LA SECONDA GUERRA MONDIALE

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LA BATTAGLIA PER ROMA

8-9-10-11 SETTEMBRE 1943

 

Maxwell Taylor

 

"era finita una guerra e stava per cominciarne un'altra"

Quando alle 19,45 terminò l'annuncio radio di Badoglio (registrato un'ora prima), i tedeschi sapevano già cosa fare: erano ore che lo aspettavano e dalle 18,30 era ufficiale perché trasmesso da Radio Algeri e battuto ancor prima dalla agenzia Reuter: ciò significava che anche molti italiani ad apparecchi radio riceventi lo sapevano. Alle 20,20 alla parola d'ordine "Il grano è maturo, Alarico subito" tutti i reparti tedeschi mossero dalle loro basi per occupare punti strategici e nodi stradali sparsi per la penisola. In particolare ai tedeschi serviva una grossa carrozzabile verso Nord ed in particolare quella che attraversava il Tevere sul ponte della Magliana. Ma questo di Roma era l’ultimo (o quasi) atto di una recita che si era aperta diversi giorni prima. Il 3 settembre, in ritardo di 3 giorni, l'Italia firma l'armistizio (detto di Cassibile località in Sicilia dove è stato siglato sotto una tenda da campo) con la promessa d'una operazione di sbarco alleato alla foce del Tevere e di aviolanci sugli aeroporti dell'Urbe in coincidenza dell'annuncio. Annuncio ufficiale che per noi non dovrebbe arrivare prima del 12 (non si sa di chi sia stata questa pensata ma continuarono a crederlo fino al 7) e che per gli americani resta fissato per il giorno 8 come concordato. Il 9 mattina è già previsto uno sbarco a Salerno e in mancanza d'armistizio nulla vieta agli italiani di sparare sugli alleati. Questo era quanto volevano evitare loro. Il piano dell'aviosbarco di Roma, denominato Giant o Gigante 2, si rivelerà alla fine un bluff e gli americani addosseranno agli italiani la mancata esecuzione. Ma vediamo come era nato in fretta e furia (4 giorni, tre li avevamo persi noi) il piano che avrebbe messo in crisi il fronte di Salerno.

Si vedrà poi, che per poco, il 12 settembre i tedeschi non  ributtano a mare gli alleati. In fretta e furia quegli  uomini,  pronti  per lo  sbarco o per i lanci su Cerveteri e Furbara, vengono mandati su Salerno per raddrizzare le sorti della battaglia.

  Gli alleati ci contavano su quel piano ?, le forze che sbarcavano non erano poi tante !!. Alla fine gli fecero comodo a Salerno.Alla fine quella linea di difesa tedesca che doveva formarsi a nord di Roma si formerà a Sud a Montecassino, allungando la guerra di almeno 6 mesi o forse un anno. La 82a divisione aerotrasportata di Ridgway, il 504° reggimento parà di Tucker e altri reparti minori di fanteria e artiglieria vennero imbarcati a Biserta l'ultimo giorno utile il 7. Oltre ai lanci era previsto un mini sbarco in piena regola e la risalita del Tevere. Gli alleati avevano chiesto di segnalare le piste di atterraggio in mano (sicura) italiana con fari orizzontali, di tenere a disposizione un interprete per ogni compagnia, 23.000 razioni alimentari, 355 camion, 12 ambulanze, 120 telefoni da campo e benzina ad alto numero di ottani e poche altre cose fattibili (secondo loro !!!). Loro avevano con se viveri per soli 2 giorni: cosa intendessero per razioni alimentari (da battaglia) in un paese che non le conosceva, resta un mistero. Se andava bene erano scatolette, surrogato di caffè e gallette. Il resto era fantascienza applicata al quotidiano.

  Sembrava il libro dei sogni, ma non del tutto. L'affiancamento delle truppe italiane da subito aveva come contropartita l'attenuamento delle clausole armistiziali per ora senza condizioni attenuanti nella prima stesura dell'armistizio corto. Prima di partire, di dare il via alla missione a qualcuno venne in mente di chiedere un riscontro, una verifica “Avete capito tutto, ci siamo capiti ?” ma non da lontano, per telefono, da vicino, de visu, in faccia. Il mattino del 7 settembre il colonnello, incaricato del grado superiore, Maxwell Taylor e i suoi aiutanti lasciarono Palermo per salire, all’altezza di Ustica, su una corvetta dell’Ammiraglio Maugeri (ricordatevi questo nome per un capitolo futuro). A sera attraccarono al molo di Gaeta sotto gli occhi dei tedeschi (ma avevano le divise regolamentari coperte da impermeabili in caso di cattura non potevano essere fucilati). Tutto il viaggio si svolse tranquillo. Incrociarono molti veicoli e non ebbero l’impressione che mancasse benzina come dicevano gli italiani. Al ministero della guerra il Gen. Ambrosio, per il quale erano venuti, non c’era. Era andato in Piemonte, a casa, a sistemare gli affari prima che glieli sistemassero i tedeschi, e non aveva la benché minima intenzione di tornare in quel frangente. Che trattasse il suo Vice. A tavola, vista l’ora, bisognava pure andare, e anche da questo non ebbero la sensazione che a Roma si stesse poi così male. Grand Hotel, letti con lenzuola di seta, pasti da "Re" non le solite Razioni K "ufficiali" anche per i Generali che le mangiavano da mesi. Nessuna riunione di comandi inferiori era stata convocata, nessun comando di piazza avvisato. Recuperarono Carboni, comandante del Corpo d’Armata Motorizzato e capo del Sim, per le 21,30. Quando gli dissero che entro 48 ore loro contavano di atterrare, Carboni diede di matto. Gli italiani, qualora lo avessero digerito (il piano), si aspettavano che fossero gli alleati a tirarci le castagne fuori dal fuoco, non noi a levarle a loro. I tedeschi, a sentir lui, erano dovunque, e noi non avevamo ne mezzi (gli autobus di Roma non andavano bene?) ne carburante. Non restava che chiedere al grande capo Badoglio che, opportunamente preavvisato (li ricevette in vestaglia da camera), si limitò a confermare quanto detto da Carboni. Anche prima di Caporetto Badoglio dormiva: Badoglio prima di un grande evento dorme sempre, era una sua debolezza non esserci al momento del bisogno. Si era salvato così a Caporetto e per Dio si sarebbe salvato così anche a Roma. Dicono gli storici che era sua abitudine sdraiarsi e crollare. Taylor rimase sgomento per ciò che vide e sentì. Si cominciava bene !!

Cambio della Guardia al confine del Vaticano

 

"Castellano ci aveva fatto un quadro così nero della forza militare italiana e molti lo avevano ritenuto un imbroglione. L'imbroglione invece era Carboni"(ma tutti e due avevano raccontato una mezza verità).

Il problema per Taylor ora era bloccare l'avio sbarco. Una serie di contrattempi non permise di trasmettere nulla, da Roma sulle frequenze americane, alla forza in alto mare fino alla mattina dell'8. Cosa dissero e pensarono di noi in campo alleato è facile immaginarselo. Churchill rispolverava la solita allocuzione che usava spesso in simili occasioni  e che condizionerà e condiziona tutt’ora la nostra credibilità e affidabilità in campo internazionale."Gigantic Bluff"

che fa il paio con "Gli Italiani perdono le partite di calcio come guerre, e le guerre come partite di calcio" o con "the soft under-belly of the Axis" il ventre molle dell'Asse

     

Mi trovavo a Roma al Grand Hotel con Longo e altri per conferire con l’aiutante di Giacomo Carboni e col figlio di Carboni Guido (capitano). Luigi Longo ed io dovevamo accordarci con il Sim (sempre Carboni) per la consegna di armi in vista di una sollevazione popolare. Eravamo li grazie alla rete di contatti messa in piedi da Giuseppe Di Vittorio......

 

Così Antonello Trombadori, ufficiale del 2° Bersaglieri (quello di Trastevere) rientrato dall’Albania (vedi Diari) ed esponente <<<< del P.C.I., racconta quel pomeriggio.

a destra in basso la firma di Longo, a sinistra quella del "barbiere" Rosica

Cerveteri e Furbara per giorni non videro un tedesco. A mezzogiorno del giorno 8, 130 quadrimotori americani del tipo B 17 (fortezza volante) e B 24 (liberator) radono al suolo Frascati convinti di paralizzare il centro di comando tedesco. Questa volta, a Frascati, i morti tra i civili sono almeno 500. Albert Kesselring, il comandante  in capo tedesco, non ha corso alcun pericolo. Non era a villa Torlonia, centrata da una sola bomba.

 

.......Nella notte le armi vengono consegnate prelevandole da depositi clandestini del Sim (di Carboni).  In Via Silla 91, un barbiere (Rosica) del quartiere Prati (ricevuta sopra), al Museo dei Bersaglieri di Porta Pia, alla Officina Scattoni di Via Galvani e officina biciclette Collalti a Campo de’ Fiori. Vennero prelevate un migliaio di armi corte e lunghe. Nella mattina del 9, i partiti del "comitato nazionale antifascista" si riuniscono per costituirsi in C.L.N. (Comitato di Liberazione Nazionale). Lo compongono: Mauro Scoccimarro, Giorgio Amendola e Giovanni Roveda per il Partito Comunista; Alcide De Gasperi, Giovanni Gronchi e Giuseppe Spataro per la Democrazia Cristiana; Pietro Nenni, Giuseppe Romita e Sandro Pertini per il Partito Socialista di Unità Proletaria, Riccardo Bauer, Ugo la Malfa e Sergio Fenoaltea per il Partito d' Azione; Manlio Brosio, Alessandro Casati e Leone Cattani per il Partito Liberale; Bartolomeo Meuccio Ruini e Giovanni Persico per il Partito Democratico del Lavoro (alla riunione mancano però Brosio, rappresentato da Antonio Calvi e Pertini rappresentato da Mario Zagari).

     

Parà tedeschi a Castel S. Angelo

  Compito precipuo della divisione "Granatieri di Sardegna" era quello di impedire ai parà tedeschi della 2a divisione Fallschirmjäger di entrare in Roma dalle strade comprese tra la Casilina e l'Aurelia (ben 30 km di fronte!). Furono istituiti una dozzina di capisaldi e quattordici posti di blocco a sbarramento delle rotabili a fianco indicate. Le opere difensive campali non erano però protette in modo adeguato e le mine, messe in uso dal battaglione genio divisionale, non erano in numero sufficiente a coprire la richiesta dei vari capisaldi. Il 1° reggimento, comandato dal colonnello Mario Di Pierro, fu destinato a coprire l'area a cavallo del Tevere con sette capisaldi, il 2°, agli ordini del colonnello Ferdinando Carignani, la zona verso nord-est fino alla Casilina, articolato su sei capisaldi. Il 13° reggimento artiglieria divise i suoi gruppi in modo da tentare di fornire un adeguato supporto di fuoco a tutti i capisaldi. Purtroppo le munizioni, come la benzina, scarseggiavano grazie alla solita italica burocrazia ed ad incredibili dimenticanze, come quella di escludere il deposito carburanti di Mezzocamino dalla cinta difensiva (viene abbandonato al primo contrasto per ripiegare sulle altre posizioni definite) .
     

I capisaldi in uno schieramento che costituiva la prima cintura difensiva esterna della città (6-8 Km dal centro) erano così dislocati:

1° Reggimento Granatieri

 

Badoglio "Il Governo italiano riconosciuta l'impossibilità di continuare l'impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell'intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione, ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate angloamericane. La richiesta è stata accolta. Conseguentemente ogni atto di ostilità contro le forze angloamericane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza".

- Via Boccea - Casalotti
- Via Aurelia
- Strada della Pisana - Ponte della Torretta - Via Portuense
- Via della Magliana Km 7
- Ponte della Magliana - Ponte della Creta - Eur
- Via Laurentina - Quadrivio Acquacetosa - Cave di Pozzolana
- Quadrivio Torre della Chiesaccia - Cascina Magri

2° Reggimento Granatieri

- Via Ardeatina Km 8
- Bivio Appia Nuova - Appia Pignatelli
- Via Tuscolana Km 8
- Via Casilina loc. Due Torri
- Tor Tre Teste
- Via Collatina loc. Tor Sapienza

Più a sud c'era la Piacenza ma non reagì all'attacco tedesco
 

.

Badoglio convocò al Quirinale, alla presenza del re, il generale Ambrosio ?, i tre capi di stato maggiore, Roatta, Sandalli e De Courten, il ministro della Guerra Sorice, il generale Carboni, il maggiore Marchesi. Intervennero anche Guariglia e il duca Acquarone. [...] L'uno guardava l'altro e nessuno osava parlare. Qualcuno guardava fuori dalle finestre, come per ascoltare se s'udisse l'improvviso rombo degli aerei nel cielo. Il re taceva. Allora prese a parlare il maggiore Marchesi. Spiegò che l'armistizio ormai era firmato, il re e il governo si erano irrevocabilmente impegnati. Ricordò che l'atteggiamento degli alleati verso l'Italia poteva essere modificato e reso più favorevole solo nella misura della nostra partecipazione alla lotta comune contro i tedeschi. [...] Quando il maggiore Marchesi ebbe terminato di parlare ci fu un lunghissimo silenzio. Poi Guariglia disse che ogni discussione era ormai inutile e bisognava andare fino in fondo. Il re, che non aveva detto una parola fino ad allora, si alzò e disse che la seduta era finita. Tutti uscirono, il solo Badoglio rimase ancora per qualche minuto con il sovrano. Poi uscì anche lui e disse che il re gli aveva dato facoltà di parlare alla radio. [...] Si prepara la fuga del re. La famiglia reale arrivò al ministero della Guerra verso le otto, e fu condotta all'appartamento riservato per il ministro in carica, una fila di camere e di salotti di diversissimo stile, secondo i gusti dei vari abitatori; da un pezzo non ci abitava più nessuno, c'era odor di chiuso, aria di abbandono. [...]

     

La divisione "Granatieri di Sardegna" al comando del Gen. Solinas ( che aderirà alla RSI), è posta a difesa dell'area a S.O. di Roma e delle relative rotabili. La divisione era caratterizzata da un buon livello di addestramento e da un morale elevato, ma difettava in armamenti e dotazioni. Il suo O.d.B comprendeva 1° e 2° reggimento granatieri (ognuno su c.c., tre battaglioni granatieri, uno o due plotoni mortai ed una batteria di cannoni d'accompagnamento da 65/17), 13° reggimento artiglieria da campagna (su di una batteria comando, due gruppi di cannoni da 75/27, un gruppo di obici da 100/17 ed una batteria antiaerea con mitragliere da 20 mm), XXI battaglione mortai da 81 mm, XXI battaglione genio (su 54° compagnia artieri, 21° compagnia trasmettitori, 26° sezione fotoelettricisti), 221° compagnia anticarro, 10° batteria antiaerea, 1° sezione medica (su 56°, 85° e 88° ospedale da campo), 161° sezione trasporti (con la 330° officina trasporti), 61° e 62° sezioni carabinieri. Un complesso di più di 12000 uomini, comandati dal generale di divisione Gioacchino Solinas

  Il re si sedette in una poltrona, contro il muro; la regina si sedette accanto a lui, gli mise un braccio sulla spalla, con affetto e protezione. Calava la sera, ma nessuno pensò di accendere la luce. Chi li aveva accompagnati dovette lasciarli per attendere agli altri ospiti. Rimasero così silenziosi, immobili, nella stanza che si oscurava. Due poveri vecchietti. [...]Si udiva un violento fuoco di mitragliatrici, di bombe a mano, di mortai, dalle parti della via Ostiense e della via Cassia…..In città i passanti si dicevano l'un l'altro che i tedeschi scappavano al nord, che Mussolini era morto a Campo Imperatore sotto i ferri del chirurgo chiamato ad operarlo d'urgenza, che inglesi e americani erano sbarcati a Civitavecchia e avevano già occupato Cisterna; belle ragazze stettero tutta la giornata sulla soglia delle case ad aspettarli…. Si ebbe subito l'impressione che non c'era più un'autorità, né un comando efficiente. La radio era muta; alla Stefani c'era gente, ma non sapeva nulla. Le botteghe erano chiuse, i mercati deserti. Solo i fornai avevano distribuito il pane. Chi era stato la mattina fuori porta San Paolo aveva potuto sperare ancora nel miracolo, che Roma avrebbe tenuto lontano il nuovo e antico nemico. Nei pressi della basilica si respirava un'aria da quarantotto, di repubblica romana, borghesi armati e animosi, operai, artisti, studenti, mischiati a soldati di gran cuore; fra questi un centinaio di paracadutisti di passaggio per Roma diretti in Sardegna, che di loro impulso si erano collocati sopra una specie di argine al bivio della via Ostiense con la Laurentina, e sparavano rado e giusto contro i tedeschi. Allineati con loro ragazzi e uomini fatti si facevano insegnare a sparare con le mitragliatrici. [...] .(da Paolo Monelli, "Roma 1943", Einaudi)
   

LA BATTAGLIA

 

Per difendere la capitale, il comando italiano dispone del C.A.M (Corpo Armata di Manovra) di Carboni con 4 divisioni, "Granatieri di Sardegna", "Piave (mot)", "Centauro" ex legionaria  e "Ariete (cor. cav.)" su un totale di 8 divisioni in organico. Alcune di queste infatti sono a ranghi ridotti e/o già provate su vari fronti di guerra e in via di riorganizzazione e recupero come la  "Piacenza", "Sassari", ma due, "Lupi di Toscana" e "Re" sono addirittura in parte su treni viaggianti verso Roma. Due le divisioni in piena efficienza, la "Piave" e l' "Ariete" sopra Roma a Bracciano. Con i reparti dei carabinieri (batt. allievi e Pastrengo), della Guardia di Finanza, della Polizia e della P.A.I. (Polizia Africa Italiana batt. Gessi L3 lanciafiamme e blindo Ab41-as43),) fanno in tutto circa 70.000 uomini  includendo il Rgt. Nebbiogeni, 8° Autieri (Cecchignola), 8° Genio, 81° fanteria, 2° Bersaglieri (XV batt. del 11° reggimento), 8° e 13° Artiglieria, Genova Cavalleria (12 Ab41 e 18 smv L40), ARABI (italiani rimpatriati dall'africa) e XXI Genio (CENTRO MARTE Comando SME a Monterotondo) e un reparto di scritturali ? (vedi cartolina a lato Giacomo Medici ) forse dal nome della caserma dove alloggiavano.

     
   

LA BATTAGLIA DI MONTEROTONDO da "La Città Spezzata" di Antonio Guerrieri pag 171/2

  Nella preparazione dell'operazione Alarico era previsto che in caso d'emergenza sarebbe stata diramata la parola convenzionale Achse e da quel momento tutti i comandanti tedeschi dovevano iniziare l'esecuzione delle misure loro assegnate. A Foggia si trova anche il 2° Battaglione del 6° paracadutisti al comando del maggiore Walter Gericke, che sino alla mezzanotte dell'8 settembre non riceve alcuna istruzione, a causa di tagli nelle linee telefoniche attribuiti agli italiani. Nella notte arriva l'ordine: gli aerei devono alzarsi in volo per andare alla conquista del QG  italiano nel Castello di Monterotondo a nord est di Roma. Ma il ritardo è fatale. Durante la notte lo Stato Maggiore Operativo. (CENTRO MARTE) di cui è prevista la cattura si trasferisce a Roma. Gericke intanto si prepara per sferrare l'attacco all'alba e parte da Foggia in anticipo per una ricognizione, seguito da oltre 50 trimotori Junkers 52. Alle 7,50 dopo un mitragliamento su Monterotondo 600 parà si lanciano sul Centro ma trovano una contraerea ancora efficiente con 1730 uomini, che sia pure sorpresa, reagisce con vigore. Altri 100 paracadutisti si lanciano sullo scalo ferroviario di Monterotondo trovandovi la resistenza dei fanti del 2° Reggimento Re mentre ancora altri 200 paracadutisti tedeschi ad Osteria del Grillo si imbattono nella Divisione Piave. 
     

Kesselring può contare su soli 12  mila uomini da settimane pronti ad agire dalle basi attorno a Roma, acquartierati a Nettuno, Ladispoli, sui Colli Albani e sui Castelli Romani e in posizioni strategiche anche per controllare la Cassia e la Nomentana. 14 mila paracadutisti sono stati aviotrasportati dalla Francia a Pratica di Mare, in parte accasermati ad Ostia. Sono i primi a muoversi. Altrettanti a Viterbo, inquadrati nella divisione "Panzergranadieren” con 460 carri armati (ma il dato comprende tutti i mezzi corazzati anche quelli di fanteria halftrack e trattori d'artiglieria).

Porta S. Paolo

  A fronteggiare la 3° Panzergrenadieren c’è la nuova Ariete corazzata o Ariete II di Cavalleria e la motorizzata Piave che sono, volendo, sufficienti per controllare la situazione. L’Ariete è armata col 75/18 e il suo reparto controcarro ha mezzi ancor più potenti. I nostri carri hanno ancora l’etichetta di fabbrica perché sono stati appena consegnati. Piccolo, raccolto, l'M75 e l'M105 sono stati per mesi oggetto d’osservazione sia dei tedeschi che degli inglesi. Non essendo nel deserto, il fatto che non abbia torretta girevole conta relativamente. Dietro la curva di una strada, dietro l’angolo di una casa è in grado di fermare chiunque. E questo è proprio il teatro di guerra di questi giorni. In nessuno degli scontri diretti di quei giorni l’Ariete soccombe. Qualcuno attribuisce al 4° reggimento addestramento carri in Roma anche il nuovo carro armato P. 40 che poteva benissimo essere in prova, ma non risulta impiegato. Tutti i nuovi materiali dal M15/42 al P40 al M75 saranno ampiamente utilizzati in seguito dai tedeschi. Della Centauro ( si dice erano stesi sui prati di Bagni di Tivoli a prendere il sole), non si sente parlare ad esclusione del Reco Bersaglieri che si batte a Settecamini. Considerata poco affidabile anche dopo il 25 luglio si sperava, in campo tedesco, di vedersela al fianco (era stata armata da loro). Viene sciolta il 12 settembre. Tre quarti d'ora dopo l’annuncio dell’Armistizio, un reparto di paracadutisti tedeschi investe il caposaldo numero 5 presidiato dai granatieri al ponte della Magliana, nei pressi di un deposito di carburante, in località Mezzocammino. E' l'inizio della battaglia per Roma. Giungeva verso Roma, da Ostia e Fiumicino, il grosso della 2° divisione Fallschirmjäger (che non aveva avuto problemi nel disarmare le unità costiere della 220° divisione e le troppo sparse fanterie della "Piacenza") e, poco dopo l'una di notte del 9 settembre, uno dei suoi tre kampfgruppe era già in grado di tentare un attacco frontale al ponte della Magliana. Al caposaldo giungono rinforzi di carabinieri e agenti della PAI (Polizia Africa Italiana). La postazione è perduta e ancora riconquistata. Cadono 38 italiani e 22 tedeschi. L'attacco tedesco si estende a ponte Galeria, e sulla sinistra del Tevere verso l' EUR, il Laurentino, la Cecchignola.

 

   
Dei circa 1000 aerei teoricamente disponibili solo 246 riescono a decollare per raggiungere territori non controllati dai tedeschi. Ne giungono però a destino solo 203. La più “efficiente” delle tre armi è sicuramente la marina, che schiera ancora 5 corazzate, 8 incrociatori, 7 incrociatori ausiliari, 23 sommergibili, una 70ina di MAS e 37 cacciatorpediniere e torpediniere. L’8 settembre la forza navale è dislocata in massima parte in Liguria: si trovano a La Spezia e a Genova, al comando dell’amm. Bergamini, le corazzate Roma, Vittorio Veneto e Italia (ex Littorio); gli incrociatori Eugenio di Savoia, Duca degli Abruzzi, Montecuccoli, Duca d’Aosta, Garibaldi, Regolo; due squadriglie di cacciatorpediniere. Nel porto di Taranto sono alla fonda le corazzate Doria e Duilio e gli incrociatori Cadorna, Pompeo Magno, Scipione, al comando dell’ammiraglio Da Zara.. 2 e 9 sommergibili sono, rispettivamente, a Bordeaux e Danzica e in Giappone 4. Qui anche 2 cannoniere e l’incrociatore ausiliario Calitea. La mattina del 9 la squadra navale, secondo il suggerimento di De Courten, prende il mare alla volta dell’Isola della Maddalena considerata sicura nonostante sia in gran parte ancora sotto controllo tedesco, ed altrettanto la Corsica. Messi sull’avviso di una probabile imboscata da terra, la squadra fa rotta in direzione delle coste africane mentre i tedeschi, svanita la possibilità di catturare le navi, rendono operativo il piano per il loro affondamento con aerosiluranti. Poco dopo le 15 un gruppo di bombardieri DO-217 è sulle unità italiane. L’attacco questa volta ha successo, e ne fa le spese proprio l’ammiraglia, la corazzata Roma che, colpita da due bombe-razzo teleguidate alle 15,52, cola a picco in 28 m. Dei 1849 uomini dell’equipaggio, 1253 perdono la vita: tra questi il comandante  Bergamini e tutto lo stato maggiore. La squadra fa rotta in direzione sud e nella mattinata del 10 entra nel porto della Valletta a Malta, dove già hanno trovato rifugio le unità della flotta dislocata a Taranto e dove giungerà il giorno dopo, 11, la corazzata Giulio Cesare. Dal 10 giugno del 1940 l’Italia ha perduto circa 3 milioni di tonn.s.l. di naviglio mercantile (più dell’80 % di tutta la flotta mercantile) e quasi 300.000 tonn. di naviglio da guerra con 28.937 marinai !!!.   Parà tedeschi a Roma

9 SETTEMBRE 1943

 

Alle 8 del 9 il Gen. Carboni scompare per riapparire nel pomeriggio. La catena di comando in assenza del Re, del capo del Governo, del ministro della guerra, del capo di stato maggiore, del comandante del CAM, passava al più anziano dei comandanti di divisione il Conte Carlo Calvi di Bergolo (genero del Re perché marito di Jolanda di Savoia la primogenita), comandante della Centauro legionaria, che a tutto pensava fuorché a far la guerra ai tedeschi (già dal 9 va a parlamentare). Nelle prime ore di quel giorno, quando iniziarono a giungere le notizie dello sbarco di Salerno la carrozzabile era assolutamente necessaria per far transitare verso sud i rinforzi. Fu investito direttamente il caposaldo 5 che teneva il ponte e tutti gli altri che ad uno ad uno cedettero. L'intervento del Montebello Ariete, trasferito dall'Olgiata valse a riequilibrare la sorte e a rioccupare con il 600° gruppo semoventi del 235° artiglieria anch'esso Ariete il caposaldo 5. Un tentativo di sloggiare i tedeschi dalla periferia romana non ebbe successo, prima per il fuoco di sbarramento non coordinato dei Granatieri che investì i carri italiani poi per l'intervento da parte tedesca delle ottime armi anticarro in dotazione ai paracadutisti nella zona Montagnola, Tre Fontane. Alle 5,15 del mattino del 9 arrivò l'ordine di spostare l'Ariete nella zona di Tivoli (ordine che si disse dato dal capo di S.M. Salvi in assenza di Carboni, che non si sapeva dove era finito). Da quelle parti oltretutto c'era già la Centauro e forse era di questa che non si fidavano. A sera anche le restanti divisioni a Nord di Roma lasciarono i capisaldi con destinazione Tivoli. Il piano di difesa di Roma si dimostra d'ora in poi inefficace, anche perché sconvolto dall' invio a Tivoli di due divisioni, l' "Ariete" di Cadorna e la "Piave" di Tabellini. L' ordine era stato impartito dal CSM dell' esercito Mario Roatta per proteggere la fuga del re e di Badoglio a scapito della difesa di Roma (ma questo contrasterebbe con le teorie di Zangrandi). Le due divisioni, l'"Ariete" e la "Piave", venivano praticamente distolte dai punti strategici difensivi lasciando anche strada libera alla 3a pzg (si disse che non mosse tutti i reparti perché senza benzina). Gli ordini di puntare su Tivoli, la cui esecuzione era prevista nella notte tra l' 8 e il 9, erano subito apparsi senza senso, tanto che i due comandanti di divisione Cadorna e Tabellini, non informati del vero scopo, ne avevano ritardato l' esecuzione, inviando in avanguardia a Tivoli solo alcuni reparti. La mattina del 9  settembre l' "Ariete" si scontra quindi con la 3a panzer granatieri (divisione corazzata di fanteria) prima a Monterosi poi nei pressi di Bracciano lungo le vie Claudia e Cassia, costringendo il nemico a ripiegare con gravi perdite. I tedeschi lasciarono sul terreno molti carri. Alle prime luci dell’alba tutta la colonna tedesca era bloccata a Ronciglione. Cadorna rimase ammirato dalla prova offerta dalla sua cavalleria motorizzata. Ma non è possibile sfruttare il successo. Il contrordine di mantenere le posizioni arriva mentre lo spostamento della forza corazzata è già in corso. La sera del 9 si concludeva con un nulla di fatto e una grande confusione. I granatieri e gli altri non avrebbero in quelle condizioni resistito a lungo. Quella sera  riappare Carboni. Alla riapparizione sono state date diverse spiegazioni non ultima quella che, essendo fuggito in abiti borghesi senza difendere Roma, sarebbe stato deferito alla corte marziale col rischio di fare la stessa fine del Ramorino del 1849. Il tempo perso nei primi momenti della lotta, il non impiego di unita importanti, lo spostamento in zone non necessarie influenzeranno gli ultimi disperati atti di resistenza a Porta San Paolo a partire dal giorno 10

     

Fu proprio in località Mezzocamino al deposito carburanti che avvenne il primo scontro tra i granatieri e gli ex alleati tedeschi. I parà tedeschi giunsero al deposito carburanti verso le 21 e rapidamente sopraffecero il piccolo reparto lì presente. Non appena il caposaldo numero 5, quello del ponte della Magliana che era distante appena un chilometro, si accorse della situazione, fu imbastito un contrattacco da parte di unità del III battaglione del 1° granatieri, rinforzate di alcune decine di carabinieri e guardie della PAI (Polizia dell'Africa Italiana). Purtroppo, però, a causa del buio ormai sceso e della solita cronica deficienza di coordinamento, dopo un rapido scontro a fuoco, che costò solo alcuni feriti, gli italiani tornarono ai loro capisaldi.

Il giallo delle mezza verità

"Castellano ci aveva fatto un quadro così nero della forza militare italiana e molti lo avevano ritenuto un imbroglione. L'imbroglione invece era Carboni" (ma tutti e due avevano raccontato una mezza verità). Sulla difesa di Roma, che a molti parve possibile, grazie alla proposta d'aiuto degli Usa, si crearono due partiti contrapposti, probabilmente ancora in guerra.

  In quei giorni la 3a era l'unica unità organica in Roma e dintorni e ad essa fecero capo tutti i distaccamenti armati indivisionati (raccolti da Firenze in giù come da tabella sottostante) che vennero impiegati al meglio col sistema dei kampfgruppe (KG). Giocando sul fatto che nessuno li contrastava a Sud e a Nord, e assicuratisi che la Nera Centauro  se ne stava tranquilla, si dispersero per tutto l'agro romano e pontino (costa compresa) facendo letteralmente  fuori tutte le unità minori e costiere che incontravano (avevano sempre fatto così prima i piccoli poi i grossi). Per la verità quando fu ora di muoversi si accorsero che l'artiglieria, parte di essa non poteva schierarsi (fonte del partito Carboni). Il KG Busing in pratica il 26° rgt panzer, il più forte appena arrivato, venne più volte fermato sul lago di Bracciano. Il gruppo Meyer puntò su Civitavecchia mentre il Borckart disarmò le divisioni costiere. Venne attaccata la divisione Ravenna a Chiusi, Arezzo, Castiglione del Lago e Perugia per potersi collegare con Firenze. Sassari, Re e Lupi (divisioni operative) concordarono un cessate il fuoco che si tradusse in un - Tutti a Casa nel più breve tempo possibile-. Che qui non potesse andare diversamente si poteva anche dare per scontato. Succedeva anche a Roma. Non tutti quelli che erano a Roma ebbero a che fare con la resistenza, anzi...... Secondo il partito di Carboni la 3a aveva mezzi a sufficienza per armare 2 divisioni corazzate e 2 o anche 3 di fanteria italiana. Il mito di Rommel era quindi duro a morire, con queste premesse  noi partivamo già perdenti in ogni caso. In Tunisia 2 tedeschi non valevano un italiano. Aggiunge la relazione Graeser,  comandante della 3a divisione "Alcuni reparti fermarono la loro marcia, non certo per le resistenze, ma unicamente perchè erano iniziate le trattative di resa patrocinate da Caviglia". Se loro non ci inseguivano erano gli italiani che arretravano. Quando venne firmata la resa i combattimenti continuarono per giorni e gli italiani non erano certo più sprovveduti dei tedeschi. La volpe, ghiotta d'uva, non potendosene cibare perchè posta troppo in alto, diceva che non le piaceva.  Molte delle divisioni affluite in Agosto erano andate al Nord per controllare le zone industriali, gli arsenali i porti e i confini orientali. La 3a aveva un ambito operativo che copriva quasi tutta l'Italia centrale. 
 

Castellano diceva che i tedeschi a Roma contavano poco, ma che sugli italiani si poteva contare ancor meno. Un'altra versione che dava la difesa possibile, non teneva conto, per il partito di Carboni, di un microfilm uscito poi dagli archivi americani e che della 3a divisione  panzergrenadieren (pzg) dava l'esatta forza: 24.000 soldati !!!! e  500 (poi 450) carri armati: eravamo ormai entrati nel puro mondo  della fantascienza. Questa era oltretutto una divisione di "Nuovi" tedeschi. Carboni, colui che disse "non se ne parla nemmeno con tedeschi come questi e questi italiani", divenne il leader  dell'opposizione alla difesa. La 3a pzg se fosse stata corazzata si sarebbe chiamata solo Panzer.

 

10 SETTEMBRE 1943

I tedeschi tornano ad avanzare nella zona della piramide Cestia ed Eur investendo Porta S. Paolo, il piazzale Ostiense, Porta S. Sebastiano riuscendo ad avere la meglio sugli italiani. Vengono fatte uscire anche le truppe che erano rimaste consegnate nelle caserme in attesa di ordini. Si tratta delle ultime risorse schierate in campo: gruppi di squadroni del "Genova Cavalleria", un battaglione mortai della divisione "Sassari" con i soli fucili, tre compagnie del Deposito del 4° Carristi, reparti del 2° Bersaglieri, gli allievi carabinieri, i reparti chimici e le Compagnie Servizi, per coprire gli accessi alla città dal Testaccio a Porta Metronia, a Porta S. Giovanni, a Santa Croce: i tedeschi stanno per irrompere nella Capitale. Gli italiani si ritirano verso il centro città e, sulla passeggiata archeologica al Colosseo, avvengono gli ultimi scontri prima del cessate il fuoco delle 16. Alle 10,45 (ma si dice anche prima) era arrivato telefonicamente il contrordine per le divisioni corazzate di muovere su Roma. Passando a Sud di Roma attraverso Ciampino e Centocelle i tedeschi sarebbero stati presi alle spalle. Alle 19 del 10, davanti agli aeroporti, gli italiani trovano gli 88 tedeschi e il battaglione ADRA (arditi aeronautica italiana) rimasti con loro. A Frascati sono ore che il cessate il fuoco è stato firmato, qualcuno li avvisi. Nasce qui la polemica fra Cadorna e Carboni che accusa il suo sottoposto di negligenza e disobbedienza contraccambiato sul piano tattico. L'Ariete si muove 7 ore dopo l'ordine quando ormai non serve più. Dopo i primi scontri agli aeroporti, arriva l'ordine di sospendere il fuoco nell'attesa di ulteriori comunicazioni. Il 18° REC bersaglieri, inquadrato dalla mattina del 10 nell'Ariete, riceve alle 17 gli stessi ordini e minacce fatte all'Ariete da foglietti lanciati da una cicogna (aereo) tedesca. Il 18° ritiratosi a Settecamini subisce un attacco aereo da parte di JU87 e la mattina del 11 settembre !!!, col comandante ferito, il reparto si disperde. Roatta non si è ancora capito cosa ci sta a fare. Si dice vada avanti e indietro da Monterotondo e nessuno riesce a contattarlo quando è necessario (finirà sotto processo con Carboni per tante altre responsabilità).  Ai reparti arrivano fonogramma di resa e cessate il fuoco usciti dal suo ufficio ma non sono firmati da lui.

     

Fra Carboni e Cadorna nel dopoguerra si scatenerà una guerra di carte bollate di cui riportiamo un breve sunto nei Personaggi -
Biografia di Raffaele Cadorna

il 91 italiano

 

La sera del 10 dentro la stazione Termini, il maggiore Carlo Benedetti con 13 soldati e numerosi civili difende il convoglio che, attestato sul terzo binario, ospita un comando operativo. Gli italiani hanno le armi individuali, i tedeschi una mitragliera da 20mm, immaginate coma va a finire. Alle 21 è finito tutto. Questo combattimento, l'ultimo per la difesa di Roma in Roma, si è concluso con la morte di 6 militari e 41 civili, dei quali 8 sconosciuti. Qualche scontro si avrà però anche nella mattina dell'11, ultimi sussulti di gesta eroiche e sfortunate. Tre furono le medaglie d'oro al valor militare alla memoria di altrettanti ufficiali del 1° granatieri: capitano Vincenzo Pandolfo, tenente Raffaele Persichetti (era un congedato vedi link) e sottotenente Luigi Perna, tutti di complemento. La divisione "Granatieri di Sardegna" ebbe 65 morti e circa 300 feriti in 36 ore di combattimenti.

La battaglia di PRATO SMERALDO

Era questa una installazione radio che risaliva ad 10 ani prima e si era sviluppata ed allargata anche in conseguenza della propaganda fascista che aveva assunto un nuovo ruolo nella comunicazione di massa. L’avvento della Radio proprio all’indomani della marcia su Roma aveva costituito un grosso asse nella manica del regime. Guglielmo Marconi stesso nel 1930 realizza a Roma la prima antenna ad Onde Corte, (shortwaves in inglese che spaziano fra i 3 MHz e i 30) su un comprensorio di 25 ha. L’antenna composta di due pali alti 80 metri che sorreggono dei fili consente di arrivare fino al Nord America con un trasmettitore di 7 kw. Le onde corte (OC) permettono quindi, con poca potenza, di effettuare collegamenti a lunghissima distanza, nonostante la curvatura della Terra, quindi dà la possibilità di trasmettere in tutto il mondo. Anche gli stranieri non sono da meno: la società Marconi coi relativi brevetti è in mani inglesi da ben 30 anni. Nel 1932 la BBC inaugura un servizio radiofonico in OC diretto a tutto l’impero Britannico e la comunità della G.B. E' del 1931 Radio Vaticana e del 1932 le elezioni presidenziali americane coi programmi dei candidati diffusi nelle case dalla loro viva voce. Il Governo Mussolini nel 1934 per avere la possibilità di raggiungere altri paesi di specifico interesse dell’Italia Fascista, diede mandato all’EIAR di ampliare notevolmente l’impianto del “Centro Radio Imperiale di Prato Smeraldo”, che viene ristrutturato e le trasmissioni possono essere irradiate in tutto il mondo. In preparazione della guerra in Africa Orientale, viene inoltre inaugurato il 1 gennaio 1935 ad Addis Abeba alla presenza del Negus Hailé Sealassié, un impianto radiotrasmettitore capace di irradiare i programmi ricevuti da Prato Smeraldo e assicurare un perfetto e sicuro collegamento con Roma che tornerà buono a fine anno quando scoppierà la guerra.

Oltre a

   

 Raffaele Persichetti, Ettore Rosso e Nunzio Incannamorte  l'oro per la battaglia di Roma andò al Serg. magg. Udino Bombieri (10°"Lancieri di Vitt. Emanuele II")
Cap. Orlando De Tommaso (Btg. All. Carabinieri)
Cap. Francesco Vannetti Donnini (4°Genova Cav.)
Sten. Vincenzo Fioritto (4° Rgt.Fanteria Carrista)
Cap. Romolo Fugazza (8°"Lanc. Montebello")
Cap. Camillo Sabatini (idem)
Cap. Renato Villoresi (13° Art. "Gran.Sardegna")
Cap. Vincenzo Pandolfo (1° Rgt."Gran. Sardegna)
Sottoten. Luigi Perna (idem)

 

Quegli angoli del mondo, non ancora raggiunti, lo saranno negli anni successivi fino al completamento del 31/10/1938. Nel 1937 con le trasmissioni per gli italiani all’estero iniziano anche i programmi in lingua araba, turca, tedesca, francese, albanese, rumeno, bulgaro, serbo, danese, ungherese, croato, spagnolo e portoghese per l’Europa poi per l’Estremo Oriente in inglese, cinese, giapponese, indostano, ”nuova e poderosa realizzazione dell’EIAR, che collegherà stabilmente in ogni momento Roma all’Impero e irradierà fin nei più lontani continenti le inconfutabili e solari verità che scaturiscono dal Genio del Duce e dalle realizzazioni del fascismo invitto e invincibile”. Il giorno successivo all’ultima inaugurazione per capire l’evidenza ormai del mezzo di comunicazione di massa va in onda negli Usa, sulla rete CBS, il famoso programma-verità di Orson Welles dal titolo "La guerra dei mondi" che prefigura la radiocronaca della invasione della terra da parte dei marziani. Il trucco è così ben organizzato che la trasmissione sortisce effetti superiori alle aspettative. Risultato: migliaia di americani scambiano la fantasia per la realtà. Parecchie centinaia di feriti, casi di pazzia e di suicidio, parti prematuri. E’ nato o sta per nascere (1948) il “Grande fratello”. Con la guerra tutto questo diventa di “proprietà” dei militari. Dopo l’8 settembre 1943, con l’occupazione nazista dell’Italia, i trasmettitori ad onde corte di Roma Prato Smeraldo furono smontati in fretta e furia causando gravissimi danni agli impianti. I tedeschi fecero trasportare nel nord Italia due dei trasmettitori di Roma Prato Smeraldo che vennero installati a Busto Arsizio. Gli altri nove, anch’essi in un primo tempo trasferiti al nord, vennero portati in Germania. Naturalmente nelle clausole armistiziali c’era scritto di disattivarli (cessare le trasmissioni) ma anche di difenderli. Stessa sorte toccò a tanti trasmettitori in giro per l’Italia come a quelli della nascente televisione.

Alle prime luci del giorno 10 le prospettive di riuscire a sopraffarre i tedeschi erano svanite. All'ordine di caessare il fuoco una parte delle truppe si ritirò nelle caserme, altri - i Granatieri di Sardegna - non rispettando gli ordini ricevuti, continuarono a battersi. Comunque un ennesimo contrordine riportò nuovamente in strada i reparti usciti segnati dagli scontri con le artiglierie tedesche. Questa volta il concentramento è fissato per le ore 12 del giorno 10 nella zona di Piazza Venezia, del Colosseo, Passeggiata Archeologica, viale Aventino, Porta San Paolo, che diverrà poi il simbolo dell'estrema difesa di Roma. Con la perdita dei depositi di Benzina (Valleranello e Mezzocamino) si fermarono in breve i motori. Fu proprio in località Mezzocamino al deposito carburanti che avvenne il primo vero scontro tra i granatieri e gli ex alleati tedeschi. I parà tedeschi giunsero al deposito carburanti verso le 21 del giorno 8 e rapidamente sopraffecero il piccolo reparto lì presente (della divisione Piacenza e del Battaglione chimico: Vengono sorpresi e catturati dodici uomini, due cannoni e una mitragliatrice). Per la riconquista di quello della Magliana, il n. 5, il generale Solinas lanciò all’attacco il 1° Btg del 2° Granatieri, comandato dal maggiore Costa. Il contrattacco, sferrato verso la mezzanotte del 9 lungo la direttrice di Palazzo della Civiltà e del Lavoro, si esaurì ben presto. Le postazioni vennero rinforzate anche con l’arrivo dei reparti Pai (Polizia dell’Africa Italiana) rientrati, un battaglione della scuola Allievi Carabinieri, uno di Bersaglieri, il REC “Montebello”, il 600° Gruppo Semoventi da 105/25 della Divisione “Ariete”.

   

La difesa d'ufficio di Carboni venne assunta da Antonello Trombadori (Bersagliere) per la nota consegna di armi e ancora adesso nel sito Anpi si può leggere

 

"Nel corso della battaglia si distinguono militari come il generale Giacomo Carboni, comandante del Corpo d'armata motocorazzato, che si prodiga nel tenere alto il morale dei soldati: manda i carabinieri a staccare i manifesti disfattisti che danno per imminenti le trattative con i tedeschi, fa spargere la notizia dello sbarco ad Ostia degli alleati e dell'arrivo a Roma delle divisioni «Ariete» e «Piave». Anche questo è un Carboni da fantascienza che non è mai esistito, si spera. E' pericoloso spargere la notizia di uno sbarco che non c'è: serve solo a far ammazzare più gente. Cosi ne parla invece Silvio Bertoldi -

Una commissione d'inchiesta sulla mancata difesa di Roma fu insediata il 19 ottobre 1944 e chiusa il 5 marzo 1945. La commissione era presieduta dal sottosegretario alla Guerra Mario Palermo[comunista], e per questo anche detta "Commissione Palermo", e composta dai generali Pietro Ago e Luigi Amantea. La Commissione attribuì la responsabilità della caduta di Roma ai generali Mario Roatta e Giacomo Carboni.  L'Anpi se lo rietiene opportuno può sempre smentire Palermo.

Badoglio si toccava il collo quasi presagisse la corda del boia, mentre Carboni vestiva in borghese come Roatta, dichiarandosi pronti (in quella tenuta...) a inseguire i tedeschi se mai scappassero. Più tardi, fuggiti invece il re e il resto della compagnia, Carboni andrà a cercarli su un’auto del Corpo diplomatico intorno a Tivoli, finendo tra le comparse di Ponti che stanno girando un film con la divetta del suo cuore. Quindi racconterà dl aver preso in mano la difesa di Roma dal suo comando segreto di piazzale delle Muse, ossia da un lussuoso appartamento privato con bella vista panoramica, che poi scambierà con quello di una sconcertata Susanna Agnelli -

 

Con l’arrivo di queste forze venne pianificata la riconquista del caposaldo e del nodo strategico del Ponte della Magliana, che ebbe inizio alle 6,30 del 10 assente Solinas che era andato a prendere “possesso” del Q.G di Carboni che era sparito. Nella confusione dell'attacco venivano catturati ai tedeschi 2 preziosi rimorchi carichi di fusti di benzina (4 mila litri). Alle 10,00 l’azione si concludeva con la totale riconquista del caposaldo. E fu a questo punto che giunsero gli ordini dello S.M ordinanti un ripiegamento. Anche se l’ordine di ripiegare su Tivoli non venne formalmente rispettato dai reparti la loro azione era ormai senza sbocco e destinata ad estinguersi con l’esaurirsi delle limitate scorte di munizioni e carburante. D’altronde senza la fortunata cattura dei 4 mila litri di benzina di “Montebello” ed il sacrificio del 600° Semoventi sarebbero rimasti immobilizzati.

11 SETTEMBRE 1943

Nonostante sia già in vigore la tregua si scontrano carabinieri della "Legione Allievi e del "Gruppo Territoriale" con tedeschi che li vogliono disarmare, in via del Gasometro, sul ponte Margherita, in via Nazionale. Incessanti e capillari sono i rastrellamenti di militari italiani da deportare. Vengono istituiti campi di raccolta sorvegliati dalle SS nei dintorni di Roma, il principale a Pratica di Mare, in attesa dei carri bestiame ferroviari con i quali avviare, piombati, i prigionieri ai lager, gli ufficiali principalmente in Polonia, i soldati in Germania. Il 18° R.E.Co bersaglieri, inquadrato dalla mattina del 10 nell'Ariete, riceve alle 17 gli stessi ordini e minacce fatte all'Ariete da foglietti lanciati da una cicogna (aereo) tedesca. Ritiratosi a Settecamini subisce un attacco aereo da parte di JU87 e la mattina del 11, col comandante ferito, il reparto si disperde. Tanti altri piccoli gruppi si aprono la fuga sparando. In tutta Italia si spara ancora, di molti non si saprà nulla e di tanti non è stato possibile qui ricostruire le vicende. Le medaglie oro assegnate sono state desunte dalle relazioni non avendo trovato un sito che dia la relazione completa. La liberazione di Mussolini è ormai questione di ore. Scenario peggiore non poteva esserci. Quasi un milione e mezzo di soldati è prigioniero, un altro milione sta per vestire la divisa dei contrapposti schieramenti.

La sera stessa del 10 settembre, in base agli accordi tra Kesserling e Caviglia, il generale Carlo Calvi di Bergolo (comandante la Div. Centauro), è nominato governatore di Roma, riconosciuta "città aperta" (smilitarizzata) rigorosamente priva di apprestamenti e contingenti militari, da entrambe le parti (civili compresi) confermando quindi la dichiarazione di Badoglio risalente al 15 agosto, ma rimasta unilaterale, e quindi non operante, non avendo avuto, allora, l'assenso degli angloamericani e del comando germanico. Città aperta, per risparmiarne il patrimonio monumentale e artistico e rispettarne la funzione storica e sacra di centro della Cristianità. Calvi di Bergolo avrà ai suoi ordini la divisione "Piave", per mantenere l' ordine pubblico e per i servizi civili da prestare alla popolazione e ordinerà ai militari sbandati di presentarsi nelle caserme per consegnare le armi individuali o di qualsiasi altro tipo siano in loro possesso. Pochi rispondono. Soldati e patrioti civili, cui si uniscono anche ex prigionieri alleati fuggiti dai campi di concentramento, formano invece bande partigiane nei dintorni di Roma.

     

Dalla  relazione di Graeser, comandante la 3a pzgr "alla fine potevamo contare su 23 battaglioni e mezzo di cui 9 di contraerea !!(inservibili a terra), 213 carri armati (di fanteria !! ad esclusione del 26° ) e non contavamo i tedeschi di Livorno, Grosseto e Viterbo "

 

3a PANZER GRANATIERI - 8° e 29° rgt. granatieri (6 btg fanteria motorizzata), 103° esplorante (1 btg), 103° controcarro (1), 26° panzer (3) 3° artiglieria, 312° e 149° (9 gr) artiglieria AA trainata da Famo da 18 tonn, Btg. complementi (1), pionieri genio (1), trasmissioni (1)- KG. Meyer, Sheffer, Zieter, Busing (dalla 26a panzer), Grosser, Mollenhauer, Borchart,  Van der Heydte, Kroh , Pietzonka (sono parà) con  90 carri armati (2 btg) pz III/IV a difesa di Frascati dove ha sede l'Oberkommando

     

Cominicato agenzia Stefani

"Un istinto umano guida l'individuo a cercare un riparo un rifugio nei momenti in cui sente un pericolo. I tedeschi per tornare a casa dovevano combattere, per gli italiani bastava posare il fucile e girare l'angolo" o quasi

Invitato poi a fine mese a giurare fedeltà alla Repubblica Sociale, il generale Carlo Calvi di Bergolo rifiuta ed è arrestato e avviato al Nord per essere deportato in Germania (verrà liberato dagli alleati un anno dopo).

 

La 3a pzgr qualcuno la definiva costituita da "stranieri di origine tedesca (polacchi) o nuovi tedeschi": i Volksdeutsche

I maneggi di Calvi e del suo stato maggiore

http://www.istrid.difesa.it/sec_risorgimento/le_fa_ita_ger_dopo_armistizio.htm "....E’ noto il grande valore di soldato dell'Eccellenza Calvi, che in Tunisia alla testa della sua Divisione (Centauro I), si è comportato eroicamente". cosi si esprimeva il generale Student che si diceva convinto che i soldati della Centauro comandati da Calvi, se venissero a contatto con truppe tedesche, le tratterebbero da nemiche secondo gli ordini, anche se ciò è contrario ai loro sentimenti. "Sarà fatto il possibile per evitare il contatto con la ex Divisione "M" (aveva armi tedesche) fino a quando, tra poco, i tedeschi saranno padroni incontrastati di Roma. Il generale Student comunica al generale Calvi che, se sarà possibile evitare i combattimenti con la Divisione Centauro, i suoi componenti, in considerazione del loro stato d'animo, non saranno tratti prigionieri in Germania, ma rimandati liberi alle loro case con l'onore delle armi...."!! 

Nel primo pomeriggio del 10 la resistenza è travolta dai mezzi corazzati tedeschi e il capo di stato maggiore della Divisione «Centauro», Leandro Giaccone, firma la resa a Frascati, presso il Quartier generale tedesco. Il "circo delle pulci" come fu definita Roma in quei giorni chiude. I caduti per la difesa di Roma, identificati, in città e a Monterotondo, Albano Laziale, Monterosi e Manziana, sono: militari 659; civili 70 uomini e 51 donne; 114 non si sa se militari o civili, 88 non identificati. Altri caduti i cui nomi sono rimasti ignoti: 14 a Monterotondo, 15 a Monterosi, 15 a Manziana. Perdite germaniche accertabili: 109 morti, 500 feriti. A favore dei tedeschi aveva giocato una maggior agilità dei reparti frammentati (Kampfgruppe, unità multiarma composta da tutte le specialità combattenti), dei comandi, della visibilità (anche se pochi si facevano vedere ovunque) e della sopravvalutazione delle forze (si pensava da parte nostra che avessero 500 e più carri armati). Da parte nostra tutto quello che si poteva fare per agevolarli fu fatto. Ormai anche il Re si era dileguato e il cessate il fuoco era stato delegato a un colonnello.