Monte Bianco, Luglio 2000
(Normale dal Rifugio Cosmique, 4.810 m - AD, 6-9 ore)

"Scusa Stefano, ma noi dove dovremmo andare? Lassù????". Quando oltrepassi l'ultima galleria dell'autostrada, nei pressi di Morgex, ti accorgi dell'imponenza di questa montagna: il Monte Bianco è un colosso di granito e ghiaccio che emerge dalle valli circostanti con una grandezza quasi disarmante. Vedendolo per la prima volta non si sa ancora quali spazi immensi sa regalare, eppure ci si accorge di essere davanti a qualcosa di maestoso.
E' da tanto che io e Stefano progettiamo l'ascensione al tetto d'Europa: e questa volta, dopo due anni di attesa, siamo qui! E' la nostra occasione e cercheremo di sfruttarla fino in fondo.

Stefano è il mio compagno di avventure ideale: abbiamo le stesse mire alpinistiche e ci troviamo benone insieme. Lui è sicuramente più forte fisicamente ed ha una resistenza incredibile, io ho dalla mia un po' di esperienza in più, soprattutto in alta quota....insomma, una miscela esplosiva. Non conoscendo assolutamente la zona, decidiamo di partire con una guida.....e chi meglio del mitico Michele: ci conosciamo da tanto, con lui ho salito il Bernina quattro anni prima.
Io e il mio socio siamo allenatissimi: da due mesi ci prepariamo uscendo insieme tutte le domeniche, a volte anche il sabato...durante la settimana, tanti chilometri di corsa e tanti chili persi (....non che io ne avessi molti...). La nostra unica preoccupazione è la quota molto elevata: durante le domeniche, raggiungiamo solo i 3.300 m, e per Stefano è il primo 4.000 (.....ha iniziato pianino, il ragazzo!). Così noi due partiamo un giorno prima in modo da smaltire meglio la quota, Michele ci raggiungerà il giorno dopo.
Il Monte Bianco dal Rifugio Torino
Il Monte Bianco dal Rifugio Torino
Cartina
Cartina
Arriviamo a Courmayeur verso le dieci del mattino: il tempo è bello e stabile, dopo qualche giorno di brutto, e le previsioni sono ottime. Ci facciamo un giretto in paese, anche per fare gli utlimi acquisti: qualche panino, giusto per il pranzo. Poi con la macchina ci spostiamo a La Palud, da dove si prende la funivia per il Rifugio Torino.
I tronconi della funizia sono tre e ci fermiamo alla seconda stazione, dove ci accovacciamo su un praticello, pranziamo e ci facciamo anche una penichella: al cospetto del Bianco, anche schiacciare un pisolino acquista un sapore magico.
Arriviamo al Rifugio Torino verso le 14: usciti dalla funivia, una scalinata dalla pendenza incredibile ci fa soffrirre: ci accorgiamo, di colpo, di essere a 3.500 m. Il Torino è uno dei rifugi più carichi di storia: la sua posizione strategica, la quota già elevata e la facilità con cui si raggiunge lo rendono la base di partenza ideale per molte delle ascensioni più belle del gruppo. Il solo pensiero che un certo Walter Bonatti partì da qui nel 1961 per tentare la scalata al mitico Pilone del Frêney mi mette un brivido e una sensazine di solennità (se non avete letto il libro " Frêney 1961" fatelo perchè è stupendo!).
Dopo aver scoperto che per un paio d'ore non è possibile salire nelle camerate, decidiamo di fare due passi nei pressi del rifugio. Calziamo i ramponi, mani alle picche e, dopo esserci legati, ci dirigiamo verso il Dente del Gigante..quassù è tutto bellissimo, facciamo un pochino di fatica (la funivia è una disgrazia, la si paga sempre, ma a volte è necessaria....) ma non abbiamo fretta e ci facciamo una bella "scapagnata" fino al piano che precede l'attacco del Dente. Qualche foto e torniamo sui nostri passi, andando verso ovest, seguendo la prima parte del percorso che affronteremo l'indomani.
Torniamo al Torino soddisfatti, ci siamo divertiti e sicuramente questa piccola camminatina in quota ci ha fatto bene. Sistemate le cose nella camerata, ci mettiamo a giocare a scacchi nel piccolo bar del rifugio dove...ma guarda un po' quanto è piccolo il mondo, troviamo Paolo Masa, che mi ha accompagnato sulla Biancograt esattamente due anni prima. Solo allora mi accorgo di essere seduto in mezzo ad alcuni mostri sacri della montagna (...e naturalmente mi sento un po' fuori posto.....).
La sera conosciamo un gruppo di ragazzi di Costa Masnaga, scoprendo di avere un amico in comune (.....naturalmente un arrampicatore, non poteve essere altrimenti...), e facciamo amicizia parlando di esperienze e progetti. In pratica, ci rivedremo continuamente per due giorni. Una delle cose belle dell'apinismo è come riesce a legare le persone in una specie di complicità e di cameratismo.
Il Dente del Gigante
Il Dente del Gigante
La Tourre Ronde e il Circle Maudit
La Tourre Ronde e il Circle Maudit
La notte passa tutto sommato tranquilla (...ci sono sempre i russatori da camerone, ma a parte questo...). La camera è freddina, ma serve a mantenersi giovani e non ci lamentiamo: il rifugio è piuttosto spartano, d'altronde il buon alpinista si accontenta di poco. Alle prime luci dell'alba, un gruppo si prepara per uscire e ci sveglia: guardando fuori dalla piccola finestra, posso assaporare per un'attimo l'alba sul Bianco, con il calore che solo il primo sole sa dare a questi freddi ghiacci.....mozzafianto! Più tardi, dallo stesso finestrino, ci sembra di scorgere alcune cordate che raggiungono la cima...Eravamo preoccupati di non avere pista, la settimana scorsa ha nevicato molto..invece qualcuno sta raggiungendo la cima e la cosa ci rincuora.
Dopo la prima colazione, verso le nove del mattino, ci raggiunge Michele.....i saluti di rito, un caffè e via, verso l'attraversata di un paio d'orette che porta oltre confine fino al Rifugio Cosmiques.
Nella prima parte del percorso ci accompagnano le cabine della funivia che da Punta Herbronner portano all'Aguille du Midi....è l'unico neo ad un paesaggio da favola. Uno dopo l'altro, ci scorrono davanti agli occhi luoghi sacri della montagna: la Tourre Ronde, il Circle Maudit chiuso dalla Cresta Kufner, il Tacul con il suo spigolo Gervasutti e i suoi satelliti, cosine di poco conto, tipo il Gran "Cap"(Capucin).... è il regno del granito e del misto, e oggi anche noi ne siamo partecipi.
La prima parte del percorso è in discesa, oltrepassando il Col Flambeaux. Si attraversa una zona di grandi e innocui seracconi, poi risale con pendenza prima leggera e poi sempre più sostenuta fino al Col du Midi, a 3.500 m, ampio sellone aperto tra l'Aguille du Midi e il Tacul. Dietro di noi, lontano, il Dente del Gigante ci appare slanciato ed elegante. Poco sopra il passo, su uno sperone roccioso, è appollaiato il bellissimo Rifugio Cosmiques, a 3.550 m. Al contrario del Torino, il rifugio è molto accogliente, caldo, veramente piacevole...e dove le trovate le tendine scozzesi appese alle finestre di stanze luminose e dai materassi comodi....a queste quote, poi! Consigliato, vivamente.....può essere un'idea per una bella "esperienza tranquilla", vista anche la vicinanza della funivia.
La giornata al Cosmiques passa molto tranquilla, a far nulla....la grande fatica inizierà solo domani...io ho un po' di mal di testa nel pomeriggio, ma mi passa: sono in grande forma!
Il Tacul e il Bianco da sotto il Dente del Gigante
Il Tacul e il Bianco da sotto il Dente del Gigante
La spalla del Tacul
La Spalla del Tacul
Dopo il riposo "notturno" (....le virgolette sono d'obbligo....), la sveglia suona per tutti alle 00.30. Ci prepariamo in fretta, colazione, mettiamo le giacche e ci attrezziamo. Nella luce delle frontali, alle 1.15 circa, lasciamo il Cosmiques.
Dopo la breve discesa che porta al Col du Midi, si attraversa il passo da nord a sud, dritti fino allo spallone del Tacul. Qui la pendenza è da subito impegnativa ma noi procediamo senza fretta ma di buon passo, siamo molto continui. Superiamo molte delle altre cordate che sono partite prima di noi.....come sempre, lo spettacolo delle frontali serpeggianti nel buio è uno spettacolo. Salendo si superano dei grandi seracconi e dopo una lunga serie di zigo zago, si raggiunge la cima dello spallone del Tacul. Qui si è già a più di 4.000 m, ma la strada è ancora molto lunga.
La temperatura è dolce, la vista sulle vallate francesi aiuta a scaldarsi. Mangiamo qualcosina e si riparte.
L'ottima traccia attraversa il vasto pianoro che divide il Tacul dalla spalla del Mont Maudit. La luce della luna rende il ghiacciaio azzurro e luminoso. E' una fortuna, perchè le batterie della mia frontale mi abbandonano improvvisamente. Stefano, che è in mezzo, mi cede la sua, in modo che il cono di luce aiuti sia me che lui.
Raggiunta la spalla del Maudit, la pendenza si fa ancora impegnativa: dopo i primi tornanti si salta un primo crepaccio, poi un gobbone molto ripido, un secondo crepaccio verticale. Con un tratto molto impegnativo di ghiaccio vivo, con una pendenza intorno al 50%, si raggiunge il Col Maudit, piccolo intaglio finale della cresta ovest che scende dalla cima del Maudit. E' la più grande difficoltà tecnica di questa ascensione, e noi la superiamo rapidi e decisi.
Dall'intaglio, si attraversa in mezza costa verso sinistra fino al Colle della Brenva. Ultima sosta, la prossima asperità è la nostra meta: siamo a 4.600 m, proprio sotto la calotta sommitale.
La luna è ancora alta ma è vicina l'alba e la temperatura si fa sempre più pungente. Incomincia a tirate anche un forte vento, normale a queste quote: di colpo la temperatura scende a picco: ci sono -20 con vento teso....a luglio non è male!
Il canalone che risale al Col Maudit
Il canalone che risale al
Col Maudit
Il sole avvolge il Mont Maudit e il Gran Plateau
Il sole avvolge il Mont Maudit e
il Gran Plateau
L'ultima vera difficoltà dell'ascensione è la quota....la fatica aumenta ad ogni passo, ma nessuno di noi soffre di mal di testa o altri disturbi classici dell'alta quota. Buon segno!
Attacchiamo l'ultimo tratto: si aggirano a sinistra gli ultimi affioramenti rocciosi dei Petit Mulets e dei Rochers Rouge, seguendo ampi tornanti scavati a mezza costa nel ghiaccio: la pendenza è sostenuta ma i tornanti la alleviano parecchio.
Da Est vediamo sorgere il sole, proprio dietro le cime del Rosa e del Cervino, che da qui sono tanto piccole....E' l'oblio dei sensi: il ghiacciaio si tinge di tante sfumature, dal rosso fuoco al rosa, dando al paesaggio dei colori eccezionali. Incominciamo a gustare la ricompensa delle nostre fatiche.
Passate le Rochers Rouge, mancano solo gli ultimi cento metri di dislivello e la pendenza si addolcisce sempre più....credo che questo sia stato uno dei momenti più forti della mia vita. Il pensiero torna alle tante fatiche fatte per arrivare quassù. Per qualche attimo penso a mio padre che non c'è più: non potrà ascoltare il mio racconto, come tante altre volte, ma sta vivendo la mia esperienza accanto a me, lo sento vicino e piango, di gioia.
Poi, tutto ad un tratto, la fatica e i pensieri cambiano di colpo. Il piede si appoggia su una sorta di terrazzo, pianeggiante: sopra di noi non c'è più nulla da salire, siamo sul Tetto d'Europa. L'emozione è grande, urlo! Poi abbraccio Stefano: "Ce l'abbiamo fatta".Michele ci fa i complimenti, stringendoci la mano.
Sono le 6.40 del mattimo. Sulla cima restiamo solo qualche minuto, perchè il vento è veramente fortissimo.Scendiamo di qualche metro sul versante italiano, dove si riesce a "sopravvivere".Ma sono attimi in cui riesci a vivere una sorta di piccola gloria, di una soddisfazione personale immensa. Siamo sulla cima della montagna più alta d'Europa, tra i primi, senza faticare più del necessario: niente poteva andare meglio e farci sentire meglio in quel momento. Foto di vetta, mangiamo qualcosina al cospetto di un parorama ineguagliabile. Io scopro di avere l'acqua nella borraccia completamente congelata, e riesco a bere a stento le poche goccie che filtrano dal ghiaccio rotto: è un misero prezzo per quello che ci sta davanti. Lo sguardo si perde in ogni direzione, e davanti a noi non ci sono solo montagne e vallate, pianure e città, ma anche l'immagine di un piccolo sogno che abbiamo realizzato. Per qualcuno questo sogno è nulla, ma questo nulla vale più di tanti qualcosa. Eccoci qui, finalmente in cima
Eccoci qui, finalmente in cima
La cima del Monte Bianco
La cima del Monte Bianco
Dopo aver ripreso fiato, ci riattrezziamo e via! La discesa è tranquilla. Incrociamo diverse cordate che stanno ancora salendo (...siamo stati bravi......). Faccio molte foto, tutte quelle che avrei voluto fare di notte. Non so se riuscirò a tornare in questi posti: le foto sono solo un ricordo, anche se quello vero è scolpito nel cuore.
Passiamo bene il muro ghiacciato del Col Maudit, con Michele che ci assicura dall'alto. Lui scende libero: è un piacere vederlo scendere, è veramente bravo...che invidia! La discesa è lunga, lunghissima. Passiamo i seracchi del Tacul con il sole già alto, quindi allunghiamo un po' il passo, per quello che la stanchezza ci permette. Dobbiamo tornare fino al Torino e l'ultima rampa ci farà soffrire, ma prima "bivacchiamo" qualche minuto sul ghiacciaio, ai piedi dei satelliti del Tacul.
Ormai la nostra Odissea è finita. Dal Torino la funivia ci riporta a La Palud, dove finalmente posso bere qualcosa di decente (...come cosaaa??? una Coca Cola: oh, sarà veleno, ma quanto è buona!)
La salita al Bianco non è impegnativa tecnicamente ma va affrontata com molta accortezza. Visto il suo notevole sviluppo, necessita di un'allenamento fisico notevole e di una preparazione psicologica all'imprevisto: brutto tempo, mal di montagna, condizioni sfavorevoli. In tantissimi hanno provato la cima senza riuscirci. Noi devo dire abbiamo avuto quella fortuna che giustamente aiuta gli audaci.
Non posso che ricordare quell'esperienza come una delle più belle della mia vita....vi cito l'SMS che ho inviato mentre scendevo con la funivia, più o meno recitava così:
"11 ore di fatica,4810 m di soddisfazione,qualche cm di gloria.Ho salito il tetto d'Europa.Dedicato a me"