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"10 domande a..."

 

 

-Fausto Cerulli-

 

di

Monia Di Biagio

Innanzitutto ve lo presento. Fausto Cerulli fa l'avvocato penalista. Lui si definisce “molto imputato”, i suoi reati sono quelli d’opinione! Ha difeso brigatisti rossi ed esponenti di Prima Linea. Ha difeso Pelosi, l'omicida di P.P.Pasolini. E' stato legale del Manifesto. E' stato anche candidato al Senato per la lista Bonino-Coscioni, pur non rinunciando alle sue idee di sinistra. Attualmente è consulente legale dell' Associttadini. Ha sempre scritto ma senza pubblicare, salvo su piccoli siti locali e salvo i circa duecento articoli apparsi su Libero di Feltri, con il quale ha collaborato per un anno e mezzo, invitato da lui, ci tiene a precisarlo, testata nella quale si occupava di costume e malcostume, con una rubrica personale. La rottura con Feltri è avvenuta per “inosservanza delle regole dell'ossequio al direttore” come mi spiega lui stesso, ed aggiunge “ho chiuso con il giornalismo.” E nonostante tutte queste attività riesce a trovare il tempo per essere un ottimo poeta. Le sue poesie le potete trovare in diversi siti di poesia moderna: “i sogni nel cassetto”; “libero di scrivere”; “scrivi.com”; “club dei poeti” e naturalmente “nuoviautori.org” dove troverete un'ampia raccolta delle sue oltre 300 liriche.

1- Fausto la nostra corrispondenza dura ormai da qualche tempo, ma a proposito di questa intervista, mi ha salutato dicendomi: “mi scuso ma non  so parlare di me, bisogna provocarmi!” Detto fatto: perché lei, che è un grande avvocato ed un grandissimo poeta, risulta essere una personalità “tanto scomoda” per il resto della società? Visti i suoi personali “capi d’imputazione” (attualmente inquisito dalla procura di Perugia per associazione sovversiva) e naturalmente per “società” non mi riferisco solo a quella letteraria…

Io sono scomodo per la società, non solo letteraria, per il fatto che in fondo è la società ad essere scomoda per me. Io non ne accetto le regole fino in fondo, e per vendetta essa mi nega i suoi vantaggi. Io la critico e lei mi emargina: so che questo braccio di ferrò è in perdita secca per me; ma penso che alle gare sociali l’importante non sia né vincere né perdere. L’importante è NON partecipare.

2- Lei Fausto potrebbe essere considerato un “artista completo”: scrive ed ha scritto moltissimo, si interessa di fotografia, ha difatti recentemente esposto ad Orvieto, nel chiostro di San Giovanni, e sta per esporre a Bolsena, evento al quale non potrò mancare, vista la vicinanza di questa incantevole cittadina medievale e lacustre da casa mia! Organizza presentazioni, convegni, recital ed i suoi famosi “Venerdì letterari”. Tutta la sua vita sembra esser intensamente dedicata alla cultura. Dove trova il tempo ma soprattutto la forza per gestire questo difficile mondo, spesso solo fatto di “pensieri e parole”?

Il tempo non lo trovo, lo rubo. E per questo pago il fio: sconto la galera con l’essere fuori tempo, fuori tempo massimo e fuori tempo minimo. Una volta ho scritto che il modo migliore per ingannare il tempo è prendere un appuntamento decisivo con la precisa intenzione di non rispettarlo.

3- Da cosa è nata, scaturita, sino crescere a dismisura, la sua voglia e la sua innegabile capacità di far poesia?

Probabilmente quella che Lei chiama capacità di far poesia è semplicemente facilità di usare un mezzo espressivo.

E la mia pigrizia mi suggerisce di fare quello che mi riesce più facile. A parte ciò il fare poesia non comporta responsabilità, alla peggio rischio l’insuccesso. Poca cosa per chi non fa del successo un fine e neppure uno scopo, ma solo un paradigma di rapporto interpersonale.

4- Lei è ateo e comunista, un binomio di fronte al quale un prelato potrebbe impugnare strettamente il crocifisso. Ateo lo è diventato e perché? Comunista reputo lo sia per scelta e cognizione di causa e perché?

Sono ateo come tutte le persone che hanno avuto una educazione cattolica, hanno frequentato gli oratori, e non si sono trovate nella necessità di utilizzare educazione e frequentazioni. In mancanza di questi vincoli di carattere utilitaristico, alla accettazione imposta subentra una inevitabile critica, ed alla critica un rifiuto senza furori.

5- recentemente mi ha inviato e per questo la ringrazio sinceramente, questa strepitosa lirica, che voglio riportare per intero, poi passerò alla domanda, esordendo con queste parole: “Così stamattina l’esorcizzo e che dio l’abbia in pace….”

“Avevo appena incominciato

A conoscere il profumo che

Lasciavi di scia come lumaca

Innamorata arrampicata

A questo muro di tufo

Che è diventata l’anima mia.

Sillabavo il tuo nome,  già

Sapevo mormorare le lettere

Rosse, faticavo alle scure

E mi arrendevo alle bianche

Che sapevano del tuo seno

Smorzato dai capezzoli,

In viola  fuori luogo.

Ti sapevo mentre mordevi

L’aria a grappoli, fasciavi

Il tuo corpo con la pelle

Rosata di te che odiavi

Il sole che ti amava,

come tutto ti amava.

Già festeggiavo il tuo respiro

Allacciato al mio. Poi fu

Un sospiro, l’ultimo tuo

Trasecolato. Ed io non

Ero mai stato amato

Amante, aspettavo

La sera. Ma la sera

Eri morta. Ed io, e dio.

Ed io di dio non so

Che farne. Ha preso la

Tua carne, l’anima mia.”

Sua moglie? La fine della sua stessa esistenza e l’inizio della sua vita poetica? La sua conseguente decisione di non credere più a quel “dio” che volutamente scrive piccolo, perché troppo le ha tolto?

Una ragazza di Milano che mi ha insegnato il sesso, che ho conosciuto in un momento in cui avevo fatto uno strappo con la mia vita di provincia, e che soffriva del fatto di non essere una intellettuale, ma una operaia della Siemens. Da lei, oltre che il sesso, ho appreso il comunismo delle condizioni reali, ma lei era convinta di non potermi insegnare nulla. La lasciai per tornare a fare i conti con la mia vita di sempre e con la pro- messa che sarei tornato.  Ho saputo dopo che si era messa a battere- era una donna bellissima e  giovane- e che frequentava ambienti a rischio. Una mattina hanno trovato il suo cadavere all’Idroscalo, scaricato da qualche vettura in corsa. Da allora so che cosa NON è il senso di colpa. I naufragi non sono mai solitari.

6- Stessa comprensibile rabbia, la troviamo in “edipo si strappava gli occhi per avere antigone accanto, a tebe morta” visionabile su “scrivi.com” sotto il suo alias Voltaire. Perché Voltaire? Perché non Emile Zola con il suo “Je accuse” che vedo molto più coerente ed in linea sia alla sua vita di Toga che a quella letteraria?

Voltaire perché mi piacerebbe essere razionalista ed illuminista. Le nomme de plume corrisponde a quello che si vorrebbe essere. Se avessi dovuto scegliere uno pseudonimo che rispecchiasse quello che sono, avrei scelto di chiamarmi il fanciullinodipascoli, tutto attaccato.

7- La sua poesia a tratti irriverente, ma a mio avviso sempre unicamente, fortemente sincera, si è mai dovuta scontrare con la sua coscienza  di tutore della giustizia? Lei è mai stato l’avvocato di se stesso?

Poesia e foro sono sempre state  distinti, anche se qualche volta mi sono divertito con arringhe di natura e sapore letterari. Potrei dire che ho rifiutato di essere sia un poeta togato che un avvocato togato. Con tutti i rischi connessi al rifiuto della “ divisa”.

8- Se improvvisamente, “miracolosamente” dovesse scemare nella sua anima, questo sentimento di ribellione nei confronti della vita tutta, lei smetterebbe di scrivere? Finirebbe in un batter di ciglia la sua necessità di farlo? O ormai la poesia ha occupato così gran parte della sua vita, da non potervi, neanche volendo più rinunciare?

Credo che seguiterei a scrivere, e  lo farei per ribellarmi allo scemare della mia ribellione.

9- Quanto si distanzia la retorica che suppongo sia costretto ad usare in Tribunale, dal suo modo di sentire e far poesia? Potrebbe mai entrar a far parte una frase ben studiata a tavolino di una delle sue liriche? E’ solo istinto poetico, o è studio e “cura del dire”?

Non ho mai corretto una riga di quello che scrivo, mi sembrerebbe una mancanza di riguardo per quella che- per usare una parolona- si chiama ispirazione. Se dovessi curare il  mio dire, tanto varrebbe iscrivermi ad una scuola di scrittura…

10- Ad un giovane esordiente, che potrebbe prenderla a modello, come racconterebbe il far parte di questa difficile “società della parola scritta”? Come spiegherebbe che cos’è il mondo editoriale, quello dei premi? Consiglierebbe lui di tenere quei preziosi scritti nel cassetto o metterli al bando, e alla mercè di qualsivoglia giudizio, su carta stampata o sul quel potente marchingegno quale è internet?

Ad un giovane esordiente cercherei  di far capire che non deve prendere nessuno a modello, che non deve prestabilire il destino di quello che scrive, che deve rifiutare di cambiare anche una sola parola, e che dovrebbe decidersi a pubblicare soltanto se ritenesse con ciò di far bene a qualcuno. Anche se non credo ad una funzione terapeutica della poesia: che può essere al massimo una sorta di automedicazione.

Grazie a Fausto Cerulli, per la sua cortese e graditissima partecipazione.

Caramente, Monia Di Biagio.

 

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