viaggio nell' "io"

 

                                                Finché la parola condurrà emozioni, 

                             le emozioni viaggeranno dentro le parole.

 

 

 

 

 

 

La nostra società ha prodotto la frantumazione del sentimento amoroso: da un lato l'approccio medico è giunto ad isolare un istinto di natura fisiologica, riducendo l'amore ad una serie di situazioni relazionali a cui ha dato il nome di sessualità; dall'altro la psicologia di derivazione analitica ci indica il desiderio amoroso come una serie di risposte affettive ad una motivazione pulsionale inconscia. Il contrasto è assoluo. Nelle antiche cosmologie greche, Eros designa una forza primitiva e generatrice del mondo; Platone ci dà una trattazione filosofica dell'Amore come desiderio e ricerca della bellezza e del bene. vi è infatti un legame di continuità fra l'amore sessuale e l'amore inteso in senso metafisico, in quanto Eros è una forza che permette di passare dall'attrazione verso la bellezza di un corpo a quella verso la bellezza del mondo e poi a quella verso la bellezza della realtà spirituale dell'anima e delle idee, cioè verso l'unità del Tutto.

Quando nacque Afrodite, gli dei festeggiarono con un sontuoso banchetto presso il giardino di Zeus; era presente Poros, il dio dell'astuzia e dell'espediente e Penia la dea della povertà. Vedendo Poros ebbro di nettare pensò di avere un figlio da lui e si distese al suo fianco: nacque Eros figlio dell'espediente e della povertà, servitore di Afrodite. La natura e il carattere dell'amore hanno ragion d'essere proprio dalle condizioni che ne hanno determinato la nascita. Eros è servitore di Afrodite  perchè concepito nel giorno della sua nascita,è amante del bello perchè Afrodite è bella;è povero perchè figlio di Penia ; è inventivo ed astuto perchè figlio di Poros. Dunque Eros non è bello nè buono, ma è sete di bellezza e di bontà;non è un dio ma neppure un uomo, non è mortale ma neppure immortale. Eros è un filosofo, amante della saggezza. Infatti la "sophia, la sapienza è posseduta dalla divinità mentre l'ignoranza è propria di colui che è totalmente privo di sapienza.

La filosofia è propria di chi non è nè ignorante nè sapiente,non possiede il sapere ma è a conoscenza della sua esistenza ed aspira ad esso, è sempre in cerca della verità. Ecco perchè il termine filosofia è strettamente collegato con il mito di Eros. Il filosofo non è sapiente,perchè solo gli dei lo sono,ma non è neppure in uno stato di completa ignoranza: come Eros è in una situazione intermedia e per questo desidera la sapienza. Filosofo è quindi colui che sente in sè Eros, come forza che lo spinge al superiore mondo delle Idee.

Il pensiero platonico, nel quale la filosofia appare come un'esperienza d'amore, lascia una profonda traccia nella cultura del Medioevo e del Rinascimento; dalle esperienze letterarie appare il conflitto tra la tendenza a conservare all'Eros la matrice greca e l'esigenza di far convivere entro questo spazio i valori della bellezza e della sensualità profane con quelli della bellezza come estasi religiosa.

 

 

 

 

 

 

viaggio nella sfera affettiva                                         VIAGGIO NELLA SFERA AFFETTIVA

 

 

                                         L’ E R O S  

 

L'eros è insito in ogni essere umano e non è certo attitudine esclusiva dell'uomo contemporaneo, anzi il panorama letterario classico è ricco di spunti davvero interessanti... quando non si osava scoprire gli abiti era più lecito sognare trasparenze.

Vorrei stringere nudo, una sera,
il mio cavaliere fra le mie braccia,
e che lui si sentisse felice
solo ch'io gli facessi da cuscino... (sec. XII)


Cosa c'è di erotico? Il fatto che l'Autore del presente brano è una donna, e soprattutto una donna medievale. Ecco l'aspetto antropico dell'erotismo, inscindibile dal tempo in cui è inserita una narrazione. L'incantesimo, lo smarrimento di fronte all'idea dell'Eros che tutto avvolge, forse questo è l'erotismo....

 

 

                                                       M I T O L O G I A  

Viviamo in un'epoca in cui spesso dimentichiamo il passato, ma poi ne sentiamo il respiro in cio' che diciamo, nelle nostre parole...nei nostri pensieri.

C H I M E R A

 

Suo padre fu Tifone, il cui corpo gigantesco culminava in cento teste di drago. Giace relegato sotto una delle isole vulcaniche della nostra terra (probabilmente la Sicilia), ancora fremente della rabbia che lo portò un giorno lontano a sfidare gli dei, a cacciarli dall'Olimpo ed a ferire Zeus.
Mostro  figlio di Tifòne e Echidna, la madre (per metà donna bellissima e per metà orribile serpente maculato). La chimera aveva la testa di leone, la coda di drago e il ventre di capra. Vomitava fuoco e fiamme e con le sue fiamme seccava tutta la vita vegetale. Dopo aver devastato per molto tempo la Licia, la Chimera fu uccisa da Bellerofonte (che montava il famoso cavallo alato  Pègaso). Si tratterebbe, secondo alcuni interpreti, della personificazione di un vulcano, abitato in alto da leoni, ed alle pendici da capre. Simboleggia, comunque, l'istinto, al suo stato caotico e primordiale.

 

                                                                        Eros (Cupido)  

Erotismo deriva dal latino "eroticus" , che a sua volta si costruisce sulla parola greca "erotikos". Eros era chiamato il dio dell'amore rappresentato nella figura del ragazzo metà nudo e munito di  un arco. Ma l'eros è molto più che quello. È uno dei dei miti più antichi, vecchio quanto la terra e simboleggia l'amore, la forza creativa, la vitalità, la stessa vita. All'opposto vi è Tánatos, simbolo della distruzione e della morte. Eros per i Greci, per i Romani Cupido, era rappresentato come un bimbo alato di grandissima bellezza armato di un arco col quale scagliava le infallibili frecce dalla cui ferita nasceva il mal d'amore. Era la personificazione della forza irresistibile che spinge gli esseri umani uno verso l'altra. Era venerato non solo come dio dell'amore ma anche come protettore delle amicizie fra gli uomini. Figlio di Afrodite e di Ares appena nacque Zeus consapevole dei guai che avrebbe avrebbe combinato cercò di convincere Afrodite a sopprimerlo. Allora Afrodite per salvarlo da Zeus lo fece allevare di nascosto nei boschi dove le bestie feroci lo allevarono e nutrirono. Appena il bimbo crebbe abbastanza da utilizzare un arco se ne costruì uno di frassino e le frecce di cipresso, imparò da solo l'uso dell'arma addestrandosi con gli animali nell'arte di ferire gli uomini e gli dèi. Non risparmiò nemmeno la madre che scoccandole a tradimento una freccia la fece innamorare di Adone (unico amore della dea) che fu ucciso da Ares ingelosito.

 

                                                      Pan 

Dio dei pastori e dei greggi. Di Pan ne esistevano diversi, infatti ogni generazione di dèi aveva il suo Pan. I Greci per distinguerli li chiamarono in modo diverso in base al loro padre, Ermopan da Ermes, Diopan da Zeus, Titanopan dai Titani. Il più famoso rimane Ermopan, quando Ermes fece il pastore per conto di Driope e innamoratosi di una delle ragazze di questi, la mise incinta. Certamente il nome viene da Paian Pascolare. Pan vagava per monti, valli e boschi, zufolando e seguito da tanti Paniskoi e dalle ninfe. Grande amante del sesso ebbe numerose avventure con diverse ninfe tra le quali Eco ed Eufeme con la quale generò il Sagittario dello zodiaco. Si vantava di avere fatto l'amore con tutte le Menadi. Il suo più grande amore fu rivolto a Selene ma la dea non gradiva quel dio sporco e peloso, allora Pan nascose la sua figura sotto delle pelli bianche e profumate, Selene non riconoscendolo accettò di cavalcarlo e si fece fare tutto quello che a Pan piacque. Pan era un dio bonario che aiutava chiunque avesse bisogno di lui. Insegnò ad Apollo l'arte del vaticinio. Il dio non sopportava di essere disturbato durante il riposo pomeridiano, se ciò avveniva Pan si alzava in piedi ed emetteva degli urli terrificanti tanto da creare il timore panico. In chiave letteraria il cosiddetto panismo rimanda ad una fase precisa della poetica di Gabriele d'Annunzio.  

 

 

                                                                              Zeus  

 

Quando gli antichi greci udivano un tuono associavano quel rumore al carro di Giove, ed allora si immaginavano un carro gigantesco e "veleggiante" che in quel momento passava sopra le loro teste. Era Zeus. Il padre degli dei trascorse, la sua prima infanzia nella ridente isola di Creta, e quando nacque, sua madre Rea, per sottrarlo all’ingiustizia del padre, lo nascose in una caverna sul monte Ida. Nella tradizione letteraria greca, e poi in quella latina (dove assunse il nome di Giove), Zeus appare come il più importante e potente tra gli immortali, colui al quale tutti devono obbedienza. Per sua volontà il bene e il male era distribuito tra gli uomini che Prometeo aveva creato col fango, ma anche Zeus era sottoposto al Fato. La sua sede naturale era la vetta del monte Olimpo; armato del tuono e del fulmine il Tuonante o il Saettatore, Zeus poteva scatenare la tempesta scuotendo il proprio scudo, e al suo intervento diretto furono attribuiti, almeno fino all'età classica, molti fenomeni naturali. Gli era sacra la quercia e attraverso lo stormire delle sue fronde egli si manifestava.


                                           IL PARERE DELLo PSICOLOGo

                                      

LA RELAZIONE DI COPPIA E L'INTIMITA'

In questi ultimi anni si registra una sempre maggior consapevolezza dell'importanza dei legami sociali per la vita umana e, soprattutto, emerge, con sempre più chiarezza, il desiderio crescente delle persone di soddisfare il bisogno di entrare con gli altri in "relazioni intime", cioè relazioni strette, prolungate nel tempo, implicanti vicinanza emotiva, capaci di promuovere il legame e di garantire rispetto, sostegno e comprensione.

Ma quali sono i fattori che consentono alle persone di sperimentare legami intimi e duraturi? L'intimità può essere incrementata e migliorata?

Presento il modello a spirale dell'intimità, sviluppato dal Prof. Cusinato, Docente all'Università di Padova e dal Prof. D'Abate, psicologo americano.

Premessa

L'uomo per sua natura, è un animale sociale, ha bisogno di confrontarsi con gli altri, di sentirsi parte di un gruppo e di entrare in relazione, seppur a livelli diversi, con le altre persone.

Se pensiamo alla nostra storia personale, ci possiamo facilmente rendere conto del fatto che siamo nati in un mondo di "relazioni significative", siamo cresciuti confrontandoci con chi ci stava vicino, abbiamo imparato dal riflesso che le nostre azioni avevano sugli altri, ci siamo definiti riconoscendoci in alcuni aspetti uguali e in altri diversi dalle persone, soprattutto quelle per noi significative, che ci hanno circondato.

Anche la letteratura scientifica ha registrato ultimamente una presa di consapevolezza dell'importanza dei legami sociali per la vita evidenziando come ci sia un desiderio crescente delle persone di soddisfare il bisogno di entrare con gli altri in relazioni intime, cioè strette, prolungate nel tempo, implicanti vicinanza emotiva, capaci di promuovere il legame e di garantire rispetto, sostegno, comprensione.
Si tratta di un desiderio che investe tutte le nostre relazioni significative.

Una ricerca condotta da Sternberg e Grajek nel 1984, "The Nature of Love", ha messo in luce come la struttura dell'intimità in amore non sembra differire da una relazione affettiva all'altra, anzi, sembrerebbe che l'intimità sia un terreno comune non solo per la relazione di coppia, ma anche per le relazioni familiari in senso lato e per le relazioni amicali.

Tuttavia, benché sia assodato che tutti abbiamo bisogno e cerchiamo il contatto e il confronto con gli altri, da più parti emerge come vada diminuendo la capacità di instaurare relazioni intime. In effetti, spesso si assiste ad un'ambivalenza tra il desiderio e il timore nei confronti di questa esperienza.

Hatfield (1987) ha messo a fuoco alcune ragioni per cui le persone talvolta rifuggono dalle relazioni intime: si tratta del timore di fidarsi, di essere abbandonate, di essere attaccate nelle proprie fragilità, di perdere la propria individualità.

L'intimità in una relazione dipende quindi dal modo di percepirsi: saldi nella nostra identità o fragili e non ben definiti. Infatti, la condizione essenziale per entrare in relazioni intime, superando i timori, è "percepirsi provvisti di un'identità personale solida e ben definita", fattore che ci consente di entrare in relazione con l'altro senza perdersi, senza avere l'impressione di vedere dissolversi nell'altro le proprie caratteristiche, la propria individualità e originalità.
In questo senso, autonomia individuale e capacità di amare sono associate e quindi, tanto più una persona ha raggiunto la propria autonomia ed è consapevole di se stessa, tanto più è capace di entrare in intimità con l'altro rispettandone l'unicità.

Tutto questo è estremamente importante nell'ambito della relazione di coppia, dove, per poter sperimentare intimità, è essenziale favorire l'identità personale e l'unità di coppia, che in altri termini significa favorire la capacità di ciascuno di sperimentarsi come separato e diverso dall'altro all'interno di un rapporto, di un'alleanza basata sulla capacità di essere presenti a sé e all'altro.

Il modello "a spirale" dell'intimità

A partire da questi presupposti, Cusinato e L'Abate (1992) hanno messo a punto un modello teorico a spirale dell'intimità che comprende sei fattori tra loro interdipendenti che formano un circolo dinamico, una spirale ricorsiva, così che ciascuno di essi alimenta il successivo ed è dagli altri alimentato.

Uno degli aspetti pregevoli e importanti del modello è dato dal fatto che considera l'intimità in termini molto concreti e operativi: non viene infatti considerata semplicemente come un fattore intrapsichico, ma è vista principalmente come un qualcosa che può tradursi in comportamenti concreti, e quindi come un qualcosa che può essere arricchito e migliorato.
In questo senso l'intimità non è considerata come un qualcosa di scontato, dato una volta per tutte sulla base del fatto che ci si vuole bene, ma viene considerata come un aspetto della relazione di coppia che, per essere mantenuto, richiede impegno e riflessione e soprattutto, come aspetto della relazione che può essere migliorato.

Ma vediamo nello specifico quali sono i fattori di questo modello.
 

Capacità dei partner di comunicarsi reciprocamente i propri valori personali

La comunicazione è essenziale alla vita di relazione e assume qualità specifiche a seconda che sia a servizio della negoziazione e quindi del fare e dell'avere, dove si comunica in vista del raggiungimento di obiettivi comuni, o dell'intimità e quindi dell'essere, dove il parlare si fa confidenza e l'ascoltare diventa disponibilità esplicita alla persona del partner.
Risulta essenziale, perché si verifichi questo tipo di comunicazione, il fatto che all'interno della relazione di coppia ci sia un clima di libertà e non di costrizione o controllo, la percezione di una uguale importanza di sé e dell'altro e la consapevolezza che questa condivisione non potrà mai essere totale: ognuno ha una propria individualità e non può "fondersi" o "confondersi" con l'altro.

Capacità di rispettare i sentimenti personali dell'altro

Il nucleo centrale di ogni individualità è rappresentata dal fatto che ciascuno ha una propria storia, familiare e sociale, dei propri sentimenti, gusti, preferenze, memorie, sensibilità, bisogni aspettative, ecc. Da questo punto di vista, amarsi, entrare in intimità con l'altro non significa sentire allo stesso modo, ma significa poter potenziare e dispiegare le proprie capacità individuali per arricchire la relazione di due differenti sensibilità. In altre parole, intimità e condivisione sono raggiungibili accettando e rispettando se stessi e l'unicità dell'altro.

Accettazione reciproca dei limiti personali

Tutti noi siamo fallibili e abbiamo dei limiti: la convivenza e la solidarietà umana si basano proprio su questi assunti. Se questo è valido per ogni relazione tra persone è particolarmente tangibile per due coniugi che hanno scelto di condividere la propria esistenza.
In questo senso essere intimi significa:

lasciare che l'altro ci veda per quello che siamo, evitando di cadere nella tentazione di voler sempre apparire adeguati o perfetti e sopportando di sentirci vulnerabili ed esposti alla possibilità di un rifiuto;

accettare l'altro nei suoi limiti, alcuni dei quali conosciuti e altri che si scopriranno nella vita insieme;

essere solidali l'un l'altro, aiutandosi reciprocamente, per quanto possibile, ad andare oltre i limiti stessi.

Valorizzazione reciproca delle rispettive potenzialità

Fortunatamente le persone non hanno solo limiti, ma possiedono anche delle potenzialità che vanno valorizzate.
Si tratta di un processo per cui ciascun partner favorisce la crescita personale dell'altro, stimolandone le risorse nascoste e apprezzandone i comportamenti e gli atteggiamenti positivi.
E' essenziale, perché questo processo porti all'intimità che:

sia reciproco e veda entrambi lavorare per la realizzazione di ciascuno: se così non fosse, non si sperimenterebbe intimità e collaborazione, ma competizione ed egoismo

renda possibile riconoscere a se stessi e all'altro che la propria realizzazione passa anche attraverso l'aiuto e la vicinanza del partner.

Capacità dei partner di condividere i dolori e il timore di essere feriti

E' il fattore chiave per raggiungere e mantenere l'intimità e racchiude due aspetti:

il potersi mostrare all'altro senza maschere con tutta la propria fragilità e vulnerabilità chiedendo e ottenendo dall'altro la sua presenza, il suo esserci

il tollerare che quanto più un legame è stretto, tanto più alta è la possibilità di ferire ed essere feriti.

In effetti, non veniamo feriti dagli estranei, il potere di ferire solitamente è riservato a poche persone: quelle per noi importanti, alle quali siamo legati da vincoli di attaccamento e di amore.