seppelliamoli con una risata

 

 

 

 

i problemi sono tanti, ma spesso è meglio riderci sopra

d'altra parte, per fortuna, le occasioni non mancano...

 

la saggezza dei proverbi

saluti da Bologna

Infobox - Zap e Ida

 

l'angolo di Frate Tuck

 

aria nuova in cucinella - le ricette di zio Giorgio

i prodotti
il grande concorso Strappa e Inaugura
raccogli i barattoli Grandi Firme
le trippe di zio Giorgio

Tortellini svedesi
Fittoni tonificanti
Anche San Petronio era un immigrato

 

 



La saggezza dei proverbi

 

1) A cgnòss un òmen puléttic che an dis gnint. Mo cum al le sa dir lò, àn i é inciòn.
Conosco un uomo politico che non dice nulla. Ma come lo sa dire lui, non c'è nessuno.


2) Zért puléttic i srén di galantòmen, s'in fòssen parsuès d'èsser di galantòmen.
Certi politici sarebbero dei galantuomini, se non fossero convinti di esserlo.


3) Par l'òmen presuntuòus al quèl piò difézzil l'é pardunèr chi al truvè in fal.
Per l'uomo presuntuoso la cosa più difficile è perdonare chi lo ha colto in fallo.


4) El grandi prumass it fan fass.
Le grandi promesse ti fanno fesso.


5) Prèst o tèrd sòura a una faza ed branz ai va a caghèr un pizàn.
Presto o tardi su una faccia di bronzo va a defecare un piccione.


6) Ai é del cretinè inscartuzè pulìd, cum ai é di cretén vsté da la fèsta.
Ci sono delle cretinate ben confezionate, come ci sono dei cretini vestiti a festa.




Fittoni tonificanti

Il sindaco Guazzaloca è convinto che i cittadini responsabili delle "contro-inaugurazioni" di questi giorni siano in realtà gli alter ego di Walter Vitali. Questa mania di persecuzione, aggravatasi dopo i blitz informativi che lo seguono ovunque, lo ha indotto a farsi sostituire dall'assessore Raisi (il suo "walter-ego") proprio in occasione dell'inaugurazione dell'unica"grande opera" totalmente ascrivibile alla sua giunta, dai tempi in cui S.Petronio venne messo a dirigere il traffico sotto le due torri: i magnifici fittoni di via Altabella.

L'inaugurazione in questione, chiaramente destinata a risolvere definitivamente i problemi del traffico nel centro storico (altro che Sirio!), pare abbia avuto l'ok da una commissione ad hoc: la "Giunta per le Inaugurazioni a Prescindere". Il nostro sindaco cerca in tutti i modi di assimilare le tecnichemediatiche del Silvio nazionale. Con scarsi risultati: la giunta per leautorizzazioni a procedere del Parlamento è (purtroppo) molto più avara della Sua, signor Sindaco, nelle autorizzazioni. Ma forse la spiegazione sta in quel "a prescindere": dall'importanza (fittoni), dalla necessità e dal costo (Infobox), dalla paternità (P.Galliera, via Corelli, ex Manifattura, ecc.).

Il punto è però la mancata presenza del sindaco in via Altabella. I casi sono due: o l'opera è di scarso rilievo (non sia mai!), oppure il sindacoha finalmente deciso di non prendersi tutti gli applausi. Anche Raisi e Pelizzer hanno i loro meriti, perbacco!

Sperando che i grandiosi fittoni funzionino meglio di quelli di via Clavature, vorrei tranquillizzare il sindaco sull'origine degli striscioni "Anche questo...": come del Suo lo sono i fittoni, quegli striscioni sono farina del mio sacco e di altri bolognesi "avviliti e sofferenti", che in passato non risparmiarono critiche al suo predecessore e che non daranno tregua nemmeno a Lei e ai suoi compagni (si fa per dire...) di ventura. Buon lavoro al "nostro" Sindaco e arrivederci alla prossima inaugurazione (a prescindere).

Riccardo Lenzi

P.S. Voglio resistere alla tentazione di facili battute sul possibile utilizzo alternativo dei suddetti fittoni. Vi rimando ad un classico del folk emiliano: "La Fìra ed San Làzer" (chiedere a Guccini e Mingardi...).

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l'angolo di Frate Tuck

 

 

I Cavalieri dell'Ordine del Sacro Fittone

Nei giorni scorsi, il grande evento mediatico predisposto per l'inaugurazione dei fittoni mobili, posti a difesa dell'integrità del cuore del Centro Storico cittadino e a protezione dell'Arcivescovado, aveva sancito la nascita di una nuova saga di atmosfera medievale, tutta bolognese: quella dei Cavalieri dell'Ordine del Sacro Fittone.

Perfettamente in linea con una politica tutta tesa a limitare entro ambiti sempre più ristretti la figura di Bologna, quelli della cerchia del Mille per l'appunto, un manipolo di Cavalieri, paladini della bolognesità, della sanlazzaresità, e via di seguito a scalare, aveva orgogliosamente rivendicato la paternità del nobile baluardo.

Cavalieri senza macchia e senza paura, forieri di un futuro glorioso per Bologna e pronti a difenderla dagli assalti di foresti e mercenari?

Pochi giorni dopo, interrogato sul suo futuro, uno tra i più valorosi Cavalieri dell'Ordine dichiarava che, forte della sua impareggiabile conoscenza delle insidie di un territorio difficile e talora ostile, sarebbe partito lancia in resta per un lungo viaggio, destinato ad un'eroica azione: conquistare la piccola, amata cittadella natia. Nobilissima impresa, intrisa di buoni sentimenti, degna di un cavaliere senza macchia ma, purtroppo, con poco coraggio. Ben altri traguardi ci saremmo invero aspettati dal prode cavaliere.

Che si stia diffondendo un certo allarme dopo la notizia che il nobile e coraggioso Sergio da Cremona ha già valicato il Grande Fiume?

Frate Tuck

 

Cavalieri con autista

Le eroiche gesta degli indomiti Cavalieri dell'Ordine del Sacro Fittone continuano senza requie. Non passa giorno senza che essi diano prova di coraggio e spirito di sacrificio, vegliando sulla nostra amata Bononia. Mentre il Cavalier Raisi da San Lazzaro inaugurava un grande cassonetto delle immondizie, una meraviglia forgiata per il decoro e l'igiene del volgo, un altro Cavaliere della Congrega, il nobile Rocco di Torrepadula, metteva a repentaglio la propria vita in un'altra, memorabile impresa.
Mentre solitario si aggirava per le viuzze della città, scorgeva un cavallo con autista legato ad un anello vietato. Era il cavallo con autista del perfido Sergio da Cremona che, profittando della magra eccezionale del Grande Fiume (un segno divino?), era giunto quatto quatto fin dentro Bononia. Che fare? Sfidarlo a tenzone in campo aperto? Giammai! Combattere con un Cavaliere dell'Ordine avrebbe reso troppo onore al perfido foresto. Ecco l'idea geniale. Estrae da una bisaccia un piccione viaggiatore e invia un messaggio alle Guardie Svizzere del Signore di Bononia, tra le quali annovera parecchi amici.
Che onta per il Cavaliere Sergio da Cremona, ingloriosamente multato e con cinque punti in meno sulla licenza per cavalcare. Il giorno seguente Bononia tutta, informata dalle grida del Piccolo Carlo, tributava onori entusiasti all'eroico Rocco di Torrepadula, Cavaliere dell'Ordine del Sacro Fittone.

Frate Tuck

 

Superpippo, un Cavaliere con le Palle

Un nuovo Cavaliere si aggiunge alla nobile Congrega dell'Ordine del Sacro Fittone. Viene di lontano, dalla marca ascolana; in onore del suo coraggio e del suo stemma nobiliare, la Congrega è stata ribattezzata. Abbiamo ora i Cavalieri dell'Ordine del Sacro Fittone e delle Palle. Giunto in Bononia durante un moto di piazza a causa della foggia non gradita dei nuovi orinatoi pubblici, il nobile Pippo da Ascoli, a sprezzo del pericolo, spiegava allo spregevole volgo la grandezza artistica ed i vantaggi pratici dei nuovi orinatoi.
Ammaliati da cotanta saccenza, i popolani, oramai pronti al grande rogo, tornavano sui propri passi e, dopo aver chiesto perdono per la propria ignoranza, facevano dono al cavaliere della grande Opera, affinché altri popoli potessero raccontare della grandezza e generosità di Bononia.
Il Cavaliere con le Palle, orgoglioso e commosso, caricava la reliquia sul suo destriero e si avviava volando verso nuove imprese.

Frate Tuck

 

Il nobile Mazzante dalle Bande Nere

Essere ammessi tra i Cavalieri dell'Ordine del Sacro Fittone è impresa né breve, né semplice e non tutti riescono a raggiungere l'agognato traguardo. Lunghe e perigliose prove attendono i novizi durante il percorso che li vedrà prima stallieri, indi scudieri e infine Cavalieri. Il nobile Mazzante dalle Bande Nere sta tentando il grande passo, invero da molto tempo, ma con scarsi risultati. Il tempo stringe e se non riuscirà entro breve in una impresa memorabile, egli rimarrà per sempre scudiero al servizio del Cavalier Raisi da San Lazzaro.
L'ultimo suo tentativo di acquisir gloria imperitura lo ha visto rimuovere nottetempo un drappo appeso alle mura di Palazzo da una fazione avversa al suo Signore. Questa azione, benché indicativa di indubbio talento e fantasia, non è parsa ai più degna di particolar menzione. Insomma, anche per stavolta è andata male. Ben altra impresa dovrà escogitare il nobile Mazzante se non vuol correre il rischio di tornar stalliere.

Frate Tuck

 

Il boomerang del Cavaliere

Dura la vita dei valorosi Cavalieri dell'Ordine del Sacro Fittone, irta di insidie, spesso inaspettate, talora curiose. Come ciò che è accaduto al nobile Rocco di Torrepadula, Cavaliere più per conoscenze che per intrinseco valore, ma pur sempre uomo generoso e di indubbio, talora inconsapevole, coraggio.
Essendo giunto in Bononia il grande Vittorio Foltachioma, Cavaliere errante, la cui fama di grande esperto di Bellezze (muliebri e artistiche) rimbalzava da un capo all'altro delle terre note, il nobile Rocco, pensando di fargli gran favore, si offriva di mostrargli la nuova opera che allieta la piazza, invero invisa ai bolognesi: i nuovi orinatoi eretti da Cucinello da Ferrara.
Dopo aver mirato l'oscena costruzione e saputo altresì che essa era stata consacrata nientemeno che da Urbano Crapaliscia, mirabile esperto del Grande Nulla, suo acerrimo nemico, Vittorio Foltachioma iniziava a menar fendenti con la sua mazza ferrata a destra e a manca con pari virulenza, riservando male parole a chi cotanta sconcezza avea pensato, permesso e tollerato.
Vista la mala parata, il povero Rocco si dileguava, cercando di sfuggire non solo dall'ira del Cavalier Foltachioma, ma anche degli altri Cavalieri suoi confratelli. Strano e divertente personaggio il nobile Rocco di Torrepadula: unico fra i Cavalieri dell'Ordine del Sacro Fittone, armato è non già di spada, mazza o lancia, bensì di uno strano oggetto di legno, ricurvo, proveniente non si sa come e quando da terre lontane, ancora ai più ignote, chiamato boomerang.

Frate Tuck

 

Carlo l'Abate

L'allegra congrega dei Cavalieri dell'Ordine del Sacro Fittone è ormai numerosa e ben assortita. La sonnecchiante Bononia può continuare a dormire tranquilla mentre il manipolo di eroi veglia e imperversa, sotto l'occhio bonario del suo attuale Signore, Giorgio da Norcia, assiduo frequentatore di prestigiose taverne e imbattibile nel gioco delle tre carte.
Dopo Raisi da San Lazzaro, Rocco di Torrepadula, Pippo da Ascoli, altri nobili valorosi si sono aggiunti al drappello. Pelizza da Altedo, sommo esperto di giostre per cavalli imbizzarriti, e Carlo detto l'Abate, non tanto per l'abito, quanto per la sua insuperabile saccenza in tutte le materie, si sono guadagnati l'agognato titolo, superando prove la cui grandezza sfugge alla plebe.
Una cosa curiosa: mentre Raisi da San Lazzaro dispone di un suo proprio scudiero, il giovane e irruento Mazzante dalle Bande Nere, e Rocco di Torrepadula non trova nessuno disposto a tal servigio, Pelizza e Carlo condividono un giovane, almeno d'aspetto, e promettente servitore, Pierluigi Botolino, detto Narciso. Mentre di Pelizza da Altedo merita dar conto in altra più congrua occasione, vogliamo qui narrare di come Carlo l'Abate ha eretto un nuovo fittone a difesa di Bononia. Il fittone in questione ricorda per dimensione e foggia quello del nobile Raisi; esso è però posto in posizione assai più ardita, in strada aperta e mal frequentata da giovani sbandati e pericolosi in cerca di sapere, che vengono a Bononia da ogni contrada del mondo noto, portando con sé, fra cose positive, grave disordine e nequizia. Quindi, anche se non troppo originale, questa impresa gli è valsa comunque la nomina a Cavaliere. Grazie a questo fittone ora tutto cambierà nella sordida via e nel breve volgere di qualche luna Bononia canterà le gesta del nobile Carlo che, per parte sua, ha già promesso di cambiare, e per sempre, il volto di Bononia.
Sempre che Sergio da Cremona, riavuta la licenza per cavalcare, non torni rapidamente sui suoi passi.

Frate Tuck

 

Le grandi idee del Cavalier Pepazzone detto l'Ingegnoso

Cavalieri dell'Ordine del Sacro Fittone non si nasce, bensì si diventa avendo dato prova di eccellenza nel campo delle arti, dell'ingegno e della nobiltà d'animo. Requisito fondamentale per essere ammessi alla Congrega è l'aver portato a termine un'impresa o inaugurato un'opera fondamentale per il progresso della città di Bononia. A volte basta anche un'idea, purchè straordinaria, per essere nominati Cavaliere honoris causa. Giovanni Pepazzone ha avuto questo privilegio in virtù di una carriera straordinaria, coronata da un'ultima strabiliante idea, una vera rivoluzione per la vita dei bolognesi tutti. Pepazzone fin da giovane aveva mostrato le sue doti nel campo delle arti civili fino a meritarsi l'appellativo di Ingegnoso. Case, palazzi, canali, a tante opere il suo nome si è legato. Ha sempre dimostrato di esser capace di risolvere qualsiasi problema. A volte esagerava, al punto che, se non c'era un problema da risolvere, se lo inventava per dimostrare poi tutto il suo ingegno nel giungere a soluzione. Come quando è giunto a progettar l'opera sua tra tutte la più insigne: la grande strada sotterranea per migliorare la circolazione dei cavalli in superficie, lungo le anguste vie di Bononia.
Il problema chiaramente non esiste, ma Pepazzone l'Ingegnoso è anche un veggente. "Villici di Bononia - ammonì un giorno la folla raccoltasi sul far del crepuscolo davanti al fittone del Cavalier Raisi - verrà il giorno, tra 10, 15 o 20 anni appena, che lungo le viuzze anguste della nostra città niuno potrà con sveltezza e sicurezza andare, pel previsto smisurato aumento del traffico dei cavalli, sia per il trasporto dei cristiani, sia per le merci. Bisogna trovare per tempo una soluzione definitiva". E fu così che Pepazzone l'Ingegnoso tirò fuori dal cappello la Grande Idea: una strada sotterranea che tagliava in due Bononia tutta, da mezzogiorno a settentrione. C'erano invero alcuni problemini tecnici da risolvere e soprattutto bisognava reperire pecunia in grande quantità, ma questi per l'appunto erano dettagli. Era l'idea che contava. E infatti contò al punto tale che il nostro amato Signore Giorgio da Norcia lo insignì sul campo del titolo di Cavaliere, anche perchè attendere l'inaugurazione della grande strada sotterranea avrebbe significato veder scorrere parecchi lustri. E fu così che Pepazzone l'Ingegnoso, tra qualche mugugno di invidia e qualche moto di disappunto, entrò a far parte a pieno titolo dei Cavalieri dell'Ordine del Sacro Fittone.

Frate Tuck

 

Vacanze a Crespellano

Abbiamo già raccontato di come Pepazzone l'Ingegnoso divenne Cavaliere. La sua grande idea, la strada sotterranea, era sembrata ai più una burla, una delle tante idee che Pepazzone di tanto in tanto seminava. Ma un giorno giunse in Bononia una notizia ancor più incredibile: la Grande Dieta aveva deciso di elargire una somma di denaro per realizzare l'idea di Pepazzone. Tra la costernazione e la rassegnazione dei cittadini di Bononia, un eccitato Pepazzone voleva a tutti i costi iniziare la grande opera e camminava freneticamente per la città con un piccone in mano. Ovviamente contava sull'aiuto dei migliori uomini in circolazione, per primi gli altri valenti Cavalieri dell'Ordine del Sacro Fittone. Tra questi ve n'era uno che in teoria potea più di tutti aiutarlo, il saggio Pelizza da Altedo. Ma quando la notizia giunse a Bononia, il buon Pelizza da Altedo avea di già prenotato - e da lunga pezza - una eccitante vacanza a Crespellano organizzata dall'agenzia Avventure Fuori Porta. Grande e comprensibile fu quindi la sua contrarietà quando Pepazzone lo chiamò a dare il suo indispensabile contributo, recapitandogli un buon piccone forgiato in Spagna. Il povero Pelizza era combattuto tra le due grandi cose: la vacanza tanto agognata a Crespellano e la partecipazione alla somma impresa. E lì ebbe il lampo di genio: si inventò una scusa, disse che il progetto di Pepazzone doveva essere messo a puntino - bisognava capire come dare acqua e biada ai cavalli sottoterra - e che sarebbe stato necessario un pò di tempo per studiare qualche piccola modifica. E fu così che il saggio Pelizza da Altedo partì felice per Crespellano con un grande rotolo sottobraccio.

Frate Tuck

 

La Balestra del Cavaliere

Lo si sa, il nobil Rocco di Torrepadula, Cavaliere dell'Ordine del Sacro Fittone più per conoscenze che per merito, è personaggio tutt'affatto particolare. La smania di compier mirabolanti imprese per l'amata Bononia, lo mena spesso a strafare. Sempre a caccia di gloria, a tutti i costi, anche a rischio di offuscare l'immagine del suo Signore e degli altri valenti Cavalieri della Congrega.
Questa volta l'ha fatta un po' più grossa del solito. Durante uno dei suoi viaggi nelle Terre Ignote avea recuperato, non si sa come, una piccola balestra tascabile, modello b38 , dotata di mirabil meccanismo, unico e complesso assai, fatto di leve, tiranti e molle, che consente di scoccar da sei a dieci frecce in rapida successione. Un'arma terribile e imprevedibile, che niuno mai avea veduto, non solo in Bononia, ma nelle Terre Note tutte.
Da quando era tornato, Rocco non stava più nella pelle, o per meglio dire nella corazza, e a tutti i costi cercava un'occasione per usarla. Per questo, armato di cotanto strumento e stordito dal troppo sole di una torrida estate, prese a vagar giorno e notte per Bononia assieme a un paio di amici suoi delle Guardie Svizzere. Ei sperava ardentemente che qualche bravaccio, meglio se un nutrito gruppo, lo provocasse per sfoderare la sua b38 e forar sette od otto pance in un sol colpo. Ma Bononia è piccola, le voci corrono e nessuno vuol più uscir di casa, i mercati e le locande sono chiuse, la città è isolata. Persino Giorgio da Norcia non può più andar per taverne la sera, il rischio è invero troppo alto.
E' troppo anche per i Cavalieri dell'Ordine che, riuniti in conclave, stanno decidendo il da farsi per bloccarlo e magari liberarsene per sempre: retrocederlo a scudiero o a garzone potrebbe non bastare. Piano piano si fa strada l'idea di inventarsi una panzana: un terribile drago starebbe per calare sulla povera Bononia e Rocco potrebbe essere prescelto per una leggendaria (e solitaria) missione che gli varrebbe gloria imperitura. Una missione eroica, come compete ad un nobil cavaliere, ma stavolta, ovviamente, senza ritorno.

Frate Tuck

Barattoli dorati

Dura la vita nella Bononia medievale di Giorgio da Norcia. Pochi svaghi, difficile viaggiare per il caro-biada, qualche pestilenza, continue invasioni di foresti, balzelli di ogni tipo. Per fortuna la monotonia viene rotta, di tanto in tanto, da qualche buontempone. Come quel gruppo di amiconi che, riuniti nella Confraternita del Barattolo, si diverte a sottolineare quelle imprese dei potenti non proprio riuscite a puntino, premiandoli con un oggetto di grande valore: un barattolo d'oro.
Perchè proprio un barattolo? Perchè costruire barattoli vuoti è uno dei passatempi preferiti di Giorgio da Norcia, Signore di Bononia. La vita di corte si sa, è noiosa. Il Nostro poi soffre d'insonnia, si alza presto al mattino e far venir sera è esercizio assai faticoso. E allora ecco che, con la flemma che lo distingue e con materiali di tutti i tipi, legno, vetro, metallo, egli dall'alba al tramonto costruisce barattoli di ogni foggia per poi lanciarli la sera dalla finestra del palazzo. Per fortuna sono vuoti ma ormai se ne è accumulata una montagna, a riprova della grande lena e maestria del Signore. Nessuno osa rimuoverli, nonostante l'ingombro, per non incorrere nelle ire di Giorgio. Neppure il nobile Cavalier Monduccio, detto lo Spettro, garante della tranquillità e del decoro della città, si azzarda a far quel che si dovrebbe fare.
E allora per quelli della Confraternita è assai semplice, col favore delle tenebre, rifornirsi nottetempo di barattoli per poi ricoprirli con una vernice dorata e consegnarli alla prima occasione. Che premio fantastico! Un barattolo vuoto costruito dal proprio Signore. Dopo qualche iniziale incomprensione, sembra quasi che i potenti, primi fra tutti i valenti Cavalieri dell'Ordine del Sacro Fittone, facciano ormai di tutto per vedersene consegnare almeno uno nella loro vita. E' ormai un vero tormentone, atteso e seguito da tutti in città e grande è la festa all'annuncio che un nuovo barattolo sta per essere consegnato.
Ci si diverte con poco nella Bononia dell'anno mille; chissà se fra mille anni il gioco del barattolo d'oro sarà ancora in voga? Chi vivrà vedrà.

Frate Tuck

 

Ciambelle e frittate

Si sa che far belle ciambelle con il buco in mezzo è arte assai difficile, per la quale si richiede grande perizia e pari ingegno: non sempre vi si riesce, nonostante la buona volontà. E' quanto accade ai Cavalieri dell'Ordine del Sacro Fittone nella nostra amata Bononia all'inizio del secondo millennio. Spronati da Giorgio da Norcia, in occasione di feste e banchetti, a preparare ciambelle con il buco, i nobili cavalieri incontran sempre qualche problema, invero assai inusuale.
Essi sono infatti insuperabili in quella parte che solitamente è la più complicata: il buco. Riescono a fare buchi di ogni foggia, rotondi, quadrati, triangolari, vere maraviglie. Ma quel che sta attorno al buco, quello no. E' un problema di ingredienti: le uova le mettono, di eccelsa qualità, di galline bononiensi a denominazione di origine controllata, ma si dimenticano sempre qualcos'altro: una volta la farina, un'altra lo zucchero. Prova che ti riprova, spossati da cotanta fatica, il risultato è sempre il medesimo: delle bellissime frittate, col buco ovviamente.

Frate Tuck

 

Mazzante cade da cavallo

Il nobile Mazzante dalle Bande Nere ce l'aveva quasi fatta a raggiungere l'agognato traguardo. La mano di una dolce e bella donzella? Un grande e solido maniero in affitto ad equo canone nella sperduta contea di Marzabotto? Niente di tutto ciò. Ben più alta aspirazione movea da tempo il nobile Mazzante: il titolo e i privilegi di Cavaliere dell'Ordine del Sacro Fittone. Come scudiero del Cavalier Raisi da San Lazzaro aveva fatto di tutto per guadagnarsi la promozione. Sotto la guida paterna e affettuosa di cotanto maestro, il nostro novizio tutto avea predisposto e nei minimi dettagli; non gli mancava per giunta una certa dose di spregiudicatezza, come si conviene ad un fiero cavaliere della nobile congrega.

Era riuscito a guadagnarsi la simpatia del popolo, ingenuo e credulone come sempre, prendendo le difese delle monache di un convento in procinto di essere cacciate per sempre dalle loro celle e dai loro chiostri per gli intrallazzi di un altro Cavaliere, il cinico Carlo l'Abate. Questi avea posato il guardo sulla magnifica dimora e, spalleggiato dal fido garzone Botolino, detto Narciso, ne intendea a tutti i costi ricavar luogo di ritrovo e svago per sè e per i propri compagni di avventura, nonchè l'ultima sua residenza quando il volger degli anni lo avrebbe costretto al sospirato riposo. Mazzante era riuscito, con un colpo di mano e con alleanze ardite, a impedire siffatta operazione, per la gioia delle monache e della città tutta e con gran dispetto del Cavaliere Carlo. Che grande impresa! Che nobile gesto! Chi meglio di lui poteva meritare l'investitura a nuovo Cavaliere del Sacro Fittone? Il popolo credulone era in visibilio.

Stava pregustando il sicuro successo, l'agognata promozione; avea di già preparato le nuove insegne: cancellata la vecchia e amata croce uncinata, ecco l'effigie del Santo Mattia, colui che aveva sostituito Giuda come dodicesimo apostolo, il santo venerato dalle monache salvate da uno sfratto sicuro. Tutto sembrava filar per il meglio quando la sua natura, il suo duro passato, riemersero come un baleno, portandolo a proferir frase invero assai infelice nei confronti del popolo tutto e in particolare di un gruppo di vecchi guerrieri che avean combattuto nella seconda crociata. Così come quando si era vantato di aver strappato un drappo dalle mura del Palazzo, per la seconda volta Mazzante dalle Bande Nere cade ingloriosamente da cavallo. A un passo dalla meta. Ora ce l'hanno rimesso, ma da semplice scudiero, ovviamente; prima di retrocederlo definitivamente a garzone, lo hanno mandato a sbollire la delusione lontano da Bononia, in un posto dove si mormora sgorghi un'acqua miracolosa, capace di cancellare come per magia il passato e ridare la saggezza a chi l'ha perduta o, più semplicemente, non l'ha mai avuta. Quel posto lontano, si mormora, si chiama Fiuggi.

Frate Tuck


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Tortellini svedesi

Cari concittadini bolognesi, chi scrive è il "postino rossoblu" che consegnò, in quel di Reggio Emilia, un chilo di tortellini a Cofferati, a nome mio e di altri 35 cittadini. Sono costretto a confessare di aver mentito sulla reale provenienza dei tortellini in questione. Luca Cordero di Montezemolo, persona lucida e perspicace, ci ha scoperti. Gli ombelichi di Venere non erano opera di una sfoglina di Borgo Panigale, bensì di un pastificio clandestino svedese! Chiedo scusa a Cofferati e, in particolare, al Resto del Carlino, che il sottoscritto smentì pubblicamente per aver scritto che la consegna non era avvenuta: è chiaro che l'intento del giornalista era solo quello di salvaguardare la salute ed il palato del prossimo sindaco di Bologna. Chiedo venia infine al presidente della Fiera per averne sottovalutato le capacità investigative e l'intuito da grande manager quale egli è sempre stato.

Riccardo Lenzi

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Anche San Petronio era un immigrato

Nei confronti della candidatura Cofferati il centrodestra bolognese oppone la questione della "bolognesità", riferendosi, tra le altre cose, ai valori della tradizione religiosa della città. Nel fare ciò, ci si dimentica di un dettaglio: l'amatissimo Petronio venne a Bologna da immigrato, per giunta da Milano.

Si narra che nel 432 San Pietro apparve in sogno a Papa Celestino I e gli ordinò di nominare vescovo di Bologna il milanese Petronio ... corsi e ricorsi della storia.

Considerando l'alto numero e il sonno pesante dei piccoli e grandi prelati del centrosinistra bolognese, l'opera onirica di qualche vecchio saggio per convincerli a chiamare il cremonese Cofferati si preannuncia intensa...

Speriamo che per stavolta basti la mobilitazione dei cittadini.

Marco Roveri - La Repubblica, 14 giugno 2003

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