La storia è racconto attraverso i libri Il primo testo che accompagna la presentazione è in genere quello diffuso dall'editore, dalla libreria o da critici che vengono indicati. Se non diversamente indicati sono del sito. 78 LEGIONE SS ITALIANA Storia degli Italiani che giurarono fedeltà a Hitler |
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Enzo Caniatti
Aliberti Ed. Reggio E. |
Che fine
hanno fatto le SS italiane pag 212 e segg. Nel frattempo, la guerra in Europa era finita. Hitler era morto e i nazisti erano stati definitivamente sconfitti. Tra Alleati e sovietici erano però iniziati i primi malumori. Stalin accampava pretese sui territori occupati dall’Armata rossa. Infischiandosene delle promesse fatte, non aveva alcuna intenzione di ripristinare nei Paesi dell’Est i legittimi governi spazzati via dai nazisti. Con totale spregiudicatezza iniziò a utilizzare le formazioni partigiane comuniste locali, che avevano contribuito alla liberazione, per imporre dittature del popolo di stampo sovietico. Americani e inglesi decisero di impedire che ciò avvenisse nel resto dell’Europa, dove i partiti comunisti, legati a Mosca, avevano combattuto duramente il nazismo, conquistando le simpatie di larghi strati della popolazione e l’egemonia tra i partigiani e nei comitati di liberazione. In Francia ci pensò De Gaulle con il suo esercito, che si era battuto al fianco degli anglo-americani, a troncare sul nascere ogni velleità rivoluzionaria. Ma in Italia, soprattutto al Settentrione, la situazione era più complessa. L’esercito badogliano era poca cosa, e per giunta non riscuoteva grandi simpatie presso la popolazione. Le formazioni partigiane dichiaratamente avverse a Mosca erano inferiori quanto a numero a quelle garibaldine. Inoltre, erano stati armati migliaia di civili, la stragrande maggioranza dei quali non nascondeva le proprie simpatie per il Cremlino. I comandi alleati in Italia ricevettero precise istruzioni. Primo, le truppe anglo-americane che entravano nelle città vi installarono le proprie sedi, prendendosi carico dell’ordine pubblico. |
Introduzione Capitolo uno - La nascita delle SS italiane Capitolo due - Il contesto storico Capitolo tre - Le battaglie fratricide: partigiani versus SS italiane Capitolo quattro - Chi erano le SS italiane Capitolo cinque - Le Waffen-SS: i guerrieri del Führer Capitolo sei - I duri del regime: i capi nazisti e i legionari SS italiani Capitolo sette - Caccia aperta alle brigate partigiane Capitolo otto - I volenterosi carnefici italiani della Gestapo Capitolo nove - «Avanguardia»: il giornale delle SS italiane Capitolo dieci - Da Legione italiana a Divisione Waffen-SS Capitolo undici - Le stragi naziste e le SS italiane
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le note del sito) |
I fuorilegge SS italiani Nella galassia delle formazioni SS italiane ci fu anche un battaglione fuori dall’ordinario, descritto con dovizia di particolari da Ricciotti nel suo saggio. Dipendeva direttamente dal Comando SS di Venaria Reale, alla periferia di Torino. I suoi membri non riconoscevano l’autorità della Repubblica sociale, anzi, odiavano Mussolini e i fascisti, e non facevano nulla per nasconderlo. Si autodefinivano “patrioti armati” e gridavano: «Dobbiamo liberare l’Italia da Mussolini e dagli inglesi». Inneggiavano a Hitler e puntavano le armi contro i militi della GNR, tra lo sconcerto dei gerarchi torinesi che non avevano alcun potere su quegli esagitati. Dopo avere giurato eterna fedeltà alla Germania e al Führer, indossarono l’uniforme SS, si armarono fino ai denti e costituirono il Battaglione SS d’assalto patrioti Davide, dal nome del loro comandante, che Ricciotti indica come un capitano diventato prima partigiano e poi passato (nel marzo 1944) dalla parte dei tedeschi. Altro di lui non si sa. L’unità fu integrata nelle formazioni di polizia, e fu deciso di inviarla in Germania per l’addestramento. In attesa di partire i giovanotti si resero protagonisti di atti d’intimidazione di ogni genere contro i fascisti. Quando, dopo una scazzottata o la distruzione di un locale, venivano arrestati, quelli della GNR avevano l’ordine di riconsegnarli alle SS germaniche. Himmler venne informato di questi fatti, ma non mosse un dito: pareva che quegli italiani avessero le caratteristiche giuste per svolgere i servizi più sanguinari di cui già si occupavano i cosacchi e gli ucraini (che agivano con ferocia estrema non soltanto contro i partigiani, ma anche nei campi della morte). Alcuni militi del Battaglione Davide, come ricorda anche Ricciotti, finirono per formare una Compagnia di SS italiane impegnate come corpo di guardia alla Risiera di San Sabba. |
.... studiare non mi piaceva proprio. Amavo solo la storia. Avevo un
professore che la insegnava come un romanzo. Ero affascinato soprattutto
dalla rivoluzione francese: liberté, égalité, fraternité, Danton, Marat,
Robespierre, e soprattutto Saint-Just, il più motivato colonnello della
guardia, di appena ventidue anni. Era il mio idolo, l’eroe ... .. altro appunto per capire come a volte il mestiere di professore o si ama o si cambia (si dovrebbe cambiare). I miei avevano fatto la guerra dalla parte “giusta”…... I gappisti sapevano dove trovare un rifugio sicuro per nascondersi, o dove lasciare un pacco che scottava (o scoppiava), visto che mia madre non si sarebbe mai sognata di chiedere che cosa ci fosse dentro, e tantomeno di aprirlo. Nascosero e aiutarono a fuggire in Svizzera una famiglia ebrea, e salvarono anche un fascista, «una brava persona», diceva mia madre ma non ne parlavano volentieri di quei periodi... Zio Oberdan partito per la guerra d’Africa, era stato fatto prigioniero a El Alamein. Rientrato in Italia quando tutto era finito, non rinnegò, anzi andava fiero della sua esperienza sul campo, con disappunto dei miei parenti comunisti. Fu lui a regalarmi un libro che conservo tuttora: Storie segrete dell’ultima guerra, una selezione del «Reader’s Digest». Allora lo divorai, e cominciai a interessarmi a tutto ciò che riguarda la seconda guerra mondiale....(mia madre) Mi parlò anche dei giorni dell’insurrezione a Milano, quando un vicino «stupidotto», con una vistosa fascia rossa al braccio (su cui campeggiavano falce e martello) e due fucili in mano, entrò in casa, porse un’arma a mio padre – riformato dal servizio militare – e disse |
Fu deciso di mantenere attiva la linea Gotica per separare il Sud
riappacificato dal turbolento Nord. I servizi d’intelligence da una
parte, e i diplomatici dall’altra, iniziarono gli uni a indagare e gli
altri a conoscere i politici italiani, per stabilire su chi fare
affidamento per costituire un solido blocco da contrapporre a quello
sovietico. Il Paese era da ricostruire a partire da due Italie che
avevano vissuto per un lungo periodo esperienze diverse, dando vita a
proprie società e ambienti politici in qualche modo divergenti. Gli
anglo-americani stabilirono di dosare gradualmente la miscela delle due
realtà, per evitare che diventasse esplosiva. Fu persino impedito ai
politici romani di raggiungere subito il Nord liberato per scambiarsi
opinioni con i colleghi di partito e soprattutto contarsi in vista delle
imminenti battaglie politiche. Il 17 giugno 1945 fu varato il primo
governo italiano postliberazione, con Ferruccio Parri alla presidenza e
agli Interni, Nenni e Brosio alle due vicepresidenze, De Gasperi agli
Esteri, Soleri al Tesoro, Scoccimarro alle Finanze e Togliatti alla
Giustizia. Quest’ultima scelta fece storcere il naso a più di un
diplomatico americano. Invece, l’opera del comunista Togliatti, legato a
doppio filo al Cremlino, fu determinante nella riappacificazione del
Paese e nel condurlo sui binari della democrazia. Togliatti non si
oppose al disarmo dei civili e dei partigiani, intervenne anzi
“duramente 2 per ristabilire l’ordine pubblico. In L’Italia del Novecento, Montanelli riporta il richiamo del ministro al prefetto politico di Milano Lombardi, che aveva destituito il direttore del carcere di San Vittore sostituendolo con un ex partigiano comunista: «Apprendo arbitraria destituzione direttore carcere e sua sostituzione con funzionario non competente. Invitola immediatamente a revocare provvedimento». Fu Togliatti a fare propria l’idea di un’amnistia che cancellasse, almeno in parte, i troppi conti politici e giudiziari in sospeso. Il provvedimento, approvato dal governo, venne promulgato il 22 giugno 1946. Riguardava i reati comuni e politici, compresi quelli di collaborazionismo con il nemico, tra cui anche il concorso in omicidio. Lo scopo principale era la pacificazione nazionale, ma anche il porre fine alla mattanza di fascisti al Nord ( ndr …e la galera per comunisti e fascisti). I sopravvissuti di Salò, tra cui i reduci della Legione SS italiana, se ne rallegrarono. Solo pochi erano riusciti a riparare in Spagna o negli ospitali Paesi sudamericani. Molti attendevano in carcere che venisse vagliata la loro posizione; altri vivevano nascosti in casa o si erano dati alla macchia aspettando che le acque si calmassero. L’amnistia non piacque a tutti. |
«Ciapa, da inco’ cumandum nun» (prendi, da oggi comandiamo noi). La mamma, gentilmente,lo mise alla porta. Qualcuno alla fine convinse mio padre ad andare a vedere Mussolini e la Petacci in piazzale Loreto. Tornò sconvolto dalla ferocia bestiale della folla che sputava sui cadaveri e li prendeva a calci con furore. Erano giorni terribili. Mentre andava a cercare qualche cosa da mangiare, mia madre notò quattro ragazzotti, armati di mitra, trascinare fuori tre donne da un portone, una sui quarant’anni, le altre due ventenni o anche più giovani. Apparve una portinaia tutta scarmigliata, che cominciò a insultare, inveire e sputare contro di loro, accusandole di farsela con i tedeschi e aver denunciato dei partigiani..«Cosa facciamo, le rapiamo o le fuciliamo?» Quella gente, tutte persone comuni (mia madre ne aveva riconosciute tante), urlò come una voce sola: «Ammazzatele!» I ragazzotti imbracciarono i mitra: una raffica, e i corpi scomposti giacquero sul selciato, mentre un rivolo scuro si mischiava all’acqua di scolo del marciapiede. La mamma non dimenticò mai quella scena. Nessuno era al sicuro.... |
Soprattutto tra gli uomini di sinistra fu vissuta come un tradimento dei
compagni che avevano combattuto ed erano morti per spazzare via i
nazifascisti. Ci furono veementi proteste da parte delle associazioni
partigiane. In Piemonte, dove la lotta era stata più dura, si arrivò a
un passo dalla sommossa popolare. L’entrata in vigore del provvedimento
e le conseguenti scarcerazioni provocarono una frattura tra la base del
partito e il suo segretario Palmiro Togliatti, il quale dovette più
volte fornire giustificazioni. Dal canto loro, i magistrati applicarono
l’amnistia con manica larga (ndr con una manca più stretta applicarono
invece la pena di morte). Tanto che il Guardasigilli intervenne emanando
una circolare in cui raccomandava un’interpretazione restrittiva del
beneficio. Usciti dal governo i comunisti, e iniziato il lungo
predominio della Democrazia cristiana quale partito di maggioranza, le
amnistie si susseguirono, allargando ulteriormente le casistiche e di
conseguenza i possibili beneficiari. Nel 1948, su proposta del
sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri Andreotti, fu
varato un decreto del governo con cui si estinguevano i giudizi ancora
pendenti dopo l’amnistia del 1946. Altri due provvedimenti, nel 1953 e nel 1966, estinsero pressoché tutti i reati considerati politici commessi prima, durante e dopo la guerra. Cancellata ogni possibile pendenza con la giustizia, anche i più compromessi tra i reduci della Legione SS italiana divennero cittadini a pieno titolo dell’Italia democratica, liberi di scegliere se scomparire nell’ombra o rivendicare l’esperienza di soldati del Duce che giurarono fedeltà al Führer. |
Ndr:
Direbbe allora Bertinotti con la sua filosofia spicciola ''L'esecuzione di Saddam Hussein, un
dittatore che ha identificato il proprio percorso politico con la
pratica della distruzione e della violenza, in nulla sminuisce il
sentimento di orrore e di rifiuto suscitato dalla pena di morte''.
Lo afferma Fausto Bertinotti, dopo l'esecuzione, all'alba a Baghdad,
dell'ex rais. Il presidente della Camera sottolinea l'esigenza di
ribadire, ora ''con maggior forza'' l'impegno ''a cancellare la pena di
morte dal nostro presente e dal futuro dell'umanità''. lo
segue a ruota il Quirinale ''Interpretando i sentimenti profondi del
popolo italiano e gli alti valori morali e giuridici della Costituzione,
il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano conferma la
contrarietà del nostro Paese ad ogni sentenza di morte ed esecuzione
capitale'' Non sarebbe male che interpretassero una volta tanto i propri di sentimenti. Il politico di solito tende a farsi gli affari suoi, solo occasionalmente va in trasferta !! coi sentimenti degli altri. |
La lunga e a
volte faticosa scalata (al mestiere di giornalista) non mi ha impedito
di coltivare la mia prima grande passione: la storia. Ho letto e visto
di tutto, focalizzando a poco a poco il mio interesse su un preciso
periodo storico, la prima metà del Novecento, così ricco di avvenimenti
che hanno modellato e influenzato l’attuale vivere quotidiano. Mi sono,
per così dire, specializzato sul nazismo, raccogliendo ogni genere di
documentazione d’epoca e leggendo centinaia di libri sull’argomento
(molti in edizione originale). Ho notato una profonda differenza tra gli
autori italiani e quelli anglosassoni, questi ultimi abituati a un
linguaggio sobrio, quasi scarno, che non lascia spazio agli
“infioramenti” del bello scrivere, e che si attiene ai fatti,
documentandoli con precisione quasi maniacale e senza troppo concedere
alle emozioni. Un modo di raccontare inconcepibile per molti scrittori
italiani..Ho letto di tutto, senza alcun preconcetto sulla fede
politica, più o meno esplicita, dell’autore. Sono stato affascinato dai
racconti di Montanelli e di Cervi. Ho apprezzato il magistrale stile di
Bocca nel descrivere l’atmosfera, carica di tensione, delle battaglie
partigiane. I romanzi di Fenoglio sono a mio parere il migliore modo per
insegnare ai ragazzi di oggi che cosa sia accaduto lassù nelle montagne.
Ma ho anche letto De Felice e Pisanò, che descrivono, con altrettanta
maestria e dovizia di documentazione, quelli “dell’altra parte”. Mi è
venuta in mente la «brava persona» aiutata da mia madre mentre scorrevo
le pagine, grondanti sangue, dei libri di Pansa. Pansa è stato il primo,
non allineato con i “neri”, ad avere avuto il coraggio di parlare di
certi argomenti ancora tabù... Tutto
questo, e non solo questo, mi ha spinto, dopo avere scritto enciclopedie
e romanzi storici sul nazismo, a cimentarmi in un’opera sui soldati che
quel tragico 8 settembre 1943 scelsero di stare con Mussolini e Hitler,
schierandosi di fatto contro gli altri italiani. Ho scelto la Legione SS
italiana ben sapendo di entrare in un campo minato, dove tutti, chi a
favore e chi contro, sono pronti, se è il caso, a impallinarmi. Mi fermo qui perché il personaggio lo avrete sicuramente inquadrato e qualsiasi cosa dica non vi saranno sorprese. |