LA LIBERAZIONE DI MUSSOLINI DALLA PRIGIONE DEL GRAN SASSO
« Ci arrestammo nel cortile della caserma Podgora dei carabinieri, in via Q. Sella. Fui fatto scendere e sostare per circa un'ora, strettamente sorvegliato, nella stanza attigua al corpo di guardia. Alla mia richiesta di spiegazioni, l'ufficiale che mi aveva accompagnato rispose: E' stato necessario prendere delle misure per proteggervi dal furore popolare. Bisognerà far perdere le vostre tracce » memorie di Mussolini. Gueli, Ispettore Generale. "Allorché mi convocò, il capo della Polizia mi chiarì che si trattava di salvaguardare la persona di Mussolini e di impedire, in tutti i modi, che i tedeschi lo rapissero. |
September 12, 1943. The rescue of Mussolini from the Gran Sasso. "Mussolini andava liberato subito, non si potava lasciare il paese in mano a quel Badoglio che avrebbe cercato da subito l'armistizio con gli americani " ripeteva continuamente Hitler nell'Agosto del '43. Già il 26 luglio, Hitler convocò diversi ufficiali per sceglierne uno cui affidare la delicata e difficile missione. La scelta cadde sul capitano delle "SS" Otto Skorzeny la cui taglia atletica e la cui sicurezza di modi lo impressionavano. Lo "squadrò" con un'occhiata da capo a piedi e gli disse: "Vi affido un incarico di enorme importanza, la liberazione del mio amico Mussolini, che io non voglio e non posso abbandonare nel momento del pericolo”. |
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In tal caso, bisognava far fuoco sul prigioniero e farlo trovare cadavere. Risposi che ero uomo di battaglia non un assassino e allora lui mi disse che al bisogno se ne incaricavano i Carabinieri. Badoglio, volle conoscermi e mi presentò Senise (Carmine Senise Capo della Polizia dal 25/7 dimissionato il 14/4 per i fatti di Torino). Il Maresciallo ripeté a me la consegna già data a Politi e io, come Politi, assicurai che l'avrei personalmente eseguita. Nella notte, trascorsa insonne, però, presi la mia decisione: poiché la sorte, fra milioni d'ltaliani rimasti fedeli al Duce, dava a me l'occasione favorevole, dovevo fare di tutto per salvarlo. L'indomani, mi recai in Sardegna e constatai che, per clima e per sicurezza Mussolini si trovava molto male. Se gli inglesi avessero avuto notizia della sua presenza alla Maddalena, avrebbero potuto facilmente impadronirsene o seppellirlo sotto le macerie della villa con quattro cannonate delle loro navi". Fu Gueli che stabilì il trasferimento al Gran Sasso Solo dal primo pomeriggio del 2 settembre Mussolini è prigioniero del rifugio di Campo Imperatore, a 2112 metri: L’albergo è una ampia costruzione littoria a tre piani, con avancorpo semicircolare. Gli è destinato l'appartamento 201, al secondo piano: camera, salottino, bagno, ingresso e un ambiente destinato ai custodi. Piccole finestre si aprono sul davanti. |
Mussolini intanto, dopo aver lasciato le due caserme romane di via Legnano e Quintino Sella, era convinto che lo mandassero a Predappio dalla famiglia !!!! (in bocca agli amici tedeschi, Badoglio lo aveva anche messo nero su bianco). Non ci mise molto a realizzare che la sua sorte da quel momento sarebbe stata molto diversa. Mussolini dopo un lungo viaggio si trovò sul far della sera su un molo che riconobbe in Gaeta. La corvetta "Persefone" salpò all'alba con a bordo l’ammiraglio Franco Maugeri capo dei servizi segreti della marina (lo incontreremo anche più avanti, accusato nel dopoguerra di spionaggio a favore degli americani e autore del libro "Mussolini mi ha detto" http://digilander.libero.it/freetime1836/libri/libri71.htm ). “La guerra continua… si affrettava a dire ai tedeschi Badoglio. La corvetta si mise subito in rotta per Ventotene dove giunse alle 5 circa del mattino del 28 ma sia Polito(i) che Pelaghi, i due ufficiali che lo accompagnavano, decisero di proseguire per Ponza, perché Ventotene, dopo una verifica a terra, non si prestava, non era sicura. Mussolini a Ponza fu letteralmente gettato in una stamberga spoglia (c'era già stato deportato Ras Immirù per suo ordine) e solo in quel momento ebbe la percezione di essere un sepolto vivo anziché un ostaggio di lusso (dalla campagna d'Etiopia anche i capetti locali del PNF verranno chiamati dal popolo RAS). I primi segni di comprensione e d'amicizia, Mussolini li ebbe da due marescialli dell'Arma, Avallone e Sebastiano Marini, i quali gli si avvicinarono con estremo rispetto e con gli occhi gonfi di lacrime. Marini, anzi, provvide a fargli preparare un brodo caldo e gli portò del pane, un uovo e un po' di frutta. A Donna Rachele era infatti giunta una missiva che la invitava ad inviare indumenti e denaro, senza di che, specificava Badoglio "... non si sarebbe potuto provvedere degnamente al mantenimento del prigioniero" !!! (la tessera annonaria comunque la passavano). Nel frattempo a Roma i tedeschi erano a caccia d'ogni labile traccia che indicasse il "nascondiglio" del Duce. Il riacutizzarsi dei dolori duodenali, lo costringeva a lunghi periodi piegato su se stesso, seduto sul bordo del letto. L’unico suo contatto con l’esterno erano le voci in strada e la luce che filtrava dalle finestre. Nella notte fra il 6 e il 7 agosto Mussolini lasciò senza preavviso Ponza, diretto alla Maddalena. La partenza avvenne poco dopo la mezzanotte del giorno 6 con un caccia: a bordo c'erano sempre il solito ammiraglio Maugeri e 80 carabinieri di scorta. La situazione in Italia intanto degenerava: i Tedeschi erano passati al Piano Schwarz dirottando verso l’Italia tutte le divisioni disponibili. Mentre a Tarvisio si cercava di rabbonire i tedeschi (che non caddero nel tranello), a Lisbona si trattava l’armistizio con gli alleati !!. Racconta il tenente Faiola: "Il giorno 9 agosto 1943 - fui introdotto dal Comandante generale, Eccellenza Cerica, il quale, personalmente, mi comunicò di avermi designato comandante del distaccamento di carabinieri ed agenti preposti alla vigilanza di villa Weber, sull'isola della Maddalena. Gli ordini erano “…nella eventualità di attacco da parte di malintenzionati o di agenti nemici: difesa ad oltranza, chiedendo rinforzi al Comando Marina...". Per il "prigioniero" la giornata del 13 agosto fu alquanto agitata: le notizie fornite dal bollettino di guerra di un pesante bombardamento della Capitale e di Milano, lo indussero ad un'amara annotazione sul suo diario. Come "sito di prigionia", anche la Maddalena, però, è diventata insicura. E’ aperta a qualsiasi tipo di attacco aeronavale, alleato o tedesco, e le forze per difenderlo insufficienti. | |
L'edificio è sorvegliato da un corpo di guardia all'ingresso, che dispone dieci sentinelle in altrettanti posti di guardia che circondano l'albergo come due anelli. La notte le guardie vengono raddoppiate. Vi sono poi pattuglie all'esterno ** Si racconta on line che Skorzeny, saputo che Mussolini poteva essere in Sardegna, o vicino a una base navale, vi si recò con il tenente Warger, che parlava bene l'italiano. Vestito da marinaio, Warger s'aggirò per le trattorie e i bar (della Maddalena), attaccando discorso con chiunque incontrava. Imbattutosi in un fruttivendolo ambulante, dopo uno scambio di battute gli disse: "Io scommetto che Mussolini è morto!...". E l'altro: "Io, invece, scommetto che è vivo. ..". Fece una pausa e aggiunse: "Vieni, te lo faccio vedere..." e lo condusse, in vista di Villa Webber (a fianco): il caso volle che, in quel momento, il Duce fosse al balcone. Un'altra versione dice che Warger fece addirittura una consegna. |
Il giorno di ferragosto, a Bologna, nella villa di
proprietà di Luigi Federzoni, ci fu un ennesimo tergiverso incontro
italo-tedesco. Parteciparono, per l'Italia, i generali Roatta e
Francesco Rossi e, per la Germania, il maresciallo Rommel e il generale
Jodl. Il dado era tratto, Rommel era già stato incaricato di occupare il
paese al primo accenno di resa. Casa Reale stava meditando sugli ultimi
fatti politici ad un mese dalla caduta di Mussolini e molte cose non gli
andavano. Il Sovrano dovette richiamare Badoglio
"…non
bisognava recriminare sul passato e non si dovevano escludere gli ex
fascisti dalle pubbliche attività ….. si arriverebbe all'assurdo di
implicitamente giudicare e condannare l'opera stessa del Re ..."
Nessuno degli ammonimenti del Sovrano,
però, arrivò a segno: Badoglio proseguiva imperterrito le proprie
vendette (come con Muti) ignorando antifascisti di destra e sinistra con l’unico
obiettivo di passare la palla in campo alleato con l'armistizio al
prezzo più basso come diceva lui. I
canali informativi tedeschi di Kappler a Roma passavano a Skorzeny molte notizie, anche da
verificare, facendolo arrivare sempre tardi sulla dislocazione del
prigioniero. Quando
ebbe quella della Maddalena, Mussolini era ancora li ma la sfortuna ci
mise lo zampino. Mentre Skorzeny e Warger erano in volo** due caccia
inglesi, abbatterono il loro velivolo. Nella caduta in mare, Skorzeny si
ruppe tre costole e fu fortunatamente raccolto con gli altri da una nave
di passaggio.
La mattina del 28
agosto Mussolini era già su un idrovolante per
Vigna di Valle al lago di Bracciano. Sul molo, aspettava il
"prigioniero” un'ambulanza che, frettolosamente, imboccò la strada di Assergi. Alcuni soldati dell'"Ariete" stazionanti in zona avevano
riconosciuto Mussolini e avvertirono il loro capitano che si diresse
all'idroscalo con il proposito di liberarlo. Quando arrivò, l’ambulanza
era già partita. Dopo una sosta ad Assergi il Duce venne condotto in
vetta al Gran Sasso con la funivia e sistemato nell'albergo di Campo
Imperatore, a quota 2112 metri. I turisti estivi erano stati fatti
sgombrare in fretta e furia ingenerando anche qui una catena di sospetti
e informazioni. Fu in quella circostanza che uno degli agenti di guardia
gli fece sapere che Ettore Muti era stato ucciso e che nel paese regnava la
confusione: prima o poi sarebbe successo qualcosa di grosso.
Il primo incontro di Rahn (nuovo incaricato d’affari) con Guariglia, ministro degli esteri, fu burrascoso; l’inviato del Fuhrer disse esplicitamente al ministro degli esteri italiano "So con certezza che state trattando con gli Alleati. Attenti, però. Se lo farete alle nostre spalle, la rappresaglia sarà durissima!...". Molti personaggi del Regime fascista per sottrarsi all'arresto s'erano intanto rifugiati oltre frontiera nella zona dove si trovava il Q.G. di Hitler; fra essi Farinacci, Vittorio Mussolini, Pavolini, Renato Ricci, Edda Ciano e i figli. |
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Gueli, Ispettore Generale: Nell’aprile del '42 il Ministero degli Interni costituì a Trieste un Ispettorato Speciale di Pubblica Sicurezza (unico in Italia) per la repressione dell’attività antifascista con particolare riguardo a quella slava. All’8 settembre '43 l’Ispettorato aveva sede a Trieste a “Villa Triste (di nome e di fatto). Il suo creatore Giuseppe Gueli ne venne rimesso al vertice dopo la liberazione del Duce. Diversi agenti che avevano fatto parte del corpo di sorveglianza al Gran Sasso lo seguirono. Gueli comunque lasciò ampio spazio di manovra al giovane ed ambizioso vicecommissario Gaetano Collotti che sarà poi fucilato dai partigiani a Carbonera di Treviso il 28 aprile 1945. |
Il 6 settembre 1943, a resa firmata, Badoglio chiese notizie del Duce a Gueli e domandò, soprattutto, se non fosse il caso di trasferirlo visto che non era più un segreto la sua presenza a Campo Imperatore. Student e Skorzeny, sicuri della presenza di Mussolini al Gran Sasso, prepararono l'intervento, consistente in una fulminea azione di parà, compiuta dall'aria mediante una decina di alianti. Mentre erano in atto i preparativi, Rudolf Rahn autorizzato da Ribbentrop, tentò, in extremis, un passo diplomatico a corte nella speranza di chiarire, una volta per tutte, i rapporti con l’Italia. "L'ltalia non capitolerà mai. Badoglio è un vecchio e bravo soldato a cui riuscirà certamente di arrestare, come si deve, la pressione delle sinistre...". E dopo una pausa, facendo sicuramente forza a se stesso, il Re aggiunse: "Fino alla fine continueremo la lotta a fianco della Germania con la quale siamo legati per la vita e per la morte. . . " . Il capo di S.M.G. gen. Ambrosio si era nella stessa giornata eclissato da Roma mandando in vacca un estremo tentativo del Col. Taylor di concordare il da farsi. Dopo una lauta cena, lo stupito Taylor fu condotto a tarda notte a villa Badoglio: il maresciallo lo ricevette in pigiama perché era già andato a dormire come alla vigilia di Caporetto, lui andava a letto presto) e si associò a Carboni nel chiedere l'annullamento dell'operazione (aviosbarco americano sostenuto dagli italiani) poiché, a suo dire, i tedeschi attorno a Roma erano ormai numerosi e minacciosi. Di suo, Carboni aggiunse che le forze italiane non avrebbero potuto intervenire perché prive di.....carburante. Anche in quella circostanza fu chiaro che oltre a una totale mancanza di senso di responsabilità da parte di chi stava ai vertici del potere a Roma, ad ogni livello esisteva una tremenda paura fisica dell'alleato tradito che bloccava ogni reazione. Il mattino dell'8 settembre, il tenente Faiola presentò al Duce un pastore che riuscì a scambiare con lui alcune parole: "i tedeschi sono già alle porte di Roma. Ci hanno raccontato che eravate scappato in Spagna, che vi avevano ucciso, che eravate morto durante un'operazione in un ospedale di Roma, mentre altri sostenevano che vi avevano fucilato al Forte Boccea....". Mentre il Duce discorreva con il pastore, alto in cielo, comparve un aereo che si attardò sulla zona. | |
"A quelI'epoca – disse il maggiore Otto Harald Mors vero comandante dell’operazione qui a destra - comandavo un gruppo di paracadutisti, nella zona di Frascati; il mio battaglione, faceva parte delle forze che erano alle dipendenze del generale Student. Alle 15 del giorno 11 settembre del 1943, nella tenda del comandante Harald, nel parco del collegio Mondragone, squillò a lungo il telefono. Per ordine del generale dovevo presentarmi al comando. Appena arrivato, Student mi comunicò che all'indomani mattina, alle sette, avrei dovuto recarmi nella zona del Gran Sasso per liberare Mussolini. "Con due compagnie - mi disse il generale - scendete nella vallata di Assergi, e successivamente, provvedete ad attaccare l'albergo che si trova appollaiato sui dirupi della vetta. Avete assoluta libertà di movimento...". Tracciati a grandi linee i presupposti dell'operazione, toccava a me curarne i particolari, il tempo a disposizione era poco. Andai all'ufficio informazioni e seppi, fra l'altro, che l'azione era stata battezzata "Bruno Meyer". Date le asperità della zona, i rischi erano molti e in particolare per la sua posizione, I'albergo si prestava ad essere difeso da ogni lato come un vero e proprio fortino. Passai la notte ad approntare il reparto. Seppi, in quella circostanza, delI'arrivo a Pratica di Mare di Skorzeny, un ufficiale delle "SS", addetto al servizio di sicurezza di Hitler, specialista nel risolvere situazioni ingarbugliate e nel compiere colpi di mano come quello che ci accingevamo a realizzare. Con Skorzeny, erano arrivati anche una trentina di soldati delle "Waffen SS" che vennero aggregati al mio battaglione. Sapevamo che al Gran Sasso erano state disposte sentinelle con l'ordine di aprire il fuoco contro chiunque avesse tentato di avvicinarsi all'albergo. Il piano che preparai era piuttosto semplice: una compagnia, al comando del tenente Berlepsch, la migliore del reparto, doveva calarsi nei pressi dell'albergo e, con una azione di sorpresa, liberare il Duce. Altre forze dovevano invece impadronirsi della funivia mentre il grosso del battaglione, al mio comando, aveva il compito di occupare la vallata di Assergi e la stazione dalla quale avremmo riportato Mussolini a Roma ...". Su suggerimento di Skorzeny, per evitare sorprese da parte dei guardiani, fu deciso di aggregare ai paracadutisti un generale della polizia italiana e la scelta cadde sul generale Fernando Soleti. http://www.cailaquila.it/calendario/escursioni/immagini/duca3.jpg mappa |
A bordo c'era Skorzeny con
due collaboratori i quali fotografarono il sito in cui avrebbero dovuto
atterrare gli alianti con i parà incaricati dell'operazione "Meyer". A
Roma poi successe quello che sappiamo. Quando il 10 mattina parve per
qualche ora che i tedeschi avessero difficoltà ad occupare Roma, il capo
della polizia Senise, rinfrancato, telefonò a Campo Imperatore e avvertì
l'lspettore Gueli che, da come si mettevano le cose,
era opportuno
considerare ancora valida la vecchia disposizione riguardante il "prigioniero",
caso mai i tedeschi tentassero di liberarlo. Consegnarglielo morto!
Faiola: "La sera del 10 settembre, ascoltando
la radio, il Duce apprese che fra le clausole dell'armistizio era
compresa la consegna della sua persona al nemico. Ne rimase
impressionato e, chiamatomi nella notte, esternò a me, che sapeva reduce
dalla prigionia inglese, tutta l'apprensione che gli causava tale
notizia, dicendomi, anche, che avrebbe preferito darsi la morte
piuttosto che subire una simile onta. Ritenni mio dovere non solo
rassicurarlo che nessun ordine al riguardo era a noi pervenuto ma di
promettergli, anzi di giurargli, che, di fronte a simile eventualità, io
lo avrei guidato e protetto in una fuga attraverso le montagne. Soltanto
dopo questo mio così solenne impegno, egli consentì a coricarsi e potei
lasciarlo veramente tranquillizzato...". Non proprio perché
si dice tentò comunque il suicidio tagliandosi i polsi. Fra i primi ad
accorrere, il maresciallo Osvaldo Antichi che racconta ciò
che vide entrando nella stanza del Duce. "Lo
trovai seduto sulla sponda del letto - scrisse - con le braccia
abbandonate e gli occhi sbarrati. Dai polsi, gli scendeva un rigagnolo
di sangue. Sul comodino c'era una lametta da barba e, aperto, il rasoio
Gillette. Erano accorsi altri carabinieri e il tenente Faiola.
Con dello spago gli legai strettissimi gli avambracci per bloccare
l'emorragia. Al Gran Sasso, c'era atmosfera di incertezza e di attesa.
Tutti sapevano, ormai, della fuga del Re e del Governo". |
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Skorzeny.
"Dopo aver intimato a un carabiniere "il mani in alto!" mi
precipitai all'interno dell'edificio dove un soldato stava armeggiando
intorno alla radio. Con il
calcio della pistola mitragliatrice ruppi
l'apparecchio.
Imboccate le scale, salii al primo piano e, a caso,
spalancai una porta. Era quella della stanza del Duce. Con Mussolini
c'erano due ufficiali italiani che il mio aiutante, il tenente Schwerdt,
mandò fuori della camera. Intanto, arrampicatisi lungo il parafulmine,
due sottufficiali tedeschi raggiunsero il vano della finestra. Saranno i
primi a introdursi nella camera di Mussolini".
http://www.jollyrogerxxx.it/libmus.htm
(ma Skorzeny enfatizzò sempre molto la vicenda) |
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SS Hauptsturmfuhrer Otto Skorzeny was the man personally chosen by Hitler to lead the mission to rescue Mussolini, after the Duce had been removed from power by the King of Italy in July 1943 and replaced by Marshal Pietro Badoglio, whom Hitler feared may surrender Italy to the Allies. If this happened then southern Europe would be opened up to allied invasion. If Mussolini were to be successfully rescued then troops loyal to him might stay on the side of the Germans. The rescue mission was to be codenamed Operation Eiche (Oak-quercia), and was one of four operations ordered by Hitler to counter any attack on Italy by the Allies, or the early capitulation of his axis ally. Operation Achse (Axis), was aimed at destroying or capturing the Italian fleet in the event of capitulation or invasion. Operation Schwarz (Black), was aimed at the complete German occupation of Italy and disarming of Italian forces. Operation Student, was aimed at the occupation of Rome and with the successfull execution of Operation Eiche, the restoration of Mussolini's regime. | Ore 14:30 circa Campo Imperatore: Mors (che ha rimesso in funzione la cabinovia a Fonte Cerreto) è salito a Campo Imperatore. Al cospetto del Duce "Oggi scorgevo un uomo malato, stanco, irriconoscibile, con le guance scavate e mal rasate, sconvolto dagli avvenimenti degli ultimi mesi, indeciso di fronte ai soldati tedeschi. Gli annuncio che lo condurremo immediatamente da Hitler. Mi tende la mano, mi ringrazia in tedesco con parole calme e gentili. Aggiunge: "sapevo che il Führer non mi avrebbe abbandonato". Quando gli chiedo di uscire dall'albergo e di farsi fotografare, non sono affatto sorpreso della sua risposta: "Fate di me ciò che volete". Mi sembra di capire bene che con questa liberazione non è la libertà che gli viene resa, e neppure la possibilità di decidere". Carabinieri e paracadutisti, alla meglio con pale, spianarono il terreno per il decollo della cicogna di Gerlach che osservava il poco spazio in cui avrebbe dovuto decollare. Insistette per avere a bordo soltanto il Duce, ma era stabilito che con lo "Storch" sarebbe partito anche Skorzeny . "Sistemare Skorzeny è un problema". Narra Gerlach: "Era grande e grosso: pesava più di cento chili. Per salire a bordo dovette incastrarsi dietro Mussolini in una posizione molto scomoda". Un vento impetuoso soffiava verso la valle, rendendo quasi impossibile la manovra. La pista era brevissima. Gerlach diede motore al massimo mentre i soldati trattenevano il velivolo per la coda. A un suo cenno, lo lasciarono. A un tratto, sembrò che l'apparecchio s'infilasse nell'abisso. Corsero tutti sull'orlo della scarpata, convinti di vedere l'aereo precipitare a muso in giù e invece stava come sospeso nell'aria, quasi immobile, con le sue grandi ali e il carrello, simile alle zampe di un'enorme farfalla. Pian piano, a fatica, prese quota e iniziò il volo verso Pratica di Mare "È una partenza disperata. Praticamente", dichiara Gerlach, "finimmo nel precipizio, ma alla fine riuscii a prendere quota, siamo tutti e tre alquanto pallidi". | |
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The first problem to overcome was the location of the Duce. After his arrest he was spirited away to an unknown destination and it was several weeks before the first lead came in. He was supposedly being held on the Island of Ponza. By the time investigations had been carried out on this report he had been moved on, this time to the island of La Maddalena. The leads had now dried up and his whereabouts remained a mystery, until German radio intercepts confirmed that he had been moved to the Gran Sasso d'Italia. It was the best lead they had and preparations could now begin for the mission. Built on the peak of the Gran Sasso was the Campo Imperatore hotel, part of a winter ski resort constructed a few years before the war. The only access to this hotel was via a cable car that ran up the side of the mountain. Any plans had to include the taking of the cable car station in the valley to stop any re-inforcements getting through. If Mussolini was being held on the Gran Sasso then it was guaranteed that he was being well guarded. On September 10th 1943, Skorzeny, his adjutant and Luftwaffe planners carried out the first aerial reconnaissance over the Gran Sasso, which revealed an ideal landing place for an assault, a small meadow only yards from the front of the hotel. Now only the method of assault was left, Skorzeny decided that a parachute assault was out of the question because of the risk of scattering the men, so a glider assault was planned. It was decided to use 12 fully manned DFS-230 light assault gliders for the assault, consisting of several men from Skorzeny's Friedenthal Battalion and men of the Fallschirm - Lehr Battalion, under the command of Oberleutnant Georg von Berlepsch. The remainder of the Battalion under the command of Major Otto-Harald Mors were to travel by road and take the nearby airfield at Aquila and the cable car station in the valley below. Another group of Skorzeny’s men were tasked with the job of freeing the Duce's family. On the afternoon of the 12th September the gliders and their towing aircraft took off from the Pratica di Mare airfield near Rome on their 1-hour flight to the Gran Sasso. They took with them a pro-german Italian officer called General Soleti who could be useful in negotiations if things became bloody. Gliders #11  never made it off the airfield as they became damaged during takeoff (the airfield had been bombed shortly before H-hour), Skorzeny who was travelling in glider #3 took the lead as gliders #1 & #2 and their tows disappeared in dense cloud midway through the flight, they were only left with 8 gliders for the mission. As they approached the Gran Sasso visibilty was still bad, it was only recognised because of the previous reconnaissance carried out by Skorzeny, they immediately prepared to be cast from their tows. As they approached the target they saw that the meadow previously planned as the landing area was in fact covered in large rocks not observed during the reconnaissance. They made a crash landing only yards from the front of the hotel, the obstacles helping to brake the gliders. Skorzeny led his men into the hotel, overcoming the resistance at the entrance and headed straight for the Duces room, which was guarded by two Italian officers. They offered no resistance and within minutes the commanding officer of the garrison had promised no resistance from the rest of his men Mussolini had been released from his detention and now only the problem of getting him off the Gran Sasso remained. There were 3 options for escape, the first was by road to Rome through the valley below which was now in the safe hands of Major Mors and the Fallschirm Lehr Battalion, this was risky due to the partisan activity in the area. The second was to transport the Duce to the nearby airfield at Aquila which was due to be attacked by paratroops and fly him out. Skorzeny chose the third option, fly him directly off the Gran Sasso using the Fiesler Storch recconaisance aircraft piloted by Student’s personal pilot Captain Gerlach, which was flying overhead. Captain Gerlach made an emergency landing on an improvised airstrip and made preparations to take off with his precious cargo. They were flown to the Pratica di Mare airfield where they changed planes and carried on with the journey to Vienna, where Mussolini was re-united with his family. Whilst staying in Vienna, Skorzeny was awarded the Knights Cross for his part in the mission. Skorzeny flew with Mussolini to meet the Fuhrer on the 15th september at the Wolfs Lair in Eastern Prussia. From http://www.eagle19.freeserve.co.uk/gransasso.htm
Roma 15- 3- 2012: Intervista a fianco di Vincenzo Di Michele, autore del libro "Mussolini finto prigioniero al Gran Sasso " uscito recentemente - Il racconto dell'ex agente di P.S. Pannuti >>>> |
Incontro Hitler Mussolini
Hitler "Ho sospeso
l'esecuzione di un piano già predisposto in tutti i suoi particolari
solo perché ero sicuro di potervi liberare e di impedire così che foste
consegnato agli angloamericani secondo il progetto di Badoglio. Il
vostro salvataggio è stato il salvataggio del popolo italiano. Se
l'impresa di Campo Imperatore non fosse riuscita, la mia vendetta
sarebbe stata inesorabile. Il mio piano prevedeva infatti la distruzione
totale di Milano, Genova, Torino e di altri centri minori dell'Italia
settentrionale; inoltre tutte le regioni sotto il controllo militare
della Wehrmacht sarebbero divenute delle vere e proprie zone di
occupazione, con l'aggravante che gli italiani sarebbero stati
considerati dei traditori da punire. Ma se voi mi deludete, io devo dare
l'ordine che il piano punitivo sia eseguito". "…..Il Führer allora gli
chiede se vuol tornare al suo posto per combattere fino in fondo la sua
battaglia con l'amico. Mussolini risponde "No": vuol ritirarsi a vita
privata perché pensa che il suo ritorno nella penisola a capo del
governo vorrebbe dire far nascere la guerra civile e fratricida, ma
pensa anche che le forze tedesche si devono ritirare dall'Italia. A tal
punto Hitler, irosamente, risponde che le ritirate non sono nei suoi
piani, che gli italiani hanno tradito e che li punirà, che pensa di
costituire un Governo fascista con Farinacci, Graziani e Ricci, Governo
che porterà l'Italia fascista alla riscossa con le armi germaniche che
prossimamente riprenderanno, con nuovi mezzi, l'offensiva". Sulla fuga del Re sotto gli occhi accondiscendenti dei tedeschi si è discusso a lungo: questa è una ipotesi: Hitler aveva ordinato a Kesselring di arrestare il re, condurlo in Germania, processarlo e fucilarlo insieme agli altri responsabili della vicenda italiana. Il Feldmaresciallo però - a sua insaputa ma d'intesa col capo del servizio segreto germanico, ammiraglio Wilhelm Canaris - si era accordato con il generale Giacomo Carboni, capo del Servizio Informazioni Militari di lasciar fuggire il re ed i suoi in cambio della consegna di Mussolini. Difatti il 9 settembre, di prima mattina, Vittorio E. III, coi familiari, Badoglio e altri ministri militari, fugge a Pescara per imbarcarsi e raggiungere il territorio controllato dagli anglo-americani, senza lasciare alcun ordine alle autorità civili e alle Forze Armate. (Badoglio si era letteralmente scordato di prendersi al seguito Mussolini che aveva promesso agli alleati). A favore di questa teoria c'è il fatto che Hitler, se non fosse stato d'accordo, avrebbe mandato davanti al plotone d'esecuzione chi disobbedisse a un suo ordine. Cacciava generali e dava la forca per molto meno.
LE SOLE
STORICHE
A questo proposito ricevo un breve testo da Vincenzo Di Michele che conferma l'anomalia di questa "liberazione"
“Su quell'incursione dei tedeschi, qualcosa non quadrava in riferimento ad un'azione militare vera e propria. Sì è vero, gli alianti tedeschi atterrarono sul pianoro di Campo Imperatore e ci fu una loro irruzione, ma di fatto da parte nostra, non ci fu alcuna resistenza non avendo avuto nessun ordine circa una nostra possibile reazione, né esisteva alcun piano di difesa. In effetti, sembrava come se fosse un'azione concordata. A tal proposito ci fu un particolare che ancora adesso è fermo nella mia mente. Un volta liberato il Duce e prima della sua partenza per la Germania ebbe luogo un incontro tra noi e i tedeschi nella sala dell’albergo, tutti con le armi in spalla, pacificamente. Fu proprio allora che davanti ai miei occhi il Generale Soleti si avvicinò al Tenente Skorzeny e gli intimò di restituirgli la sua pistola. Tale intimazione fu ripetuta una seconda volta ad alta voce. Sta di fatto che Skorzeny dopo una titubanza iniziale infilò una mano nella giacca da cui estrasse una piccola pistola consegnandola al generale Soleti. Riguardo poi all'ubicazione segreta di Mussolini quale personaggio inavvicinabile in quei giorni, in realtà è una storia da rivedere giacché nella bocca dei locali era pressoché nota l'ubicazione del Duce a Campo Imperatore. E al riguardo, non mancavano curiosi che fingendosi pastori, tentavano di sbirciare con gli occhi nell'albergo. Ricordo che un giorno, Mussolini si era allontanato per una piccola passeggiata nei dintorni dell'albergo in compagnia del Maresciallo Antichi. Ambedue si sedettero su un blocco di pietra ai margini del sentiero che portava ad Assergi. Erano a circa una decina di passi dal mio posto di guardia. Improvvisamente apparve, su questo sentiero, un gruppo di persone alle quali intimai di allontanarsi indicando loro, con un gesto della mano, un percorso della montagna direi piuttosto accidentato. Mussolini, che evidentemente aveva seguito la scena, mi disse ad alta voce:“ Agente, non fateli passare di là, potrebbero farsi del male”. Al che mi avvicinai al Maresciallo Antichi e gli chiesi che cosa dovevo fare, poiché la consegna era precisa:“ nessuno deve avvicinarsi a Mussolini”. Il Maresciallo Antichi, avvertendo il mio imbarazzo, mi rispose molto tranquillamente:“fai come ti ha detto, Sua Eccellenza”. Allora feci cenno a quelle persone di avanzare. Notai che i loro sguardi erano fissi su Mussolini mentre percorrevano il sentiero. Questo fatto avvenne circa tre giorni prima dell’azione dei parà tedeschi. A tal conto ricordo la presenza di alcuni personaggi che frequentavano l’albergo e che non erano né del corpo di guardia né facenti parte del personale dell’albergo. Queste persone rimasero diversi giorni nell’albergo stesso. Più precisamente, uno di questi mi rimase particolarmente impresso poiché aveva sempre indosso una giacchetta quadrettata con un colletto a pelliccia.” Pubblicazione autorizzata dall’autore ma soggetta a copyright |