Alla mostra forlivese (aperta sino al 17 novembre) su «Cultura e scienza in Romagna nel 1500» (Palazzo Albertini, piazza Saffi), molti documenti riguardano Rimini, come spiega la piccola ma preziosa guida curata da Antonella Imolesi Pozzi.
Vi si ricorda la figura di Ramberto Malatesti conte di Sogliano, appassionato di astrologia e di astronomia, che compose una dissertazione sul tema e che ospitava in casa, per educare i figli, un astrologo cesenate, Francesco Rufo. Costui scrisse un pronostico catastrofico per il 1524 prevedendo eventi portentosi ed ogni genere di calamità. Sia il lavoro di Ramberto sia lo scritto di Rufo sono esposti in mostra. Provengono dal famoso e prezioso Fondi Piancastelli diretto con tanta passione e competenza da Piergiorgio Brigliadori, presso la biblioteca civica forlivese.
A proposito del 1524. Per quell'anno il ravennate Tommaso Giannotti Rangoni pronosticò un diluvio. Vistosi fallire come astrologo, si dedicò alla Medicina, non sappiamo se con maggiore fortuna. Del che ci permettiamo di dubitare stando al titolo di un suo lavoro, dedicato a studi per protrarre la vita umana (soprattutto dei papi) sino a 120 anni.
Anche se la Chiesa aveva condannato magia ed astrologia, «molti rappresentanti della alte gerarchie ecclesiastiche si appassionarono all'astrologia», scrive la curatrice, ripercorrendo anche le interpretazioni cristiane del fenomeno, come risulta proprio da un testo riminese, la «Somma de 4 mondi» (1581) di Pacifico Stivivi, frate minore osservante, che dedicò l'opera a Francesco de' Medici granduca di Toscana. Stivivi nel 1602 era alla corte di Praga, «luogo a cui accorrevano alchimisti da ogni parte d'Europa» per ottenere la protezione di uno specialista del settore, lo stesso imperatore Rodolfo II d'Asburgo.
Stivivi, come spiega Imolesi Pozzi, in questo trattato «espone le rivelazioni sulla struttura dei cieli e dei quattro mondi (infernale, elementare, celeste e divino) avute in sogno dal padre, Stivivo Stivivi». Nel suo lavoro «confluiscono le Sacre Scritture, la cabala, l'alchimia, la fisica aristotelica, il profetismo allora in voga».
Un altro riminese menzionato è Giovanni Aurelio Augurelli, vissuto nella seconda metà del XV secolo, «bella figura di letterato» autore di un'opera pubblicata postuma, un trattato in latino sull'alchimia, dedicata a papa Leone X, «appassionato cultore di astrologia». Qui Augurelli spiega come ottenere artificialmente l'oro: sogno infantile, ci pare, di quanti riducevano i segreti del mondo a questa ricerca che ha pure un versante serio, perché pone i presupposti della moderna chimica (dove l'oro si è veramente prodotto in moneta sonante, talora pure a danno della salute comune).
In altra sezione della mostra, si elenca fra le antiche accademie romagnole, quella riminese degli Adagiati. La quale, come ho osservato nel sito «Riministoria» (http://digilander.libero.it/monari/adagiati.html), risulta attiva anche a metà Settecento. Sulle «Novelle letterarie» di Firenze del 1756 (n. 31, 30 luglio, coll. 487-490), Giovanni Bianchi infatti scrive che l'Accademia degli Adagiati era non soltanto di indirizzo filosofico e matematico ma pure poetico, per cui «era stata come assorbita, e confusa da quella degli Arcadi della Colonia Rubiconiana, dedotta [...] in Rimino sessant'anni sono, cioè fino da' primi anni della fondazione dell'Arcadia di Roma».
Infine sono rammentate le imprese tipografiche operanti a Rimini nel XV secolo, di Gerolamo Soncino, Bernardino Pasini e Giovanni Simbeni.
Circa il problema astrologico nella cultura umanistico-rinascimentale, non sto a ripetere quanto già osservato in una precedente pagina de «Il Ponte» («I pianeti di Sigismondo. La cultura della corte malatestiana», 20.7.2003 ), ma aggiungo soltanto che ora può vedersi soprattutto l'articolo del prof. Paolo Rossi («Il Sole-24 ore», 2.11.2003, p. 29), dove si spiegano le origini «torbide» della conoscenza moderna, sotto il significativo titolo: «La ragione ha le sue alchimie».