MORIRE PER ROMA 8/9 SETTEMBRE 1943 |
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Raffaele Persichetti | ||
Nunzio Incannamorte |
Ettore Rosso |
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Raffaele nacque a Roma il 12 maggio 1915. Dopo la laurea seguì il corso Allievi Ufficiali di complemento svolgendo servizio nei Granatieri. “…Eccellente nel campo fisico; è un marciatore resistente, un ottimo ginnasta, un abile e coraggioso nuotatore, un ottimo tiratore di fucile. Ha vasta cultura che gli permette di spaziare in ogni campo; conosce ottimamente il francese, il tedesco, lo spagnolo. Tale cultura, unita alle doti morali, fa guardare a lui con ammirazione. …. Professionalmente lo considero ufficiale ben aggiornato e capace; conosce in modo perfetto le armi della fanteria e bene la regolamentazione in genere. La sua nozione di comando è piuttosto incline alla benevolenza, non disgiunta però dalla dovuta fermezza. Degli uomini ha cura, come in genere del materiale….. Egli ha le doti del trascinatore, e possiede in giusta misura quelle dell'organizzatore. Luglio 1939 - firmato: capitano Campagna" Questo quanto diceva di lui il suo comandante di compagnia. Tornato alla vita d'insegnamento (storia dell'arte al Liceo Visconti ) si oppose alle manifestazioni all’interno del liceo tese a creare consenso nei mesi antecedenti lo scoppio del conflitto (1940) rimanendone anche ferito. Nel solaio soffitta aveva organizzato un deposito di volantini e qui nell'aula di scienze del prof. Guzzanti (nonno di Paolo e bisnonno di Sabina e Corrado), sottostante, organizzava le riunioni. Quando Mussolini invase la Grecia Persichetti venne richiamato e la sua sorte non fu dissimile da tanti soldati che ne ritornarono segnati nel fisico. Quando l’8 settembre seppe che i granatieri avevano aperto il fuoco contro i tedeschi corse a Porta S. Paolo per riprendere il suo posto anche in abiti civili. I genitori non vedendolo rientrare chiesero a quelli che gli erano stati vicini, ricevendone risposte interlocutorie. Raffaele non era più stato visto dopo le 14 del giorno 10. Dopo due giornate di vane ricerche, il Dott. Persichetti fu avvertito che la salma del figlio Raffaele si trovava nella sala mortuaria dell'Ospedale del Littorio; essa era stata deposta presso il Pronto Soccorso alle 16.10 del 10 settembre unitamente ad altri sei militari caduti nel combattimento di quel giorno | ||
Nunzio Incannamorte |
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Nunzio Incannamorte nasce a Gravina i123
dicembre 1913 da Arcangelo Raffaele e da Maria Luigia Saulle. È il sesto
di sette figli di cui cinque donne e due maschi: trascorre la sua
infanzia nella casa patema nella via che oggi porta il suo nome fino a
conclusione della Scuola Tecnica Regia. Trasferitosi a Bari si diploma
al Liceo Scientifico. Da questo momento affiora in lui la vocazione militare e, da sottotenente di complemento nel reggimento artiglieria, si dimette dal grado per accedere all'Accademia militare di Torino, classificandosi tra i primi per diventare sottotenente effettivo (spe). Completa e perfeziona la sua formazione militare frequentando la scuola di Applicazione d'Arma. Promosso tenente nel 1938, viene assegnato al l° gruppo obici da 100/17 del 17° reggimento artiglieria della Divisione Sforzesca. Partecipa nel 1940 alle fasi della guerra sul fronte occidentale alpino, viene trasferito al 5° art. contraerei assegnato al IV gruppo da 75/48 Skoda. Nel maggio 1941 si trasferisce al II gruppo da 75/46 dislocato a Castellammare di Stabia e con lo stesso gruppo (Div. Pasubio) nel luglio 1941 parte per la dura e sofferta campagna in Russia, caratterizzata da freddi intensi, neve, fame, accerchiamenti nemici e morte. Nel 1942 è promosso Capitano e riceve un encomio per aver contribuito a spossare il nemico e a trarre in salvo molti dei suoi compagni. Terminata la campagna di Russia, ritorna nella sua Gravina per riabbracciare la famiglia e gli amici ma, scaduta la licenza, riparte alla difesa di Roma dopo la dichiarazione dell'armistizio. Assegnato al 600° gruppo semoventi da 105/25 assume con fierezza e gioia il comando della batteria impegnata ad agire con carri armati. Ma il tragico destino è lì ad attenderlo: di fronte a Roma vi sono due grosse divisioni tedesche, una di paracadutisti e una corazzata. Già la sera dell'8 settembre 1943 iniziano le ostilità e la difesa, per quanto fatalmente slegata, si protrae fino al pomeriggio del giorno 10. Nunzio assume il comando di uno schieramento e, giunti a Porta San Paolo, si espone dando esempio di calma e fiducia in un momento in cui il Suo sacrificio appare inevitabile. Si slancia alla testa dei propri uomini contrattaccando con indomito valore sino a quando preferisce sopprimersi con una morte gloriosa piuttosto che cedere al nemico. (profilo e notizie biografiche da NUNZIO INCANNAMORTE "Eroe Gravinese" a cura della Fondazione "Ettore Pomarici Santomasi coordinati dalla Sig.ra Isabella Liuzzi) |
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Roma, 24-06-1944 Egregio Professore, non so quali vincoli la leghino al Cap. Incannamorte, ma. avendo trovato una sua cartolina nella di lui corrispondenza, penso che per lo meno sia stato un suo buon amico. Non so neppure se sia giunta già costì la tragica notizia della morte di Nunzio; ne ho informato il sindaco di Gravina e vorrei che a lui vi associaste nel darne il triste annunzio ai familiari. (. .. ) lo sono un collega di Nunzio ed insieme con lui nel settembre 1943 comandavo una batteria semovente del 600° gruppo (ndr da 105/25 vedi sotto): il 9 settembre con Nunzio e con i nostri pezzi ci schierammo intorno a Roma per difendere la città, disperato tentativo in cui caddero gli eroi più puri e più sconosciuti: spero un giorno di poter fare un po' di luce sulla gloriosa morte di Nunzio. (. .. ) Al padre ed alla madre, certamente inconsolabili, sia di conforto il sapere che il loro figlio non ha tremato dinanzi ai cannoni tedeschi e per essere di esempio ai suoi soldati nel magnifico furore della lotta, si è slanciato col suo carro contro un pezzo nemico: pistola in pugno, come sta scritto nelle più belle leggende di guerra, seminava il terrore intorno a sé e col carro schiacciava il pezzo nemico riuscendo ad aprire un varco nello stretto cerchio di fuoco che s'era fatto intorno alla sua batteria. E mentre il nemico volgeva le spalle ed un sorriso illuminava il volto di Nunzio, una raffica di mitragliatrice ne stroncava la giovane ed eroica esistenza. Han pianto con me i suoi soldati e quanti, come me, gli erano amici devoti ed affezionatissimi. La sua salma - serenamente composta - riposa nel camposanto del Verano a Roma. I suoi oggetti, sono a disposizione dei parenti nella mia casa. Abbracci per me i genitori e dica loro che, insieme alla mia famiglia, sono a loro disposizione. Molti ossequi. Cap. Vito Santoro |
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La lettera a fianco riportata del 4 marzo '43 arriva alla famiglia dopo un assenza di notizie di oltre due mesi in cui si è consumata la nostra "avventura" in Russia. I tedeschi continueranno a combattere con altre piccole residuali unità italiane ma la nostra esperienza nostra chiudeva qui. E' questo anche il segno, per le altrettanto tristi vicende africane in corso, che qualcosa sta cambiando anche a livello politico nazionale. Basterà lo sbarco in Sicilia dell'estate per rovesciare il traballante potere del PNF. La lettera posta a confronto con altre che qui non appaiono non fa più trasparire la sicurezza della vittoria di 18 mesi prima. Come si direbbe molta acqua è passata sotto i ponti e una parte di questa è americana entrata nel conflitto a gamba tesa e fornitrice ai Russi di quello che a loro manca e che hanno perso rifugiandosi nei momenti difficili nel fido "Generale Inverno", loro alleato fin dai tempi di Napoleone Bonaparte. Da qui scatenano a tempo debito l'offensiva che sorprende tutti e che mette tutti in difficoltà. Pur narrando della ritirata Nunzio non dice, se non superficialmente, in quali condizioni si svolge e che cosa ha comportato per il soldato italiano, anche quello che come lui si è salvato. Lui stesso non può raccontare cose che non sa e che si conoscono solo a livello più alti di comando. Per gli altri, vivi o morti, la verità verrà fuori anni dopo. Quando Nunzio scrive è fuori dalla sacca da oltre un mese e a centinaia e centinaia di km. dalla zona dei combattimenti (i Tedeschi in Febbraio attuavano una controffensiva di alleggerimento). Si trova a Gomel (città della Bielorussia) dove probabilmente si sono attrezzati campi di raccolta, ospedali per rivestire e curare oltre che il fisico, il morale dei soldati lungo la linea ferroviaria che porta prima in Polonia poi in Italia. I rientri avverranno in maniera lenta (il suo "credo di essere con voi verso Pasqua" posticipa ancora il termine poiché Pasqua quell'anno cade il 25 aprile) facendo in modo che il superstite non si presenti a casa nelle condizioni in cui è uscito dalla sacca. |
Gomel, 04-03-1943 (fronte
russo)
Mamma carissima, Archivio Storico Fondazione "Ettore Pomarici Santomasi" - Carteggio Incannamorte - Donazione del nipote Nunzio Ingannamorte - Fotocopia di una lettera, di cui l'originale è conservata in Archivio Casa Incannamorte Maria - inv. n.12. |
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Ettore Rosso |
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Ettore Rosso nacque nel 1920 a Montechino di Gropparello (Piacenza). Allo scoppio della guerra era uno studente del Politecnico di Milano, ma subito si arruolò volontario e venne destinato al 3° Reggimento genio. Da lì passò in Slovenia con il grado di sergente nel IV Battaglione telegrafisti. Dopo aver frequentato il Corso per Ufficiali di Complemento del Genio, fu nominato Sottotenente ed inviato al CXXXIV (134°) Battaglione misto genio della Divisione di cavalleria corazzata Ariete II, allora in fase di costituzione sulle ceneri dell'Ariete Africana. L'Ariete faceva parte del Corpo d'Armata Motocorazzato (CAM) insieme alla Centauro, alla motorizzata Piave ed alla Granatieri di Sardegna stanziato nei dintorni di Roma. L’Ariete aveva imperniato la propria difesa su tre capisaldi, due lungo la via Claudia, Manziana e Bracciano, ed uno sulla via Cassia a Monterosi. Fu proprio su quest'ultimo caposaldo che, attorno alle 4,00 del mattino del 9 settembre, arrivò il Kampfgruppe Groesser della 3a Divisione Panzergrenadieren, 30 carri armati e due battaglioni granatieri. Quando la testa della colonna tedesca giunse dove Rosso ed i suoi genieri stavano posando delle mine, il giovane ufficiale italiano fece mettere i suoi due autocarri carichi di tritolo di traverso. Il Comandante dell'avanguardia tedesca ordinò agli italiani di liberare immediatamente la carreggiata, ma Rosso respinse l'intimazione e, fatti allontanare i suoi uomini, tranne quattro volontari: i genieri scelti Pietro Colombo, Gino Obici, Gelindo Trombini e Augusto Zaccanti, diede fuoco alle micce degli autocarri mentre i tedeschi si avvicinavano. L'esplosione fu tremenda, perirono Ettore Rosso ed i suoi quattro eroici sottoposti ed alcuni tedeschi tra cui il Comandante dell'unità germanica. I granatieri ripiegarono per riorganizzarsi. Quando il Kampfgruppe Groesser riprese la sua avanzata verso Roma, il caposaldo Monterosi, Cavalleggeri di Lucca e 135° artiglieria era pronto a riceverli. |
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LE MEDAGLIE D'ORO
Persichetti Raffaele
Tenente cpl., 1° reggimento «Granatieri di Sardegna ».
Oltre
a Persichetti, Rosso e Incannamorte la medaglia d'oro andò aL Serg. magg. Udino Bombieri (10° Rgt "Lancieri di Vittorio
Emanuele II") |
Incannamorte Nunzio Capitano in Spe.
235° Art. c.c. 600 Gruppo Smv. 105/25
E mentre il
successo coronava la sua audacia, una raffica di
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Rosso Ettore, Volontario di guerra, l'8 settembre '43 ricevuto gli ordini di massima conseguenti alla nuova situazione, senza sbandamenti morali o crisi di coscienza, sapeva distinguere immediatamente quale fosse il suo dovere. Incaricato di disporre uno sbarramento di mine ai margini di un caposaldo della Difesa Nord di Roma, si portava sul posto ed iniziava il lavoro. Avuto notizia che si avvicinava una colonna tedesca, disponeva i suoi autocarri carichi di mine traverso alla strada per ostruire il transito. Al Comandante della colonna nemica sopraggiunta, che gli intimava di liberare la strada, rispondeva con un netto rifiuto. Ricevuto un ultimatum di 15 minuti ne approfittava per completare lo sbarramento e far ripiegare i suoi uomini, ad eccezione di quattro volontari, su posizione più arretrata. Scaduto il termine concessogli e iniziando la colonna ad avanzare, apriva il fuoco su di essa. Constatata l'impossibilità di arrestarla col fuoco delle armi, con sublime eroismo provocava lo scoppio del carico di mine, immolando la sua giovane esistenza e distruggendo la testa della colonna nemica che, perduto il comandante, era costretta a ripiegare. Monterosi, 9 settembre 1943. |
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