Bufera giornalistica estiva contro don Giovanni Tonelli e suo fratello Giorgio.
Don Giovanni Tonelli è soprattutto, per me, il direttore del settimanale diocesano riminese «il Ponte», a cui collaboro dal 1982: per gli altri, va aggiunto, è pure il responsabile di un mucchio di cose, a livello sia diocesano sia regionale lo è della cosiddetta comunicazione, è il patron di quanto gira attorno a Radio Icaro, cioè il notiziario televisivo e poi Bottega Video, e non so quant'altro attiene a questo settore.
In principio ci fu l'attacco contro Giorgio Tonelli, redattore capo della Rai bolognese inviso a chi detiene nel capoluogo emiliano il potere politico (leggi destra berlusconiana, leghista ed An, con sfumature varie tra i singoli movimenti o partiti).
Poi è venuto l'attacco a Giovanni Tonelli, accusato di aver fatto una dichiarazione falsa (non aver cioè parenti in Rai) quando come presidente di Bottega Video firmò un contratto di fornitura di servizi video alla stessa Rai.
Conoscendo il gran lavoro a cui Giò si sottopone quotidianamente (con cento argomenti trattati quasi in contemporanea, e conseguente disperazione di chi ha bisogno di colloquiare con lui), nulla di strano è che lui abbia firmato senza leggere.
Leggerezza sua ebbene sì, o di qualche suo collaboratore? Su questo non ci piove.
A tutti succede di dimenticare qualcosa: io sono sempre puntuale, anzi normalmente in anticipo sulle scadenze che mi aspettano, eppure mi è accaduto di girare anni fa per qualche mese con la patente da rinnovare, e nella scorsa primavera di pagare il bollo dell'auto con un'ora (ovvero una giornata...) di ritardo e con qualche euro di multa.
Spassionatamente, se dichiarazione falsa c'è stata per questa 'dimenticanza' personale di Giovanni Tonelli, o per una leggerezza dei suoi collaboratori, questo non significa che il fatto in sé non vada tenuto distinto dalla strumentalizzazione che il direttore della «Voce» riminese ha fatto della vicenda, riaprendo una campagna «ad personam» contro don Giovanni Tonelli il quale risulta simpatico allo stesso direttore (per sua stessa ammissione), soltanto perché così egli (il direttore), con facile artificio retorico, può tentare di gettare nel ridicolo lo stesso Giovanni per la sua risposta apparsa ne «il Ponte».
Secondo me il problema non è questa vicenda chiamiamola «bolognese» dei fratelli che lavorano uno in Rai e l'altro da Rimini anche per la Rai quale presidente e socio (ora dimessosi) di Bottega Video. Esistono le sedi opportune (amministrative e persino giudiziarie) per appurarne le responsabilità.
Il problema è che a Rimini e contorni diocesani esiste un vasto movimento che vuol far le scarpe a don Tonelli, e che tale movimento va alla ricerca di tutto ciò che può servire allo scopo, cioè allontanarlo dalla (scomoda, ma appetita) poltrona di direttore de «il Ponte».
Non è una domanda evocatrice di misteri quella che ci si pone quando ci chiediamo chi ci sia dietro il direttore della «Voce» riminese. Lo sappiamo bene.
Alla pagina successiva sul caso Tonelli (documenti da Ariminol).