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di Monia Di Biagio Gianfranco Franchi, alias Lankelot, nasce a Trieste nel 1978. Laureato in Lettere Moderne con una tesi su “La menzogna nella letteratura del Novecento”, è stato responsabile di due riviste letterarie, Ouverture (1998-2001, finanziata dall’Università Roma III) e Der Wunderwagen (2000-2003, indipendente). Dall'aprile 2003 è coordinatore del portale indipendente di informazione e critica letteraria e dello spettacolo Lankelot.com. Ha pubblicato due “laboratori” di poesia: “L’imperfezione – opera III” (Oleandro, 2002) e “Ombra della Fontana.” (Il Filo, 2003). Ha partecipato, tra 2001 e 2003, a programmi radiofonici di letteratura e spettacolo e curato il catalogo delle opere del pittore russo Plotnikov. Collabora, ed ha collaborato, con diversi siti, tra i quali: Piazza Liberazione, Anpi Magenta, Super Trigger. Ecco i links web che lo riguardano -quello del caffé letterario che coordina, il Lankelot.com: http://www.lankelot.com e quello alla sua Pagina Personale. Ed altresì quello alla Rassegna Stampa che contiene recensioni: dei libri "Ombra della Fontana" e "L'Imperfezione- Opera III"; del sito Lankelot.com; della rivista "Der Wunderwagen"; del libro che non c'è, "L'ombra". 1- Gent.mo Gianfranco mi permetto di darti del tu, vista la tua età così vicina alla mia, innanzi tutto debbo complimentarmi con te per quello che ho potuto evincere sia dalle tue note biografiche, sia dalla lettura approfondita dei tuoi siti che da subito mi hanno mostrato una tua intensissima attività letteraria, fatta di numerose e di certo consistenti pubblicazioni in campo poetico, narrativo ed editoriale. La tua di certo ed a ragione potrebbe essere definita “Professione Letteraria” comprovata ed arricchita da una Laurea in Lettere Moderne. Attualmente calza alla tua persona questo binomio di termini? In quale momento della tua vita hai deciso di dedicarti totalmente e così approfonditamente alla scrittura? È dedizione, non professione. È appartenenza. Vivo di letteratura dalla fine del Liceo. Cosciente delle difficoltà (economiche) e dei sacrifici che si ripeteranno negli anni a venire. È una scelta d’ombra, pretende coerenza, isolamento e studio. Non abbandonerò mai questo sentiero di ricerca, perché sono convinto che il linguaggio rivelerà l’origine, la natura e il destino della nostra specie. Ti ringrazio per le parole d’apprezzamento – ma ti assicuro che non ho ancora realizzato nulla di quel che ho in mente, a dispetto dell’attività che hai avuto la gentilezza di definire “intensa”. 2- Già nella tua tesi universitaria, ma anche nel tuo caffè letterario virtuale, vengono menzionati ed evidenziati termini come Letteratura e sogno o Letteratura e menzogna: questi sono per te sinonimi? Inestricabili termini? E Quanto sono presenti nella tua realtà di narratore? Sogno e menzogna fondano la realtà. Non solo la mia realtà di narratore. La letteratura è coscienza del sogno e della menzogna – è una frontiera. 3- Quanto di reale c’è in ogni tuo libro? È solo e sempre la tua fantasia a parlare ed in questo caso, proprio come Jorge Luis Borges, ti definiresti “sovrano artefice di illusioni e paradossi”? Ogni percezione della realtà è un’ interpretazione, una traduzione e una trasfigurazione. La scrittura narrativa è solo una successiva traduzione e trasfigurazione. |
La memoria è un giocattolo di polvere, sangue e luce. La fantasia è una confusa reminiscenza o un divertimento. Per scrivere è necessario sprigionare ombre, e geminarsi. L’incanto pretende fedeltà agli artisti del passato: e infine alterazione, rinnovamento, sperimentazione. La realtà è una simulazione, non ha senso.
4- Definisci la tua opera prima “L’ombra” “il libro che non c’è”, perché inedito e mai pubblicato: trattasi difatti di un’opera di gioventù, un romanzo di formazione, che hai ambientato tra Roma, Praga e Trieste; dove parli di spettri d’un passato che non vuole assopirsi e nebulose visioni del futuro, narrando le avventure di un giovane custode e di un giovane letterato. Lo pubblicherai? Altri progetti nel cassetto o nella mente?
È stato scritto pensando alla linea editoriale di una e una sola casa editrice. Questa casa editrice non ha ritenuto interessante la sinossi, e non ha mai visionato il manoscritto. A quel punto ho preferito che “L’ombra” avesse circolazione clandestina. Un giorno “il libro che non c’è” verrà stampato: ma da un editore, non da certi tipografi nostri contemporanei. Onestamente disprezzo l’editoria a pagamento, e non la trovo giustificabile – è una forma di parassitismo e di opportunismo mercantile che va sradicata dalla nostra cultura e debellata. Assieme a certe forme di controllo della distribuzione – ma qui il discorso si amplia e non è la sede adatta, immagino. Altri progetti? Esiste un altro romanzo, scritto tra 1997 e 2001. Rimarrà inedito, o sarà pubblicato sotto pseudonimo. Sto per cominciare a scrivere il terzo. L’innesco dipenderà dai sogni, come sempre.
5- Nelle Riviste Ouverture (1998-2001), Wunderwagen (2000-2003), Lighea, hai curato e firmato gli editoriali o gli articoli di critica letteraria ed al tempo stesso hai pubblicato, sulle stesse, tue prose e poesie: all’atto pratico riconosci una differenza tra l’essere letto come scrittore-poeta o come critico? L’una attività valorizza l’altra? Professionalmente parlando quale definiresti più tua, quale ti aggrada e ti interessa di più?
La verità è che, scrivendo, non sento più differenza tra narrativa, poesia e critica. Probabilmente dipende da quel che sto cercando di realizzare. Ma questo è un altro discorso. Quanto ai lettori, mi sembra nutrano strane forme di soggezione nei confronti delle pagine critiche. Alcuni sembrano avere sviluppato un curioso complesso di inferiorità nei confronti delle opere, e guardano con diffidenza o con disprezzo chi prova a interpretarle o semplicemente si limita a parlarne, con umiltà. Credo sia un fenomeno originato dalle debolissime attitudini alla lettura dei nostri concittadini: viviamo in una nazione in cui si reputa “lettore forte” chi sfoglia tredici libri in un anno. Questo ammanta i critici d’una strana aura di “onniscienza”. È un’aura che determina ammirazione e odio allo stesso tempo, senza nessuna ragione plausibile e senza nessuna giustificazione credibile. Insomma – mi sono accorto, per parlar chiaro, che se si scrive critica si viene molto facilmente detestati, per ragioni non del tutto comprensibili. È un fenomeno che mi infastidisce e quindi mi batterò per cancellarlo.
6- La tua attività di “Franco Tiratore” l’omonima rubrica di critica letteraria che hai curato sul Wunderwagen (2000-2003) si è sempre allineata alla tua onestà di critico, o a volte hai dovuto, magari controvoglia, eccedere in lusinghe per nomi che ti erano stati segnalati da “qualcun altro”?
Sempre rimasto fedele ai miei principi e ai miei ideali. Capita che mi vengano segnalati libri, ovviamente: soprattutto perché chi mi conosce sa che sono estraneo alla disonestà, e s’attende un giudizio obbiettivo; oppure, semplicemente perché ha piacere che legga “quel” libro. Piacere mai negato a nessuno: stroncare è divertente, in fondo, quanto elogiare un buon romanzo. Il dramma è quando ti viene segnalato un testo che non è né un capolavoro, né spazzatura – ed ecco che la critica diventa narrativa, a ben guardare, e si scrive, sbadigliando, una pagina incolore. Succede. Purtroppo. Una segnalazione non è una raccomandazione. Dubito fortemente che chi ha letto qualche mia pagina abbia il coraggio di propormi una “cortesia” di questo genere. Posso dirti invece che quando qualcun altro, altrove, ha provato a “suggerire” non sono stato comprensivo. Mettiamola così: la “segnalazione” è prassi. I tentativi di corruzione, sempre molto garbati e velati, sono più rari – almeno, parlo di quel che vivo oggi. Quando lavoravo altrove ho osservato che dietro allo “scambio di favori” si costruiscono amicizie e collaborazioni. Mi sembrava impensabile, ad esempio, che uno scrittore che pubblica per una grande casa editrice lombarda potesse interessarsi ai contenuti di certe riviste o alla scaletta di certi programmi: invece, accade. Si vede che è attento ai giovani, chissà? Del resto, Monia, è una delle ragioni per cui non scrivo che in rete: io volevo restare pulito, e pulito (e sconosciuto) sono rimasto. Ghettizzandomi, e rinunciando magari a qualche (minima, per carità) possibilità. Se cambieranno le cose, tornerò a lavorare anche in altri media. I mercenari del pensiero meritano una punizione esemplare. Chi vende la propria intelligenza è un assassino dell’umanità. Pagheranno.
7- Digressioni, provocazioni, quella che tu definisci la “necessità di essere diversi”: è questo che senti quando scrivi? E’ questo che chiedi a chi si siede alla tua “Tavola Rotonda”? Se vi si fosse seduto Dino Campana?
“Non resistiamo alla tentazione di essere diversi” è uno dei motti di Lankelot.com. Ha a che fare con l’esperienza esistenziale ed estetica di chi partecipa all’attività del caffè letterario, ed è un invito alla libertà d’espressione. Essere diversi non è una necessità, è uno stato. Dino Campana? Assieme a Guido Morselli e a Sergio Corazzini è uno dei miei padri spirituali: a loro m’inchino. Mi piace pensare che, fossimo stati contemporanei, avremmo combattuto le stesse battaglie e alimentato lo stesso sogno.
8- La musica è la tua musa ispiratrice o l’amabile compagna del silenzio mentre scrivi, crei, componi? Quando ascolti un brano cosa senti prima la musica o le parole?
La musica è una delle principali fonti d’ispirazione; è un innesco, come i sogni. Quando scrivo sento musica, sempre.
9- Molto spesso, attraverso le considerazioni e le parole di un autore, si viene prontamente a conoscenza delle sue preferenze letterarie e delle sue idee sul mondo letterario. Tu in “L’ombra” riferendoti all’ editoria e alla cultura attuale: hai utilizzato le seguenti frasi “Le case editrici ree di affossare e scempiare il cadavere della letteratura contemporanea” e gli scrittori “Soffocati dalla mediocrità delle politiche editoriali, e dalla bassezza intellettuale dei responsabili delle case editrici, reputate ormai aziende e vincolate alla logica del guadagno” . Premesso che la penso esattamente come te: cosa resterà in un futuro di questo magma informe che è la letteratura attuale? Si parlerà come è successo a noi, per i vate del passato, solo di alcuni “talenti isolati”, o anch’essi spariranno nel fiume di parole elettroniche del nuovo millennio? Chi resterà, chi verrà ricordato sarà il talentuoso o solo chi ha venduto di più: vedi Emilio Fede, Totti e mi rifiuto di andare oltre?
La produzione di merda catodica verrà analizzata col dovuto disgusto e ridicolizzata a dovere. E guarda che la merda d’origine televisiva ha davvero una enorme fetta di mercato, tra libri di comici, di “giornalisti” come il signore che hai nominato, di autori da Costanzo Show e via dicendo. Lasciamo stare il cancro della nostra cultura – la televisione commerciale e il suo padrone, peste li colga – e parliamo di letteratura. Limitiamoci ad italiani, viventi, con almeno venti anni di produzione alle spalle: immagino rimarranno questi nomi: Claudio Magris, Daniele Del Giudice, Tommaso Ottonieri, Paolo Maurensig, Umberto Eco, Sebastiano Vassalli; forse Tiziano Sclavi ed Erri De Luca. Tabucchi, certo, e il primo Baricco e il primo De Carlo. Tra i poeti, Erba, Roversi e Zanzotto. Ecco i grandi padri della letteratura italiana contemporanea. Aggiungi il povero Pontiggia, che se ne è andato troppo presto, un anno fa. A parte loro, il quadro è molto imbarazzante o al limite piuttosto divertente e kitsch. Ovviamente ho dimenticato qualcuno: nel caso, spero che quel che ho scritto altrove valga come testimonianza della mia considerazione. Dei giovani, degli “attuali” e degli “scriventi” parleremo, adesso e negli anni a venire, qui in rete o altrove. Per demistificare (leggi: fare a pezzi) le mode, tanto per cominciare.
10- In tema con quanto già chiesto, eccoci giunti all’ultima classica domanda immancabile ed inserita sul finale in tutte le mie interviste. Un consiglio? Un tuo personale suggerimento a chi si appropinqua a calpestare, rumoroso ed invadente, o silenzioso ed inerme, il suolo della sacra Arte.
Rispetta chi ti ha preceduto: sii irriverente e spregiudicato. Non dimenticare d’essere testimone d’una grande tradizione letteraria. Non dimenticare di difendere l’intelligenza, e di pretenderla. Non dimenticare di riconoscere i tuoi debiti e i tuoi limiti. Abbi il coraggio di indignarti e l’onestà d’adirarti, sempre. Insegna ai più giovani quel che t’hanno insegnato e hai imparato. Ribellati, crea, sperimenta e sogna. Abbi cura dei tuoi pensieri. Cambieranno il mondo.
Grazie a Gianfranco Franchi, per la sua cortese e graditissima partecipazione.
Caramente, Monia Di Biagio.
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