LA SECONDA 

GUERRA MONDIALE  

 

Il Giovane Hitler,

pittore e rivoluzionario

 

Definito dai più “imbianchino” o eufemisticamente pittore edile, Adolf Hitler era in realtà un discreto vedutista. Sono  tremila i disegni e i dipinti (carboncino, acquerello e olio, su carta, tela e legno) che sono sparsi nel mondo in mano a proprietari gelosi e prudenti, che ben difficilmente lo andranno a raccontare in giro. Una certa risonanza ebbe una mostra chiusa anzitempo a Firenze nel 1984 per paura che si trasformasse in meta di nostalgici !!! (tipiche idiosincrasie toscane e italiane). Altre opere, una ventina, emersero nel 1992 quando una certa signora Imelde Siviero, che le aveva ereditate dal fratello, le mise all’asta a Trieste. Interessato alla pittura, alla scultura, alla musica e all’architettura, nei difficili anni della gioventù trascorsi a Vienna, il futuro Fùhrer si manteneva con la vendita dei propri dipinti. Continuò sempre a dipingere, anche negli anni della prima guerra mondiale e dopo. Nel 1945, dopo la caduta del Reich in regime di occupazione militare, chiunque fosse in possesso di un dipinto di Hitler veniva sospettato e inquisito !!!.

Il vero scopo di quella severità era però il sequestro (furto legale, appropriazione indebita o come volete chiamarla) dei dipinti da parte di ufficiali alleati in cerca di souvenirs!. Ci si portava a casa di tutto. Qualcosa comunque, attraverso testimonianze, si è saputo o si è trovato nel tempo. Molte opere di Hitler furono da lui stesso regalate, altre appartengono oggi alla famiglia Muellern -Schoenhausen, di Vienna. Altre regalate al fotografo e amico Heinrich Hoffmann furono confiscate. Stessa fine fecero altri dipinti che l’autore aveva tenuto per sé nella Berghof di Berchtesgaden. Circa cento disegni, regalati alla propria padrona di casa Anni Winter, furono sequestrati e si volatilizzarono: solo qualcuno venne poi consegnato agli archivi di stato di Monaco di Baviera dove si trovano ancor oggi. Cento dipinti messi in salvo da Christa Schroeder, segretaria di Hitler ricomparvero non si sa come negli Stati Uniti.

   

 

albero di famiglia  http://history1900s.about.com/library/holocaust/nhitanc.htm                 Disegno sopra "attribuito" a Hitler (lui era austriaco), all'epoca in versione dispregiativa (fiasco) del comportamento italiano

 

Quando li sequestrarono, se ne salvarono solo alcuni, che la Schroeder disse essere opera di suo padre. Anni dopo, alla sua morte, furono anche questi acquistati da collezionisti. Una raccolta di dipinti di Hitler è custodita dal marchese di Bath a Longleth House, in Inghilterra. Contiene oltre sessanta acquerelli, olii e disegni che riproducono vedute di Linz, Vienna e Monaco nonché alcune scene della prima guerra mondiale (anche qui non si sa come gli siano pervenuti). rielaborato da www.popoloditalia.it

Nel volume di Billy Price ”Adolf Hitler—The unknown artist” (vedi copertina sotto) sono riprodotte centinaia di opere, prevalentemente risalenti al periodo 1908 - 1915. Anche durante il primo conflitto mondiale Hitler, che militava nel 16° reggimento bavarese di fanteria della riserva (tedesco non austriaco), continuò per qualche tempo a disegnare. Con il vagabondo o l’infedele italiano (l'immagine sopra, il soldato italiano un tempo membro della Triplice Alleanza, la firma è confrontabile con quella apposta sul mulino qui sotto più visibile di tutti e col ritratto della madre più sotto) ci attribuivano le caratteristiche dei briganti, con cappello d’ordinanza e pugnale occultato da utilizzare per qualche colpo alle spalle e l’immancabile fiasco di vino accanto. Qui una galleria di satira  http://digilander.libero.it/trombealvento/pimmagini/traditore2.htm Di solito l’italiano era anche raffigurato come un nanerottolo, delle stesse dimensioni di Vittorio Emanuele III, perenne bersaglio della caricatura per tutta la sua esistenza. Non mancavano le scritte di derisione come: “Pensa a Novara e a Custoza, non dimenticare il colpo subito a Lissa; ci conosciamo e conosciamo i tuoi intrighi, certamente sta per arrivare il giorno della vendetta”. Molte unità e reparti (bellici) austriaci portavano il nome Novara una nostra grande sconfitta.

         

 

     

il Mein Kampf è tuttora vietato in Germania

 

Da: «LA MIA VITA» (Mein Kampf) Adolf Hitler  Bompiani 1942

  (...) Una malattia mi venne improvvisamente in aiuto decidendo  in poche settimane del mio destino …….. Una grave affezione polmonare consigliò a un medico di proporre a mia madre di non lasciarmi mai, a nessun patto, far vita d'ufficio. Per le stesse ragioni, la frequentazione della scuola tecnica doveva venir sospesa per almeno un anno. Sotto l'impressione della mia malattia, mia madre accettò di togliermi più tardi dalla scuola tecnica (che odiavo), e di lasciarmi frequentare l'Accademia d'arte. Son questi i miei giorni più fortunati, che mi appaiono oggi come un mirabile sogno; e non fu, difatti, che un sogno. Due anni più tardi, la morte di mia madre (una lunga e dolorosa malattia) segnò la fine improvvisa di quei bei piani. Io avevo onorato mio padre, ma amavo mia madre !. La necessità, una dura realtà, mi costrinsero a prendere una rapida decisione. Il mediocre asse paterno era stato in gran parte consumato per la malattia di mia madre; la pensione da orfano, che mi spettava, non bastava a farmi vivere; mi toccava dunque, in un modo o nell'altro, guadagnarmi il pane.
     

  Con una valigia piena di vestiti e di biancheria, con un'indomita volontà nel cuore, partii per Vienna. Ciò che era riuscito a mio padre 50 anni prima, speravo anch'io di poterlo strappare dal destino ; anch'io volevo diventare qualcuno, certo- ma a nessun costo un impiegato!. Già durante gli ultimi mesi della sua malattia, io ero andato a Vienna a sostenervi gli esami di ammissione in quella Accademia (di Belle Arti). Armato di un grosso rotolo di disegni, mi ero accinto al gran viaggio, convinto di poter sostenere facilmente tale esame, quasi giocando. Alla scuola tecnica io ero di gran lunga il miglior disegnatore della mia classe, e da allora la mia abilità si era enormemente perfezionata. Una sola ombra al quadro: il mio talento pittorico sembrava sorpassato da quello pel disegno, specialmente per ciò che riguardava l'architettura. ….Adesso mi trovavo per la seconda volta nella bella città, e aspettavo con focosa impazienza il risultato del mio esame. Ero talmente convinto del successo, che la bocciatura mi colpì come un fulmine a ciel sereno. Ma era proprio così.
     

  Come mi presentai al Rettore e gli chiesi di chiarirmi i motivi della mia bocciatura, quel signore mi assicurò che dai disegni che avevo presentato risultava con ogni evidenza che non ero assolutamente adatto a fare il pittore, ma che il mio talento mi portava piuttosto verso il campo dell'architettura ; non c'era per me altra prospettiva che la scuola di architettura dell'Accademia stessa; ma in nessun caso quella di pittura. E gli riuscì naturalmente incomprensibile che io non avessi mai frequentato dei corsi d'architettura... Completamente abbattuto, abbandonai il bel palazzo di Piazza Schiller; per la prima volta, in vita mia, in disaccordo con me stesso. Ciò che io avevo udito a proposito delle mie capacità mi parve gettare improvvisamente una luce cruda su un contrasto interno, a cagion del quale io avevo a lungo sofferto, senza riuscire a farmene una chiara ragione.
     

  Ma in pochi giorni intuii che la mia vocazione era appunto l'architettura. Certo, questa nuova via era molto difficile, poiché proprio ciò che per dispetto io avevo trascurato alla scuola tecnica, mi si faceva ora necessario. L'ammissione nella scuola d'architettura presupponeva la licenza della sezione architettonica della scuola tecnica; ma l'entrata in questa esigeva la licenza di una scuola media. Tutto ciò mi mancava completamente. A viste umane, l'adempimento del mio bel sogno d'arte non era più possibile. Quando poi, dopo la morte di mia madre, giunsi a Vienna per la terza volta, e stavolta coll'intenzione di starci molti anni, calma e decisione avevan seguito a quel grave colpo. E' proprio questo che io devo a quel tempo; di esser diventato duro, di saper essere duro. E ancor più io ringrazio il bisogno, perché mi strappò dalla vacuità di una esistenza tranquilla, dalle braccia della mamma, e fece della nera cura la mia nuova madre, gettandomi nel mondo della povertà, della miseria, e portandomi a contatto delle cose, per le quali più tardi io dovevo lottare...
     

Un lotto di disegni al prezzo di circa 6mila sterline l'uno è andato all’asta nella primavera del 2010: Michael Liversidge, decano dell'università di Bristol "Non c'è nessun genio latente nei disegni. Probabilmente se l'artista fosse stato a scuola oggi non sarebbe stato incoraggiato a continuare gli studi artistici. Fecero bene a rifiutarlo. I disegni fanno pensare a niente più che un mediocre".

la madre di Hitler

 

Michael Liversidge, Emeritus Dean of Arts at Bristol University ‘They look quite typical of an aspiring student hoping to get into art school - tentative and not very certain about his perspective when he’s using pencil and pen, making basic errors by getting the top and the bottom of a candlestick wrong in relation to each other and so on. ‘And he doesn’t yet have much in the way of technical skill, but it’s not so bad that one can’t imagine him learning - specially when he’s bolder with the charcoal or black chalk. ‘But there’s no latent genius here, and not much beyond a moderate GCSE.  Probably if the artist was at school today you wouldn’t encourage him to keep the subject up at A Level. ‘So if they are part of a portfolio submitted with an application to study at a major European art academy, the selectors were right to reject him - they just don’t suggest he was more than pretty marginal and mediocre for a potential art school entrant then or now. ‘If they are what he sent in he definitely wouldn’t have been worth interviewing for a place. ‘Now, of course, they have an altogether different historical interest for us, but sadly that isn’t one that has anything to do with art.’ And his opinion concurs with his illustrious forebears. Hitler was rejected from the art college - an experience which some speculate shaped his character in later years. He believed that it a Jewish professor who was responsible for his failure to gain a place. The portfolio  - which is up for auction next month - consist of nudes, human figures, various objects and landscapes including buildings and most are dated 1908. Most are dated 1908 - the year he was rejected by the academy for the second time and was not even permitted to sit the exam - and some are dated a year later that were added to his portfolio.

piccola traduzione. Michael Liversidge, Decano emerito all'Università di Bristol "Sembrano il tipico segno di uno studente che aspira ad entrare nella scuola d'arte non molto sicuro della prospettiva nell'uso di matita e penna. Commette errori basilari fra la parte superiore e l'inferiore di una candela collocati in relazione tra di loro e così via. Non ha ancora molto abilità tecnica, ma non è poi così scarso come si potrebbe immaginare quando prende in mano il carboncino o la matita nera (vedi a sx la madre). 'Ma non c'è genio latente qui, e non molto al di là di un moderato GCSE. Probabilmente se l'artista fosse stato a scuola oggi non lo avrebbero incoraggiato ad andare oltre un livello A. 'Quindi, se fanno parte di un portfolio presentato con  la domanda di iscrizione per accedere a una importante Accademia europea d'arte, i selettori hanno fatto bene a rifiutarlo. ... 'Ora, naturalmente, questi disegni hanno un interesse del tutto diverso, storico, per noi, ma questo non ha niente a che fare con l'arte.' E la sua opinione concorda con i suoi illustri predecessori. Hitler è stato respinto dalla scuola d'arte - una esperienza che alcuni ipotizzano abbia formato anche in negativo il suo carattere negli anni successivi. Egli credeva che fosse stato un professore ebreo a non fargli ottenere ottenere il posto. Il portafoglio - che è all'asta il mese prossimo - è costituito da nudi, figure umane, oggetti vari e paesaggi e la maggior parte sono datati 1908, l'anno in cui è stato respinto alla accademia per la seconda volta e non gli è stato nemmeno permesso di sostenere l'esame: alcuni sono datati, un anno dopo e sono stati aggiunti al portfolio.

     

  In quel tempo gli occhi mi si aprirono in faccia a due pericoli che fino allora non avevo conosciuto neanche di nome, e di cui ad ogni modo non capivo la spaventevole importanza per l'esistenza del popolo tedesco: marxismo e semitismo. Vienna, la città che a molti sembra l'ideale della gioia innocente, la residenza di gente felice, rappresenta per me il ricordo vivente del tempo più triste della mia vita. Ancora oggi questa città risveglia in me soltanto grigi pensieri. Il suo nome solo evoca, per me, cinque anni di miseria e di desolazione. Cinque anni durante i quali dovetti guadagnarmi il pane come operaio avventizio e più tardi come misero pittore: un pane scarso, che non bastava mai a sfamarmi. La fame fu in quel tempo la mia fedele compagna, che non mi abbandonò mai, che divise con me ogni cosa. Ogni libro che compravo premetteva la sua collaborazione; una serata all'Opera le conferiva il diritto di

   tenermi poi compagnia per parecchi giorni; la mia esistenza era una lotta continua con questa mia spietata amica. Eppure, proprio in quegli anni, ho imparato più cose che mai prima di allora. Oltre all'architettura, oltre a qualche serata all'Opera, pagata con una economia all'osso, la mia unica gioia erano i libri. Io lessi, in quel periodo, enormemente, e anche profondamente. Il tempo libero dal lavoro lo passavo studiando. E in pochi anni raccolsi il capitale di scienza, di cui vivo tuttora. Ma c'è di più. In quel tempo si formò in me una visione del mondo e della vita, che è diventata il fondamento granitico della mia attività odierna. La vita che avevo condotta nella casa paterna, non si distingueva da quella dell'altra gente. Io potevo aspettare allora il nuovo giorno senza ansia alcuna, né esisteva per me un problema sociale. Le amicizie della mia gioventù venivano dalla cerchia della piccola borghesia, cioè da un mondo che non ha quasi rapporti con l'operaio manuale. Per quanto bizzarra la cosa possa apparire a prima vista, sta di fatto che l'abisso tra quella classe, tutt'altro che economicamente prospera, e l'operaio della mano, è molto più profondo di quanto si creda.

  La causa di tale inimicizia sta nella paura di una categoria sociale, la quale da troppo poco tempo si è elevata sul livello proletario, di ricascarci o di essere ancora considerata come tale. A ciò si aggiunga il ricordo amaro della miseria intellettuale della massa operaia, la volgarità dei rapporti che vi regnano, per cui la propria posizione, per mediocre che sia, fa apparire come una insopportabile molestia l'idea di un qualsiasi contatto con quello stadio sorpassato di cultura e di vita. Arrivato è appunto colui che per forza propria è riuscito ad alzarsi dal suo gradino di partenza ad uno superiore. Ma accade spesso che questa dura battaglia spenga in lui qualsiasi luce di compassione. La dura e dolorosa lotta per resistenza uccide ogni pietà per la miseria di coloro che son rimasti in basso. Da questo punto di vista, il destino mi fu clemente. In quanto mi obbligò a rituffarmi nel mondo della povertà e dell'incertezza, che mio padre invece aveva abbandonato nel corso della sua carriera, esso mi tolse i paraocchi della gretta educazione piccolo borghese. Allora finalmente imparai a conoscere gli uomini, a distinguere la sostanza intima dalle mere apparenze o dalle esteriorità brutali.  
    «Prova di disegno insufficiente. Non ammesso»

1914-1918, il soldato sconosciuto

  questo fu il laconico giudizio con cui l'Accademia di Belle Arti di Vienna respinse il 18enne aspirante allievo Adolf Hitler nel 1907. Nondimeno, negli anni a venire le opere di questo artista autodidatta trovarono un certo apprezzamento fra i viennesi. A partire dal 1910 Hitler si guadagnò da vivere dipingendo: prima cartoline o cartoncini dipinti che vendeva con l'aiuto di Reinhold Hanisch, un vagabondo conosciuto in un dormitorio. Le cartoline si vendevano bene, ma Hitler era un discontinuo e riusciva appena a sbarcare il lunario. Nel 1911, Hitler si sbarazzò (in senso figurato) di Hanisch e prese a dipingere opere più impegnative che vendeva attraverso due canali: i corniciai, che per consuetudine offrivano i loro articoli già completi di pitture (come oggi ), e certi mobilieri che producevano divani, all'epoca molto in voga, con un dipinto inserito nello schienale imbottito. Hitler rifornì regolarmente di quadri questi artigiani fino al 1913, quando si trasferì a Monaco per sottrarsi al servizio militare nell'Esercito austriaco. Nella capitale bavarese Hitler vendette i suoi dipinti da sé, girando di casa in casa, e si specializzò in riproduzioni dell'Ufficio di Stato Civile che offriva come souvenir alle coppie di sposi novelli all'uscita dell'edificio. Allo scoppio della guerra Hitler, renitente in Austria, si arruolò invece nell'Esercito tedesco, ma continuò a disegnare e a dipingere anche al fronte, immortalando desolate immagini di guerra. Non fu influenzato, né dalle correnti artistiche del XX secolo, né dalla guerra, e il suo stile pittorico rimase rigidamente conservativo. Si specializzò in paesaggi urbani, spesso copiati da fotografie e figure, dove la sua vena per le case e il disegno architettonico prevalevano. 

   
  Adolf Hitler the fighting man is the subject of this engrossing feature, chronicling the future dictator's combat experience as a foot soldier in World War I. Excerpts from Hitler's letters from the front, recollections of regimental comrades, and evaluations by his officers offer a revealing portrait of a brooding, fearless loner who preferred battlefields to brothels, frontline service to home leave, and kept the men he frequently risked his life to protect at arm's length. Original German, British, and American wartime footage presents a graphic visual impression of life in the trenches. In a world of death, hardship, and discipline, Hitler sought comfort in the companionship of his English terrier, and in sketches and watercolors he rendered during lulls. This candid, meticulously researched program provides an intimate, well-rounded, and unique picture of the most controversial figure of the 20th Century. It speculates on the influence wartime service exercised on his personal and political development, filling a critical gap for any sincere appraisal of Hitler's psyche, motives, and subsequent actions. Germany/United Kingdom, 2004, B&W/ Color, 80 minutes. http://www.ihffilm.com/22854.html  http://www.worldwar1.com/heritage/hitler2.htm

"Quell'uomo stava per uccidermi... Ho pensato che non avrei mai piu' rivisto la Germania, la provvidenza mi ha salvato ....".

Tandey, l’uomo della provvidenza e Matania il suo mentore. Si ignora che fine abbia fatto la riproduzione

Tandey col compagno sulle spalle

Dirà poi TANDEY “I took aim but couldn't shoot a wounded man, so I let him go." “Non me la sentivo di sparare a un soldato ferito e lo lasciai andare”

dov'è sepolto Tandey http://www.findagrave.com/cgi-bin/fg.cgi?page=gr&GRid=11208692

  Il soldato Tandey non poteva immaginare cosa stesse preparando per lui (nell'estate del '18) il destino e cosa sarebbe accaduto al mondo di li a 2O anni. Ferito, ma sempre fortunato a non lasciarci la pelle, nel luglio del '18 Tandey venne aggregato al 5° reggimento Duca di Wellington dopo che anche l’ultimo dei suoi reparti era andato distrutto. Sul suo petto risplendevano varie decorazioni ma non la Victoria Cross che arriverà proprio per il combattimento di Marcoing di fine settembre (alla fine della guerra risulterà il soldato più decorato d’Inghilterra). Ma a Marcoing era successo di più. Nell’occupare un villaggio s'era trovato faccia a faccia con un soldato tedesco ferito. Non poteva immaginare che quel soldato era Hitler e che avrebbe fatto meglio a finire il lavoro (Hitler era già stato ferito nel 1916 alla battaglia della Somme). Tandey lo lasciò li e si caricò sulle spalle il compagno ferito nell'azione e fece ritorno al suo riparo. Il caso volle, ma non proprio il caso, che Fortunino Matania il bersagliere Pittore, reporter, disegnatore rapidissimo e specialista nella ricostruzione storica-pittorica che lavorava per lo Sphere, "Britannia" and "Eve e Tatler" (ritratti dei Pellerossa nordamericani, i viaggi degli Zeppelin, l'incoronazione di Edoardo VII.... etc), dipingesse l’azione che porterà Tandey alla massima ricompensa. Il 17 dicembre lo stesso Re Giorgio V appuntava sul petto di Tandey la Victoria Cross a Buckingam Palace per il salvataggio del compagno. Tandey aveva rimosso dai suoi ricordi l’immagine di quel tedesco ferito e l'azione, ma non Hitler che l’aveva inserita in quella teoria del destino, che faceva di lui Hitler, il predestinato al futuro della Germania, del Grande Terzo Reich (se non era un segno del destino questo). Saputo che in Inghilterra qualcuno aveva dipinto il fatto accaduto, Hitler brigò fino a quando riuscì ad ottenere dall’ambasciatore inglese una copia del quadro.

Hitler never forgot the moment he stared down the barrel of death, nor the face of the man who spared him, he stumbled across a newspaper featuring the famous image of Private Tandey which noted his being awarded the VC for bravery. Hitler kept it and on becoming Chancellor of Germany ordered government officials to obtain a copy or reproduction of the Matania painting.

Quando nel 1938 Chamberlain andò a far visita a Adolf Hitler a Berchtesgaden rimase sorpreso di vedere il quadro. Così gli disse Hitler "That man came so near to killing me that I thought I should never see Germany again, providence saved me from such devilishly accurate fire as those English boys were aiming at us".

     
MA COSA FECE HITLER SUBITO DOPO LA PITTURA E LA GUERRA ??

L'esercito, visti i servizi resi, volle utilizzarlo nell'ufficio politico del comando militare di Monaco. Hitler partecipava a corsi di "istruzione politica" destinati ai soldati ed una volta si rese conto che "sapeva parlare in pubblico". Hitler il tribuno di Germania, col potere magico di dominare milioni di individui grazie alla sua voce era nato. 

  Nel 1919 ebbe l'ordine di occuparsi (spiare) l'attività di un piccolo gruppo politico che si definiva Partito dei Lavoratori tedeschi ((Deutsche Arbeiter Partei socialisti o comunisti ) di cui si sospettava  predicassero la lotta al capitale "speculativo" contrapposto al capitale "creativo". Hitler in borghese, ignaro di economia, partecipò alla conferenza che si svolgeva in uno scantinato di una birreria, presenti circa 25 persone. Hitler intervenne a titolo personale e confutò violentemente l'oratore, tra la sorpresa degli astanti, quando questi propose il distacco della Baviera dalla Germania. Gli si avvicinò allora un uomo, Anton Drexler, ferroviere, che gli diede l'opuscolo "Il mio risveglio politico - come avvicinare le masse operaie al nazionalismo. Il Partito del Lavoratori contava meno di 100 iscritti !!!! e sicuramente pochi sapevano della sua esistenza. Nel leggere il libretto Hitler rimase invece sorpreso nel riconoscere molte delle sue stesse idee. Drexler insisteva che il nuovo partito nazionalista avrebbe dovuto essere fondato sulla stessa classe operaia. Hitler scrisse:

Camicie brune (S.A)

  "Non sapevo se dovevo adirarmi oppure ridere, io non avevo intenzione di iscrivermi a nessun partito" (era stato iscritto suo malgrado e invitato); ma poi la curiosità prese il sopravvento e si recò a quella riunione. Questa si teneva in una osteria alla periferia di Monaco dove, seduti attorno a un tavolo, vide quattro giovani, tra cui Anton Drexler. Drexler gli diede il benvenuto nel Partito dei Lavoratori tedeschi e la famosa riunione della birreria ebbe inizio: fu letto il verbale della riunione precedente e ci fu la relazione di cassa: il partito possedeva 7 marchi e 50 pfennig. Hitler "non potevo immaginare una riunione più mediocre ed inutile, ed avrei dovuto entrare in una simile organizzazione?". Tornò in caserma, scrive in "Mein Kampf", annoiato. Il giorno dopo ci ripensò e decise per il sì, "la più importante decisione della sua vita". Due iscritti divennero subito amici di Hitler, il capitano Ernst Roehm e Dietrich Eckart. Roehm era un ufficiale distrettuale, con il viso sfregiato da un proiettile, omosessuale dichiarato ed accanito nemico della Repubblica, della democrazia e degli ebrei.
     

  Hitler lo farà assassinare (come capo delle camicie brune) nel corso di quel regolamento di conti fra nazisti passato alla storia come "la notte dei lunghi coltelli".  Dietrich Eckart aveva invece circa 60 anni ed era un giornalista, mediocre poeta e drammaturgo; alcolizzato e morfinomane. Eckart lo aiutò a migliorare il suo tedesco (per parlare in pubblico era necessario) e lo presentò ad amici danarosi. Da un verso di una sua poesia, Hitler trasse il suo famoso slogan "Deutschland Erwache!", "Germania risvegliati!". Eckart morì nel 1923. A questo punto gli uomini giusti li aveva: Drexler aveva fornito il nucleo centrale, il poeta ubriacone Eckart i fondamenti spirituali, l'omosessuale Roehm l'appoggio degli ex-combattenti. !!!. L'ex vagabondo Hitler si accinse a trasformare un ciarliero circolo in un formidabile partito politico. Hitler escluse subito Drexler, e mutò il nome in Partito nazionalsocialista dei lavoratori tedeschi. La sua spietata milizia armata era così forte da tentare un colpo di stato in Baviera nel 1923. Dieci anni dopo sarebbe divenuto dittatore assoluto della Germania, intanto andava in galera a dipingere
    Arnold Böcklin: L'Isola dei Morti

Hitler insieme a Molotov e Ribbentrop, hanno appena firmato il patto russo-tedesco, Alle spalle del Führer una delle copie de «l'Isola dei Morti» 

 

Il pittore svizzero Arnold Böcklin (1827-1901), eseguì ben cinque versioni di questo famoso quadro in cui, in un'atmosfera mistica,  sembrano fondersi classicismo e surrealismo. L'isola dei morti trae spunto più da una visione onirica che da un modello reale. Sembra ambientata in uno scenario mediterraneo in cui la figura portante è un improbabile massiccio calcareo noto come "il cratere" per la sua forma concava (aperta). Villa sul Mare sulla Riviera Ligure ?In realtà l'unica chiusura anteriore è un muro megalitico che arricchisce la simbologia ed esaspera il senso di immobilità e di silenzio. L'autore stesso affermava: "Chi guarda questo quadro deve aver timore di disturbare il solenne silenzio con una parola espressa ad alta voce". Effettivamente l'immagine lascia senza parole e non c'è da stupirsi se tra i più appassionati estimatori di quest'opera ci sono stati personaggi come Sigmund Freud e Adolf Hitler.  Un grande scoglio che affiora dal mare, un ciuffo di cipressi, due leoni di pietra e una barca che si accosta, con a bordo una silhouette bianca lievissima, quasi un’ombra. A prima vista niente di sconvolgente.

Non è che gli altri dipinti di Böcklin fossero un profluvio d'allegria se questo è un ameno luogo di soggiorno italiano !!.

"L’effetto deve essere un silenzio tale da spaventarsi sentendo bussare alla porta" (Arnold Böcklin)

  Eppure questo quadro (l'isola dei morti)  dipinto nel 1880, è un simbolo di questo secolo. Un po’ per l’autore, molto per il soggetto intriso di mistero, moltissimo per i suoi estimatori che furono parecchi da subito, tanto da obbligare Bocklin a dipingere in sei anni ben cinque versioni tutte simili. Sigmud Freud aveva ornato i muri del suo studio con ventidue riproduzioni (Falsi d’autore vari) e molte erano de “L’isola dei morti”. Lenin teneva il quadro di Bocklin nella sua stanza da letto. Dalì lo citò spesso e Giorgio De Chirico avrà una vera e propria fase böckliniana. Strindberg ne fece la scenografia della “Sonata degli spettri”. Rachmaninov componeva il poema sinfonico “L’isola dei morti”. .Il più importante estimatore del quadro di Bocklin, però, resta Adolf Hitler. Fu lui  a comperare a un’asta nel 1936 una delle copie e la portò sempre con sé. Quando, nell’aprile del 1945, l’Armata Rossa entrò nel Bunker berlinese dove Hitler, ormai sconfitto, si era suicidato, c’era sempre  “L’isola dei morti” a campeggiare sulla parete del suo studio. Fu un generale russo a staccarla e a portarsela a Mosca, dove i tedeschi l' hanno ricomprata pochi anni fa. Oggi la si può ammirare al Museo d’Arte Moderna di Berlino. Delle altre versioni del quadro, una è andata dispersa, una è esposta a Basilea, una a Lipsia e una a New York.
     

Quando nel 1923 venne incarcerato la sua passione per il disegno non si era assopita: “La mia cella nel carcere di Landsberg”(1924), carboncino su carta  di Adolf Hitler ne è una testimonianza. Alla base del disegno l’autore ha inserito la frase “Anche se le mura fossero due volte più spesse e le sbarre ancor più strette, nulla fermerebbe la lotta per la nuova Germania del popolo” 

  Il primo disegno (matita su carta, 1932) della nuova Volkswagen “Maggiolino”, si disse, venne tracciato da Hitler durante un pranzo alla “Osteria Bavaria”, a Monaco, alla presenza di Jakob Werlin, dirigente della Daimler-Benz. “Prendi questo disegno”, disse Hitler a Werlin, “e portalo in azienda, a gente che se ne intenda più di me. Ma non scordartene. Desidero notizie presto. Di questa vettura venderete almeno un milione di esemplari”. L'altra versione, molto più semplice, dice che Hitler fissò le caratteristiche della nuova vettura popolare poi le affidò a Ferdinand Porsche allora il progettista più brillante e incompreso di Germania: Hitler met with automotive designer Ferdinand Porsche in 1933 and charged Porsche with creating the new car. The chancellor required that the Volkswagen carry two adults and three children, go up to 60 miles per hour, get at least 33 miles per gallon, and cost only 1,000 reichsmarks. Hitler may also have named the car the Beetle. doveva correre a 100 km/h in autostrada, fare 7 km con un litro di benzina, avere un motore raffreddato ad aria, essere capace di trasportare 2 adulti e 3 bambini e costare meno di 1000 Reichsmark (un operaio specializzato con un buon salario ne guadagnava all'epoca ca. 200 al mese).  http://www.viaggio-in-germania.de/maggiolino1.html  La vera storia della VW qui nelle schede in industria bellica tedesca 1a parte

Torna all'indice delle schede

chiudi le schede