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Il Padre Provinciale

Il Padre Provinciale è una figura che appare soltanto in una scena del romanzo, eppure è importante per chiarire quale sia il punto di vista del Manzoni riguardo agli uomini di potere, che di necessità sono costretti dalla loro posizione a scendere a compromessi.
Egli è invitato a pranzo dal conte zio, al quale il cugino di Don Rodrigo, Attilio, ha fatto una descrizione del tutto travisata dei personaggi e degli eventi, dopo la famosa notte dei sotterfugi, nella quale i bravi hanno fallito nel rapire Lucia.
Il conte, conoscendo il nipote, sa che certamente Don Rodrigo ha le sue magagne da nascondere, e che certamente non è innocente come vuole far credere, ma, forte della sua autorità e del suo potere, attacca il Padre Provinciale, pur con metodi diplomatici, suggerendogli tutto il male possibile su Padre Cristoforo.
Il Provinciale, abituato a frequentare le riunioni mondane e scaltrito dal dialogo con uomini di quella fatta, sa rispondere a tono, ma la sua difesa del cappuccino, per quanto formalmente corretta, non ha ardore nè entusiasmo. E' semplicemente la risposta di un superiore che è nel dovere di difendere un uomo appartenente al suo gruppo, ma è attento anche a rispettare le regole del cosiddetto "tatto", in virtù del quale spesso chi è nel giusto deve cedere a chi occupa un gradino socialmente superiore.
La sua difesa, inizialmente forte e decisa, cede alle argomentazioni del conte zio quando, dalle accuse generiche, egli passa ad enumerare fatti concreti, per ribattere ai quali - tutte menzogne - il Provinciale dovrebbe accusare il suo interlocutore di mentire, o Don Rodrigo di essere lui colpevole e ingannatore.
Per non perdere in dignità, il Padre cede, ma, per ritirarsi con stile, dice che pensava lui stesso di inviare il cappuccino a Rimini, prima ancora che il conte zio lo suggerisse.
Il capitolo manzoniano vede contrapposti due uomini che sono, sì, potenti, ma che escono dalla scena come moralmente ambigui, e quindi come dei deboli.