Sisto e Phon: una coppia felice Italo-Thailandese

L' esperienza di Sisto in Thailandia

 

     

 

Salve a tutti, ho aiutato mia moglie nella stesura di queste pagine cercando quanto piu' possibile d'interpretare l'esatto suo pensiero; la lingua Thai, oltre ad essere molto diversa, differisce nella pura costruzione della frase.

Non mi ritengo un'esperto della Thailandia, ma penso di poter affermare che la conosco meglio e piu' profondamente di quanti vi si sono recati per brevi periodi e unicamente diretti nelle localita' di richiamo turistico; luoghi indubbiamente molto belli ma dove il turismo di massa, con le sue esigenze, ha stravolto la realta' di vita e la vera identita' di questo Popolo, fiero come pochi di appartenere alla propria Nazione (il cui nome, letteralmente tradotto, significa "paese di uomini liberi").

Molte cose mi affascinano della Thailandia, sarebbe lungo e difficile raccontarle tutte, ormai quasi alla pensione mi propongo, su queste stesse pagine, di raccontarle insieme alla storia del mio incontro con Phon. Lo faro' innanzitutto per un doveroso omaggio nei suoi confronti, donna meravigliosa e sposa perfetta; mi ha donato con una naturalezza e una semplicita' incredibile quella gioia di vivere che, alla mia eta', credevo irrimediabilmente perduta.

 

 

Di una cosa sono certo, esiste una differenza sostanziale fra la nostra cultura e la loro: da noi, un modo "occidentale" di affrontare la vita, nella continua frenetica ricerca del benessere ad ogni costo, sintomo di un inquietudine interiore; laggiu', invece, un atteggiamento sereno e tranquillo anche nelle situazioni piu' critiche.

 

Un incontro inaspettato

Questa mia affermazione scaturisce da una serie di esperienze e di episodi che ho vissuto in terra Thai. Per non annoiarvi, ne racconto uno solo: un pomeriggio del giugno '98 ero in moto con la mia attuale compagna (da poco conosciuta) nei dintorni di Khon Kaen; eravamo reduci da una scorpacciata di gamberi in una tipica capanna in mezzo a un fiume, un nuvolone nero carico di pioggia ci annuncio' un'acquazzone tipico di quella stagione, ai lati della strada risaie a perdita d'occhio e qualche abitazione isolata. Confesso che non essendo abituato ai monsoni ero un po' preoccupato, mi diressi con decisione verso la casa piu' vicina per cercarvi riparo; era una tipica casa Thai piuttosto malmessa, il pianoterra in cemento con sopra una struttura in legno adibita a zona notte, una scala esterna sempre in legno ne consentiva l'accesso. Notai piu' persone che si affaccendavano a portare in casa vari oggetti, al rombo della moto (una vecchia Suzuki dalla marmitta non propio regolamentare) piu' sguardi si rivolsero incuriositi verso di noi, ma pur sorridendo ampiamente rimanevano immobili; sulla porta apparve un uomo molto anziano esile e minuscolo, congiunse le mani nel classico saluto Thai e ci indico' una tettoia ai lati della casa dove riporre la moto, poi c'invito' ad entrare in casa, appena in tempo per ripararci da grosse goccie di pioggia che in qualche secondo diventarono un autentico diluvio.

Era evidente che si trattava di una povera e numerosa famiglia di contadini che coltivavano il riso, bene primario di quella Nazione che ne e' anche il maggior esportatore mondiale. Contai ad occhio 4-5 donne, un paio di uomini e 4 bambini; ho frequentato in seguito quella casa, ma non sono mai riuscito a capire gli esatti rapporti di parentela fra di loro. Dovete anche tenere presente che il dialogo a quei tempi fra me e Phon era in pratica inesistente, comunicavamo con un piccolo dizionario della Vallardi che mi ero portato dall'Italia - e che ancora oggi mi risulta sia l'unico edito nel nostro Paese. Inutile negarlo, ero imbarazzato.

 

 

Dopo i saluti l'uomo che ci aveva accolti ci fece accomodare su delle vecchie poltrone artigianali in vimini, dall'aspetto poco rassicurante ma in realta' molto comode e solide. Tim - questo e' il suo nome - provava un'evidente interesse per la mia persona, ero il primo Europeo che conosceva in carne e ossa; lo strano era che, malgrado mi sentissi osservato da tutti,  non provavo piu' il minimo imbarazzo. Cercavo in qualche modo di partecipare alla conversazione ricorrendo alla mimica, gli mostrai alcune cartoline dell'Italia che Phon aveva nella sua borsa, le osservo' attentamente una a una prima di passarle al resto della famiglia. Ci fece offrire frutta, della bevanda ambrata che sembrava te' e riso (che io chiamo "al Vinavil" perche' e' particolarmente colloso: viene conservato in piccoli canestri di foglie di bambu', ora so' che si chiama "Kao niao", ma per me resta il riso al Vinavil e non mi piace). Phon gli disse che anche noi avevamo cenato e accettammo solo la bevanda, poi mi fece osservare che non pioveva piu' e si era fatto buio, mi fece capire che quella gente andava a letto presto perche' si alzava all'alba.

 

Senso di pace

Fra sguardi sorridenti, occhi sereni, gesti misurati e armoniosi mi sentivo invaso da un senso di pace e di benessere - senza riuscire a spiegarmene la ragione - e non avevo nessuna voglia di andare via. Non so come, feci capire a Phon che desideravo ritornare a trovarli; volevo riprovare quel senso di pace e capire da dove mi proveniva. Fummo invitati a cena per la domenica successiva, portammo birra e dolci, fummo accolti festosamente dai bambini e con calore dagli adulti. Tim, oltre al saluto Thai, strinse a lungo la mia mano tesa nel saluto occidentale.

 

Non dimentichero' mai quel giorno: capii come si puo' essere felici con poco o con quasi niente. Quella gente faceva un lavoro faticoso e massacrante per pochi soldi, che tuttavia erano sufficienti per il loro sostentamento primario e questo gli bastava per sentirsi pienamente appagati.

Mi e' stato spiegato in seguito che la dottrina Buddhista sostiene che piu' i desideri crescono, piu' crescono le sofferenze; quindi bisogna desiderare meno per soffrire meno. Forse hanno ragione loro o forse abbiamo ragione noi, a cui hanno insegnato un modo di vita diverso, non lo so e non lo voglio sapere. Mi basta sapere che laggiu' ho un'amico Thai che si chiama Tim, lui sa di avere un'amico "farang" (termine Thai che significa "uomo bianco") che si chiama Sisto: quando vado in Thailandia e' una delle prime persone che vado a trovare, beviamo qualche birra e ci fumiamo qualche sigaretta; non parliamo, tanto non ci capiremmo, ma ci guardiamo negli occhi e siamo felici di stare insieme.

 

"Mai Pen Rai" (non ci pensare) puo' apparire come un pensiero rinunciatario, ma e' in effetti per loro un modo di dire che lascia sempre aperta la porta alla speranza, come a dire: "Domani forse sara' migliore di oggi".

 

"Sawadee krap"

Sisto

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