CAPITOLO 1
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E, detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, con i piedi e le mani avvolte in bende, e il volto coperto da un sudario.(GV 11, 43-44)

La prima cosa che vide quando riaprì gli occhi fu il buio. Un buio diverso da quello delle palpebre chiuse; era un buio "vivo", fremente, in perenne attesa di quel raggio di luce che potesse squarciarlo ponendo fine alla sua esistenza e donando dignità d'essere alla vita. Anche i suoni erano immersi nella pesante coltre di silenzio che da sempre accompagna il buio nel suo lungo peregrinare notturno; tutto sembrava essere in attesa del suo risveglio. Si alzò dal freddo letto in cui era disteso. La stanza a poco a poco cominciò ad essere visibile, mentre le sue pupille si dilatavano abituandosi all'oscurità; i contorni dei pochi e prosaici mobili presenti gli furono d'aiuto per orientarsi. Usando la mano per seguirli, tentava di avvicinarsi alle pareti, alla ricerca di un interruttore, o di una porta, dalla quale uscire. Trovata quella che pensò potesse essere una maniglia, la girò e spinse.
La nuova stanza in cui si trovò era completamente vuota. Le pareti, verdi, non avevano spigoli, ma si fondevano una nell'altra, gradualmente. Il pavimento era completamente bianco. C'era solo una cosa che interrompeva la monotona tranquillità di quel luogo. Proprio di fronte alla porta da cui era entrato, un oblò permetteva di vedere l'esterno. E guardando da quell'oblò, si poteva vedere la Terra. Poi l'oblò si aperse d'improvviso; e lui fu risucchiato all'esterno.



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