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Lettera aperta ai colleghi delle SSIS
(inviata da Davide Mammano, AIP: Associazione Italiana Precari)

La vexata quaestio che ha contrapposto gli abilitati delle scuole di specializzazione a quelli del concorso ordinario e delle sessioni riservate ha origine in ambito parlamentare, nella scarsa competenza di "cose di scuola" dimostrata dal legislatore e nella sua compiacenza verso le lobbies universitarie che allo scopo di finanziare gli atenei sono riuscite nell'intento di realizzare le SSIS senza organizzare in modo adeguato la
fase di transizione dal vecchio al nuovo sistema di gestione del precariato.
L'attivazione dei corsi di specializzazione avrebbe dovuto tener debito conto del fabbisogno professionale per singole aree ma probabilmente nessuno ha gettato un'occhiata alle graduatorie permanenti - lunghissime teorie di nomi, date, punteggi, già esistenti da anni - sufficienti a soddisfare il la richiesta di docenti per parecchio tempo.

Con ciò non si vuol sostenere che le SSIS non siano utili in prospettiva, giacché la loro ragion d'essere risiede nella esigenza di costituire un corpus di professionisti con preparazione specifica orientata alla didattica. E tuttavia, senza aver stabilito precise ed eque dinamiche di
avvicendamento, il legislatore ha finito col gettare lo scompiglio nel mondo del precariato, condizione che nel frattempo è diventata un dato strutturale della realtà lavorativa di decine di migliaia di insegnanti.

Il varo delle SSIS ha offerto ai giovani laureati una prospettiva professionale che era ingiusto promettere poiché la stessa andava ad urtare in modo dirompente (come si è visto) contro le aspettative legittime e consolidate di chi aveva intrapreso già da tempo un cammino lavorativo, valendosi delle uniche opportunità che lo Stato aveva fornito in ben dieci
anni; appunto, le sessioni riservate e i concorsi ordinari. Mi sembrerebbe quantomeno bizzarro che si sostenesse che l'anzianità di servizio - ovvero la pratica sul campo - non costituisca titolo spendibile in termini di professionalità e capacità operative. Ed infatti, nell'istituire i corsi
abilitanti, lo Stato ha giustamente tenuto conto di tale elemento, in tal modo riparando ad una grave omissione perdurata per due lustri e fornendo al precariato storico una prospettiva finalmente certa di stabilizzazione lavorativa, economica e sociale, salvo pentirsene e rimescolare le carte a partita in corso.

Pertanto non vorrei portare le mie argomentazioni sul terreno polemico della qualità professionale dei docenti precari "storici", così come non mi sembra opportuno sindacare sulla capacità dei giovani docenti di apportare un validissimo contributo al mondo della scuola. Mi preme, invece, incentrare il mio ragionamento sulla equità di quanto è successo.

Partendo dal presupposto che i titoli conferiti dallo Stato non possano avere valore differente, si deve accettare l'assunto che tutte le abilitazioni abbiano la stessa dignità e, di conseguenza, la medesima spendibilità e che dunque l'attribuzione di trenta punti (come valore della sola abilitazione conseguita con le SSIS) a fronte di tre punti (come valore
dei titoli derivanti dal concorso ordinario e da quello riservato) costituisca una sperequazione nei confronti della quale non è rimasto altro che ricorrere in giudizio e costituire una organizzazione - l'AIP - che tutelasse i diritti dei precari "storici".

Tuttavia, se nella sostanza il giudizio è andato incontro alle richieste dei docenti ricorrenti, esso non li ha soddisfatti sul merito della questione da essi sollevata: la differente valutazione del titolo. Secondo l'opinione di molti, la graduatoria permanete avrebbe ben potuto essere aperta agli abilitati SSIS a patto di garantire pari e giuste opportunità di collocamento nella stessa. Tanto per fare un esempio: l'attribuzione di un punteggio finale derivante dal possesso del titolo di studio e dal voto di laurea, da titoli culturali, di abilitazione/i, da requisiti di stato
civile, nonché dal numero di anni di servizio. Tale norma avrebbe garantito la salvaguardia dei diritti acquisiti e consentito ai neo-abilitati di inserirsi nel balletto delle nomine senza calpestare i piedi a nessuno.

Ora - mi domando -, con le prospettive che sarebbero maturate da tale configurazione, l'università avrebbe potuto pretendere cinque milioni di lire a titolo d'iscrizione per le scuole di specializzazione?? Purtroppo, costruendo le riforme intorno agli interessi di gruppi di potere e di pressione - i quali poco si sono preoccupati degli interessi legittimi dei lavoratori - si è pervenuti al caos che ha condotto allo scontro interno alla classe docente. E per questo che, se prescindiamo dai momenti in cui la rabbia e la delusione hanno fatto pronunciare qualche parola di troppo agli uni e agli altri, mi pare indubitabile che i giovani docenti non abbiano
responsabilità alcuna di quanto è successo, così come non la hanno i docenti più anziani. Gli stessi politici appartenenti ai due schieramenti fanno di continuo ammenda sui propri errori; e quello di cui in oggetto non è l'unico grave commesso negli ultimi tre anni!

Alla luce di quanto espresso, mi sento di chiedere ai colleghi delle SSIS di rispondere al loro senso di giustizia e di chiedersi se, a ben vedere, essi non ritengano legittima la protesta avanzata dai precari anziani.

Se un torto è stato commesso verso di essi - ed è stato commesso - i responsabili siedono nelle aule delle università e sugli scranni del Parlamento!

Catania, 29 febbraio 2003

Davide Mammano

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