GUIDO NOZZOLI - UN GRANDE RIMINESE di Silvio Di Giovanni Da «La Piazza della Provincia», a. VII, n. 11, novembre 2003 Ricorre in questi giorni il terzo anniversario della morte di Guido Nozzoli, una delle firme più prestigiose del giornalismo italiano. Si è spento a Rimini l'11 novembre 2000, nella città ove era nato il 2 dicembre 1918. Nel dopoguerra la sua riservatezza, il suo carattere schivo degli onori non gli permise di accettare la carica di Sindaco di Rimini, nè altre cariche politiche di prestigio. Fu un compagno onesto e modesto oltre ogni immaginazione. Durante la guerra aveva operato in maniera pressante presso i comandi alleati per evitare che San Marino, occupata dai tedeschi, venisse rasa al suolo dai bombardamenti come lo fu Montecassino, ma non se ne fece mai un vanto pubblico. Lui fece addirittura uno sforzo per accettare il riconoscimento del "Sigismondo d'oro" nel 1999. "In quella occasione" come riporta il suo amico Enzo Pirroni "di fronte ad assessori distratti, giovani politici che nulla conoscevano di lui e della di lui storia, Guido fu dissacrante, autoironico riuscendo ad impartire a tutti i presenti una lezione di stile e di umiltà". Si dedicò al giornalismo ed all'attività di scrittore. In questa compose opere storiche e monografie di grande importanza sotto l'aspetto della cronaca e della realtà storiografica in relazione ai fatti accaduti: I ras del Regime - gli uomini che disfecero gli italiani - Milano 1972 ed ancora 1977 La zanzara: cronache e documenti di uno scandalo (scritto assieme a Pier Maria Paoletti) - Milano 1966 Il pianeta Romagna - Bologna 1963 Biografia di Amilcare Cipriani Presentazione del volume di Compagnoni Orano - Il coltello di Don Giuseppe - Bologna 1970 Quelli di Bulow - cronache della 28° Brigata Garibaldi - Roma 1957. - Questa opera, ripresa più volte con monografia nel 1971, ci ricorda le battaglie nelle zone del ravennate ove l'allora giovane partigiano ventitreenne Mario Castelvetro, ora nostro concittadino di adozione a Cattolica, operava con la Brigata di Arrigo Boldrini assieme anche al "poeta" Antonio Meluschi che, con Mario Verdelli ("Nando") commissario politico trasferito a Rimini da Bologna avevano già incontrato nell'attività clandestina Guido Nozzoli e con lui collaborato. Quel "poeta" compagno Meluschi è quel comandante che più tardi, rispetto all'esperienza del lavoro clandestino a Rimini, assumerà il comando di quel distaccamento partigiano nelle Valli di Comacchio immortalato da sua moglie Renata Viganò nel romanzo "L'Agnese va a morire". Mia madre non era una donna di cultura e non aveva nessuna dimestichezza con i libri. Nel dopoguerra leggeva e diffondeva il settimanale "Noi donne" e quando le capitò in casa questo libro della Viganò con la descrizione di quella epopea partigiana con la tragica fine della sua eroina, ricordo che rimase molto colpita e i suoi occhi erano lucidi quando si appartava con il libro in mano su un angolo del tavolo di cucina. Come sono cari i rari ricordi di mia madre con un libro in mano! Lei che aveva fatto appena la seconda elementare e che per tutta la prima parte della sua vita aveva lavorato in casa dei padroni come donna di servizio e i libri li aveva sempre e soltanto spolverati. Vi ringrazio molto, miei cari genitori che, dopo le elementari, mi avete mandato ancora a scuola anche con le ristrettezze che vi ritrovavate. Tanti miei compagni non sono stati così fortunati. Come giornalista Nozzoli inizia la sua attività a Bologna al "Progresso d'Italia" , poi a Milano all' "Unità" poi passerà al "Giorno" quotidiano milanese di stato voluto e finanziato da Enrico Mattei. Nel freddo inverno del 1950 sarà a Modena quando la polizia del Ministro Scelba sparerà sulla folla uccidendo sei operai. Nel luglio del '50 sarà un cronista puntuale, con tutte le punte dubbiose, nel descrivere l'annuncio dei Carabinieri del Colonello Luca, che avevano ucciso il bandito Giuliano in uno scontro a fuoco. Nell'ottobre del '51 seguirà il processo che condannerà all'ergastolo il Maggiore delle S.S. Walter Reder, il boia dell'eccidio di Marzabotto. Nel novembre dello stesso anno sarà un protagonista nella descrizione della catastrofe dell'allagamento del Polesine con la rottura degli argini del Po con le distruzioni, lutti e rovine che ne derivarono. Nel '54 sarà nel Vietnam per descrivere la capitolazione francese a Dien Bien Phu. Nel '56 sarà a Budapest e non sarà capace di essere ossequiente con la linea del partito ed è interessante quanto descrive circa la sollevazione ungherese repressa brutalmente dai carri armati sovietici. Sarà nel nord Africa ed i suoi reportage sulla rivolta algerina e la sua intervista a Ben Bellà costituiranno una cronaca anticipatrice del destino di quella terra che alienava al suo riscatto. Sarà corrispondente dal Congo, dall'Uganda, da Firenze allagata, dalla penisola del Sinai, in giro per il mondo e quasi mai nella redazione del giornale. Sarà sulle alture del Golan in Cisgiordania ed i suoi articoli descriveranno con profetiche intuizioni tutte le premesse di ciò che poi succederà nel tempo a venire. Andrà a visitare Don Lorenzo Milani, questo prete scomodo per la Chiesa, sarà di nuovo nel Vietnam con an; sarà poi a Praga nel '68 a difesa della "primavera" di Dubcek ed inoltre sarà lo strenuo difensore dei più deboli nella immane tragedia del Vajont. Con i suoi articoli condannò senza mezze misure i monopoli elettrici ed i soprusi subiti per lungo tempo dalle popolazioni locali nella zona di Longarone; assunse la difesa dei deboli con i suoi sferzanti articoli sempre suffragati da dimostrazioni della verità dei fatti, delle omissioni, delle colpe, dei ritardi, del non ascolto alle varie denunce preventive sulla pericolosità di quel bacino sotto il monte Toc. Mentre la stampa bempensante democristiana di allora (vedi il settimanale "La discussione") scriveva che "catastrofi come quella del Vajont sollevano anche un problema sul piano religioso" e che "la sciagura del Vajont è dunque un appello alla fede, un invito a credere all'amore di Dio verso i suoi figli" ed ancora sulla Domenica del Corriere del 13 ottobre 1963 e sul Manifesto di D.C. del 19 ottobre 1963 dal titolo "Sciacalli":"Additiamo al disprezzo del Paese gli sciacalli comunisti". Nozzoli, di fronte a simili argomentazioni, assumerà sempre più l'appassionato incarico di testimone della tragedia del Vajont e del lungo disperato strascico giudiziario. Lui rivelerà che la potenza dei grandi monopoli riusciva anche a far tacere gli esperti: "So che vado incontro ad un suicidio professionale" scriverà un esimio professore francese esperto della materia che non aveva avuto paura come altri. Infatti i numerosi titolari di importanti cattedre universitarie di geologie ed idraulica declinarono l'invito di assumere l'incarico di periti di parte civile contro gli imputati del Vajont. Studiosi stranieri, che avevano accettato l'incarico, si sono fatti prendere da strani ripensamenti. Scienziati che avevano manifestato in vari modi il loro giudizio di condanna sul Vajont non osarono più esporre tale loro giudizio in Tribunale in contraddittorio con lo schieramento mobilitato dall'ENEL e dalla SADE a protezione degli imputati. "Non si possono sfidare la SADE e l'ENEL" aveva scritto un anonimo giornalista nel secondo anniversario della catastrofe ove avevano perso la vita oltre 2000 persone ed erano stati distrutti interi paesi. Guido sarà animato da una fede incrollabile nella difesa dei più deboli, sempre, sia a difesa delle popolazioni del Vajont e sia in tutte le altre occasioni della sua vita di giornalista ove la sua firma di cronista serio ed incrollabile si farà sentire e sarà ricordata anche da prestigiosi colleghi. Dirà di lui Enzo Biagi: "Guido Nozzoli, l'unico dei nostri che capì come andavano a finire le storie del Vietnam". A me piace molto ricordare la lapidaria definizione che Nozzoli scrisse su quella che sarebbe stata la conclusione della guerra del Vietnam: "La guerra del Vietnam non potrà avere nè vinti nè vincitori. Avranno comunque vinto i più deboli il giorno in cui, fatalmente, gli U.S.A. avranno un'Ambasciata ad Hanoi. Quel giorno oggi può apparir lontano (se non un'utopia) ma verrà". Mi piace inoltre chiudere questo mio articolo con il ricordo che Igor Man riporta sullo "Specchio della Stampa" del 25 novembre 2000 in memoria del suo grande collega: "E' morto un grande giornalista. Il suo nome è Guido Nozzoli. Come deve essere un giornalista per guadagnarsi il Grande? Deve amare il suo (duro) mestiere. Guido lo amava. Perdutamente. Deve essere colto. Guido lo era. Dev'essere coraggioso, moralmente, fisicamente: lo era.Venne arrestato nel '43 (a 25 anni) per antifascismo ed al vice questore (una brava persona) che lo esortava a pentirsi, orgogliosamente ribadì il suo antifascismo. E fu partigiano, Guido, naturalmente coraggioso. Deve saper scrivere: Guido aveva uno stile asciutto, penetrante che coinvolgeva il lettore. Non deve travisare o gonfiare i fatti: e Guido prima che scrittore si sentiva (ed era) cronista. Aveva un solo brutto difetto Guido: era un idealista, un comunista romantico sicchè soffrì molto in Cecoslovacchia, durante l'invasione sovietica. Tanto che, ad un certo momento, chiese (anzi, pretese) il cambio: "Me ne torno ai fattacci italiani, fanno soffrire di meno", mi disse. Avevamo fatto insieme il Vietnam ed anche quella inutile guerra atroce fu fonte di sofferenza per lui. Va detto, però, che nelle corrispondenze al "Giorno" mai trapelò il suo intimo disagio. La sera, dopo aver portato al telegrafo i servizi (non c'erano collegamenti telefonici, né telefax, allora fra Saigon e il resto del mondo), andavamo a piedi fino a Cholon. Lui parlava, fumando. Peccato, non aver avuto con me un registratore poichè i discorsi di guido erano alta testimonianza di fede: nell'Uomo. Spesso mi parlava di sua moglie. Con tenerezza: una moglie-mamma. Ed è stato lo sfiorire della sua cara sposa a togliergli la gioia di vivere. Così si è lasciato morire, giorno dopo giorno. Grande anche in questo, Guido Nozzoli." Silvio Di Giovanni Questo articolo si legge nel sito della Piazza a questi indirizzi: 1.a pagina 2.a pagina A proposito di questo articolo, vedere alcune precisazioni di mio cugino Daniele. All' indice de il Rimino |