Condizione del contadino
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Storia Morale di S.B.
   

 

 

 

FRANCESCO Ippoliti

Storia Morale di S.Benedetto dei Marsi


PREFAZIONE
Questo opuscolo è stato scritto per i lavoratori, per ricordare loro le pubbliche e private ladrerie a danno dei bilanci comunali. Sia esso di richiamo ai cittadini traviati dai capi locali della cosidetta ERA NUOVA, dalla quale aspettano il paradiso terrestre. Capi presuntuosi, ignoranti ed infingardi, ai quali piace di vivere con le menzogne alle spalle del contadino, che l'alba trova desto, mentre essi capi dormono su morbidi letti. In questo scritto certamente vi saranno dei lievi errori rispetto alle date e cifre.
Ma è cosa che non falsa i fatti e non infirma i giudizi. II lettore avrà cosl, presente il quadro della situazione morale e materiale passata e presente, tanto riguardo al Comune che alla popolazione. Questo scritto è suscettibile di critica; ma essa sarà fatta a base personale. Non me ne importa punto. I fatti sono fatti e la storia non si smentisce.
Questo scritto è dedicato agli operai onesti, che lavorano nella piaga del Fucino e specialmente a quelli che spinse nelle lontane Americhe la miseria e I' oppressione dei tiranni locali, per procacciarsi un pane meno amaro e meno costoso, ma dove molti nelle macchine degli opifici lasciano brandelli della loro carne.
F. I.

San Benedetto dei Marsi, posto sulle sponde del ex lago Fucino, prima del 1870 viveva di una vita patriarcale. I pochi abitanti, circa 400, vivevano esclusivamente con la pesca e coltivavano una piccola zona di terreno a cereali per i locali bisogni. La stagione invernale la passavano quietamente in casa, riunendosi a volte i pochi civili in una famiglia a conversare e divertirsi lecitamente. L'inverno, a quell'epoca, era rigido, con cadute abbondanti di neve ed intense gelate, tanto che non era possibile esercitare la pesca. Il gelo copriva parte del Fucino, specie lungo la riva, con uno spessore di circa dieci centimetri. I giovanetti vi pattinavano. Il prosciugamento del lago cambiò completamente la vita dei forti e robusti pescatori, nonchè il clima : oliveti, mandorleti e vigneti intorno al lago furono completamente distrutti. Non rendevano più. Una corrente immigratoria intensa si riversò nel paese, attratta dal guadagno che l'intensità del lavoro della bonifica richiedeva. Gli abitanti della provincia di Teramo e Chieti e specialmenta quelli della valle di Sulmona ed anche molti di altre provincie, si riversarono a torrenti sul paese, come cavallette, vennero a distruggere le altrui messi. E si videro alcuni di bassi istinti, senza fede e senza coscienza, facce livide quadrangolari, con connessure labbiali a sgembo ed anormali stature e con cognomi bastardi. In principio erano umili e dimessi; poscia, preso piede nelle amministrazioni, dando calci a destra ed a sinistra, si resero padroni del paese - questo si riferisce specialmente al centrale Pescina - alcuni rettili, nativi dal paese, vi strisciavano intorno per raccogliere le briciole, mentre il popolo era calpestato.
II paese, da semplice villaggio quale era prima del 1870, in dieci anni divenne un paese importante, con una popolazione superiore ai tremila abitanti. Man mano che la bonifica avanzava, Torlonia affittava i terreni a prezzi moderati. E questi terreni fruttavano a meraviglia nella contrada di S. Benedetto, essendo quel territorio fertile, per la ragione che, scorrendo sulla pianura di Pescina due fiumi, derivazione del Giovenco, che percorrono la valle di Bisegna e raccolgono i rifiuti dei vari paesi che attraversano, rifiuti che depositano nel lago presso S. Benedetto, ove sboccano. Il lago era un ristagno pianeggiante senza sorgenti, ad eccezione di tre o quattro fontane ardenti, che sparirono col prosciugamento, e di qualche piccola sorgente rimasta sotto Celano. II basso fondo era vicino e i lavori più intensi per la bonifica erano in quella località, ecco la ragione perchè in S. Benedetto, rispetto agli altri paesi, l'immigrazione fu grande e rapido l'aumento della popolazione e la vita economica e sociale più florida. II paese aumentò le sue ricchezze e con esse il tenore dí vita. Ma insieme a questo crebbe il lusso e la debosciatezza, nonchè la lussuria; perché mancò il freno e la educazione morale, dato che i capi della cosa pubblica non l'avevano affatto. L'amministrazione comunale di ultima ( e cosi è di quella di oggi) egoista, paurosa, senza slancio, composta di parrucconi, lasciò la frazione in balia di se stessa, anzi cercò in tutti i modi di sfruttarla economicamente. Alcuni cittadini di questa, di quelli più in vista, tostiamoci correre e si rinchiusero in se stessi, anzi alcuni cercarono di sfruttare il forestiero. Si sa che l’immigrato prima di stabilirsi in un luogo è sfruttato da chi vi dimora da tanto tempo.Tutto era in balia degli eventi. I cosi detti capi del paese non cercarono di dirigere, incanalare tutte le varie forme di usi e costumi, di coloro che in pochi anni si erano riversati in S. Benedetto, anzi cercarono di suscitare odi tra i forestieri ed i paesani. In ultimo, però, 1'elemento forestiero, essendo più sveglio e numeroso, si impose. Egoista e con un quid di delinquenza, prima si insinuò umilmente e poi cercò di sfrattare la popolazione del luogo. Accadde che qualche persona influente del paese prese a proteggere gli immigrati, o per vendetta verso qualcuno o perchè il forestiero si presta a schiavitù che il paesano non tollerebbe; sì che i migliori del luogo furono cacciati dai migliori posti, per far posto ai forestieri.I quali acclimatatisi, infusero in quelli del paese quei vizi e quell'egoismo, che avevano portati con loro. ln seguito con l'incrociarsi nelle varie famiglie, mediante matrimoni, avvenne una certa fusione. Questa fusione dei vari caratteri, nelle diverse tendenze, dei vari modi di intendere la morale avrebbe dovuto portare ad un miglioramento dei costumi e ad una più ampia concezione dei diritti. Invece il paese si tuffò nel fango, tanto che non rimase salva il più pallido fiore di onestà, come avviene perfino nei bassi fondi delle metropoli nazionali ed estere; onde si sentiva di freguente certe guardie ignobili cianciare di rottura di scatole, tegami ed usare altre frasi nauseabonde. Egoismo in famiglia; egoismo in società; egoismo nei divertimenti. .L'educazione dei figli ne risentì assai. Ed è naturale sia stato così poichè il fanciullo non si educa nella scuola, ma in famiglia. La scuola insegna a leggere ed a scrivere; non l'educazione. I maestri non sono capaci di educare, o non se ne curano per pigrizia. Pochissimî maestri sentono la responsabilità del proprio dovere. E lo spettacolo che vede il fanciullo in casa e che si ripete per anni è impressionante.Il marito che batte molto di freguente la moglie, questa che gli si avventa per graffiarlo in viso ; e oltre questo gli insulti, le oscenità, le bestemmie. Ed i padri che di continuo rientrano in casa ubriachi e che vanno a bere col figlio nelle bettole, e quando questi è grandicello a fare la passatella insieme; altri mettono ín urto i figli fra loro preferendo l'uno ad un altro. Le mogli che rubano al marito, e i mariti che rubano alle mogli, e i figli che rubano ad entrambi, per alimentare quei vizi, nei quali il padre ha dato e ne è d'esempio, Non c'è da meravigliarsi se il figlio diviene l' immagine del padre, e se scoppiano liti fra i due. II padre dimentica che i difetti ed i vizi che rimprovera ,al figlio, glie li ha istillati goccia a goccia fin da fanciullo. ;ma v'é di peggio. Lo sfruttamento del figlio minorenne da parte del padre per mantenere i propri vizî; per cui il primo cresce nella ignoranza. Ecco il quadro desolante della vita in seno alla famiglia. Le eccezioni son poche, anzi pochissime.
II piccolo risparmio non esisteva, nonostante l'egoismo, Vita debosciata, spendereccia, senza dignità, senza desiderio di un migliore avvenire, e di qui, debiti con le banche, con le cantine, con i conoscenti. Molti rifuggevono dal lavoro. Cercavano di impiegarsi come guardie nel Fucino durante il periodo estivo-autunnale, usando tutti i mézzi di raccomandazioni, fino a quello di prostituire le proprie donne. E quando un carro di generi stava per uscire dal Fucino si facevano avanti come tanti briganti, essendo cani mastini di proprietà usurpate. Solo pochi lavoravano, poiché tutto il lavoro campestre era esercitalo dagli immigrati temporanei, che nella estate sono ancora numerosi. Questo rilassamento di costumi ha fatto sì che l'economia domestica, ossia il risparmio, affatto assicurato;poi si sono aggiunti un po' di avarizia e di boria quando i terreni hanno fruttato di più. Molti non avevano casa e se la fecero; ma il risparmio non andò più in là. Date queste condizioni favorevoli allo sfruttamento si riversò sopra S. Benedetto una banda di medici, di avvocati, di agrimensori, di usurai e di spie. E tutti fecero bene i loro affari. Dopo il 1902, anno in cui fu posta la conciliazione in S. Benedetto si sono veduti scendere da Pescina dei mozza orecchi a difendere le cause e citare a sproposito pareri e sentenze di cassazione. C'era un sarto del paese, che parlava di codice vecchio e codice nuovo come un avvocato. Ricchi a S, Benedetto non ce ne sono mai stati e neppure ora ce ne sono. Ma l'esempio degli scialacquatori travolgeva, nei giorni festivi, quei pochi benestanti fra gl'ingranaggi della debosciatezza, specialmente riguardo al bere vino e liguori, piaga che esiste tuttora nel paese.
Di qui le liti per motivi futili e che finivano nelle aule giudiziarie. Gli avvocati presuntuosi e senza cultura riempivano il portafogli ed ingrassavano come tanti suini, tenendo anche legati per la gola e calpestando quegli stessi che elargivano in dono il benessere. Le cose proprie si accomodano meglio in casa che nei tribunali, preture e conciliazioni. questa banda di predoni, che Pietro Gori chiamava la peste dell'umanità, questi sfruttatori della imbecillità umana, l'ebbe a battesimo a S. Benedetto qualche faccendiere e qualche famiglia facinorosa, allo scopo di tenere sotto i piedi il paese intero e fare insieme alla banda i proprî affari. E' stata pel paese una vergogna ed insieme una cuccagna.
Non si fu previdenti. Si credette che i terreni del mulino non si esaurissero mai; si spendeva e spandeva senza riflessione, a casaccio, e ad anni di abbondanza seguirono quelli di miseria.
I fitti dei terreni aumentarono e quindi una spaventevole miseria si produsse nel paese. Alcuni, emigrarono nelle lontane Americhe. Ci fu un periodo nel quale chi dirigeva la cosa pubblica dava esempio manifesto di immoralita, torti, ingiustizie, vendette. Si arrivo a legittimare il furto; in vari casi divenne un dovere Ingannare, dovere l'accrescere la prostituzione. E con tal sistema si alimentava il basso livello morale sorto tra il miscuglio di gente dei varî paesi. Ancora si lasciava libero campo ai dipendenti del Comune ladri, debosciati e lussuriosi; delinquenti. Costoro erano usati come spie, si introducevano anche nelle famiglie con scopi illeciti, e dei servizi pubblici non si curavano affatto.
Tale era il paese prima del terremoto. Se nonchè vi erano alcune persone trattabili e dopo che alcuni giovani suscitarono la lotta contro Pescina, queste, per esclusivo interesse personale, (alcune erano affiliare alla camorra pescinese) combattettero accanitamente contro l'idea emancipatrice del paese. Sfido io : ne scapitava la borsa ed il decoro personale, decoro fondato sulla ignoranza e non sull' agire morale e civile. Ne nacque quindi, nel 1914, una lotta tra Pescina e S. Benedetto, che assunse un aspetto tragico. Fa ucciso per errore, un ragazzo di Pescina.
Pescina finàlmente si rassegnò, e le pratiche per la separazione procedevano con una certa rapidità. Ma il terremoto troncò tutto. Dopo venne la guerra e con essa la crisi economica e 1'abbattimento morale seguito al cataclisma tellurico divenne più grave e della costituzione del comune m S. BENEDETTO non se ne parlò più per varî anni. Frattanto nel 1920 le pratiche ricominciavano e, naturalmente, quell'entusiasmo di prima non c'era più, e Pescina ne approfittò. Nel 1922 la discussione sulla limitazione dei confini territoriali fatta dai commissari di entrambi i paesi, con 1'ostruzionismo di quelli di Pescina, si prolungò per tre mesi e non si concluse nulla. Si è insistito per un arbitro. II prefetto nominò arbitro un ingegnere; ma questi fu minacciato con lettere anonime dai Pescinesi; per cui, dopo un po' di tempo, si dimise. Bassezza e vigliaccheria di Pescina che teme di perdere la cava d'oro . Se ne nominò un altro. Questi richiese una garanzia in denaro dai privati del paese. Gli é stata data. Siamo all"anno 1926 e non si parla più di autonomia comunale.
(1) Nel dicembre 1924 in S. BENEDETTO .... l’entrata del dazio in S. BENEDETTO é stata di lire mille e piú di Pescina.

CAPITOLO II. Storia Amministrativa

San Benedetto, come si é detto, prima del 1870 contava appena 400 abitanti o giù di lì, vi era lo stato civile dei nati e dei morti, che fu soppresso. E mentre daì 1870 al 1880 i lavori di bonifica del Fucino erano al massimo fervore e il paese pieno di lavoratori Forestieri, la corrispondenza non era portata neppure da un impiegato postale. Solo qualche volta I'usciere di conciliazione di Pescina la portava in tasca, in S. Benedetto. E così lettere e cartoline andavano spesso smarrite. Un corrriere postale cominciò a far servizio nel 1884. Da Pescina veniva a S. BENEDETTO a distribuire e prendere la corrispondenza imbucata in una cassetta postale situata in piazza, e non tatti i giorni.Finalmente nel 1887 fu posta una colletteria, ove il segreto postale non era affatto garantito. (1) Inutile ricordare le peripezie di quest'ufficio. Solo nel 1899 fa posto un uflicio postale; ma funzionò reale fino al 1902. Dopo questo anno detta una certa garanzia. Sarebbe stato necessario il telegrafo, essendo S. Benedetto il principale sbocco del Fucino, solo recapito, quindi, di molti commerciantì. Ma neppure questo fu concesso. Nel 1915 fìnalmente si potette avere tutto ciò perchè Pescina non voleva perdere í forestieri, che fruttavano. Chi va per affari in un paese vi lascia sempre qualche po' di soldi. A S. BENEDETTO le strade erano strette e nell'inverno molto fangose, e molto polverose nell'estate. In orni stagione sempre immonde, non essendovi spazzini.Nel 1877-78, causa l' affollamento degli operai per la bonifica del Fucino, una epidemia di tifo mietè molte vittime ed il Comune non prese alcun provvedimento. Un solo spazzino, e per giunta invalido, fu nominato dopo il 1880. Nel 1888 fu nominata una guardia municipale semianalfabeta, raccolta nei bassi fondi e con tare di delinquanza, non per sorvegliare i servizi pubblici, ma per fare la spia e riferire tutto ai dirigenti. E, cosa ancor più stupefacente, gli fu dato l'incarico di ufficiale sanitario. Niente scuole. Un prete. ignorante e brigantescamente manesco, una maestra di perversi costumi. Una fontana infetta, un cimitero ristretto, una strada nel mezzo del paese e molto frequentata, tortuosa e mal tenuta. Bisogna notare che dal 1877, causa l'immigrazione, nel paese si incominciò a fabbricare di più e celermente e, non essendovi una commissione edilizia, sì costituì a casaccio e con vie strette. Le epidemie ricorrevano ogni anno: scarlattina, morbillo, vaiolo, difterite ecc. In Pescina questo non avveniva. Oggi non si verifica più per l'ampiezza delle strade e la ventilazione continua, nonostante il fango e la lordura che non mancano, e sono se non peggio, certo come prima del terremoto. Le guardie campestri facevano le contravvenzioni capricciosamente e le transitavano ed annullavano secondo quello che il presunto colpevole offriva ad esse. Una vera cuccagna. In Pescina, poi, questo avveniva ancor più di frequente. Si racconta che un assessore, tra il 1889 ed il 1891, girava pel paese, faceva le contraverrzioni e si metteva il denaro in tasca. Cosi un contadino di Pescina con due o tre giornate di lavoro a favore di un impiegato si risparmiava di pagare 15-20 lire , di tassa bestiame. La giornata a quei tempi costava una lira, non si metteva nel ruolo. Questo si faceva come piaceva ai capi, i quali non pagavano affatto o pagavano poco, Si vuole anche che i capi non pagassero le tasse all'esattore poste nei ruoli. Egli le abbandonava, per avere altri introiti indiretti ed illeciti. Mi si dice che anche oggi avvenga cosi a S. Benedetto. Può darsi, e se ciò avviene è per tenersi ligi quelli che possono influire sul popolo. Così in Pescina si aveva esempio di furto legittimàto, ed avveniva una lotta a chi poteva pagare di meno e si faceva a gara a chi poteva offrire più regali per avere agevolazioni. Una tale corruzione in S. BENEDETTO é divenuta abituale e si è veduto nell'occupazione delle baracche e dei padiglioni. Così gl'impiegati ed i subalterni acquistavano autorità. II Comune era una sagrestia, ove entravano solamente i capi e gli affiliati a questi. Nessuno vi poteva entrare. non per diritto, ma per suggestione e timidezza. Era esclusiva proprietà del segretario e compagnia.
Dopo il 1901 le cose andavano ancora cosi. Un signore di Pescasseroli disse ad un pescinese : “E' vero che nel vostro paese quando un individuo ha bisogno di denaro si fa fare un mandato da scontare in seguito con lavori da fare nel comune?” Quello rispose: “Veramente non so; ma é possibile, giacché gli amministratori del comune sono indolenti e trascurati.” Il padrone del paese era il segretario di allora, Giacomo Barbati. Era sindaco, assessore, etc. Nel bilancio figuravano spese arbitrarie ed alcune nei conti consuntivi erano per fino il doppio di quello che si era speso. Cito un fatto. In una seduta consiliare il consigliere Bernardo Sanbenedetto osservò che in una spesa nel conto la somma risultava doppia. L'assessore Palladini rispose che la spesa non era di lire 700, ma che un perito l'aveva giudicata di lire 700. Sia pure, rispose il consigliere in parola, ma nel conto figurano lire 1200. A questa risposta l'assessore Palladini tacque. II seguente aneddoto dimostra l'accordo tra i capi ed i subalterni.Il mese di luglio 1900 scarseggiava l'acqua per l'irrigazione. Un tale di Venere per irrorare una piccola zona di terreno dovette regalare cento uova al capo guardia municipale. Con esse sì fece un frittalone, che fu mangiato al casino del prete Di Genova dalla cricca comunale, compreso il sindaco.
Nel 1901 un gruppo di giovani ingaggiò una lotta, onde sottrarre S. Benedetto dalla oppressione di Pescina. La cricca per calmare il pubblico e rimanere al potere nel 1902 creò un ufficio comunale in S. BENEDETTO, una specie di sezione ridotta con relativa conciliazione. E, naturalmente, richiamò da Ovindoli un pescinese, Pasquale D' Alessandro, allo scopo di meglio piazzarlo. La lotta costò fatiche e spese onoerose. I soliti processi imbastiti per far guadagnare avvocati tartufi ed impinguare l'erario dello stato. I provocatori erano preti e presunti nobili, che agivano nell'ombra ed erano invulnerabili.Si dovette lottare per tre anni. Ed intanto una camorra di faccendieri pescinesi occupati a scribbacchiare (nel 1904 ce ne erano sei) e a rosicchiare il bilancio comunale. E questo, sempre in diminuzione, si ricolmava con tasse vessatorie. Ma il deficit aumentava. Chi pagava lo scotto era sempre la povera frazione, S. Benedetto.

Per i numeri e i bilanci Vi rimandiamo a consultare l'opuscolo "Storia morale ed economica di S.Benedetto" di F.Ippoliti- Biblioteca Comunale


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