanzine e riviste letterarie: da dentro a tutto questo come vivi il mondo dell’editoria italiana? Quello dei Premi? Cosa consiglieresti ad un esordiente che ancora deve varcare la soglia della carta stampata, delle recensioni, delle premiazioni importanti?

Consiglierei quello che mi fu consigliato allora: fa quel che sai fare, studia e non mollare. Io non mi considero arrivata da alcuna parte,né so se arriverò, mi interessa il percorso, come la vita di cui cerco il senso, e quale se non il viaggio: nascere e morire sono due tappe, più o meno dolorose, scontate e forse banali, anche per gli eroi. Con il tempo ho aggiunto un po’ più di sfrontatezza, ho il cuore più leggero di quando avevo vent’anni, ed un po’ meno trasgressiva apparenza perché  il poeta come un sicario… è un tuo vicino di casa…. Spero non si stufi di affilare le parole…….Per il mio conto, no, ho un buona tecnica per la tempra.

Grazie a Patrizia Mazzonetto, per la sua cortese e graditissima partecipazione.

 Caramente, Monia Di Biagio.

 

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