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il Rimino - Riministoria

Caro Antonio,

provo a rimettere un po’ di ordine nelle cose raccontate da Di Giovanni e pubblicate su «La piazza della provincia». Non so a che cosa servano queste precisazioni, ma visto che me lo hai espressamente richiesto, mi sembra giusto accontentarti.

Il trasferimento da Bologna a Milano avvenne nel 1956, quando il babbo scriveva già su «l’Unità» da qualche anno («Il progresso d’Italia» aveva cessato le pubblicazioni nel 1951 o nel 1952, se ben ricordo).

Il babbo non era a Budapest quando in città arrivarono i carri armati sovietici; né ci andò successivamente. A onor del vero, anche se la cosa non ha rilevanza sostanziale, dovrei dire che all’epoca il suo giudizio sull’invasione non era neppure in sintonia totale con le posizioni del vertice del PCI, giudicate dal babbo opportunistiche e arrendevoli nei confronti del capitalismo.

Il babbo non era in Vietnam ai tempi della sconfitta francese a Dien Bien Phu. Ci andò per la prima volta nell’estate-autunno del 1965, dopo il cosiddetto «incidente del Golfo del Tonchino» (che gli Stati Uniti usarono come alibi per giustificare l’aggressione al Vietnam del Nord). E ci stette circa cinque mesi, assistendo di persona all’escalation dell’impegno americano in quell’area.
Una seconda volta ci andò successivamente, mi sembra nel 1968, ma dovrei verificare quando ci fu la famosa offensiva del Teth.
E ci stette poco più di un mese, perché quanto andava scrivendo sui fatti vietnamiti andava sempre meno a genio alla direzione de «Il Giorno», che nel frattempo si stava spostando su posizioni apertamente filoamericane.

In altre parti dell’articolo si fa riferimento a luoghi geografici che a loro volta si connettono ad eventi storici.
Non ci sono le date ma la connessione induce ad errori, perché il babbo fu in Egitto (all’epoca della crisi di Suez provocata dalla nazionalizzazione di Nasser) e in Libano in anni successivi, ma non ha mai scritto cronache sulla infinita guerra arabo-palestinese-israeliana né ha mai assistito in loco a fasi di guerra guerreggiata.

Il babbo andò in Cecoslovacchia nel 1968, ma mi sembra di ricordare che i suoi servizi da Praga non fossero così entusiasticamente e dichiaratamente «pro Dubcek».

Detto ciò, l’articolo, lo ribadisco, mi ha fatto comunque molto piacere, perché testimonia un affetto e una stima grandi nel confronto del mio babbo.

Daniele
Milano, 15.12.2003


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