LA SECONDA GUERRA MONDIALE

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GRECIA - 1940/1943 - ISOLA EUBEA 

2° REGG. BERSAGLIERI - L'OCCUPAZIONE

Diari-L'estate greca di Primo Santini-La"Sirena di Lutraki" - I sergenti - La fame - La dracma d'occupazione - Gli Italiani baciano le ebree - 8/9/1943: la bandiera in salvo - IMI di Germania

Nell'aprile del 1939 il 2° Rgt. Bersaglieri viene mandato in Albania, per la breve campagna decisa da Mussolini come contr'altare alla occupazione di Hitler in Cecoslovacchia. L’altro non meno recondito motivo è togliersi dai piedi quella mezza calzetta di Re Zog, re di un paese che è nell'orbita italiana (a fondo spese), da quasi 25 anni.

Costruzione del Canale di Corinto 1893

Noi non aggrediamo altri, ma chi ci attacca deve sapere che la guerra è inevitabile: senza odio, solo per amore di libertà. - Amici Italiani, vi ho combattuto come nemici della Mia Patria, vi ho pianto nel settembre 1943 come uomo, Vi onoro sempre come combattenti-” I GRECI

 

LA GUERRA GRECA

Quando col 1940 la guerra diventa generalizzata in Europa e Africa, anche alcuni reggimenti di Bersaglieri entrano nel corpo di spedizione allestito per l'attacco alla Grecia dal territorio Albanese conquistato l'anno prima sempre con la mobilitazione frammentaria di molti battaglioni bersaglieri (vedi 1939). I Reggimenti bersaglieri mobilitati questa volta sono 4: il 1-2-4-5° reggimento. Il 2° e 5° hanno operato in genere nella stessa formazione, la divisione "Corazzata" Centauro. La Centauro, "impropriamente" chiamata Corazzata e divisione, aveva L3, cingolette mitragliatrici (scherzosamente chiamati Arrigoni (dalla verdura in scatola) poco protette), ed una forza complessiva che non supererà mai di volta in volta le 6.000 unità, ben lontano quindi da una vera divisione corazzata il cui impiego in quel territorio sarebbe stato comunque difficoltoso. Le forze complessive italiane utilizzate nella prima fase (autunno/inverno1940) sono di tre volte inferiori a quelle prospettate dal 1° piano Badoglio (30 divisioni) e la metà di quelle del piano Guzzoni (20 div:). Il 2° Bersaglieri è il primo a giungere a dar man forte ai fratelli dopo le prime “delusioni” tattiche degli alti comandi. Le falle negli schieramenti, di fronte a un nemico deciso e capace, che combatte su terreno che conosce e particolarmente ostico, si fanno sempre più larghe. Si corre di qua e di là per tamponare questo o quell’assalto. I bersaglieri (il resto inviato) classificati come celeri, di celere avevano solo la bicicletta che non è proprio il caso d’impiegare su quei monti privi di strade degne di tal nome e in quelle rigide condizioni invernali. Non restano che le compagnie moto che percorrono in lungo e in largo le valli, una volta con la Julia (alpini) e l’altra coi fanti. Il 17 novembre 1940 il IV btg. del 2° reggimento è inchiodato a Sitaria Krioneri. Il 19 a Kani Delvinaki  il 2° ha contro tutti i Greci decisi a sfondare. A quota 1129 i bersaglieri del Cap. Antonio Monaco non arretreranno per nessuna ragione, moriranno sul posto come chiedevano gli ordini.

 

Per due giorni nessuno riuscirà a passare in altri punti. Quei giorni di novembre fra i tanti furono sicuramente i più tragici della campagna invernale. Il 26 novembre il tenente Musco riceve invece l’incarico di presidiare con la sua 26a Compagnia la posizione strategica del Cippo di q. 33 a Borgo Tellini, essenziale per proteggere i fianchi del suo 5° reggimento. L’assalto dei greci inizia quasi subito. E’ un attacco durissimo, preceduto da un bombardamento spietato (I soldati greci conoscono a menadito le coordinate delle nostre palesi difese) che ha causato forti perdite alla 26a. I soldati greci assaltano alla baionetta le posizioni italiane lanciando grida di trionfo. E’ uno scontro rabbioso e feroce, in cui non c’è spazio per la pietà. Si uccide e si muore gli uni accanto agli altri, italiani e greci gli uni sugli altri, e il sangue si mescola sulle pietre e sul fango albanese. I greci stanno per sopraffare gli italiani, ma è il giovane Musco a ribaltare la situazione diventando l’anima della battaglia.

La controffensiva di primavera dopo un inverno duro fatto di fatiche e di congelamenti ha inizio il 9 marzo, affidata al IV CdA. (Cacciatori delle Alpi, Pusteria Alpina) all'VIII CdA (Pinerolo, Cagliari, Puglie e Bari) ed al XXV CdA (Sforzesca, Julia, Raggruppamento CC.NN. Galbiati, 2° Bersaglieri più un altro Gruppo alpino). Dopo alcuni successi iniziali, le nostre colonne attaccanti sono via via arrestate. Per quattro giorni imperversano violenti combattimenti; al quinto, senza aver conseguito alcun successo rilevante, lo stesso Mussolini presente ne ordina la sospensione.

Fa fede del sacrificio del 2° reggimento la MEDAGLIA D'ARGENTO per la campagna: Stremato di forze per le gravi perdite subite, sostenne l'urto di soverchianti forze, scagliando la sua anima ardente contro le masse irrompenti e contendendo palmo a palmo il terreno nemico in epica lotta. Continuava ad imporsi al rispetto e alla ammirazione dell'avversario per la tenace resistenza, facendo rifulgere le più pure virtù della stirpe e rinnovando gli eroismi dei bersaglieri. e quelle d’oro individuali a Fascetti Mario e Monaco Antonio come detto alla memoria.

 

 

 

 

 

 

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A Q. 731 ( Monastero) gli insensati attacchi frontali annientano definitivamente le divisioni Cagliari,Puglie, Bari, Pinerolo e Siena (12.000 perdite) già provate dal lungo inverno albanese (migliaia di congelati). Dal 6 aprile i Tedeschi, per non veder compromesso quel settore dei balcani, Yugoslavia, Romania, Bulgaria, cosi nevralgico per il petrolio rumeno, li invadono dalla frontiera Austriaca e Bulgara. Gli inglesi, che finora avevano collaborato al conflitto dal cielo e con aiuti via mare, sbarcano un corpo di Spedizione a Salonicco per fronteggiare il settore d’invasione tedesco proveniente dalla Bulgaria. Dal 14 al 22 aprile la 9 e 11a armata italiana ebbero oltre 1.000 morti e 4.000 feriti. Il 17 aprile la colonna Celere della Centauro si affianca alla brigata Casale sulla direttrice Klisura Argirocastro. Il 23 aprile gli ultimi greci si arrendono ai tedeschi e da questi ricevono il salvacondotto per passare in mezzo alle linee italiane in cui ormai sono frammischiati. Spesso sono gli stessi tedeschi a interporsi per evitare inutili scontri.

DIARI - L'ESTATE GRECA DI PRIMO SANTINI AL 2° BERSAGLIERI

Racconta Sandro Santini del padre Primo : Il 27 aprile, quando il 182° Battaglione bersaglieri di marcia (complementi) tolse le tende e lasciò Valona diretto in Grecia i tedeschi entravano ad Atene. Giunsero alle montagne del Golico, poi Argirocastro ed il 14 Maggio a Gianina, dove sfilarono davanti al comandante della valorosa Julia.

Si arriva quindi in Grecia a Gianina (sul lago) dove è accampata l'avanguardia italiana degli Alpini e dei Bersaglieri. Ci sono anche i tedeschi. Il 182° di marcia viene spezzettato fra i 3 battaglioni del 2° bersaglieri e i caporali divisi per compagnie e plotoni. E' il 5 maggio piove e piove per giorni in quelle terre già pantano di loro, infestate da zanzare e da rane. La guerra eroica non è mai cominciata, ma la meno eroica vita militare di tutti i giorni, con tutti i controsensi si !!!. Vengono consegnate agli "anziani" le ultime ricompense al valore, ai Vivi della difficile campagna..   Quando non sono stati utilizzati i suoi ricordi si è fatto ricorso ai compagni, al gruppo della Sirena che in tempi recenti lasciarono scritte le loro memorie dopo essersi ritrovati per anni. Per i pezzi documentari si è ricorsi ad Autori o testi citati o a materiale d'archivio

Il reggimento già in marcia viene raggiunto dai complementi dopo una lunga camminata attraverso quello che era stato il teatro della "Battaglia" fatto di morti insepolti, case distrutte - Arriviamo alle 2 p.m. a Vajra (1 maggio). Dato il sole cocente siamo costretti a montare le tende. Si consuma il rancio mentre si sparge la voce che una autocolonna sta finalmente per arrivare. Vediamo infatti allinearsi dei camion diesel tedeschi condotti da nostri autisti. Alle tre l'autocolonna prende il via e una macchina dopo l'altra in un polverone incredibile si divora velocemente la strada ...  strada che corre alta lungo il corso della Vojussa fino a Tepeleni che fu contesa per giorni .... alla sinistra  si alza il Golico .. su questo monte la Julia combatté tanto da meritarsi gli ori ai reggimenti. Quanti saranno i cadaveri che ancora si trovano allo scoperto e sui quali i corvi si aggirano ? più tardi, molti giorni dopo, il cappellano andrà coi soldati a dare sepoltura a quei resti umani carichi di vermi e senza occhi....
Il reggimento a blocchi, che prendono anche altre destinazioni (il II BTG a Prevesa), si sposta verso sud verso Missolungi. In questo paese non c'è molto, caffè, vino e liquori, pesce e le ultime arance della stagione. Il vitto è quello che viene dall'Italia ad eccezione del pane che deve essere confezionato qui e per il quale ci sono problemi   11 maggio 1941 - Da ieri mattina, ininterrottamente, a centinaia su camion stanno passando truppe. Si erano addensate in questi posti nell'attesa che i tedeschi si allontanassero per proseguire la marcia. I primi a procedere sono stati i nostri motociclisti, poi la divisione Centauro con i carri da 14 tonn., il 31° carristi poi gli Alpini. In senso inverso vengono i greci sfollati dalle loro case. Sono masse di gente che la guerra ha ridotto a vivere sulla madre terra come belve. Vengono a chiedere "mangeria" donne che la disperazione rende capaci a tutto. A Gianina il 14 maggio la sfilata della Vittoria davanti a un popolo che non si sente vinto.

LUTRAKI - 19 giugno 1941 dal racconto di Bruno Bacchioni ne "La Sirena di L.." aavv - Lo scarabeo ed. Bo

  22 maggio '41 - Coi volontari partenti mi ritrovo raramente. Eravamo in 54 e siamo stati ripartiti in 3 btg. poi fra compagnie, plotoni e squadre. Non si forma più una massa compatta con la quale si possa parlare di argomenti seri. Dopo Missolungi ci spostano a Patrasso per imbarcarci  per Corinto dal mare aperto** . Il reggimento viene frazionato in più presidi: Tripolis, Argos, Sparta, Kalamata, Cerigo e Pirgos. CONTINUA

Primo Santini viene assegnato alla 5a cp assieme a Grandi, Minaldi, Parini e Valensise. In Grecia si cominciava a sentire la fame e lo si notava dai ragazzi che facevano la fila alla distribuzione del rancio. In libera uscita le poche cose che abbondavano erano il tabacco, l’uva sultanina, il Krasi vino resinato e l’ouso un liquore all’anice. I volontari universitari chiedono di partecipare ad un corso per sergenti che viene, vista l'inazione, organizzato in "fretta" e i 54 inviati a Lutraki, cittadina di villeggiatura oltre il canale di Corinto, dove alloggeranno per 2 mesi all’ex lussuoso Palace Hotel, sul mare, molto "dismesso". Il corso non sarà però per il momento approvato dal Ministero per organico pieno e tutti tornano ai loro reparti originari.

  Lutraki è un paesino di fronte a Corinto, dove la guerra non si fece sentire imprevista. Una strada europea, costeggiata da panchine e fiori, la congiunge alla Atene che domani andrò a vedere. Solo in questo istante incomincio a capire l'attrazione di questa grande città. Dopo mesi di vita perduta fra sassi e case fatte di terra tornerò alla civiltà. Forse al ritorno riuscirò meglio a comprenderla e sentirò maggiormente il valore di essa.
In questo punto con le città di Corinto e Lutraki si può ammirare un braccio di mare meraviglioso. Dalla posizione dove mi trovo vedo a sinistra le dighe che aprono al mare il taglio dell'istmo. Più avanti la città di Corinto, che quasi si perde. In quel punto il mare è disseminato di navi messe all'ancora a buona distanza una dall'altra, la costa poi prosegue verso ovest, spostandosi leggermente a nord fino ad un punto che appena ...
A destra la cittadina di Lutraki con le sue ville nuove e gli stabilimenti balneari. Una penisola rocciosa, quasi coda di un dinosauro duro e gigantesco, chiude quasi questo mare sì da formare un golfo. Sulla sua punta estrema è un faro. Eterno simbolo del nostalgico silenzio. È uno scenario di grande bellezza. Il vento, che spira fortissimo, sposta le navi all'ancora e produce diversi colori dell'acqua, che tanto piacciono all'occhio. Un ponte fatto di 6 barconi, tre dei quali fissi e tre spostabili, permette il passaggio di automezzi. B. Bacchioni

Casa di Tolleranza B. Bacchioni- .. Ieri sera sono stato alla casa di tolleranza ad Istmia, nella quale ci sono 9 donne. E' tenuta dal S. Marco. Un ufficiale alla mattina chiama coloro che di turno devono andare. Si versano 50 dracme e con uno scontrino si va in città. Nella casa vi è un infermiere che controlla il pene, lo guarda e rigira, poi se tutto è in regola timbra il biglietto e si va a fare la fila a una delle 9 porte. Sono arrivato fino a questo punto, poi mi sono stancato. Donne giovani, forse sane, ma brutte. Una sola tipica. Una zingara nera come una mulatta: ma vi era troppo da aspettare. Ho rinunciato.

  ** Il 26 aprile 1941 una compagnia di Paracadutisti tedeschi trasportata da alianti era atterrata nei pressi del Canale di Corinto per impadronirsi del Ponte, ma l’artiglieria greca riuscì a colpire le cariche d’esplosivo appena smontate dai genieri tedeschi (I greci avevano minato il ponte e queste erano ancora troppo vicine alla installazione) provocando il crollo del Ponte in ferro che cade nel Canale ostruendolo come era nei piani del nemico. Altri Paracadutisti conquistano intanto la città e l’Aeroporto mentre gli inglesi riescono a malapena a raggiungere i Porti del Peloponneso (più a sud per intenderci le terre dell'antica Sparta) abbandonando tutto. Il 29 aprile 1941 termina così la Campagna di Grecia e anche questa volta si è trattato di una Blitzkrieg eccezionale ottenuta non per supremazia di uomini e mezzi.
Ieri sera girai fuori dal campo vicinissimo alle sentinelle; non mi videro nè sentirono. La luna era alta nel cielo ed il chiarore quasi a giorno. Per curiosità passai vicino alle tende della S. Marco (fanteria di marina), ai pezzi contraerei: nessuna sentinella, dico nessuna si preoccupò di darmi l'altolà. Questo dimostra che gli italiani sono tutti uguali. Dagli ufficiali ho pure saputo che non sanno combattere. Io stesso, vivendo fra di loro, ho riscontrato che sono uomini senza fermezza nè volontà. Non vedono che la casa, contano i giorni. Ricordano quante volte si scomodano un giorno e si propongono di rimanere più comodi il secondo. Sono indolenti e cattivi. Egoisti. Diffidenti. Il più amico se può ti frega. In tutta la compagnia non vi è un solo uomo che saprebbe sacrificare tutto per un ideale. Inoltre mancano di intelligenza oltre che di istruzione. E' basandosi su simili uomini che Mussolini vorrebbe dominare il mondo... Questi soldati sono buoni contadini che credono ancora alle streghe e al lupo mannaro..B. Bacchioni   CONTINUAZIONE ...  Metà luglio '41: il corso sergenti ha finalmente inizio anche se non ha i crismi ministeriali. Tutti al Palace. 2 plotoni. uno di universitari e uno di altri graduati. Poi un giorno la visita deprimente del Colonnello riportata nella prima parte (del diario indice in calce). In Russia ormai si combatte da un mese. I giorni passano come se qui non dovesse mai succedere nulla, noia e disillusione, ma ecco che un improvviso e imprevisto attacco aereo viene a scuotere il tran-tran di "caserma". 8 agosto 1941 - notte: il giorno dopo si replica. Obiettivi le navi e il canale di Corinto ma prima le batterie e le installazioni dei razzi illuminanti. Il corso viene interrotto il 20 agosto; si torna ai reparti. medaglia bersaglieri scuola Pola (3° corso)Ogni tanto qualche aereo nemico fa capolino, poi il 19 settembre la notizia: Chi era risultato idoneo alla visita per il passaggio nella nuova specialità paracadutista dovrebbe rientrare in Italia. Sono in 13, gli altri possono chiedere di essere trasferiti in zona operativa (Africa o Russia). Il 29 settembre lasciano quindi la Grecia, sulla motonave Piemonte, Roberto Bertoni, Alberto Bizzarri, Nando Danelli, Quinto Ghermandi, Tristano Grandi, Roberto Magi, Uberto Mangini, Alberto Minaldi Sigillo, Umberto Picot, Giuseppe Piva, Fulvio Righi, Primo Santini, Cesare Tulli.

Ai primi di ottobre si levano le tende; il 2° bersaglieri si sposta in Calcide (Isola Eubea) collegata con un ponte alla terraferma. Gli aspiranti parà una volta in Italia andranno in licenza (19 giorni) poi un corso intensivo di 40 e una ulteriore selezione dopo i lanci (segue al capitolo dalla Grecia alle sabbie africane del Diario). L'inverno per gli altri passa sull'isola con freddo e neve nell'attesa di ulteriori ordini per i VV. UU.. Per chi non lo era diventato sergente nell'altro corso, ne inizia uno nuovo. La vita militare per questi ragazzi non ha più cambiamenti di rilievo. Si fa la guardia su un vasto territorio per evitare come altrove il formarsi di bande o movimenti partigiani e in più evitare in simili casi sbarchi del nemico che minaccerebbero direttamente il continente. Non si hanno notizie oltre l'estate del '42 se non di carattere generale sulla condizione del paese e dei rapporti con gli italiani a seguire sotto in L’OCCUPAZIONE GRECA.

    L'ULTIMA BANDIERA DEL 2° REGGIMENTO BERSAGLIERI DOPO L'8/9/1943

  Anche qui, sull'isola Eubea arriva la notizia inaspettata dell'armistizio l'8 settembre 1943: Parte del reggimento, nei piccoli presidi, si da alla macchia coi partigiani, mentre il resto, il grosso, dopo trattative coi tedeschi, ottiene di organizzare una tradotta per il rimpatrio conservando l'armamento leggero individuale. Caricati su un treno attraverso Macedonia, Bulgaria, Ungheria e Jugoslavia giungono a Lubiana ormai alle porte di casa. Per molti il miraggio d'Italia è vicino, i tedeschi però con scuse varie di ponti bombardati e linee impraticabili instradano il convoglio verso l'Austria poi la Germania come hanno già fatto con tutti. Il 27 settembre 1943 ai bersaglieri (ufficiali) s'aprono le porte del campo di Wietzendorf, lo stesso dove finirà Giovannino Guareschi il papà di Don Camillo. Il Col. Reggianini, prima di disfarsi delle armi e dei bagagli del comando, chiama a rapporto gli Ufficiali e decide di dividere la bandiera e l'asta in 12 pezzi.
     

Bersaglieri in gita  sul Partenone

  Così dal racconto dell'ultimo superstite il Col. Edmondo Brunellini "Ma la bandiera di guerra non la consegneremo, la bruciamo adesso " . Uno di noi propose invece di strapparla e di consegnare un pezzo ad ogni ufficiale presente. Gli ufficiali vennero caricati su carri e portati ad un lager separato presso Varsavia. Sempre lui "Fame, freddo, umiliazioni, cimici, controlli continui e minacce ogni giorno con la paura di perdere il sacro pezzo della bandiera che ogni tanto veniva nascosto altrove. Il mio lembo verde passò da una tasca ad una scarpa, all’interno della bustina da ufficiale, sotto una tavoletta del letto a castello ed infine nella fodera della giacca. Impossibile narrare tutte le tragiche vicende. Passai ad altro lager ma infine, miracolosamente, potei rientrare in Patria dove iniziai la ricerca dei colleghi consegnatari delle altre parti della Bandiera. Due anni dopo, nel ‘47, coadiuvato dal tenente Enzo Lauro di Milano, avevo già raccolto 10 dei 13 pezzi e consegnati a Roma al comandante del 4° Battaglione. Seppi che erano rientrati altri due pezzi dell’asta ma che purtroppo era stato perduto per sempre il lembo bianco inferiore affidato al sottotenente Benignetti che era morto a pochi passi da casa" ...SEGUE SOTTO
     

Così dal racconto di un altro superstite, Pompilio Trinchieri, di cui sono uscite di recente le memorie per i tipi di Marlin "Gli zoccoli di Steinbruck" a cura Marco  Palmieri, Mario Avagliano e della figlia Rita. Brani originali e riassunti in corsivo blù ad opera del curatore del sito

 

dalla Prefazione della Figlia Rita

... In realtà ho avuto conferma dalle sue memorie che Pompilio Trinchieri è stato importante di per sé, al di là dell'essere mio padre, dal momento che è stato utile per tante altre persone e soprattutto ha contribuito a formare un pezzetto di quella storia che si studia a scuola, forse con noia e indifferenza. I libri trasmettono fatti, avvenimenti, notizie e situazioni collettive: poco le storie nella Storia. Tuttavia mi preme sottolineare che una certa storia si sfuma in concetti che si confondono tra loro. Scrive l'autore che il deportato non è solo un prigioniero, e il campo di punizione, il lager, non ha nulla in comune con il campo di concentramento. La storia fatta non solo da date e da avvenimenti, ma da persone può arrivare a noi solo attraverso la voce inquieta di coloro che sono la nostra memoria storica. …..Allora, subito dopo la Liberazione, la drammatica vicenda dei soldati che non vollero aderire alla Repubblica  di Salò è stata addirittura disprezzata, e gli IMI (Internati Militari Italiani) sono stati marchiati come collaborazionisti  del regime nazifascista. Oggi, grazie anche a loro, questa storia sta uscendo dal dimenticatoio.  lo concordo perfettamente con i due ottimi storici: quella degli IMI è stata una scelta di resistenza....

 

da pag. 51 a pag. 61 ….Ero in forza al 2° Battaglione - Compagnia Comando, e mi trovavo - per le circostanze di guerra - sull'isola Eubea, nella cittadina capoluogo, Kalkis, di fronte alla Turchia. Erano le 18,30 locali dell'8 settembre 1943 quando, dal paesino in cui eravamo di presidio in quel periodo, giunse di corsa il bersagliere Gallione tutto ansante e con la lingua di fuori per la corsa sfrenata e per la sensazionale notizia che recava:
"È finita la guerra! È finita la guerra!" "Torniamo finalmente alle nostre case!"
.....Passati i primi attimi di sbigottimento, ci chiedemmo se la decisione del Comando Supremo Italiano fosse stata saggia. Alla cosa rispondemmo immediatamente e decisamente "non saggia" anche se, della guerra e di quella guerra, eravamo stanchi e nauseati. Seduto davanti alla scrivania, ripetevo solo solo: "La guerra è finita veramente? Torno a casa? Come? Quando?".  Tre soluzioni si presentarono immediatamente:
a) restare nell'isola e difenderci contro tutti e tutto ed attendere eventi;
b) aggregarci ai partigiani locali (proposta che ci venne avanzata);
c) cedere alle lusinghe tedesche.
Il nostro Comando scelse quest'ultima soluzione, troppo frettolosamente. Concorde fu - per forza - anche il Comando Divisionale. I tedeschi ci avevano, nel frattempo, promesso il rimpatrio immediato, poiché per l'Esercito Italiano la guerra era terminata. Perché si scelse la terza ipotesi? Analizziamole tutte e tre. La prima soluzione ci sembrò la più insensata: cosa saremmo rimasti a fare su un'isola, quale quella di Eubea o di Negroponte, contro tutti i partigiani e contro inevitabilmente, i tedeschi? Anche la seconda ipotesi era da scartare poiché, accettandola, saremmo venuti meno alla nostra causa: saremmo mancati a quello spirito per cui dolenti o nolenti, entrammo in guerra.
La terza, infine, fu l'ipotesi che ... scegliemmo. Il Comando tedesco non ci aveva promesso il rimpatrio?
Al che credemmo, anche se con riserva, chiedendoci: ma come possono fare gli ex alleati a rimpatriarci?

- In effetti non c'era motivo che in un momento così delicato della guerra i tedeschi perdessero tempo per far felici gli italiani. Intanto però di tedeschi non se ne vedevano e di ordini dall'alto non ne sarebbero più arrivati. Arrivarono invece i partigiani greci che molto più pragmaticamente ci dissero di passare dalla loro parte. Nulla di fatto al dunque si aspettava ordini... mentre in assenza di tedeschi i rapporti con la popolazione stanziale e alla macchia non peggioravano anzi.. In considerazione che gli stessi individui, fino al giorno precedente, ci avevano attaccato per mare e per terra, tramandoci le più insidiose imboscate, saccheggiato le nostre autocolonne, incendiato quanto era alla loro portata, non ci si capiva più niente. Denudavano perfino i nostri soldati, rimandandoli quando lo facevano - ai reparti di provenienza, con le sole mutandine e canottiera. Altri erano tenuti in ostaggio, onde barattarli con i loro colleghi, nostri prigionieri. Cosa significava ora tanta gentilezza? Speravano che ci saremmo uniti a loro? Comunque a me quel trattamento stava bene e della cosa ne serberò buon ricordo.
...La notte tra il 10 e 1'11, sempre del famigerato settembre 1943, ci venne ordinato di vegliare attentamente accanto alle mitragliatrici, pronti a far fuoco al primo movimento sospetto. Trascorremmo così la notte sulle piazzole senza battere ciglio. Nulla accadde. La mattina dell' 11 ci condussero, con i pochi automezzi rimasti a disposizione, presso il Comando di Reggimento, da cui il Comandante (è meglio non fare il suo nome) fece imbarcare il Reggimento al completo, quel 2° Bersaglieri che tanto fece parlare di sé, ed ora in balia di pochi uomini irresponsabili, condannandolo irreparabilmente allo sterminio
- Il reggimento si imbarca a Kalkis per destinazione ignota. Nel libro si racconta a cura di radiofante una destinazione siciliana per un porto in mano agli Italiani. In effetti in Sicilia a quella data non c'era più porto in mani nostre da un mese. In mare incontra una nave tedesca e viene fermato. Da quel momento sono prigionieri dei tedeschi che li obbligano a trasbordare senza armi e bagagli su altro mezzo che fece rotta per Salonicco. A Salonicco imbarco su un treno, da carico. Voci fantasiose ne circolavano ancora e si altalenavano come i comportamenti e gli umori tedeschi che evidentemente speravano ancora di metterci dalla loro parte. Bulgaria, Jugoslavia (12/9 Belgrado) dove la sosta sembrava una libera uscita.
...Ad un certo momento si avvicinarono due individui, alquanto dimessi, di nazionalità slava i quali ci proposero di abbandonare al più presto quel treno e seguirli. Noi, dopo consultazioni con gli altri amici - particolarmente con Benedetti -, gentilmente, ma decisamente, rispondemmo "che per noi la guerra era terminata e che, ringraziando il Comando tedesco, fra pochi giorni saremmo rientrati in Patria". I due restarono sbigottiti nel sentirei parlare in quel modo dei tedeschi. Erano partigiani di Tito. Parlavano molto bene la nostra lingua e questo ci faceva supporre trattarsi di elementi fuoriusciti e pertanto poco raccomandabili. Non ci facemmo abbindolare e, in seguito, non ci rammaricammo del nostro rifiuto, considerando il trattamento cui vennero sottoposti quanti sposarono la loro causa: la causa di Tito. A notte fonda, riprese a muoversi il nostro treno, sempre più verso nord. Ci addormentammo più o meno pesantemente con il tran tran delle ruote del convoglio. Infatti la stanchezza accumulata era giunta al massimo della sopportazione umana, a causa dei bagordi della festicciola con gli amici della Julia. Ci svegliammo all'alba, quando il convoglio sostò di nuovo. Eravamo giunti a Subotica, una cittadina ai confini tra la Jugoslavia e l'Ungheria. Sostammo in quella località 3/4 ore e c'informammo della esatta posizione raggiunta, chiedemmo notizie della guerra ed in particolar modo della situazione della Germania....Il treno riprese la marcia verso nord-est, le porte dei vagoni vennero accuratamente chiuse e sigillate. Da quell'istante tutte le nostre illusioni sparirono, tutti i nostri piani caddero... Tirammo avanti in quelle condizioni fino a Lipsia.

Da questa pagina in poi il libro parla della prigionia degli IMI in Germania

     
Col. Reggianini      Medaglie
Maggiore Cionci    Puntale
Ten. Avillon            Asta e verde (parte)
S.ten. Benignetti    Parte del Bianco
Cap. Botti               La lancia
Cap. Fort                Parte dell’Asta
Ten. Candiani    resto bianco e rosso (parte)
Ten. Santella           Parte asta
Ten. Pignatti           Fodera e parte rosso
Ten. Brunellini       Resto verde
Ten. Jacchia            Rosso parte 
Ten. Procaccianti   Parte asta e puntale
Ten. Nappi              Parte Asta

La bandiera col bianco centrale inferiore mancante

 

L’OCCUPAZIONE GRECA - Quando gli italiani lasciarono l'Albania meridionale nella primavera del 41, per entrare nella Grecia dei Greci (non quella che chiamavamo Ciamuria:Grecia albanese), ai loro occhi  si aprì un paesaggio che, seppur aspro non aveva nulla a che fare con le infide montagne Albanesi, quelle che anche il re Vittorio Emanuele III si penti d'aver "conquistato". I paesi erano accoglienti, accoglienti non solo alla vista ma anche nei cittadini. L’unica preoccupazione, come dicevano loro, era che non ci fossero albanesi musulmani al seguito degli italiani (Ortodossi e Mussulmani si odiavano per natura da secoli). L’odio quindi non era tanto per il popolo albanese in se quanto per la religione Mussulmana da questi praticata. Con i cattolici, come dicevano "una faccia una razza" da secoli, con alti e bassi. La nostra marcia d'occupazione ci portava anche a contatto con la realtà dei bombardamenti appena fatti e coi commerci di povere popolazioni dell’interno che vivevano di pastorizia. Gli italiani nella loro marcia arrivano però sempre dopo, quando già la bandiera uncinata sventola sull'Acropoli ad Atene. Arrivano anche disprezzati e malconsiderati, vista la piega che aveva preso la guerra. Da quel momento gli Italiani daranno il via a una loro,"conquista speciale della Grecia", diversa, anche se non indolore. Il popolo greco, vinto e sempre più crudelmente affamato, scoprirà che i suoi amici migliori sono questi soldati italiani, malvestiti e scarsamente armati, ma capaci di dividere la loro pagnotta in due parti e anche in quattro. Quello che compravamo lo pagavamo in una moneta strana che veniva definita Dracma d’occupazione (vedi sotto). Nei rastrellamenti poteva anche succedere di trovare in tasca a civili, coinvolti con la resistenza, qualche sterlina d'oro inglese di ben altro peso “politico” e monetario. La vita di guarnigione non sarà molto differente da quella raccontata in "Mediterraneo" da Salvatores (donne incluse). Nei comandi persisteva però il dubbio che in circolazione ci fossero ancora sbandati inglesi e dovevamo ogni tanto fare rastrellamenti e perquisizioni che non approdavano a nulla e irretivano la popolazione. Per evitare guai facevamo dire in chiesa dal Pope che saremmo passati il giorno dopo a ritirare le armi, che qualcuno si regolasse. Un giorno arrivò anche dai comandi superiori l'ordine di sequestrare oltre le armi, le saponette caso mai fossero diventate pericolose. Il mercato nero, pasta contro agnelli e altro imperversava. Il primo inverno nelle grandi città fu duro. Anche i tedeschi avevano emesso buoni o dracme d'occupazione, ma in ben altra dimensione tanto che quelli italiani vennero fermati. L'inflazione aveva raggiunto percentuali altissime tagliando fuori i più deboli. Ci furono anche morti per fame. L’anno dopo (1942) con un pò di organizzazione e viveri della Croce Rossa, andò meglio, specialmente dopo che l'Inghilterra ebbe tolto il blocco navale.

DRACMA D'OCCUPAZIONE- Il Governo italiano provvide a stampare carta moneta denominata Dracma (buoni emessi dalla Cassa Mediterranea per la Grecia) che la banca centrale greca avrebbe convertito a richiesta in moneta ufficiale. Nell'agosto 1941 il Governatore di Banca Italia fece rilevare che anche i tedeschi avevano emesso circolante d'occupazione e che tale aumento della massa monetaria avrebbe provocato il collasso del paese, che puntualmente avvenne. La circolazione monetaria greca, che non arrivava a 20 miliardi di dracme in marzo, a fine '41 raggiunse i 50 a cui si aggiungeranno i Tedeschi che non furono da meno. L'Italia sospese la sua circolazione nella primavera del '42, ma l'emesso non venne mai regolato. Lo smacco subito da Mussolini in terraferma (Grecia) si ritorse anche contro le isole che fronteggiavano le nostre coste: Corfù, Cefalonia, Zante (Zacinto), Itaca, Paxo, Cerigo e Leucasa da lui considerate terre perse dalla ex Serenissima di Venezia. L'emissione speciale, che a questo punto era più politica che pratica, si risolse nella stampa di cartamoneta per una cifra di 2 miliardi di dracme (convertibili in 8 dracme per una lira). La limitata e ordinata circolazione non provocò inflazione e non peggiorò la situazione sociale. I tedeschi nel 1943 qui, anche come gesto di vendetta, compirono la strage della divisione Acqui. Non si sa per il bene di chi, ma c'è gente che sostiene ancora il contrario sulle vicende greche.

 

Da *La fame in Grecia. Università di Roma “La Sapienza”- Facoltà di Scienze politiche Tesi di Laurea di Silvia Giugno - La Santa Sede ed il problema della fame in Grecia durante la Seconda Guerra Mondiale -Canale Corinto http://www.larchivio.org/xoom/silviagrecia.htm  

 

La situazione si sbloccò inaspettatamente a metà gennaio del '42, quando il legato pontificio ad Atene si trovò ad ascoltare una comunicazione di Radio Londra che dava la notizia della sospensione del blocco. Roncalli notò subito che l’annuncio non aveva fatto alcun riferimento all’attività svolta dalla Santa Sede, e mandò immediatamente un telegramma al Card. Maglione, perché accertasse la veridicità del comunicato. Per più di 10 giorni non si ebbero conferme o smentite della notizia. Intanto le autorità d'occupazione continuavano ad ignorare il fatto, mentre la Grecia precipitava sempre più nel baratro della fame; alla fine di gennaio Mussolini aveva ordinato che alcuni quintali di generi alimentari diversi salpassero per il paese. All’inedia, che attanagliava la vita della popolazione greca, si era aggiunta una forte ostilità nei confronti delle autorità di occupazione. Come abbiamo detto, gli italiani erano notevolmente preoccupati per ciò che avrebbe potuto comportare questa situazione; essi, infatti, erano coscienti della debolezza delle proprie truppe di occupazione e del fatto che la resistenza greca avrebbe potuto sottrarre alla guerra forze indispensabili su altri fronti. Il 28 gennaio, finalmente, la notizia di Radio Londra fu confermata. Il delegato apostolico a Londra, Godfrey, infatti, era stato interpellato da Maglione per avere ulteriori informazioni su quanto aveva udito Roncalli. Godfrey riferì che il Governo inglese aveva revocato il blocco per lasciare libero il passaggio di ottomila tonnellate di grano verso la Grecia, che dovevano essere trasportate dalle navi della Croce Rossa internazionale. Il Governo britannico, però, ribadiva la fermezza dei suoi propositi riguardo i principi del diritto internazionale di guerra, sottolineando ancora i doveri degli occupanti. Il Governo inglese si lamentava del fatto che i tedeschi non avessero dato alcuna garanzia per le merci destinate allo sbarco, ammettendo comunque che, anche se l’avessero fatto, non sarebbero stati creduti.

 

MONETA D'OCCUPAZIONE - LA "DRACMA" ITALIANA

 

Quando, con l'aiuto tedesco dell'aprile 1941, la Grecia si arrese, Mussolini era convinto di gestire e non cogestire l'amministrazione del paese. A seguito dell’occupazione, il territorio nazionale greco veniva smembrato, secondo le diverse esigenze dei vincitori. Le zone assegnate alla Bulgaria, che aveva contribuito alla vittoria dell’Asse, rivestivano un ruolo economico e strategico fondamentale per la regione. La Bulgaria, infatti, annetté parte della Tracia, considerata il granaio per eccellenza della Grecia, e la zona più centrale della Macedonia con lo sbocco sul mar Egeo; inoltre, riesce a garantirsi un’influenza sul litorale con le isole di Thaso e Samotracia.  Su questi territori, fu imposta una durissima nazionalizzazione (Bulgarizzazione) in tutti i campi della vita civile, politica ed economica espellendo gran parte della popolazione greca. La Germania occupò la zona ad ovest della Macedonia fino all’Olimpo, inclusa Salonicco (golfo e costa), Atene (tripartita vedi sotto) e la parte restante della Tracia fino alla Turchia con le isole di Lemno, Lesbo, Chio, e Creta. All'Italia il resto o quasi perchè delle isole Greche eravamo già padroni. Nonostante vi fosse una distribuzione dei poteri politici fra gli occupanti italo-tedeschi, e che questo di fatto avvantaggiasse la Germania, gli oneri amministrativi ricadevano unicamente sull’Italia, che risultava l’occupante ufficiale. La città di Atene fu sottoposta ad un’amministrazione a tre, italiana, tedesca e bulgara, che il plenipotenziario tedesco in Grecia Altenburg definì un “complicato condominio per le potenze dell’Asse”.*

     

Non era infrequente incontrare gente che si sforzava di parlare italiano come noi il greco antico !!. Ne nascevano delle conversazioni comiche. La paura di sbarchi e di partigiani teneva comunque svegli i reparti. Dalla fine del '42 la situazione cominciò a cambiare radicalmente. Il movimento partigiano dalla Tessaglia e Macedonia (Nord Est) si era allargato a tutto il paese. Iniziarono prima con piccoli scontri poi dall’8 settembre 1943 la lotta si estese con il coinvolgimento antipartigiano sempre più attivo dei tedeschi. Cosa successe a tanti reparti italiani che avevano lasciato la lotta non è possibile dirlo in poche righe. La storia della Divisione Acqui, che ha una pagina speciale, non è dissimile a tante piccole Acqui sparse per tutti i balcani e le isole dell'Egeo. Chi si diede alla macchia, nascosto dai cittadini ma in perenne pericolo con tedeschi e partigiani.  Chi passato ai partigiani non fece miglior fine. Resta doloroso il caso della Divisione di fanteria Pinerolo del Generale Infante inquadrata nel raggrupp. TIMO coi Lancieri d’Aosta e Milano. Consegnatasi in forze ai partigiani chiese di mantenere quanto restava del suo organico per la lotta contro i tedeschi. Dopo un primo approccio amichevole i militari furono rinchiusi in campi di concentramento che non avevano nulla da invidiare a quelli tedeschi e le armi sequestrate. La guerra dei partigiani dell’Elas, di sinistra, non era solo quella contro i tedeschi ma, come in Jugoslavia, fra i Greci stessi di diverso credo politico. Gli italiani in questo frangente ci stavano come i cavoli a merenda, meglio toglierli dal ruolo di testimoni. Furono lasciati morire di fame e freddo prima che gli inglesi si interessassero a loro come prigionieri di guerra. Se poi ad arrivare in questi campi di prigionia improvvisati erano i tedeschi, solo chi aveva forza nelle gambe sfuggiva e si salvava. 

 

......SEGUE Per tutto il periodo della prigionia in Germania i singoli pezzi sono quindi conservati e preservati dalle frequenti ispezioni. Il sottotenente Benignetti fuggito con metà del bianco centrale muore infatti sotto un bombardamento a Bracciano, alle porte di Roma, ormai a casa. La storia sembra finire nell'oblio quando nel 1979 un altro ufficiale non internato a Wietzendorf interessa della vicenda l'ufficio storico dello Stato Maggiore e tutti i pezzi, tranne uno, sono ricomposti a Legnano, sede del Reggimento, alla presenza ancora di buona parte (7) degli ex ufficiali superstiti. Conclude Brunellini Finalmente il 3 febbraio del’82 i reduci consegnatari si ritrovarono a Roma presso la sede della Presidenza Nazionale dell’ A.N.B.. Eravamo soltanto in sette. Gli altri erano morti. A me che risultai essere alla data del settembre ‘43 il più giovane tenente per anzianità di grado, fu assegnato l’onore di essere l’ultimo vessillifero della Bandiera di guerra del nostro glorioso Reggimento. Mi venne consegnata nella sala sacrario della vecchia caserma Lamarmora. Al fianco avevo due anziani bersaglieri cicisti con maglione e foderino. Ci sfilarono davanti tantissimi bersaglieri ex combattenti, tutti commossi, per baciarne un lembo; passarono piangendo le vedove e gli orfani dei caduti e gli abitanti di Trastevere legati ai bersaglieri da antica tradizione. Al mattino, uscimmo accolti da infiniti applausi. C’erano il presidente e i consiglieri dell’A.N.B., un picchetto d’ onore, una fanfara, tanti bersaglieri congedati, tanti familiari ma c’era soprattutto il comandante del battaglione Governalo, tenente colonnello Bruno Tosetti al quale passai la Bandiera di guerra del 2°. Dal colonnello al suo alfiere e di corsa fuori dall’antica caserma la bandiera fu portata nella sala delle bandiere sacre alla patria al Vittoriano dove venne deposta in vetrina, in forma solenne.

 

I BULGARI  (da pagine di B. Bacchioni ne "La Sirena di Lutraki") 17 aprile 1942: Sono da alcune ore fra i bulgari. Abituato in Grecia a sentirne parlare male, non posso fare a meno di guardarli con odio. I primi li ho visti al confine provvisorio: erano militari. Non molto alti, vestiti di abiti gialli, come le divise greche, hanno gambali alla tedesca, gradi sulle spalline rosse, un berretto alla russa pure esso rosso. non hanno nulla dei caratteri levantini. Di carnagione biondastra, amano portare baffi lunghi e rialzati a squadra. Sono la più nitida espressione di pastori travestiti da militari. Di animo rozzo, poca cultura, hanno l'immancabile difetto della presunzione. Da due giorni sono in viaggio (tradotta militare per l'Italia via Belgrado lentissima) e non sono ancora uscito dalla Grecia. Km e Km di terra abbandonata: i greci hanno trascurato queste terre che i bulgari ora faranno proprie. Questa razza bramosa di discendere in queste valli col suo lavoro in pochi anni la renderà fertile.. Ieri sera (17) siamo arrivati a Skopje. Ha una bellissima stazione in stile russo (siamo in territorio macedone ortodosso che sconfina nel mussulmano). Sono uscito in città, illuminata come in tempo di pace. Un maresciallo dei CC.RR  mi ha preso le generalità perchè è proibito uscire. Da oggi si viaggia in territorio serbo ma presidiato da loro..

 

«Gli italiani baciano le ebree!…»

Dal sito Anpi (associazione nazionale partigiani d'Italia) - La Divisione Pinerolo, comandata dal Gen. Adolfo Infante*, era dislocata in Tessaglia e poteva contare su 23.000 uomini, con i reggimenti di supporto Lancieri di Aosta e Milano. All'indomani dell'8 settembre rifiutò di consegnarsi ai tedeschi e rispose con il fuoco all’intimazione di cedere l’aeroporto di Larissa.

*ndr: Non conosco le vicende della prigionia del Gen. Adolfo Infante (in mani inglese o greche ?), ma è intuibile capire che poco dopo venisse liberato in Italia poiché nel 1944 assume la carica di aiutante di campo del Principe Umberto di Savoia. (e non sarà l'unico, il più famoso era il maresciallo Giovanni Messe, catturato in Tunisia e liberato dagli inglesi per assumere la carica di C.S.M Generale nell'esercito di Badoglio al Sud. I soldati italiani catturati in Tunisia e in Grecia non ebbero lo stesso trattamento)

 

Nel suo diario Lucillo Merci, viceconsole italiano a Salonicco, ricorda che il 5 aprile 1943 Wisliceny si lamentò ufficialmente con lui. Si era verificato un fatto di inaudita gravità. Erano stati visti soldati italiani accompagnarsi e baciare in pubblico donne ebree in disprezzo di ogni regola. Come i nazisti già avevano potuto constatare in altre nazioni occupate, gli italiani aderivano soltanto formalmente alla politica razziale. All'atto pratico, quando si trattava di deportare gli ebrei, le Autorità italiane prendevano tempo e rimandavano l'attuazione dei provvedimenti richiesti a data da destinarsi. In Grecia non soltanto gli italiani non assumevano concrete misure antiebraiche nel territorio da loro amministrato, si spingevano sino al "sabotaggio" degli sforzi tedeschi. La posizione italiana era pertanto chiara: occorreva difendere i cittadini italiani di fede ebraica. Il Console italiano a Salonicco Guelfo Zamboni (che sarà proclamato "Giusto tra le Nazioni" a Gerusalemme dopo la guerra) e l'Ambasciatore ad Atene Pellegrino Ghigi salvarono 329 ebrei italiani di Salonicco tra i quali 48 non erano di nazionalità italiana. L'intervento a protezione degli ebrei di Salonicco, in piena area d'occupazione tedesca, aveva ovviamente maggiore incisività (visibilità) che nell'area della Grecia occupata dagli italiani. Questa tecnica di dilazione continua ebbe successo. Per quasi due anni (sino all'8 settembre 1943) gli ebrei della zona d'occupazione italiana non vennero toccati.  http://www.olokaustos.org/geo/grecia/grecia7.htm (la stessa cosa succedeva nelle isole amministrate dagli italiani)

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A PUGNI COI TEDESCHI 

 VAI ALL'INDICE DEL DIARIO DI PRIMO SANTINI

la bandiera tagliata  

http://buffa.blogautore.repubblica.it/?page_id=40  

  Resosi però conto del disfacimento delle altre divisioni italiane, il Gen. Infante si avviò con circa 8.000 uomini verso la regione montuosa del Pindo, dove stipulò un patto di cooperazione con i partigiani greci su avallo della missione inglese. Ne seguirono diversi cruenti scontri con i tedeschi, ma i rapporti con le formazioni comuniste dell’Elas si incrinarono purtroppo presto. Fu così che le truppe italiane della montagna vennero prima frazionate e poi disarmate e, dopo un’inutile resistenza, internate in tre campi di concentramento: a Grevenà, nella Macedonia greca, a Neraida in Tessaglia, a Karpenision nel Pindo. In questi campi alcune migliaia di militari italiani persero la vita per malattie, denutrizione e in seguito ai rastrellamenti dei tedeschi, che non risparmiarono neppure i malati e i feriti trovati nei loro giacigli.