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The Apotheosis of Rhadamanthys on the Phaistos Disk (1360-50 B.C.) throws light on  the war of the Seven against Thebes and the subsequent fall of Minoan and rise of Mycenaean empire.

by Marco G. Corsini, October 2006. All Rights reserved

(approfondimento nei miei siti: http://digilander.libero.it/marcoguidocorsini o http://xoomer.virgilio.it/corsinimg)

 

L’interpretazione dell’Apoteosi è al momento (in assenza di ulteriori documenti utili con cui raffrontarla, “bilingue” del sarcofago di Haghia Triada a parte) l’unica via per perfezionare e accertare al meglio la decifrazione. Questa mia ultima interpretazione contrasta con la datazione archeologica del documento (1550 a. C.) ma tiene conto di altri dati archeologici e della tradizione contro cui è difficile andare. Gli antefatti della civiltà del Disco di Festo sembrano emblematicamente sintetizzati dal viaggio degli Argonauti pelasgi alla ricerca del Vello d’Oro, una tradizione che secondo le mie ricerche è da ultimo d’origine etrusca (dei Tirreni o Feaci occidentali che ripercorrevano le vie dei Tirreni o Feaci orientali al servizio di Radamanto fino al Danubio, al Mar Nero, alla Colchide col suo drago Dagan custode del Vello d’Oro – che ritroviamo attraverso la sua paredra Delfina nel santuario di Delfi – alla Scizia coi suoi Grifoni – raffigurati su uno dei lati brevi del sarcofago di H. Triada –  che analogamente proteggevano le pepite d’oro) il che non impedisce che si rifaccia ad avvenimenti di epoca assai più antica.

E’ probabile che gli antefatti della pittografica festia datino al III-II millennio a. C. così come di quest’epoca è la XII dinastia egizia cui Maria Rosaria Belgiorno  fa risalire il nocciolo del mito degli Argonauti. Io non credo come lei che questo mito nasca esclusivamente all’interno dell’Egitto, bensì in relazione ai viaggi di intermediari (che raramente erano egizi e normalmente erano “Fenici”) che riportavano l’oro dalla Colchide dove secondo gli annali di Tuthmosi I (1525-1512 a.C.) Sesostri I aveva fondato una colonia egizia, notizia confermata da Erodoto e Strabone. Che i Pelasgi delle Cicladi abbiano creato l’antenata della pittografica di Festo (si veda ZEI, la Nave cicladica) non ci dovrebbero essere dubbi, date  le loro avanzate tecniche metallurgiche significative per la lavorazione anche dell'oro e per la realizzazione dei punzoni con cui è stata impressa la scrittura del Disco di Festo, un prototipo della quale è attestato a Festo intorno al 1700 a. C. (MM B II)  attraverso un segno del sillabario festio (LA(R)isa, serekh, il che conferma la regia egizia dietro tutto) su sigillo e che a questa data avrà al più trascritto una forma arcaica di proto-greco. (E’ evidente che proprio grazie a questo sigillo si deve dedurre che la scrittura del sillabario festio è cretese o comunque utilizzata a Creta e non venuta da fuori.)

I Filistei storici vengono (anche dall’Italia, secondo Dionisio d’Alicarnasso) da Creta nel XIII secolo a. C. col movimento dei “popoli del mare” e la pentapoli filistea coerentemente appare svilupparsi lungo la costa. Ma gli elementi semitici della civiltà filistea (cioè pelasgica della Palestina, di lingua greca e cultura semitica) del Disco di Festo sono tali da far pensare ad un’ambientazione in Palestina da data più antica che non può corrispondere all’epoca del movimento dei “popoli del mare” intorno al XIII secolo a. C. Oltretutto il movimento dei Pelasgi verso la Palestina mette in ombra un ben più importante e prevalente protagonista del movimento stesso, dei Celti o Iperborei (che Omero chiama Achei, come ha capito William Ridgeway) dalle lunghe spade di ferro.

Tuttavia il movimento dei “popoli del mare” deve essere stato preceduto da un movimento inverso dei Pelasgi dalla Palestina  grosso modo negli stessi luoghi dove successivamente e in continuazione (anche nel periodo buio del “medioevo greco”) è attestata la colonizzazione greca. In altre parole l’indeuropeizzazione avviene non da nord a sud ma da oriente a occidente come ha felicemente intuito Pallottino nella sua Etruscologia. Nella mia decifrazione, la “testa di Filisteo” è chiaramente attribuita ad un Syro-Palaistinos adoratore  di Dagan/Posidone Uranio, mentre il greco, lingua  dell’Apoteosi, sappiamo (Martinet) che si è staccato (non era ancora greco e non lo sarà per un bel pezzo) dall’indo-ario intorno al 2000 a. C. il che fa propendere per un’origine orientale, non nordica, del greco. D’altra parte altri elementi indo-arî probabilmente di origine hurrita (dalla Colchide?) presenti nell’Apoteosi, come Tarania, Maniaportēs, owidae, nonché il similare Disco di Vladikavkaz rinvenuto in Ossezia del Nord, l’antica Colchide da cui provenivano le maghe Medea moglie di Giasone, Circe e Pasifae moglie di Minosse, confermano l’origine orientale.

A proposito della scrittura del sillabario festio mi pare che sia stata fissata dopo essersi incontrata con il mondo dei Colchi, Mossineci, Calibi ecc. (su cui vedi in particolare: Sull’origine della pittografica festia, 11/6/2006. Dalla Colchide i Colchi sulle tracce di Medea e Giasone giunsero in Etruria presso Alcinoo di Pyrgi e Tarquinia, dove si stabilirono: vedi i Mossineci con le loro case a torre, pyrgoi, e i loro re giudici come Alcinoo). Ai Colchi dovremo forse far risalire quanto meno gli elementi hurriti nell’Apoteosi. Secondo un’altra tradizione recepita da Omero erano i Feaci orientali (i Tirreni orientali) di Radamanto a ricercare i metalli sulla via del Mar Nero, e questi dovevano essere i Filistei e parlar greco nella stessa Colchide dove facevano da intermediari del traffico dell’oro (testa di ariete, testa di capra, n° 51, pelle di bovino o ovino, casa a torre dei Mossineci, testa di Calibo con tatuaggio, ecc.). Se ha ragione, e forse ha ragione, Maria Rosaria Belgiorno a sottolineare il “ passo di Apollonio Rodio nelle Argonautiche, che ci ricorda come gli abitanti della Colchide, all'arrivo dei prodi di Giasone, non conoscevano l'agricoltura e l'allevamento del bestiame (Argon. II. 1002.) ”, allora è facile concludere che i Filistei fissarono la scrittura cicladico-cretese in scrittura filistea in patria loro, in Filistea, ma ispirandosi a tutto il loro mondo culturale che comprendeva la Colchide dove certo avevano delle basi estrattive e commerciali dell’oro. Pertanto il Disco di Vladikavkaz è ben difficilmente un falso e ci porta all’adozione della scrittura pelasgica da parte dei Filistei che operavano fino alla Colchide. Secondo la tradizione Cadmo introdusse la scrittura presso i Pelasgi. Sembrerebbe piuttosto il contrario a meno che per Pelasgi non si intendano i Filistei della Palestina. Avendo egli, tramite i porti filistei (Gaza, Ashdod, forse in primo luogo Ashqelon), relazioni con le Cicladi e Creta, ne adottò il sistema di scrittura, o piuttosto l’abbozzo del sistema di scrittura, adattandolo alla lingua greca che si parlò dapprima in Filistea e nella Colchide.

Quanto precede impedisce di cercare gli immediati antecedenti della scrittura festia troppo lontano nel tempo e dunque  il greco che vi è trascritto avrà cominciato ad essere lingua distinta a partire al massimo dal 1600 a. C. (e così ragionevolmente anche l’hurrito) così come i rapporti fra Egitto e Colchide, mediati chiaramente dalla Filistea, si saranno fatti stabili ed intensi sotto i faraoni della XVIII dinastia di un Amose che aveva spade col grifone e il toro siriaco-cretese e in un Egitto il cui Libro dei morti era ispirato alla geografia del Caucaso. Tuttavia l’Apoteosi di Radamanto è ancora più recente.

Al momento per la datazione dell’Apoteosi di Radamanto mi pare necessario appoggiarmi alla più verisimile datazione del Sarcofago di Radamanto, che in base agli oggetti reperiti nella tomba 4 o che da essa erano stati trafugati, fra cui il cartiglio della regina Tiye moglie di Amenofi III (1402-1365) sarà stato deposto intorno al 1360-50. Poi sarà da tenere conto del fatto che fra i 42 sigilli orientali rinvenuti nel palazzo di Cadmo a Tebe di Beozia ve n’è uno che menziona un funzionario del re cassita di Babilonia Burnaburiash II (1360-1333 o 1375-1347) che era in corrispondenza con Amenofi IV. Pertanto l’Apoteosi sarà stata impressa nello scriptorium palatino di Haghia Triada verso il 1360-50 a. C. 

 

 

 

 

 

L’Apoteosi di Radamanto è la relazione fatta (probabilmente da Minosse di Cnosso), ad Isonoia Signora del palazzo di Festo (cui rinvia come a sede storica – ora esclusivamente area sacra – del potere che già da età neopalaziale era stato trasferito ad Haghia Triada, nella cui necropoli è stata trovata la tomba (tomba 4; vedi sopra la localizzazione di Haghia Triada nell’isola di Creta, dell’area cemeteriale rispetto all’area urbana e la tomba 4 vista dall’alto e in sezione trasversale) di Radamanto col celebre sarcofago e nei cui pressi deve trovarsi il Labirinto (Virgilio), ovvero il tempio all’aperto coi pali della doppia ascia della dea Qadash-Ashera che derivava dall’Ashera/Derketo (paredra del Dagan del sillabario festio)/Afrodite Urania di Ashqelon), delle cerimonie funerarie relative alla deificazione di Radamanto re di Festo, e dunque rappresenta per iscritto ciò che le raffigurazioni sul sarcofago di Haghia Triada rappresentano figurativamente, costituendone quasi un commento. Pertanto il filisteo Radamanto fu il signore di Haghia Triada al tempo del suo massimo splendore in età post-palaziale (TM III A2, XIV secolo a. C.). E’ verisimile che Radamanto sia morto nella difesa di Tebe beota (davanti alla porta Crenida, ucciso dagli uomini di Tideo, uno dei Sette) fondata da suo zio Cadmo (il palazzo di Cadmo, che porta la civiltà filistea in Illiria, è datato al XIV secolo) contro i Sette della lega micenea, cosicché Megara, la figlia di Creonte re di Tebe, partecipa ai funerali di Radamanto (raffigurato sul sarcofago come Toro, simbologia del sovrano Zeus/Hadad) insieme a Minosse di Cnosso. La morte di Radamanto sotto le mura di Tebe beota nello stesso torno di tempo in cui cadeva Cnosso con le sue tavolette in Lineare B permette di gettare luce sullo scenario della guerra dei Sette contro Tebe e cioè la sconfitta degli ellenofoni di cultura siro-minoica (che dipendevano dall'Egitto in declino dal regno di  Amenofi III e ancor più irrimediabilmente sotto quello di Amenofi IV, il faraone asceta) e l'ascesa trionfale dei Micenei.

 

 

                                                        Side A:

ma-ka-rja da(i)-mon la-wry-y-py-py-ty-sy ma-ka-rja Y-so-nja da(i)-mon-ty-sy ty-ke(r)-on so-te(i)-ra-ky py-ra-por-no-py-ty-sy ke(r)+“comma”-on-ty-sy DA(I)-rai ra-nja-rja-ze(i)-py-sy ke(r)+“comma”-on-ty-sy nja-djo la-wry-y-py-py-ty-sy ke(r)+“comma”-on-ty-sy DA(I)-rai ra-nja-rja-ze(i)-py-sy ne-kro Ma-nja-por-ty-sy de(i)-mn°-wy-da(i) y-so-wy-ty-sy y-ke(r)-on [sa]-ra-ky-ty-sy me-ro-py ty[\]-de(i)-jo-py djo-mn°-se-ty-sy ste-ny-ny De(i)-jo-NY ty-mn°-wo Ra-da(i)-mon-ty-sy.

 

makaria daimon lawryiphi pitys. makaria Isonoia, daimon t’ēs thēkôn, soteira kē pēlapōrinou pithyos. Kreiontis MEGArē rh’aniarizeiphi soi, Kreiontis naiadiō lawryiphi pitysi, Kreiontis MEGArē rh’aniarizeiphi soi nekron. Maniaportēs, dēmôn owidae isowithyos oikon, sarakhtheis merophi Tydeiophi, dio mnēstheis stheneian *Dhēiō-ASHERA thymenos ho Rhadamanthys. 

 

Blissful lady double-axes pole, blissful Isonoia, lady of the larnakes and protrectress of the clay stone pithos. The doughter of Creon Megara consecrate there to You, the doughter of Creon in the temple of the double-axes poles, the doughter of Creon Megara consecrate there to You the dead. The Illustrious Deceased was expert in the uniforming with equity the national law of the peoples. Your renowned Rhadamanthys has been massacred by the men of Tydeus, so he has been (divinized and) married to the strong *Dheio-Ashera.

 

 

Side B:

De(i)-jo ZE(I)-nja-ste-ny de(i)-nja-y-ky-sy de(i)-ra-kro-wa-ko Me-de(i)-my-ny-o wo-ra-nja-DE(I) De(i)-jo-DE(I) y-ra-DE(I) ZE(I)-nja-ste-py Me-de(i)-my-ny-o De(i)-jo-NY mon-me-ny Me-de(i)-my-ny DA(I)-py-ko-SY(R) djo-kro-por-y-ky DA(I)-djo-ny ra-no-sa y-ry-wo-WO(I)-NY da(i)-ma-ze(i)-py mn°-my-ke(r)-SY(R) y-mn°-de(i) ZE(I)-a-wry-o Ra-da(i)-mon-de(i)-pel djo-kro-da(i)-mon Ta-ra-nja-sa ty-ry-wo-djo py-ze(i)-o Pa-nja-wry-sy y-de(i)-jo-py de(i)-mn°-o-ty-sy.

 

*Dhēiō NEAniasthenē deinē aix d’eyrakrou wagoû Medei-Minōos. Ourania-PHORBĒ  *Dhēiō-PHORBĒ hira-PHORBĒ NEAniasthenphi Medei-Minōos. *Dhēiō-ASHERA monomenēn Medei-Minōs MEGALĒS-phēgoû-(PALAISTINOS) dikrophorikē MEGALOIN-dyoîn rhanousa  hirēwō WOIKŌ-ASHERA damazeiphi mnēmā aige-(PALAISTINOS). hymnodei NĒI-awriou Ra daimonos de hyper dikrodaimonos Taranias. thyrēn hodoiou piezei ho Phaniawrēs idioiphi deimonôn tês.

 

To *Dheio strength of the youth, to the tremendous goat (Amalthaea) of the highest king Minos. To the heavenly nurse, *Dheio nurse, holy nurse of the strenght in Minos youth, to *Dheio-Ashera living by herself, Minos, sprinkled  the two high poles of the big (Canaanite) oak born by the double horns, in the sanctuary of Ashera, kills by the pillar two (Canaanite) male goats. He sings then a hymn  to the ship of the morning of the god Ra (Hadad), that about the goddess of the double horns Tarania. The entrance door (of the tomb) ties Phaniawres imprinting the seals  of her peculiar attributes of tremendum.

 

The End

 

 

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