Il Tempio Malatestiano 1950-2000. La storia della ricostruzione post-bellica. ["il Ponte" n. 16, 2000] Giovedì 21 settembre dell'Anno Santo 1950. La Chiesa riminese è in festa per la riconsacrazione della sua Cattedrale, il Tempio Malatestiano. La "circolare n. 28" della nostra Diocesi, del dicembre 1950, contiene una relazione sullo straordinario evento: "Questo monumento di fama mondiale, il Duomo tanto caro ad ogni classe di cittadini, veniva gravemente colpito e semidistrutto dalle incursioni aeree del 28 dicembre 1943 e 29 gennaio 1944. L'abbominazione della desolazione nel Luogo Santo durò più anni. Ma venne la risurrezione. Il Governo Italiano, tramite i suoi organi competenti: Direzione Generale delle Belle Arti e Genio Civile; ed un Comitato Italo-Americano con generosa sovvenzione, compirono il miracolo dell'arte. Ed il Tempio Malatestiano riapparve più maestoso e bello all'ammirazione del mondo. Il Vescovo Diocesano, assistito dal Venerando Capitolo, dal Clero Diocesano, e dagli Alunni del Seminario, compì il miracolo della grazia. E Rimini riebbe la sua Cattedrale, il suo Duomo".Il Vescovo era mons. Luigi Santa, missionario africano, che s'intravede dietro lo scritto laddove si legge che "la grandiosa funzione ebbe luogo appunto il 21 settembre 1950, festa di un Apostolo, dell'Apostolo dell'Etiopia, San Matteo". [La biografia di mons. Luigi Santa in Internet, si legge qui.] Ma il 21 settembre è anche una ricorrenza civile per la città di Rimini: in quel giorno, nel 1944, le truppe alleate lhanno liberata. La domenica successiva, 24 settembre "portava al colmo la gioia commossa dei Riminesi un solenne Pontificale" celebrato dal Cardinal Giovanni Battista Nasalli Rocca, con "discorso appropriato, dotto e toccante" dell'Arcivescovo Metropolita di Ravenna, mons. Giacomo Lercaro. Il Tempio "si eleva oggi", concludeva Lercaro, "ad annunciare che l'umanità sta tornando a Cristo e per Cristo al Padre; e sta ritrovando così la garanzia di giorni sereni sulla terra, nella speranza del destini eterni del Cielo". Mercoledì 13 settembre, a visitare il Tempio, è giunto in forma privata a Rimini da Riccione (dove ha partecipato al Congresso della Stampa), il presidente della Repubblica Luigi Einaudi, accompagnato da donna Ida: lo attendeva, scrive il "Giornale dell'Emilia" del giorno dopo, "una folla di cittadini e di turisti" che ha tributato ai due illustri ospiti "una calda manifestazione di simpatia". Rientrato a Roma, Einaudi ha ringraziato il Vescovo dell'"amabile accoglienza" ricevuta, ed ha inviato al Sindaco Walter Ceccaroni un messaggio di "beneaugurante saluto" alla popolazione di Rimini per la rinascita e l'ascesa della città. In quel settembre 1950, sui muri di Rimini è apparso un manifesto, curato dal Comitato costituitosi nel dicembre 1949 per celebrare i 500 anni del Tempio albertiano. In esso si annuncia il "vero e grande risveglio" del monumento malatestiano. Linaugurazione si è tenuta il 30 luglio, alla presenza del Ministro alla Pubblica istruzione, Guido Gonnella che ha anche aperto la mostra malatestiana nei locali della Biblioteca Gambalunghiana, ideata dal prof. Gino Ravaioli, pittore e storico. In agosto, le sere del 5, 9 e 12, nel Tempio si sono tenuti con grande successo i concerti della prima Sagra musicale malatestiana, organizzati da Carlo Alberto Cappelli, impresario ed editore di Bologna. Un 23 settembre di tre anni prima, il 1947, il grande storico dell'arte Bernard Berenson, aveva registrato nel proprio diario ("Tramonto e crepuscolo", Milano 1966), l'incontro con il Vescovo, il Sindaco (Cesare Bianchini), il Soprintendente alle Belle Arti (arch. Corrado Capezzuoli), ed il Bibliotecario di Rimini (prof. Carlo Lucchesi): tutti gli fanno "capire, prima con oscure allusioni, poi con urgente sollecitazione, che la popolazione oramai desidera riprendere il culto nella sua Cattedrale". Berenson ascolta anche i timori del Sindaco (i cittadini "temono che forse gli americani intendano cambiare laspetto abituale della loro amata Cattedrale") e del Soprintendente ("smontando il Tempio pezzo per pezzo, le pietre, nella loro fragilità" non si rovineranno?), e ne ricava "la chiara impressione che nessuna di queste persone desiderasse vederci fare molti restauri", incominciando "a sospettare che volessero adoperare per i loro propri scopi, cioè per la ricostruzione delladiacente convento dei Francescani, la somma di 50.000 mila dollari destinata dalla fondazione Samuel H. Kress, allunico e solo scopo della ricostruzione del Tempio". Il lavoro svolto dal Comitato riminese per le celebrazioni malatestiane è ricostruito da una relazione del Bibliotecario prof. Lucchesi, del 25 febbraio 1951: "Nulla si poteva chiedere (e nulla si chiese) al Ministero dei Lavori Pubblici [ ]; e nulla si credette di dover chiedere al Ministero della Pubblica istruzione, avendo già esso pure speso fiori di milioni nel restauro stesso". (I due Ministeri avevano già speso in tutto 35 milioni). Risposte negative giunsero dai dicasteri delle Poste (per un francobollo commemorativo) e dei Trasporti (per sconti turistici sulle ferrovie). Poi si è bussato a soldi con il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Giulio Andreotti: da lui a Roma si recano il Vescovo, il Prefetto di Forlì (Giua Loy), ed il presidente dellAzienda di Soggiorno, comandante Alessandro Cecchi: "Il colloquio fu lungo ed animato", osserva Lucchesi: al termine Andreotti promette dieci milioni. Lucchesi ricorda lentusiasmo suscitato dai concerti, nei quali brillò "il nostro concittadino Prof. Italo Roberti, primo violino, al quale Direttori dorchestra e solisti, alla fine di ogni esecuzione, stringevano giustamente la mano", la mancanza di interesse in città per la guida al Tempio, scritta da Giuseppe Pecci, e per il Catalogo della mostra. Le ultime annotazioni di Lucchesi toccano il triste campo finanziario. I concerti sono costati sette milioni, da Roma ne sono arrivati sei. Per il secondo contributo (quattro milioni) allora non si sapeva ancora nulla, anzi Lucchesi temeva non arrivassero più. Se i concerti sono stati realizzati, concludeva Lucchesi, è merito esclusivo del presidente della Commissione finanziaria, avv. Pietro Palloni, che aveva "anticipato al Comitato le grosse somme necessarie". Il vecchio podestà dellanteguerra era tornato utile alla sua città. [Fonte di questa pagina: il Rimino 52]. 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