"DALLO SQUADRISMO FASCISTA ALLE STRAGI DELLA
RISIERA"
curato dall'ANED Trieste 1974
Crollato il regime fascista, dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 e
l'occupazione tedesca, la "repubblica di Salò" operò la vergognosa cessione di
Trieste, della Venezia Giulia e del Friuli allo stato nazista, che doveva tanto complicare
la politica italiana anche dopo la liberazione. Il governo di queste zone chiamato Litorale Adriatico (Adriatisches Kustenland) era stato affidato al
governatore della Carinzia ( la stessa regione in cui governa Haider) Friedrich Rainer che
era un nazista che odiava l'Italia. Secondo le sue valutazioni etnico-razziali il Friuli e
la Venezia Giulia erano per la gran parte estranei alla nazione italiana per cui la loro
separazione dallo stato italiano si giustificava anche sotto questo profilo. Egli infatti
riduceva la popolazione "etnicamente" italiana del Friuli-Venezia Giulia a sole
250.000 unità complessivamente che egli così ripartiva:100.000 nel Friuli in quanto
altri 400.000 erano "furlanern" cioè ladini, differenti di lingua e di razza e
200.000 erano sloveni. 150.000 nell'Alta Istria e a Trieste, cioè nella Venezia Giulia la
quale in sostanza era un "miscuglio di popoli" rovinati dall'incapacità dello
Stato Italiano. Così, sotto il tallone hitleriano si estende ai territori così facilmente
conquistati la barbara azione dell'apparato nazista, non solo per combattere la sempre
più vivace e impegnata lotta partigiana, ma anche per estendere a tali territori la
mostruosa macchina stritolante delle uccisioni, deportazioni e delle depredazioni
che colpiscono in modo particolare gli ebrei.Viene allora requisito un
vecchio edificio a suo tempo adibito a stabilimento per la raffinazione del riso, e viene
trasformato in campo di smistamento per le deportazioni nei campi di sterminio in
Germania, Austria e Polonia, come Fossoli e poi Bolzano,con in più la efferatezza dei
campi di sterminio e delle peggiori carceri sotto il controllo delle SS nell'Italia
occupata. Non manca nemmeno il forno crematorio per l'incenerimento dei cadaveri dei
fucilati e dei morti sotto le torture, per la eliminazione fisica degli elementi ritenuti
irriducibilmente nemici del nazifascismo, senza nemmeno prendersi la briga di trasferirli
nei campi di Auschwitz, di Mauthausen, di Dachau, di Rawensbruch. Non manca, e non poteva
mancare nell'azione poliziesca di repressione e di cattura dei partigiani, dei sospetti di
antifascismo, degli ebrei, la collaborazione di fascisti italiani (italiani!), che spesso
si distinguono nella gara con le SS per la ferocia del comportamento; quasi a confermare
che quanto avviene nel nostro tempo per opera degli epigoni del nazifascismo non è che la
continuazione di quelle azioni da parte di gruppi, per fortuna oggi senza potere, ancora
avvelenati dai miasmi di allora. Oggi la Risiera di San Sabba è riconosciuta monumento nazionale perchè "sia
conservata ed affidata al rispetto della Nazione per il suo rilevante interesse, sotto il
profilo storico-politico", come prescrive il decreto
n.510 del 15 aprile 1965 del Presidente della Repubblica..
Ebbene, il "monumento" deve essere soprattutto dentro di noi, nelle
nostre menti e nei nostri cuori, e i suoi 5000 caduti devono aggiungersi nel nostro
reverente ricordo agli undici milioni di caduti in tutti i campi di sterminio, per
ammonire che l'uomo deve essere liberato, in una società più giusta e più equa, da
tutte le cause di odio che generano inevitabilmente la violenza; perché la violenza
condanna chi la esercita e chi la subisce, a un grado inferiore quello irrazionale delle
fiere.
La storia
Verso la fine di ottobre 1943 il grande complesso di edifici dello
stabilimento per la raffinazione del riso, costruito nel 1913 nel rione periferico
di San Sabba, venne trasformato dagli occupanti tedeschi in prigione, campo di smistamento
per deportazioni in Germania e deposito di beni razziati agli ebrei e alle popolazioni dei
villaggi durante le azioni di rappresaglia in Istria e nel Carso.Dopo qualche mese vennero
costruite le celle e l'essiccatoio fu trasformato in forno crematorio: non occorreva
costruire il camino in quanto c'era già la ciminiera dello stabilimento alta 40 metri. Il
collaudo venne fatto il 4 aprile 1944 con i 70 cadaveri degli ostaggi fucilati il giorno
precedente al poligono di Opicina (sobborgo alle porte di Trieste).In breve tempo quindi,
e con poca spesa, i tedeschi organizzarono un campo di sterminio, un grande deposito
magazzino e la caserma per la truppa. La Risiera era proprio adatta per i loro piani
criminosi. Le finestre vennero murate; tutto il complesso era già recintato; per il
controllo bastava il corpo di guardia al cancello, unica entrata.Vicino all'entrata c'era,
a sinistra, un piccolo edificio che serviva da abitazione per il comandante del
lager (ora abitazione del custode); a destra un più ampio edificio a due piani per uffici
ed abitazioni dei sottoufficiali (ora demolito e lo spazio trasformato in parco). Nel primo
cortile c'era anche l'officina e il garage (ora trasformato in cappella). L'edificio
centrale, fra i due cortili, si ergeva a sei piani: serviva come caserma.Nel cortile
interno, al quale potevano accedere solo gli elementi più fidati, si giungeva attraverso
un sottopassaggio a volta, sbarrato da un alto cancello di ferro. Nel
sottopassaggio, a sinistra, si apriva una buia stanzetta, chiamata la "cella della
morte", che accoglieva i prigionieri portati dalle carceri e destinati al forno
crematorio.Al piano terra dell'edificio a due piani, a sinistra, erano state costruite le
celle dove erano rinchiusi i prigionieri più sospetti. 17 micro-celle
nelle quali
venivano ristretti fino a 6 prigionieri: tali celle erano particolarmente riservate ai
partigiani, ai politici, agli ebrei, destinati all'esecuzione a distanza di giorni, talora
di settimane. Le prime due celle venivano usate a fini di tortura o di raccolta di
materiale prelevato ai prigionieri: vi sono state rinvenute, fra l'altro, migliaia di
carte d'identità. Nei due piani sopra le celle erano sistemati i laboratori di sartoria e
calzoleria per le SS. Gli ebrei e i prigionieri destinati ai campi di concentramento in
Germania erano ammassati negli stanzoni dell'edificio a tre piani. Nel lungo tratto ora
demolito, oltre l'attuale muro di cinta, c'erano i depositi dei beni razziati agli ebrei e
le stalle per il bestiame predato durante le azioni di rappresaglia nei villaggi
d'Istria e sul Carso.Nel cortile interno, proprio di fronte alle celle, in una costruzione
più piccola -i segni della sagoma sono ancora oggi sul fabbricato centrale- c'era il
forno crematorio. Un canale sotterraneo univa il forno alla ciminiera (ora in sua vece
sorge una spirale simbolica in metallo).Per i dettagli vedi la pagina:la pianta della Risiera di San Sabba. Sul tipo di esecuzioni in
uso le ipotesi sono diverse e probabilmente tutte fondate: gassazione in automezzi
appositamente attrezzati, colpo di mazza alla nuca o fucilazione. Non sempre la mazzata
uccideva subito per cui il forno ingoiò persone ancora vive. Fragore di motori, latrati
di cane appositamente aizzati, musiche, coprivano le grida e i rumori delle esecuzioni.Il
forno crematorio e la ciminiera
vennero
distrutti dai nazisti nella notte tra il 28 e il 29 aprile 1945 per eliminare le prove dei
loro crimini. Tra le macerie furono rinvenute ossa e ceneri umane raccolte in tre sacchi
di carta, di quelli usati per il cemento. Fu inoltre rinvenuta una mazza ora esposta al
museo. Il processo per questi crimini si è concluso a
Trieste nel 1976.