Venne il giorno in cui lo schiavo nero morì. Stava lavorando alla miniera del Principe, quando un masso gli cadde sulla testa e lo uccise.
- Gli schiavi sono sempre così disobbedienti! Fanno di tutto per non lavorare!- commentò la guardia che controllava gli schiavi. Questi non approvava mai che qualcuno smettesse di lavorare, per quello il Principe gli aveva donato la frusta.
Dopo qualche giorno, tutti in città si resero conto che c'era un problema. Cosa si sarebbe dovuto fare della figlia dello schiavo nero?
Era una bambina di quattro anni, e sua madre era morta l'anno precedente di malaria.
-La mamma è andata a trovare il Nostro Signore- gli aveva detto suo padre - e noi un giorno la rivedremo là!-
Ma ora chi avrebbe dovuto occuparsene?
-Non lo può di certo fare il Comune! I cittadini pagano le tasse per avere dei servizi, non per allevare le figlie degli schiavi!- disse il Sindaco, che era sempre molto attento nell'osservare le leggi del Principe.
Tutti gli diedero ragione per il suo senso pratico.
- Non lo può certo fare la Chiesa! Quella bambina ha la pelle nera come la pece, è quindi chiaro che è cattiva! Le persone buone sono bianche, come sono bianchi gli Angeli di Nostro Signore- disse il Prete, e tutti gli diedero ragione, viste le sue indubbie conoscenze teologiche.
-Non lo possiamo certo fare noi! Abbiamo appena il pane per nutrire i nostri figli!- dissero i cittadini, che al Principe dovevano pagare tante tasse, ma i servizi di cui parlava il Sindaco li vedevano raramente.
Ma allora cosa fare di quella bambina? Tutti si guardavano in faccia, non potevano certo lasciarla lì. Sarebbe stato un brutto spettacolo per i loro figli vedere una bambina morire di fame.
-Ho trovato!- disse il Sindaco -la possiamo abbandonare nel Bosco Oscuro del Gigante Piangente! Lì assomiglia molto ad una foresta, ed i neri vivono nelle foreste, no? Sarebbe un po' come riportarla a casa!-
L'idea piacque subito a tutti, tanto che il Prete indisse una festa cittadina per festeggiare l'ottima soluzione.
Così il giorno dopo le guardie presero la bambina e la portarono al limitare del bosco. Avevano paura a spingersi oltre, perché temevano molto il Gigante Piangente, che da sempre era un nemico degli uomini.
La bambina rimase lì sola sola per qualche ora, poi vide un uccellino dal petto rosso volare dentro il bosco ed iniziò a corrergli dietro per prenderlo. Era così bello quell'uccellino! Se ne era innamorata subito. Ora si era appoggiato per terra per mangiare un verme, così la bambina poté avvicinarsi quatta quatta, ma l'uccellino volò via velocemente, spaventato da un forte rumore che si era sentito lì vicino. Sembrava quasi il passo di qualcuno che si stava avvicinando, qualcuno di molto grosso, ma la bambina non stette troppo a pensarci, era troppo dispiaciuta del fatto che l'uccellino fosse volato via, e si era messa a piangere. 
Poco dopo giunse il Gigante Piangente. Si mise a guardare quella bambina nera come la pece che continuava a piangere senza essersi accorta di lui. Ne ebbe subito pena e le chiese: -Perché piangi bambina? E cosa fai qui da sola?
La bambina ora si accorse del Gigante e ne rimase subito spaventata.
-Mi hanno portata qui le guardie del Principe. E piango perché l'uccellino dal petto rosso che seguivo è volato via. Ma tu sei il Gigante Piangente? Ed ora mi mangerai?- rispose la bambina.
-No, non ti mangerò. Anche se è vero che io sono il Gigante Piangente. -
- E perché vieni chiamato Piangente?-
-perché mia moglie e mio figlio sono stati uccisi dai Cavalieri del Principe, ed è da allora che il mio cuore non ha mai smesso di piangere. -
Dopodiché il Gigante Piangente prese la bambina con sé e la portò nella sua grotta, con l'intenzione di allevarla, visto che la bambina le aveva detto di aver perduto entrambi i genitori. 
Gli anni passarono e la bambina presto divenne una donna. Era una donna bellissima, alta, snella, dai lunghi capelli neri come il gaietto che le scendevano sulle spalle. E continuava a vivere con il Gigante Piangente, e poiché per i giganti il tempo scorre diversamente, egli continuava ad essere giovane e forte.
Ebanea, così l'aveva sempre chiamata il Gigante Piangente, un giorno si rese conto di essere innamorata di lui, e così lo baciò. Dopo il bacio il gigante smise subito di piangere, giacché anche egli l'amava.
-D'ora in poi non mi farò più chiamare Gigante Piangente, ma Gigante Felice!- esclamò il Gigante Felice. -Aspettami qua, ora vado a raccoglierti dei fiori che ho visto nel bosco!- E così corse via.
Corse per un po' quando vide sulla sua strada arrivare un Cavaliere su di un cavallo bianco. Il Cavaliere stava tornando dalle Crociate, dove lo aveva mandato il Principe.
-Non è giusto che una persona che non crede in Nostro Signore viva nella terra dove ha vissuto anche Lui- gli aveva detto il Principe, ed il Cavaliere aveva annuito, poiché il Principe diceva sempre il giusto.
E così anche il Cavaliere vide il gigante.
-Un gigante- esclamò -Sicuramente è cattivo e da fastidio alle persone che vivono qua vicino!-
Così estrasse il suo arco ed iniziò a tirargli frecce. Il Gigante Felice era molto spaventato, e visto che il Cavaliere aveva un cavallo questi era sicuramente più veloce di lui. Non poteva scappare, avrebbe dovuto affrontarlo.
Ci fu quindi un grande scontro, ma alla fine ne risultò vincitore il Cavaliere, che aveva molta più esperienza in battaglia.
- Ho fatto come Golia!- si compiacque il Cavaliere- ed anch'io ho sconfitto un gigante! Ora verrò sicuramente premiato dal Principe e onorato dai cittadini!-
Ebanea, che non vedeva arrivare il Gigante Felice iniziò a preoccuparsi ed andò a cercarlo nel bosco.
Dopo molte ricerche riuscì a trovarlo. Il suo gigantesco corpo era immobile e pieno di ferite. Ebanea corse verso di lui, rendendosi conto che era morto.
Pianse, pianse tanto per la morte del suo amato Gigante Felice, tanto che fra le sue lacrime scivolò via anche la sua anima. Così il suo corpo rimase immobile ed abbracciato per sempre al Gigante Felice.
Si racconta che in quel luogo dopo un po' nacque l'albero dell'Ebano, un albero gigantesco e nero come la pece.
Spesso i cittadini andavano a vedere quell'albero così maestoso, e ribatezzarono il Bosco Oscuro del Gigante Piangente come Bosco Oscuro dell'Albero Nero.
E volevano davvero tutti bene a quell'albero! Infatti in molti gli dicevano il proprio nome scrivendoglielo sopra, e gli innamorati gli scrivevano sopra il nome della propria amata.
Un giorno però poiché quello dell'Albero Nero era un legno molto raro e pregiato il Principe lo fece tagliare. In quel modo l'Artigiano avrebbe potuto intagliarlo e fare dei mobili.
Il Principe infatti voleva regalare quei mobili a suo figlio, che si stava per sposare con la figlia del Barone.

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Phoenix- 23-01-2000

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