Il diario di Primo Santini

1a parte di 8

Bersagliere del 2°reggimento e folgorino
La nostra storia parte da lontano come quella di tanti italiani e come quelle passa attraverso i conflitti, il lavoro, la famiglia per arrivare al capitolo o ai capitoli finali che non sono mai quanto ci aspettiamo. Quella di Primo e della sua famiglia, raccontata dal figlio Sandro, fra le avventurose è la più avventurosa che possa capitare

La Sirena di Lutraki
... la S. Marco è in partenza. Due navi sono alla fonda davanti a Lutraki già cariche, per partire non mancano che gli uomini. Siamo sempre qui, noi senza una legge, senza una posizione. Non di presidio, non in partenza e il tempo passava. Le navi arrivavano a Corinto e ripartivano con altri reparti, ma il nostro reggimento rimaneva in Grecia. Non se ne sapeva la ragione. Non era guerra non era pace. Monti (Ercole) s'era spinto a scrivere sulla falsariga omerica.
La Sirena di Lutraki ha incantato i Bersaglier e le navi giù nel porto stanno ferme ad aspettar.
Noi qui siam e qui restiam la pelle a rosolar al sol degli scorpioni ....

 

miniere di Pocahontas in cui aveva lavorato

     
Suo padre, Luigi (3/10/1886), aveva fatto avanti indietro dall’America diverse volte (più o meno regolarmente) e l’ultima quando scadeva per lui anche l’obbligo militare. Nel 1907 era sbarcato ad Ellis Island (N.York 4 Aprile), da Le Havre (Francia) con la nave "La Touraine" e s'era diretto in California, Lo accompagnavano un Rapalli ed un Albericci, ambedue di Corlaga in Lunigiana, che avevano indicato come referente allo sbarco (una specie di garante o di alloggiante), Giovanni Galeotti, poi suo futuro suocero. Anche lui per breve tempo aveva tentato l’avventura in “Merica”. Il 9 dicembre 1918, Louis (Luigi) Santini, dopo avere vestito per sei mesi la divisa dell’esercito USA, a Camp Dodge nello Iowa (dove risultava anche residente nella contea di Polk), era stato naturalizzato cittadino americano.
Nel 1920 si celebra il matrimonio fra Maria Luigia Galeotti (classe 1900 figlia di Giovanni) e Luigi Santini, cittadini americani a tutti gli effetti. Luigi lavorava in miniera a Pocahontas (che se per noi suona ora come un nome incantato da film Disneyano dietro il sipario nascondeva tragedie minerarie immani) la nonna faceva pensione (alloggio) ad altri italiani. Di notte andavano a comprare del whisky (che sappiamo allora essere al bando in quel paese) e lo nascondevano in una buca, per poi rivenderlo. Probabilmente non vivevano male. Avvisaglie di crisi o nostalgia di casa, dopo la nascita di “Primo” ( il primogenito 1921) rientrarono in Italia (gennaio 1927).
 

   
IL SERVIZIO MILITARE AMERICANO  
Camp Dodge (l'equivalente delle nostre caserme ma con struttura e ampiezza diversa) è stato costruito nel 1907 fino ad arrivare alla vigilia della grande guerra a circa 4.300 acri (1 acro= 4.046 mq - O,4 ettari http://www.mbarron.net/Nile/measure.htm ). Di proprietà dello stato dello Iowa era a disposizione della loro National Guard fino a che il governo federale non l'ha requisito per l'armata che si formava per l'Europa. E' a questa data che Luigi Santini o come dicevano loro Louis Sentini, di anni 32 celibe, carnagione scura, occhi marrone, capelli neri e cicatrice sulla fronte è in forza al centro addestramento ed in procinto di lasciare gli Usa per combattere in Europa contro la Germania o sul fronte italiano come spesso succedeva per quelli facilitati dalla lingua. Sempre dal documento militare si evince che sia residente nella contea di Polk Era la 88° divisione a cui avrebbe fatto seguito la 19° in chiamata che aveva portato il numero dei coscritti nel campo a ca. 28.000.
The 19th Division was in the process of being formed at Camp Dodge when the war ended and demobilization began. Camp Dodge became the demobilization station for the 88th Division and for a short time was the station for the regular army 4th Division. After the camp was returned to state ownership, the buildings were sold to the public and Camp Dodge again became the state training ground for the National Guard.
Il campo venne intitolato al Maggior Generale Grenville Mullen Dodge (1831-1916) quando questi era ancora vivo. Eroe della guerra di secessione si avvaleva anche in battaglia delle sue capacita di ingegnere (costruttore di strade e di ferrovie attraverso il West ma anche di campi trincerati) e di coordinatore di uomini (ricorda tanto il John Wayne di "Soldati a cavallo" di Henry Ford). Col grado di colonnello di reggimento poi di Brigata (erano comandi provvisori come quello di Custer) fino al grado effettivo di maggior generale dal 31 marzo 1862 combatte agli ordini di Curtis.
From October, 1862, till the 8th of July, 1863, when by order of General Hurlbut he assumed command of the left wing of the 16th Army Corps, General Dodge was engaged repeatedly with the enemy under Forrest, Van Dorn, Chalmers, Ruggles and Ferguson; and, in every engagement and expedition, he was successful. In addition to his other labors in the summer of 1863, he organized five regiments of colored troops, and several companies of heavy artillery, also colored troops. Dodge is best known as a railroad builder whose miles of track opened up the West to settlement. He was nicknamed "Long Eye" by Indians because of his habit of carrying a telescope while overseeing construction of the Union Pacific Railroad.
 

   

Nota del sito: La “merica” della fortuna, come sappiamo, era agli sgoccioli e di li a un anno si bruciò tutto in una vampata a Wall Street, esattamente come oggi. Si vanta spesso una loro superiorità morale, politica, economica sugli Europei e in particolare sull’”Italietta” fascista ma a ben vedere la loro situazione economica non era dissimile, se non peggiore, allora come adesso (2009). Era attiva in quegli anni anche la caccia all’immigrato e agli  anarchici, percepiti come sicura degenerazione del comunismo. La caccia vanta infatti fra i suoi caduti  Sacco e Vanzetti finiti sulla sedia elettrica il 23/8/1927. La “Merica” li riabiliterà in pompa magna !!! 50 anni dopo.

I dollari americani dovevano ben valere se si fece costruire una casa a Corlaga (dove nacque nel 1928 la secondogenita Vilma) poi l’acquisto d'una osteria a Parma e un podere a San Pancrazio Parmense. I figli crescono e studiano. Primo si diploma ragioniere a Parma il 31maggio 1940 poi si iscrive ad Economia e Commercio. Vilma frequenta invece le magistrali e dopo Medicina e Chirurgia dove si laurea brillantemente. Ma siamo alla vigilia della guerra. Per i diplomati corre l’obbligo, se non inquadrati, di frequentare il corso per allievi ufficiali di complemento (AUC). La guerra che sembrava poca e breve cosa infiamma e chiama alle armi. La Spagna e l’Etiopia avevano già dispensato onori e posti di lavoro e chi voleva esserci doveva affrettarsi. Si muovono quelli della GIL (dai 18 ai 21) con la famosa marcia su Padova (Settembre ’40) ma si muovono anche gli universitari del Guf.. La sua rinuncia all’AUC portò anche tanti altri dritti nelle fauci del drago: un’unità operativa già impegnata e devastata dal conflitto: il 2° reggimento bersaglieri di caserma a S. Francesco a Ripa di Trastevere: era il 29 gennaio1941.
Alla notizia della prossima partenza per il servizio militare, come volontario, alla Gigia (Maria Luigia) vennero i capelli bianchi e mio nonno Gigin (Luigi) commentò che ”così, almeno, avrebbe smesso di agitare bandiere sul monumento di Garibaldi” , racconta il figlio Primo. Erano una sessantina “ provenivano in massima parte dall’Italia settentrionale. Il gruppo più numeroso (otto) era di Parma. Questi ragazzi emanavano un tono di gaiezza e di simpatia con i loro caratteristici detti che subito si facevano notare”.
 
     
AL 2° REGGIMENTO BERSAGLIERI A TRASTEVERE IN ROMA
Proseguiamo il racconto con brani tratti da “la Sirena di Lutraki” Scaarabeo Editore Bo dei compagni di strada  di Primo che ci hanno lasciato memoria scritta di quei giorni.
Trascorsi tutta la notte sul treno. Di primo mattino scesi alla Stazione Termini. Era il xx gennaio 1941. Mi informai dove si trovasse la Caserma alla quale ero diretto. Mi risposero che era in Trastevere, a San Francesco a Ripa. Quando entrai il capoposto mi fermò e, saputo che ero una recluta, mi fece entrare nel parlatorio, dove dovetti attendere che la vita della Caserma riprendesse il consueto ritmo. La tromba di tanto in tanto lanciava i suoi segnali, molti dei quali mi erano incomprensibili. Reparti in divisa di tela facevano esercitazioni nell’ampio piazzale che era all’interno della Caserma. Il via vai di militari riprese più intenso. Dopo un’oretta fui accompagnato al Comando Battaglione Reclute. Di là fui avviato alla visita medica, superata la quale fui assegnato alla 2a Compagnia comandata dal tenente Boriello. Preso in forza fui accompagnato dal caporale di giornata alla camerata. Era un lungo ed ampio corridoio, certamente un antico corridoio dell’ex-convento, nel quale, da un lato e dall’altro, erano sistemati dei castelli di legno da otto posti: quattro sotto e quattro sopra. In uno di essi mi fu assegnato un posto per dormire e per sistemare le mie cose. Mi fu consegnato un telo a sacco con un’apertura al centro, che dovetti andare a riempire di paglia: era il pagliericcio sul quale dovevo riposare !!. Poco dopo rientrarono le reclute. Cominciai così a fare conoscenza di coloro i quali dovevano diventare i miei commilitoni. I volontari erano riuniti in un plotone; gli altri bersaglieri erano di leva, della classe 1921 provenienti dalla Puglia, dal Lazio e dagli Abruzzi. Altri volontari erano in un’altra compagnia.
Nel pomeriggio mi fu consegnato il corredo militare: le divise, le coperte e quanto altro serviva. …… Era ormai l’ora della libera uscita. Mi esercitai a fare il saluto militare indossando la mantellina, perché il braccio destro doveva essere scoperto mentre si salutava: occorreva dare un colpo alla mantella mentre si alzava il braccio per salutare, così cadeva indietro e lasciava il braccio scoperto. Cercai di farlo nel miglior modo possibile. Visto che ero in ordine e che sapevo salutare l’Ufficiale di Picchetto mi permise di uscire. I volontari, una sessantina, provenivano in massima parte dall’Italia Settentrionale. Il gruppo più numeroso era di Parma. Questi ragazzi emanavano un tono di gaiezza e di simpatia con i loro caratteristici detti che subito si facevano notare. C’erano dei bolognesi e dei romagnoli con i quali avevo in comune gran parte del gergo dialettale. Notai subito che la preparazione culturale, la capacità di dialogo, la ricchezza di fraseologia distinguevano quelli che avevano conseguito la maturità classica. Mi sentivo inferiore, perciò stare con loro significava per me imparare tante cose e migliorare la mia capacità espressiva. Nei volontari cercai gli amici, con loro volli avere relazione sia all’interno della caserma che nei momenti di libera uscita.
Tristano Grandi
 

     
Per nostra fortuna in alto fu subito deciso di formare un reparto per noi universitari destinati ad una particolare istruzione onde poterci promuovere dopo un mese Caporali e poi Sergenti Allievi Ufficiali (un corso che non venne mai approvato). Il rovescio della medaglia fu che da quel momento presero l’abitudine di mandare sempre noi (che oltretutto ci eravamo fatti “arrangiare” (aggiustare) fino ai limiti del lecito, le divise, ed eravamo riusciti a rimediare piumetti “fuori ordinanza”) nei posti più impegnativi quali il Milite Ignoto od il Quirinale. In quel periodo morì a Roma, dove si trovava in esilio l’ex Re di Spagna e, inutile dirlo, toccò a noi andare ai suoi funerali che furono fatti in forma solenne per cui ci dovemmo sorbire un’ora e mezzo di presentat’arm in Piazza dell’Esedra, vicino alla Stazione Termini, di fronte ad una Chiesetta della quale ora non ricordo il nome * basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri , per rendere gli onori a tutte le Autorità che intervennero.
Quel Re, non so per quale ragione, forse perché in vita sua non gliene era andata bene una, godeva di una fama non esattamente simpatica specie ai napoletani per cui si usava fare doverosi scongiuri. Così facemmo ovviamente anche noi reggendo con una sola mano il moschetto pur nel più impeccabile dei presentat’arm. Gli scongiuri sortirono il loro benefico effetto allorché ci fummo resi conto che il Giornale Luce ci stava riprendendo!!!. Eravamo letteralmente terrorizzati perché un reparto di Bersaglieri aitanti e ben messi che con una mano presentavano le armi e con l’altra facevano... gli scongiuri, rappresentava qualcosa di veramente eccezionale e noi saremmo sicuramente finiti a Forte Boccea. Forse qualche Santo in Paradiso ebbe pietà di noi o forse capitammo nelle mani di qualche censore dotato di “humor” oppure di un comprensivo e superstizioso napoletano. Sta di fatto che non ci fucilarono e, passata la paura, qualcuno aveva anche voglia di cercar di procurarsi una copia. Franco Bimbi
 

*nota: Il 15 gennaio 1941 Alfonso XIII abdicò al trono spagnolo in favore del suo quarto figlio, l'unico che non avesse contratto matrimonio morganatico e che quindi aveva prole legittima ad ascendere al trono, Juan conte di Barcellona, padre dell'attuale re Juan Carlos di Spagna nato a Roma il 5 gennaio 1938. Alfonso morì a Roma un mese dopo il 26 febbraio 1941, ed il governo spagnolo ordinò tre giorni di lutto nazionale. Il suo funerale si tenne nella basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri (la chiesetta) e fu sepolto nella chiesa di Santa Maria di Monserrato, chiesa nazionale spagnola a Roma, immediatamente sotto le tombe di Papa Callisto III e di papa Alessandro VI .

** il battaglione di marcia è una formazione non combattente destinata a sostituire altri reparti o a rinforzarli con complementi. Nel tempo che intercorre dalla partenza alla definitiva destinazione funziona come un qualunque reparto ma, a differenza di questi, non ha solitamente una caserma a cui appoggiarsi. Era così per tutti quelli che partivano dall’Italia per i Balcani o per la Russia.

Ma torniamo al racconto di Primo raccolto dal figlio Sandro  
Il 16 Aprile i volontari universitari sono nominati caporale ed il gruppo viene inquadrato in un unico plotone. C’è urgenza di complementi per la Grecia ora che l’azione è passata all’offensiva. Servono uomini per l’eventuale controllo del territorio e per dare respiro e licenza a quelli che da 6 mesi combattono nel ghiaccio delle montagne Greco-Albanesi. Appena si sparse la notizia scaturì in loro la volontà di partire considerato che la preparazione militare era già completata. Una rappresentanza chiese di poter essere messa a rapporto dal Colonnello. Il Comandante, considerando la richiesta ragionevole, si riservò tempo per consultare i suoi superiori La risposta definitiva arrivò a corto giro di circolare. Il Ministero avrebbe concesso il benestare alla partenza qualora i volontari avessero rinunciato a successivi corsi allievi sottufficiali e/o Auc. Allora il ministero poteva anche permettersi una simile risposta “ignaro” a cosa stava andando incontro. Il Comandante invitò coloro che volevano partire a fare un passo avanti. Quasi tutti i presenti lo fecero. Finalmente il sogno si sarebbe potuto realizzare; eravamo entusiasti; ci contammo, eravamo 54. Il giorno successivo fummo trasferiti al 182° Battaglione di complemento di marcia** che si accingeva a partire per l’Albania. (La guerra in Grecia anche se non sembrava era ormai finita con l'arrivo dei tedeschi)
Al primo plotone della seconda compagnia si ritrovarono quindi Alberto Minaldi Sigillo, Franco Parini, Primo Santini e Raffaele Valensise frammischiati ai richiamati. Una brevissima licenza poi tutti all’imbarco. Il 21 Aprile partirono dalla stazione Ostiense per Brindisi, dove furono imbarcati sulla motonave Galilea il 22. Fu detto loro di indossare i giubbotti salvagente e di togliersi le scarpe, per il timore di siluramenti. Arrivarono a Valona alle 11 del giorno dopo. Per oltre 24 ore digiunarono; non era ancora arrivata la sussistenza ed avevano già mangiato le razioni di riserva. Il 24 pomeriggio Primo e Tristano Grandi, saliti su una camionetta degli Alpini andarono al porto di
Valona. Qui furono invitati a cena a bordo d’una nave, evidentemente impietositi dal loro racconto.
La guerra con la Grecia è finita, comincia l’occupazione e il rastrellamento di eventuali formazioni che vogliano dar vita a resistenza in questo aiutati dagli Inglesi che non si sono ancora del tutto ritirati dal Peloponneso.
 
FORZE DI OCCUPAZIONE DEL TERRITORIO GRECO    
IL 2° BERSAGLIERI DALL'ALBANIA ALL'ISOLA EUBEA VIA CORINTO
L'unico gruppo numeroso non ancora evacuato era composto di circa 7.000 uomini, in attesa nella baia di Kaláme dalla quale erano già stati portati in salvo più di 8.000 dei loro compagni Ma ormai era il 28 aprile e il Peloponneso era occupato dalla divisione Leibstandarte Adolf Hitler e dalla 5ª Panzer la cui pattuglia avanzata sopraffece un piccolo posto di guardia fuori Kaláme. Venne catturato anche l'ufficiale di marina preposto alle operazioni d'imbarco e il suo segnalatore tagliando cosi le comunicazioni con le navi che stavano accostando. I 7.000 soldati inglesi che si trovavano a Kaláme (Kalamata o Kalámai) non erano preparati a sostenere un combattimento. Soltanto 800 appartenevano ai reparti combattenti, gli altri erano della unità dei servizi. Il combattimento di Kaláme fu una lotta feroce con un centinaio di perdite dall'una e dall'altra parte e si concluse incredibilmente con la desistenza dei tedeschi superstiti sicché gli inglesi ripresero a sperare nella salvezza. Una divisione di due incrociatori e sei cacciatorpediniere si stava avvicinando alla baia durante il combattimento. Il tenente di vascello dell'Hero il cacciatorpediniere di testa scese a terra per scoprire cosa stesse accadendo ma il comandante della divisione alla vista dei proiettili traccianti e al rumore degli spari pensò logicamente che il numero degli uomini da portare in salvo doveva essere ormai cosi esiguo da non giustificare il rischio al quale avrebbe esposto le navi, Perciò ordinò il macchina indietro e non mutò avviso neppure quando il tenente gli segnalò circa quaranta minuti più tardi, che la sparatoria era cessata e l'evacuazione era possibile. Comunque fosse più di 7.000 uomini alcuni dei quali avevano combattuto per due settimane con le retroguardie scendendo dai monti della Grecia del nord fino all'estremo lembo meridionale furono lasciati a terra. Per la seconda volta in un anno l'esercito britannico era stato estromesso dal continente. Sebbene l'80 per cento degli uomini fosse stato portato in salvo le perdite erano state gravi: 12.000 uomini (una metà abbondante apparteneva al Regno Unito), inclusi i 900 morti fra cui più di 600 dell'ANZAC e i 1.200 feriti (oltre 900 dell'ANZAC). La RAF aveva perduto 72 apparecchi e 137 erano stati distrutti al suolo. La marina aveva perduto due cacciatorpediniere e quattro navi trasporto; altre 21 navi erano state affondate; l'esercito aveva dovuto abbandonare quasi tutto l'armamento e i veicoli: 104 carri armati 400 cannoni 1.800 mitragliatrici e 8.000 veicoli. da http://www.lasecondaguerramondiale.it/grecia_td.html 
Racconta Sandro Santini: Il 27 aprile, quando il 182° Battaglione tolse le tende e lasciò Valona diretto in Grecia i tedeschi entravano ad Atene. Giunsero alle montagne del Golico, poi Argirocastro ed il 14 Maggio a Gianina, dove sfilarono davanti al comandante della Julia. Intanto il 182° era stato sciolto e mio padre assegnato alla Va compagnia del 2° Bersaglieri, assieme a Grandi, Minaldi, Parini e Valensise. Una colonna di autocarri li attendeva per portarli a Patrasso, via Missolungi, e Corinto. Il Reggimento viene spezzettato in più città. Il gruppo di Primo a Pirgos (nel Peloponneso occidentale) provvisoriamente poi sullo stretto di Corinto. Qui li sostituirà la Julia a fine agosto in attesa di partire poi per la Russia. In Grecia si cominciava a sentire la fame e lo si notava dai ragazzi che facevano la fila alla distribuzione del rancio. In libera uscita le poche cose che abbondavano erano i tabacchi, l’uva sultanina passita, il Krasi vino resinato e l’ouso un liquore all’anice. I volontari chiesero quindi di partecipare ad un corso per sergenti e furono tutti e 54 inviati a Lutraki, cittadina di villeggiatura oltre il canale, dove alloggiarono per due mesi all’ex lussuoso Palace Hotel sul mare, molto dismesso. Qui nacque, fra questi giovani goliardi, il primo germe della Sirena di Lutraki, come scrisse Ercole Monti (brano riportato in apertura). Il corso non fu però approvato dal Ministero per organico pieno e tutti dovettero tornare ai loro reparti. Usci invece il bando per entrare nei Paracadutisti, fresca specialità della fanteria. Tredici di loro fecero domanda e furono inviati in Italia per le visite mediche. Si concludeva per loro l’avventura greca, quella estate di bagni e attesa, di quelli che sono andati a cercar la guerra ma non l’hanno trovata. Il 29 settembre partirono in camion per Corinto dove si imbarcarono sulla nave Piemonte; “partono questa sera con il Grande Mangini, l’artista, l'imitatore,Ghermandi, il mandrillo Primo Santini e altri ragazzi che la sventura di questi lunghi mesi di vita militare ha reso cari”, racconta nel suo diario Bruno Bacchioni. Il 2 Ottobre sbarcarono a Bari e di là in treno diretti a Roma con cambio a Foggia. Vi arrivarono, a Foggia, nelle prime ore del mattino non sapendo cosa fare: “ Primo Santini propose: andiamo al casino. Più che una proposta sembrava una battuta… E sull’ argomento non si era mai sicuri se Primo scherzasse o parlasse seriamente”.
 

La seconda guerra mondiale Di G. Domeneghetti da Google libri pag 76 Greco e Greco Ed. .......... La sera del 7 aprile la 4a flotta aerea germanica aveva intanto attaccato di  sorpresa il Porto del Pireo affollato di navi britanniche fra le quali la Glen Fraser di 12.000 tonn. carica di esplosivo e munizioni non ancora sbarcate. Già le prime bombe centrano la Glen Fraser che salta letteralmente in aria con un immenso boato provocando la totale demolizione delle attrezzature portuali e l’affondamento di altre 10 navi affiancate per un totale di 41.500 tonnellate. L’Ammiraglio Cunningham ammette che si trattò di una disfatta gravissima perché sul Porto del Pireo facevano capo tutti gli approvvigionamenti del Corpo di spedizione britannico. Intanto la Linea Metaxas viene sottoposta ad un incessante bombardamento da parte degli Stukas. mentre la 5a Pzrdivision raggiunge il 9 aprile Salonicco. Nello stesso tempo le forze provenienti dalla Bulgaria tagliando i collegamenti fra Macedonia e Tessaglia e costringendo le truppe elleniche alla capitolazione. Si tratta ora di aggirare i forti contingenti anglogreci del Nord per poter attaccare alle spalle le Armate greche impegnate contro gli italiani. La 40a Armata viene spostata da Skopje verso il Sud e il 9 aprile viene conquistata Monastir. Il giorno seguente le avanguardie dei Panzer tedeschi raggiungono Florina spezzando la resistenza anglo-greca e proseguono verso il confine albanese dove l’Armata greca dell’Epiro viene isolata e costretta alla resa. In questo momento termina virtualmente la guerra dell'Italia. Il 26 aprile una compagnia di Paracadutisti tedeschi trasportata da alianti atterra nei pressi del Canale di Corinto e si impadronisce del Ponte, ma l’artiglieria greca riesce a colpire le cariche d’esplosivo appena smontate dai genieri (e ancora troppo vicine) provocando il crollo del Ponte in ferro che cade nel Canale ostruendolo. Altri Paracadutisti conquistano la città e l’Aeroporto mentre le truppe inglesi riescono a malapena a raggiungere i Porti del Peloponneso (più a sud per intenderci le terre dell'antica Sparta) abbandonando tutto. Il 29 aprile 1941 termina così la Campagna di Grecia e anche questa volta si è trattato di una Blitzkrieg eccezionale ottenuta non per supremazia di uomini e mezzi.

   

***Nota già inserita per il volontario di guerra nel caso del raduno della G.I.L. a Padova (fascia età 18/21) settembre del '40

Mussolini diceva "Noi siamo la generazione che tramonta, i giovani sono l’alba che sorge. Che cos’è una generazione? E quanto dura? Ve lo dico subito. Vent’anni. Il tempo sufficiente perché l’uomo generi figli. E i figli, generalmente, vengono a contrasto coi padri. La storia ha sempre dimostrato la fatalità di questa lotta. Come fare, allora, per trasmettere una fede alla nuova generazione, per ottenere anzi la saldatura? Bisogna passare il comando ai giovani. Subito." L’educazione del tempo e la figura del Duce li ammaliava. Li aveva esaltati come la più bella e fiera espressione del futuro, li aveva forgiati nella comunione dello spirito nazionale, li aveva curati in ogni settore della loro vita, dalla culla (Onmi) alla guerra. Li aveva educati e chiamati alle adunate di piazza, a maneggiare un’arma al sabato, e portati in colonia al mare, in montagna, ai "campi Dux". Cosa volevano ? Volevano di più questi volontari ?: una seconda ondata rivoluzionaria o una guerra che desse nuova linfa ad un fascismo stanco imborghesito?. Poi questi della Gil fecero veramente a botte nel senso che a Padova si spararono con i carabinieri. Ma come, prima li esortiamo allo slancio senza condizioni, alla battaglia, gli diciamo a lettere cubitali che "bisogna agire, muoversi e, se occorre, morire", li spingiamo ad amare la Patria sopra ogni cosa materiale, e poi li deludiamo mandandoli a casa, come dei bambini da strapazzare?. Ma Mussolini esautora Muti dalla carica di Segretario del PNF. Venti di critica aperta, di revisionismo e d’opposizione interna, soffiavano nel partito ormai da un anno, sulla cecità di chi aveva fatto la rivoluzione fascista ed ora si era imborghesito.
Racconta Davide Lajolo camicia nera, poi direttore dell’Unità …Quella sera (anni prima in Spagna) Muti era in vena di parlare franco. ...secondo lui si sarebbe dovuto cambiare capitale,” un po' di ritorno alle origini non guasterebbe, il ricordo di quello che erano allora, farebbe bene anche ai gerarchi d’oggi che si credono tutti aquile perché le portano sul berretto…Mussolini lo sa. .non occorrono le banche. I ricchi non andranno mai verso i poveri se non per far loro l’elemosina, e qui a rischiare, non sono venuti” . Questi giovani fascisti “volontari” erano davvero un pericolo per tutti. Un “volontario” ha sempre una opinione, una volontà, un ideale da esprimere e in Italia si preferiva che le opinioni, le volontà ognuno se le tenesse possibilmente per se. Tutti a casa dunque?. Anche i firmaioli, la casta piemontese tipo Col. Maestri aveva paura !!?

Così raccontava Alberto Minaldi questa ennesima avventura

Arrivammo a Foggia nelle prime ore del mattino e fin dopo il mezzogiorno non sarebbero partiti treni per Roma. Troppe ore di attesa per la vivacità dei nostri desideri. Girammo per la città per trovare un bar dove ci si potesse rifocillare, poi c’interrogammo come trascorrere altre tre ore. Primo Santini propose: andiamo al casino. Più che una proposta sembrava una battuta. Il sesso era stato per tutti l’ossessione degli ultimi cinque mesi e sull’argomento non si era mai sicuri se Primo scherzasse o parlasse seriamente. Certi luoghi di piacere li avevamo sempre considerati notturni al più pomeridiani. Ci avrebbero sbattuta la porta in faccia o cacciati con insulti volgari. Primo era di parere diverso. Quando paghi tutti gli orari sono buoni. La questione non appariva così semplice, almeno a parte di noi. Non avevamo la sensualità prorompente di Primo.
Una recente esperienza a Corinto aveva lasciato un’impressione penosamente incancellabile. Una mattina tutto il battaglione a ranghi serrati ed armamento leggero aveva marciato da Lutraki a Corinto. Dove si va, messi a questo modo? La risposta non si fece attendere. Dalla testa della colonna, di plotone in plotone, la voce corse rapida. Si va a "chiavare". La prima reazione fu d’incredula ilarità; l’umore della truppa comunque ne guadagnò. Il passo si fece più slanciato e si cominciò a cantare “La bella Gigogin”. Giunti a Corinto si appurò che la notizia era vera. Entro un ampio recinto erano disposte alcune casette bilocali tutte uguali, costruite alla bell’e meglio. Su due opposte pareti di ognuna si aprivano due porte e da ciascuna di queste si snodava lungo il muro una fila di soldati. Ogni tanto si levava sonoro qualche lazzo, ma presto il silenzio veniva rotto solo dalla protesta di qualcuno che da quelle porte usciva insopportabilmente deluso. Eppure nessuno, che aveva scelto di mettersi in fila, rinunciava alla illusoria speranza di una soddisfazione che non fosse solo fisiologica e che durasse più a lungo della residua sensazione di nausea.
Era una vera e propria catena di montaggio sessuale, i cui ritmi erano basati sull’economico principio del minimo tempo impiegato per unità di prodotto. Per i sette chilometri del ritorno si marciò senza cantare e per l’ora del rancio il battaglione era di nuovo a Lutraki. Qui a Foggia si trattava solo d’ingannare il tempo di un’imprevista attesa. Per non essere svillaneggiati forse sarebbe bastato che qualcuno, non tutti, lasciasse del denaro. Chiedemmo informazioni a dei passanti. Ci diedero un paio d’indirizzi. Fummo accolti gentilmente. Le ragazze avevano una freschezza insolita, come l’ora del nostro ingresso. La conversazione di approccio aveva il tono di un festevole incontro. Ci avvicendammo fra la sala e le camere da letto sempre in allegria. Sul tardi della mattina la mia intimità con una giovane tedesca, fragile come una porcellana di Capodimonte, fu interrotta dall’arrivo del medico per le prescritte visite di controllo. “Non te ne andare mi disse- ti prego aspettami.” Attesi e ritornai da lei. Poi mi confidò: sai sono incinta. Le accarezzai la rotondità incipiente del ventre. Lei si strinse a me e mi baciò sulla bocca. Lasciammo Foggia lieti ed innocenti. Il treno era lento e si fermava ad ogni stazione. La conversazione si diradò. Guardavo il paesaggio ancora luminoso di verde e mi abbandonavo ai miei pensieri. Come me gli amici. A Roma ci attendeva un’esperienza che io avrei vissuto come una sfida.

 
L'ANTEFATTO

Mentre frequentavamo il corso il Colonnello Maestri ci riunì per comunicarci che il corso che stavamo seguendo non era stato approvato dal Ministero, perciò non aveva valore. Dovevamo rientrare nei nostri reparti come se nulla fosse successo. Il discorso che tenne per chiarire la nostra posizione militare ci lasciò perplessi, perché in esso espresse dei pareri personali che in quel tempo e in quel momento erano contrari alle scelte da noi fatte. Non ricordo le precise parole, ma il senso di quanto disse mi è rimasto impresso nella mente ed ancora ne valuto la portata e quanto successivamente esso ha potuto influire sulla mia vita.

“Siete partiti volontari abbandonando i vostri studi. Pensavate forse che la Patria avesse bisogno di voi? Se la Patria avesse avuto bisogno di voi vi avrebbe chiamati alle armi!”***

Questo discorso ci colpì profondamente. Pensavamo che esso fosse stato ispirato da una mente reazionaria, da una persona che non amava la Patria come noi l’amavamo. Fu come un sasso scagliato contro uno specchio che manda in frantumi una bella immagine. Nessuno di noi ripudiava le scelte fatte, perché erano state ponderate e dettate da un profondo senso civico. *** La carica che ci aveva spinto a partire dalle nostre case, che ci aveva imposto di abbandonare il corso allievi ufficiali, a voler essere in prima linea, ci avvolgeva in un unico destino e rendeva più profonda l’amicizia nata fra noi. Le disavventure che ci avevano impedito di raggiungere gli obiettivi prefissati, la vita in comune trascorsa nel Palace Hotel avevano cementato ancora di più i nostri rapporti. Ci eravamo conosciuti attraverso un contenuto comune, un ideale al quale eravamo rimasti fedeli; vivendo insieme ci eravamo arricchiti delle esperienze degli altri, ci eravamo affratellati. Però qualcosa stava maturando, qualcosa che avrebbe sfaldato l’unità dei “54”.
Dal Ministero giunse ai reparti una circolare che autorizzava i militari di tutte le armi e di tutti i corpi a presentare domanda per il passaggio nel nuovo corpo che era stato istituito: i paracadutisti. Per alcuni di noi fu l’occasione per poter evadere dalla posizione di stallo in cui eravamo. L’unità del “54” si divide in due (primi grossi) tronconi: quello che entrerà nei paracadutisti e quello che rimarrà in Grecia, ancorato al 2° Reggimento Bersaglieri. Dei nostri 54 eravamo in 13 e precisamente: Roberto Bertoni, Alberto Bizzarri, Nando Danelli, Quinto Ghermandi, Tristano Grandi, Roberto Magi, Uberto Mangini, Alberto Minaldi-Sigillo, Umberto Picot, Giuseppe Piva, Fulvio Righi, Primo Santini, Cesare Tulli.

     
ALLIEVI PARACADUTISTI FOLGORE
A Roma non andarono a dormire in caserma; senza soldi con Minaldi e Nando Danelli girarono per la città approfondendo un amicizia che sarebbe durata oltre El Alamein. In nove : Minaldi, Santini, Danelli, Piva, Ghermandi, Picot, Bizzarri, R. Bertoni e Tulli superarono i test il 3 Ottobre ed il 6 Dicembre fecero il primo lancio dal Caproni 133. Dalla scuola di Viterbo erano stati trasferiti infatti all’aeroporto di Tarquinia. Qui al primo lancio Bizzarri si ruppe un malleolo e dovette rientrare al Corpo. Nel frattempo Primo aveva accompagnato Minaldi e Danelli a conoscere due ragazze parmigiane , amiche di Franco Buratti, che abitavano a Roma.  Nacque un idillio e Primo abbandonò il campo: “ non era solo un sensuale, era anche sensitivo. Con apparente indifferenza giustificò il distacco con poche frasi, un po’ rudi nei propri confronti. Belle ragazze, simpatiche, ma non facevano per lui. Troppo serie. A distanza di tempo ebbi conferma di questo mio giudizio…….Capì che rischiavamo di lasciare dietro di noi una scia di dolore. Forse un’amicizia non ha storia…”, racconta Minaldi. L’undici Dicembre 1941 furono brevettati. A Natale Primo tornò a casa in licenza per rientrare il tre Gennaio, come sempre in ritardo dopo una sosta a Roma con Minaldi e Danelli. Entrò in prigione Caporale e ne uscì Caporalmaggiore. Fu nominato Sergente a far tempo dal 25 Aprile 1942. La compagnia ciclisti, dove erano aggregati i paracadutisti ex bersaglieri, fu inviata in una nuova caserma a S. Maria Capua a Vetere. Poi furono inviati a Rovezzano (FI), dove continuarono l’addestramento, teso soprattutto ad esaltare le doti individuali e fisiche del parà, cosa poi rivelatasi fondamentale nelle battaglie di El Alamein. Arrivò l’ordine di partenza , da tutti atteso, per il fronte; partirono dalla stazione Ostiense diretti a Lecce . Con Minaldi si fermò ad Ostuni, dove si trovavano i due Battaglioni a cui erano destinati. “ Io e Primo trovammo per la notte un piccolo appartamento con due stanze. Primo uscì per comprare sigarette e ritornò con una ragazza poco più che ventenne, disposta a trascorrere la notte con noi. Dividemmo cameratescamente la notte “. Raggiunsero Lecce , dove il Generale Frattini, Comandante della Folgore parlò ai reparti schierati all’ aeroporto, annunciando la partenza per l’Africa. Era il 22 Luglio 1942  

Col fez e col giaccone da Paracadutisti

Viterbo tenuta da lancio

 
 
 
   
Si conclude qui la prima parte del racconto "orale" di Primo, con la "Sirena" che s'è spaccata. Tante vite, tanti destini a cui andranno incontro in ordine sparso e che porteranno a ciascuno la loro parte di verità e di vita. Il 2° reggimento Bersaglieri continua a vivere in Grecia sull'Isola Eubea (Calcide) ricordata al link sottostante (fino all'8 settembre 1943 poi da internato in Germania) mentre gli altri in gran parte finiscono nel 1942 ai corsi ufficiali che sembravano irraggiungibili a metà del '41 e in altri corpi e armi. La campagna africana e quella Russa (dopo quella disastrosa di Grecia) s'erano complicate e macinavano vite: dietro le prime vittorie con Rommel si nascondeva la debolezza d'un fronte tenuto in minore considerazione da Hitler. La Russia, che assorbiva ogni risorsa, s'era presa ormai tutti gli ufficiali possibili e disponibili per l'Armir lasciando scoperto i ruoli in Italia, nei turbolenti balcani e nelle specialità per le quali gli studenti universitari  s'erano preparati. Nella terza parte a seguire i nostri 9 paracadutisti: Minaldi, Santini, Danelli, Piva, Ghermandi, Picot, Bizzarri, R. Bertoni e Tulli sul fronte africano fino alla ferita di Primo Santini a fine settembre 1942 e alla morte di Danelli nelle giornate conclusive della battaglia di Alam Halfa in quel periodo sospeso e sconosciuto ai più, che prelude la grande El Alamein. Un nuovo generale, Montgomery studia il suo avversario, Rommel, come fa il gatto col topo,  studia il suo schieramento, quello che resta dei suoi soldati. Sonda i punti deboli suoi e dell'avversario ma non si decide all' azione nonostante i richiami di Churchill che è riuscito a recapitargli nei porti dell'Egitto materiale e armi per due armate.  Rommel  anche quando è in ginocchio fa paura.  
     

2 - VAI ALLA 2a PARTE  - L'ESTATE GRECA DI PRIMO SANTINI E L'OCCUPAZIONE  

 

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           ITALIANA con il 2° Reggimento Bersaglieri sull'Isola Eubea

 

6 - La sirena di Loutraki

3 - VAI ALLA 3a PARTE  - DALLA GRECIA ALLE SABBIE AFRICANE  

   

Genesi della Folgore

 

 7 - A pugni coi tedeschi

4 - VAI ALLA  4a PARTE - DEIR ALINDA  IL COLPO DI CODA DI ALAM HALFA  

 

Il tramonto preannunciato di Rommel

 

0 - La vita Civile

5 - VAI ALLA 5a PARTE - DEIR EL MUNASSIB GLORIA E SOGNO DELLA FOLGORE  

 

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