L'angolo della lirica

Piccolo spazio dedicato alla musica lirica, una musica forse fin troppo poco ascoltata.                                    Questo spazio nasce grazie alle recensioni di wolfram          

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 Bohème due versioni a confronto
 
Alla luce del recente acquisto della Bohème
scaligera diretta da Chailly, vorrei ora sottoporvi un interessantissimo
"parallelo" tra due particolarissime edizioni de "La
Bohème"; l'una facente parte ormai della discografia "storica" dell'opera,
l'altra, viceversa,
recentissima acquisizione nella discografia, già peraltro nutritissima, di
questa popolarissima opera.
"La Bohème" è uno di quei *rarissimi* casi della discografia
operistica per i quali noi posteri possiamo avere il *non comune*
*privilegio* di poter ascoltare
un'opera lirica diretta dal *suo primo direttore assoluto*, Arturo
Toscanini. Il quale, come
voi ben saprete, aveva diretto l'opera al Regio di Torino il 1° febbraio del
1896.
Le prove, lo ricordo, si erano svolte alla presenza dello stesso Puccini, il
quale, definì Toscanini
"intelligentissimo e uomo assai gentile ed affidabile". Ma le tettere di
Puccini a Toscanini riferite a "La
Bohème" non finirono certo qui; vi riporto uno stralcio tratto dalla
biografia di Toscanini scritta da
Harvey Sachs (EDT - Torino):
 
"Iersera [alla Scala] al principio dell'ultimo atto me ne andai e non ti
salutai come avrei voluto.
Scusami, ero troppo attristato... Ti raccomando la seconda recita,
specialmente per la Carelli [Emma
Carelli], per gli abiti e per la truccatura. Dille che cerchi di rendere un
po' più il personaggio come
Murger l'ha veduto e reso, e che non rallenti così "stancamente" tutta la
sua parte. Io non ho che a
ringraziarti per le cure che hai avuto per la mia opera..."
 
Orbene...
il 3 e 10 febbraio 1946 (esattamente 50 anni dopo!!!), lo stesso Toscanini
decise di eseguire La
Bohème alla NBC in forma di concerto, due atti per ogni serata.
Quell'esecuzione è stata
radiotrasmessa e registrata, ed è stata ormai riversata in CD restaurata e
rimasterizzata, ed inserita
nella "Toscanini Collection" della RCA/BMG, oggi presto uscirà (se non è già
uscita) ulteriormente
restaurata e rimasterizzata con la nuova tecnologia a 20 bit.
Vi cantavano: il tenore Jan Peerce (Rodolfo), Licia Albanese (Mimì),
Francesco Valentino
(Marcello), Anne McKnight (Musetta), Nicola Moscona (Colline), George
Cehanovsky
(Schaunard), Salvatore Baccaloni (Benoit/Alcindoro).
NBC Symphony Orchestra & Chorus
 
Che dire di questa storica esecuzione?...
Vediamo di analizzarla nei dettagli (per quanto è a me possibile).
Cominciamo dal primo atto.
Subito colpiscono in questa edizione gli accordi iniziali dell'opera, i
quali vengono interpretati da
Toscanini *rispettando* *effettivamente* l'indicazione di ff ruvido che io
leggo sullo spartito d'epoca
per canto e pianoforte in mio possesso; *subito*, noi ascoltatori, ci
troviamo di fronte a quella che è
la *realtà scenica* del primo atto: una fredda, squallida, umida e malsana
soffitta!!! Toscanini *non si
dimentica mai* di questo, e svolge tutto il discorso che segue in funzione
di esso; colpiscono, già sullo
spartito d'epoca, le numerose indicazioni di a tempo disseminate *per ogni
dove*; quanto ai cantanti,
essi si attengono strettamente a questo tipo di contesto narrativo ed
interpretativo, quindi, con
Toscanini... come dire... *niente* "arie formato recital", nella sua Bohème:
*tutto* deve essere
inserito nel discorso narrativo globale dell'opera e "scorrere", all'interno
ed in funzione di esso... come
dire... "liscio come l'olio". Con tutto ciò, Toscanini rispetta e fa
rispettare ai cantanti *tutti* i
rallentandi e i rubati presenti sullo spartito, e gli concede, talvolta,
sempre a favore della scorrevolezza
e, soprattutto, della *spontaneità* del discorso narrativo e dell'azione
teatrale, anche qualche
libertà testuale ed espressiva; ad esempio, concede a Schaunard il parlato
alla frase "Vuoi suonare
finché quello morire!". Magnifico, in questo tipo di contesto, risulta,
naturalmente, il personaggio di
Benoit. I cantanti fanno tutti il meglio che possono (per quanto è nelle
loro possibilità, s'intende) per
rendere il più possibile efficace questo tipo di interpretazione, ma il loro
"top" lo aggiungeranno, di
fatto, più avanti, vedremo poi perchè.
Passiamo ora al secondo atto.
Inutile dire che, anche qui, Toscanini, fa rispettare, come più
efficacemente, forse, non si potrebbe,
l'indicazione fff marcatissimo agli accordi iniziali dell'atto, favorito,
tra l'altro, in questo, dall'acustica
relativamente secca dello studio 8H della NBC; per una volta, poi,
ascoltiamo un secondo atto di
Bohème che si svolge *effettivamente* in una pubblica piazza di Parigi e non
già, come spesso si ha
l'impressione, a giudicare da certe esecuzioni... nella "Sala d'oro di
Vienna"; per quanto riguarda
l'esecuzione dal punto di vista globale si possono fare considerazioni
analoghe a quelle già viste per il
primo atto; per la "ritirata" alla fine dell'atto (non ti sto a dire quale
spontaneità ed immediatezza
narrativa Toscanini riesce a conferire ad essa!!!) rispetta le indicazioni
di tempo presenti sullo spartito,
quindi *niente rallenandi*, *niente corone*, *niente rubati* nelle battute
finali... si sta eseguendo una
marcia militare suonata da una banda militare in marcia!!! Così, almeno, è
scritto sullo spartito!!!
Possiamo quindi passare, ora, al terzo atto.
Anche qui, inutile dirlo, Toscanini ci fa *vedere* come a pochi, forse, è
riuscito di ottenere, la *realtà
scenica* cui ci troviamo di fronte e nel quale è ambientato quest'atto, per
non parlare di tutti gli
effetti...come definirli... "scenico-musicali" che sono la caratteristica di
quest'atto e che vengono
eseguiti ed interpretati con una teatralità ed una spontaneità addirittura
"sbalorditive" (!!!), specie
considerando il fatto che si tratta di un'esecuzione "live" in forma di
concerto (!!!), e non già di
un'incisione "in studio"!!! Quanto ai cantanti, essi rendono qui, si può
dire, il "top" delle loro
possibilità, così come faranno, forse, anche di più, nel quart'atto, come
vedremo più avanti. Curiosità
di quest'edizione è che Marcello arrivato al momento di cantare la notissima
frase "Or rincasate,
Mimì, per carità! Non fate scene qua!" canta invece la frase "Tornate a
casa, ed io gli parlerò; poi
tutto vi dirò.": si tratta della stesura "originaria" del libretto di Illica
e Giacosa, poi mutata nella frase
che tutti conosciamo; è probabile che Toscanini preferisse questa versione,
la quale, a pensarci bene,
non è che sia poi "malvagia" rispetto alla frase... chiamamola così...
"standard"... voi che ne pensate?...
Un'interpretazione, comunque, questa del terzo atto, a mio avviso,
assolutamente da conoscere,
così come quella del quarto, di cui parleremo ora.
Naturalmente, ci troviamo ancora nella soffitta del primo atto, con tutte le
conseguenze che ne
derivano; niente... "arie da concerto", dunque, ivi compresa "Vecchia
zimarra"; discorso narrativo
come sempre linearissimo e scorrevolissimo quanto più è possibile ottenere.
Toscanini concede ai
quattro "Bohèmiens" un po' di schiamazzi nel corso del finto duello,
*sempre*, però, entro i limiti del
*buon gusto*, quindi *mai* opprimenti o invadenti!!! Anzi!!! Scena finale
dell'opera che vale da
sola l'intera esecuzione!!!
Ultima curiosità di questa Bohème è che Toscanini è talmente... come dire...
*preso* ed emozionato
nel corso di questa esecuzione, da non riuscire a fare a meno di...
canticchiare... un po' di frasi
pucciniane qua e là!!! Lo fa praticamente nel corso dell'intera
esecuzione!!!
 
Passiamo ora a parlare dell'altra Bohème di questo confronto: quella
recentemente incisa da Riccardo
Chailly per la Decca con l'Orchestra e il Coro della Scala e con
protagonisti Roberto Alagna e
Angela Gheorghiu.
Esecuzione che si avvale della nuovissima edizione critica dell'opera curata
per la Casa Ricordi da
Francesco Degrada. Quest'ultimo, insieme allo stesso Chailly, firmano la
critica allegata al libretto.
 
Innanzitutto colpisce subito la scorrevolezza narrativa che, già dalle prime
battutte, pur nella diversa
interpretazione nonché resa acustica e sonora dell'incisione, pervade
l'intera esecuzione; in certi
momenti... sembra quasi di non aver cambiato esecuzione, da questo punto di
vista, pur fermo
restando il fatto che qui si opera un notevole alleggerimento degli spessori
orchestrali e il cast a
disposizione è senz'altro eccellente sotto tutti i punti di vista; da
segnalare, comunque, l'Alcindoro di
Alfredo Mariotti. Tra le differenze testuali con la precedente incisione (e
con tutte le edizioni
tradizionali dell'opera, nessuna esclusa) sono da segnalare il rallentando
alle ultime battute del
secondo atto, eseguite però, pur rallentate, *sempre* a tempo, quindi senza
fluttuazioni di tempo,
rubati, ecc. La ragione della presenza di questo rallentamento è presto
spiegata; l'incisione lascia
infatti percepire chiaramente che la banda, prima di quelle *ultimissime*
battute dell'opera (*solo lì*,
beninteso, si inserisce il rallentando, *non* molto prima, come spesso
avviene nelle edizioni
tradizionali!!!) si è già allontanata, quindi è l'orchestra, a questo punto,
a "parlare".
E' probabile che la vecchia versione prevedesse invece una situazione
scenica diversa, come fa
appunto Toscanini; tuttavia; ad un corretto ascolto, si tratta, a mio
avviso, di quella che, in termini
moderni, si potrebbe definire come una "ripresa vista attraverso due diverse
telecamere". Lo spartito
tradizionale, difatti, qui, scrive la seguente didascalia:
 
"Musetta non potendo camminare perchè ha un solo piede calzato, è alzata a
braccia da Marcello e
Colline, che rompono le fila degli astanti, per seguire la ritirata: la
folla vedendo Musetta portata
trionfalmente ne prende pretesto per farle clamorose ovazioni: Marcello e
Colline mettono con
Musetta si mettono in coda alla ritirata: li seguono Rodolfo e Mimì a
braccetto e Schaunard col suo
corno imboccato: poi Studenti e Sartine saltellando allegramente, poi
Ragazzi, Borghesi, Donne che
prendono il passo di marcia: tutta questa folla si allontana dal fondo
seguendo la Ritirata Militare"
 
Orbene...
A Toscanini interessa seguire, con l'orchestra "esattamente" il
comportamento della folla; a Chailly,
invece, interessa interpretare le ultime battute di questo atto *sia* viste
in questo modo (vedi,
appunto, il rallentamento, ma sempre a tempo), *sia* come "chiusa finale"
dell'atto intesa nel senso
tradizionale del termine.
Una *sorta* di via di mezzo, dunque, fra tradizione esecutiva... diciamo
così... "sinfonica" e "ragioni
drammatiche" dell'azione teatrale.
Si preferisca, dunque, delle due versioni, la più congeniale ai propri gusti
personali.
Questa edizione della Bohème, tuttavia, *pur* nella... come definirla..
*sovrana bellezza* esecutiva
ed interpretativa dei primi due atti, trova il suo culmine, *esattamente*
come quella di Toscanini (pur
nella sua diversità!!!), nel terzo e quart'atto dell'opera.
Il terzo atto si avvale di una Mimì davvero *struggente* (cosa ti fa la
Gheorghiu in quest'atto è
davvero impossibile a descriversi!!!); le fa da eccellente partner il
Rodolfo di Roberto Alagna;
eccellenti anche il Marcello di Simon Keenlyside e la Musetta di Elisabetta
Scano, peraltro già
decisamente brava nell'atto precedente, ma qui ancora migliore. Buoni tutti
i personaggi di contorno;
tuttavia desidero comunque sottolineare che, pur nella diversa
interpretazione, tutta l'azione scenica
caratteristica dell'inizio di quest'atto, per quanto splendidamente eseguita
ed interpretata (da parte dei
personaggi di contorno, s'intende), non raggiunge, qui, quella *verità
scenica*, quella *immediatezza*
nonché *spontaneità espressiva* caratteristica invece dell'edizione
toscaniniana (Toscanini era un
grande del teatro musicale: su questo non si discute proprio!!!). Quanto
all'orchestra (sottigliezza
questa, beninteso!!!), Chailly dà un po'... come dire... l'impressione di
rendere un tantino...
"strascicati" (dal punto di vista interpretativo, s'intende, *non*
esecutivo!!!) gli accordi di apertura
dell'atto, ma compensa col non renderli affatto tali alla conclusione
dell'atto!!! Anzi... tutt'altro!!!
Segnalo inoltre che qui, Chailly, opta per la classica frase "Or rincasate,
Mimì, per carità! Non fate
scene qua!" anziché per la "stesura originaria" scelta da Toscanini.
Viene da chiedersi, a tal proposito, se l'edizione critica preveda entrambe
le versioni, a discrezione
del direttore d'orchestra e dell'interprete, o preveda invece solamente
quest'ultima.
Eccezionale, sotto tutti i punti di vista, il quarto atto.
Eccellenti, qui (lo erano già, del resto, nel primo atto!!!), sia lo
Schaunard di Roberto De Candia che
il Colline di Ildebrando d'Arcangelo.
Segnalerei, in quest'atto, la "Vecchia zimarra" che ha anch'essa un
andamento molto simile a quella
dell'edizione toscaniniana, la quale, ad un primo ascolto, sembrerebbe un
tantino "veloce"; tuttavia,
analizzando poi i tempi d'esecuzione ci si accorge facilmente che la
differenza fra le due versioni è di
soli 9 secondi (!!!).
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Turandot: Finale di Berio: Le mie impressioni

 
Due parole sulle impressioni che in me ha
suscitato il nuovo finale di Berio, del quale ho ascoltato la registrazione,
sia a partire da "Tu che di gel sei cinta", sia nel contesto dell'opera
completa.
Al primo ascolto, nonostante il senso di... come dire... "straniamento",
naturale per chi come me e come tutti è abituato ad Alfano, subito mi hanno
colpito alcuni momenti; lo... "stridore sonoro"... il "grido" orchestrale
che Berio inserisce nel passaggio orchestrale che segue la frase "Il bacio
tuo mi dà l'eternità" mi ha istantaneamente richiamato alla mente il del
tutto paragonabile (molto somigliante in effetti) passaggio orchestrale che
troviamo all'interno del mahleriano Adagio della X Sinfonia incompiuta;
l'intera scena mi ha richiamato alla mente la scena in cui "der Liebe ersten
Kuss" di Kundry risveglia la coscienza di Parsifal al ricordo di cosa quel
bacio aveva provocato ad Amfortas, richiamandolo così alla sua missione. A
differenza di Alfano, che risolve la cosa con due secchi accordi orchestrali
seguiti da una pausa, sia Wagner che Berio (ognuno a loro modo, s'intende)
risolvono a mio avviso la situazione in maniera non certo uguale ma comunque
paragonabile.
Un amico che ha ascoltato pure lui il Finale sabato sera mi ha fatto poi
notare la... come definirla... "cellula leitmotivica" della melodia del
Nessun Dorma (che in Alfano sfocia nel Coro "O sole vita eternità") che
s'avverte poco prima delle note finali dell'opera.
Già ieri al secondo ascolto il senso di straniamento presente al primo
ascolto era del tutto sparito; stamattina invece, ascoltando il Finale nel
contesto dell'opera completa, ho avvertito una continuità narrativa in
orchestra tra la parte pucciniana e quella di Berio che fino a ieri era
ancora per me insospettabile.
L'unico punto nel quale si può forse discutere (ma con beneficio di
inventario ovviamente) - punto peraltro riuscitissimo, beninteso - è la
cucitura tra la scena finale pucciniana e l'inizio di quella di Berio. Non
avendo a disposizione i famosi "trenta fogli" di Puccini non posso certo
permettermi di giudicare in merito sul fatto se anche puccini avrebbe cucito
musicalmente le due scene o se le avrebbe lasciate separate (come ha fatto
Alfano).
In ogni caso anche questo punto, come dicevo prima, è a mio avviso
assolutamente geniale e riuscitissimo in Berio e assicura quella continuità
narrativa che s'avverte non tanto nell'ascolto del singolo brano in sè,
quanto nel contesto dell'opera completa. Grazie certamente anche alla
splendida direzione di Chailly.

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riguardo al Nerone di Boito                   torna su

Possiedo di quest'opera soltanto gli estratti "live" della
"commemorazione boitiana" avvenuta alla Scala nel '48 sotto la direzione di
Arturo Toscanini (terzo atto e secondo quadro del quarto atto).
So che esiste un'edizione (forse live) di vecchia data diretta da Gianandrea
Gavazzeni (una volta pubblicata presso la Fonit Cetra) che però non possiedo
né ho mai ascoltato. So anche che esiste un'edizione diretta da Eve Queler
ed incisa per la Hungaroton, che pure non possiedo né ho mai ascoltato.
Ho letto parecchio su quest'opera, sia sul saggio (di autori vari) su Arrigo
Boito edito da Nuove Edizioni, sia sul saggio di Romualdo Giani pubblicato
quando Boito era ancora in vita, con tanto di copia anastatica di lettera
autografa di Boito (nella quale quest'ultimo elogiava il Giani per l'ottimo
lavoro svolto).
Sappiamo tutti che il Nerone è un'opera rimasta incompiuta, ed eseguita
postuma dopo la revisione e il completamento ad opera di un'équipe di
compositori coordinata (almeno così sembra) da Arturo Toscanini, con alla
testa (almeno così sembra) Antonio Smareglia. A giudicare da quanto ho
letto, però, pare che questa équipe di compositori abbia apportato parecchi
ritocchi anche alla parte "compiuta" della partitura autografa,
non limitandosi, dunque, solo a completare ed orchestrare le scene mancanti.
Come se non bastasse, esiste anche il dilemma riguardante gli ampi abbozzi
(incompiuti) del quinto atto. Boito, però, ha scritto in calce al quarto
atto "Fine del quarto atto e dell'opera". Però il testo del quinto atto è
completo e, come abbiamo già visto, ne esistono ampi abbozzi. Ma quando,
dunque, Boito ha scritto in calce al quart'atto quelle parole, "prima" o
"dopo" la stesura degli abbozzi del quinto?
Quali erano, dunque, le sue reali intenzioni? Non lo sapremo mai,
ovviamente. Pure, continuando a leggere sul saggio di cui sopra, si deduce
che il quinto atto assumerebbe tuttavia un'importanza drammatica
non indifferente, in quanto è proprio in esso che si realizza il "vero"
epilogo dell'opera: la morte e la dannazione eterna di Nerone. Riporto la
trama degli ultimi momenti scenici; ci troviamo nel Teatro Imperiale:
"Ora il Cesare [Nerone] è solo. Ritornano le minacciose voci lontane e dalle
porte entrano gli spettri delle vittime di tutti i suoi delitti:
Nerone cerca di fuggire, ma una parete del teatro crolla per effetto
dell'incendio e da quella apertura si vedono i cristiani ardere, torce
viventi, nell'orto dell'imperatore. Gli annunciano che è giunto il giorno
dell'ira e maledicono per tre volte Nerone, che cade svenuto tra gli squilli
delle trombe celesti.
Il problema di un'esecuzione moderna di quest'opera, dunque, non è affatto
semplice.
Pure, a giudicare dalla poca musica che di essa conosco e dalla trama si
tratterebbe, secondo me, di un'opera davvero affascinante.
Ora vengo alla classica "domanda da un milione di dollari".
Qualcuno si è mai occupato, anche solo "di striscio", dello "stato
dell'arte" nei confronti di quest'opera? Ci sono speranze che qualcuno
(un'équipe di studiosi, musicisti e critici, magari), prima o poi, se ne
possa occupare? Infine, sarà dato a noi posteri di poter finalmente
conoscere (ricostruito, si spera, nel migliore dei modi e il
più vicino possibile alle reali intenzioni dell'autore) questo estremo
lavoro operistico boitiano?
Mi rendo conto che le risposte a tali domande non sono semplici né
immediate.
Mi sono però permesso di esporre il problema a tutti voi del forum e, in
definitiva, a tutti coloro che fossero interessati a questo problema
(veramente "amletico") al fine (forse) di poter far sì (prima o poi) che
qualcuno di noi, prima di morire, riesca ancora ad ascoltare quest'opera
(magari alla Scala); opera che, secondo me, meriterebbe davvero di essere
conosciuta.

A me Boito è piaciuto fin dalla prima volta che l'ho ascoltato; il
Mefistofele, ovviamente.
E' vero che i critici continuano a fare discussioni su discussioni su ciò
che (secondo loro) in Boito è "geniale" e su ciò che invece è (dicono loro)
"prosaico"; ma per me il discorso è molto più semplice. A mio avviso, ciò
che conta di più in Boito *non è* tanto l'andare a cercare *questo*,  bensì
la funzione (o posizione) sempre "geniale", invece (secondo me), che anche
il (chiamiamolo così) "prosaico" viene ad assumere nel contesto *generale*
dell'opera (nel caso specifico il Mefistofele, ovviamente), *anche* al fine,
sia
di giustificare il "geniale" che gli sta accanto, sia il (chiamiamolo così)
"morale della favola" finale dell'opera, cioè tutto ciò che scaturisce
dall'intero contesto ("geniale" e "prosaico" concatenati insieme). Quanto al
Mefistofele, direi che tutto questo lo si può senz'altro condensare in
pochissime semplici (ma genialissime, nonché, soprattutto, estremamente
significative) parole contenute in questi pochi versi, messi in bocca da
Boito a
Faust:

Ogni mortal mister gustai
il Real, l'Ideale,
l'amore della vergine,
l'amore della Dea... Sì.
*Ma il Real fu dolore
*e l'Ideal fu sogno.

Qui, per me (soprattutto negli ultimi due versi), c'è TUTTO BOITO; ma come
si fanno a *giustificare* appieno quegli ultimi due versi (a dar loro, cioè,
un
senso *realmente compiuto* senza che sorgano possibili ambiguità), senza
leggere quelli che stanno sopra? Certamente non lo si potrebbe fare in una
maniera così
*diretta* e senza ambiguità alcuna; *anche* se i versi precedenti, rispetto
agli ultimi due, li si potrebbe definire "prosaici".
Così, in Boito, è anche la musica; non va giudicata *solo* la scena singola
come si potrebbe fare (forse) di solito (scena, magari, "prosaica", se presa
*in sè e per sè*), bensì il *peso* (sempre "geniale", questo, secondo me)
che *anche* tale scena viene ad assumere per giustificare l'intero contesto,
nonché, soprattutto, *proprio* quei pochi versi, che, non a caso, compaiono
difatti
nell'epilogo dell'opera.
Questa è (almeno a giudicare dal Mefistofele) la visione della vita di
Boito; visione che Faust, appunto, ricava nell'epilogo, *tanto* della sua
vita, *quanto* dell'opera; anche se, a dire il vero, Faust va un po' più in
là,
meritandosi così il Paradiso e la salvezza eterna.
E' da versi semplici e al tempo stesso geniali come questi che si giustifica
(sempre secondo me) tutto Boito.
Quanto al Nerone il discorso è invece un po' più complesso.
Forse sarebbe (il condizionale, in questi casi, è d'obbligo) analogo al
*primo* Mefistofele (purtroppo perduto forse per sempre, probabilmente dato
alle fiamme dall'autore stesso, e del quale la Ricordi, a suo tempo, era
riuscita a salvare solo qualche scena e qualche brano sinfonico nella
stesura pianistica o percanto e pianoforte, grazie alle quali possiamo avere
solo una vaga idea di quello che sarebbe potuta essere quell'opera, ma,
purtroppo, come abbiamo visto, *non* l'intero contesto).
Purtroppo, però, queste, sono solo ipotesi (anche se, magari, abbastanza
attendibili).
Dobbiamo dunque basarci sul solo Nerone.
Senza ripetere quanto già detto nel mio precedente post posso aggiungere, in
due parole, che si tratta, probabilmente, dell'unico esempio di *opera
italiana*
scritta *realmente* facendo uso della tecnica wagneriana del Leitmotiv.
Forse, l'équipe di compositori chiamata a completare l'orchestrazione dei
primi quattro atti del Nerone, non avevano compreso fino in fondo questo
aspetto, andando a *ritoccare*, talvolta, *proprio* alcuni momenti scenici
(sia vocali che musicali) in cui tutto ciò si realizzava pienamente. Per di
più, come abbiamo
già visto, hanno messo le mani *anche* sulla parte di orchestrazione già
compiuta (i primi tre atti!!!), giudicata da essi incompleta, e, forse,
anche ineseguibile; così l'hanno *rimpolpata* un po' alla maniera di Rimskij
nei
confronti del Boris musorgskiano (fatte le debite differenze, s'intende). Di
qui la necessità di un nuovo lavoro di ricostruzione e completamento, come
già detto
nel post precedente, ma con tutti i problemi *annessi e connessi* fin lì
esaminati; primo fra tutti, il dilemma *amletico* riguardante il quinto atto
(del quale esistono, come abbiamo visto, ampi abbozzi), se includerlo o
escluderlo (come avevano optato nel 1924, ma forse neppure conoscendo i
suddetti
abbozzi, o, forse, pur conoscendoli, senza prenderli neppure in
considerazione, per i motivi già visti in precedenza) nella stesura completa
definitiva
dell'opera (magari lasciando all'interprete la decisione se eseguirlo o meno
visto che il significato globale dell'opera, come abbiamo già visto, cambia
radicalmente a seconda se lo si include o meno).
Possiedo il numero speciale dell'Illustrazione Italiana
uscito in occasione della prima scaligera, con tanto di bozzetti scenici
stampati in tricromia (stupendi!!!) e foto dei cantanti e di Toscanini,
oltre che varie foto di Arrigo Boito, e corredata di saggi ed articoli sia
riguardanti
l'opera (esecuzione, musica, scene, cantanti, direttore, ecc.), sia su Boito
medesimo.

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Don Carlos di Verdi                                        torna su

Innanzitutto il Don Carlos è un'opera (il Don Carlos, appunto) che a
volte ci sembra di conoscere assai bene, viste le numerose edizioni
discografiche già esistenti di essa, ma che poi, andando ad analizzare
più in profondità le varie problematiche che, come vedremo, essa
suscita, ci accorgiamo che, in realtà la conosciamo, di fatto,
solamente a metà.
E' stata la prima opera completa da me posseduta in
disco (parliamo della fine del 1977- inizio 1978); la sua musica,
mi ha subito conquistato ed affascinato fin dal primo
istante, insieme, ovviamente, alle parole del libretto. L'edizione in
questione era la prima incisione assoluta dell'opera, pubblicata
allora in edicola dalla Fabbri. Si trattava dell'incisione Cetra del
1951 col seguente cast:

Filippo II ---> Nicola Rossi Lemeni
Don Carlo ---> Mirto Picchi
Rodrigo ---> Paolo Silveri
Il Grande Inquisitore ---> Giulio Neri
Elisabetta di Valois ---> Maria Caniglia
La principessa Eboli ---> Ebe Stignani
Tebaldo ---> Graziella Sciutti
Un Frate ---> Albino Gaggi
Il Conte di Lerma ---> Manfredi Ponz de Leon

Orchestra Sinfonica e Coro di Roma della Rai
Direttore: Fernando Previtali
Maestro del Coro: Gaetano Riccitelli

Si trattava dell'edizione scaligera in 4 atti del 1884 con alcuni
tagli in uso all'epoca.
In tempi recenti questa incisione è stata rimasterizzata e riversata
in CD dalla Fonit Cetra nell'ambito della serie "Classic Collection",
e in tempi recentissimi nella nuova veste rimasterizzata "Warner
Fonit"; grazie a questo fatto, perciò, ho potuto riascoltarla a
distanza di anni.
Parliamo ora delle problematiche più appariscenti di
quest'opera: quelle riguardanti la musica.
Va subito detto, a tal proposito che, già alla Prima parigina del
1867, l'opera venne rappresentata "monca" rispetto alla stesura
originaria; Verdi, infatti, aveva deciso, durante la prova generale,
di tagliare la prima parte della Scena di Fontaineblau (il Coro dei
Boscaioli -
"L'hiver est long") sostituendo ad essa le poche battute del Coro dei
Cacciatori ("Su, cacciator! pronti o la belva ci sfuggirà! ecc."), con
le quali siamo abituati ad ascoltare l'inizio dell'opera. Tale scena
corale (Straordinaria!!!) si può oggi ascoltare:

---> In francese: come appendice all'edizione scaligera di Abbado (DG
1983-1984)
(parlerò in seguito di questa edizione).
---> In italiano: inserita nel contesto dell'opera completa,
nell'incisione Sony Classical del 1992 diretta da James Levine e nel
video del Met del 1983 sempre diretto da Levine.

La scena dura circa 10 minuti e vede come protagonisti il Coro ed
Elisabetta; si prosegue poi con l'entrata di Don Carlos "Fontaineblau!
Foresta immensa e solitaria!"
Le parti sceniche soppresse da Verdi alla prova generale del 24
febbraio 1867 furono ben otto!!!

Passiamo ora al Secondo atto:

---> Quadro I: più ampia la Scena e Duetto tra Filippo e Rodrigo

---> Quadro II: più ampio il Duetto tra Filippo e Rodrigo

Queste varianti sono a me tuttora sconosciute!!!

Passiamo ora al Terzo atto:

---> Quadro I: Introduzione e Coro (Coro interno, Elisabetta, Eboli)
"Que de fleurs... Pour une nuit me voilà Reine"

---> Quadro II: Le ballet de la Reine (ballabile d'obbligo per
l'Opéra; eseguito, all'epoca, anche separatamente all'opera)

Queste due scene si possono ascoltare sempre come appendice
nell'edizione Abbado sopra citata; durano rispettivamente circa 5
minuti e circa 15 minuti.

---> Quadro III: Duetto e Terzetto Don Carlos-Eboli-Rodrigo

scena preceduta nelle versioni successive dal magnifico preludio
orchestrale che siamo abituati ad ascoltare quale inizio del terzo
atto; di conseguenza questa scena diventerà successivamente
il Quadro I.
Segue poi la celebre scena dell'Auto-da-fe a conclusione dell'atto.

Passiamo ora al Quarto atto:

---> Quadro I: Più ampio il Quartetto tra
Elisabetta-Filippo-Eboli-Rodrigo

anche questa variante è a me tuttora sconosciuta!!!

---> Quadro I: Più ampia la Scena e Aria tra Elisabetta ed Eboli (tra
i personaggi c'è anche il Conte di Lerma; non conosco neppure questa
stesura); comprende la sezione "J'ai tout compris"

anche quest'ultima variante può essere ascoltata come appendice sempre
nell'edizione Abbado; dura circa 5 minuti.

Qui, se non ho capito male, si concludeva il Quadro; segue poi, nelle
versioni successive, la Scena ed Aria finale di Eboli "Ah! Più mai non
vedrò la Regina! O don fatale"

---> QuadroII: Più ampia la Scena della Sommossa "Mio Carlo, a te la
spada io rendo!": comprende ben due delle otto varianti espunte di cui
sopra.
Da quel che mi sembra di aver capito, l'introduzione con la prima di
queste due varianti può essere ascoltata come appendice sempre
nell'edizione Abbado.
La seconda variante, inserita nella parte conclusiva di questa scena,
resta dunque a me tuttora sconosciuta!!!

Passiamo ora al Quinto atto:

---> Scena finale: "Oui, pour toujours!
Il faut un double
sacrifice!...
Ah! Sois Maudit! Artisan d'une oeuvre détestée!"

Questa scena, decisamente più ampia di quella delle versioni
successive, può essere sempre ascoltata, come appendice, nell'edizione
Abbado.

Le battute finali di questa scena (e dell'opera, ovviamente) possono
essere ascoltate, in italiano, come Finale dell'opera, nell'edizione
scaligera diretta da Gabriele Santini, incisa nel 1961 per la DG.
Si tratta di un Finale per certi versi opposto a quello a noi
universalmente noto: dopo l'esclamazione finale di Elisabetta "O
ciel!", anziché ascoltare le battute finali... diciamo così... "ad
effetto" che concludono l'Opera, i frati proseguono con:

"Carlo il sommo Imperatore
Polve e cenere sol è."

"Charles-Quint, l'auguste Empereur,
N'est plus que cendre et que poussiére."

La musica si conclude, tra l'altro, *quasi* con le medesime note con
con cui era iniziata (la seconda nota della "cellula tematica"
iniziale viene qui raddoppiata; tale cellula tematica, comunque,
precede anche, ripetuta per ben tre volte, il "Dormirò sol" di Filippo
II), nella versione originaria, la Scena di Fontaineblau; i Frati,
però, riprendono, abilmente variato... come dire... a mo' di
misteriosa, arcana ed insondabile conclusione dell'opera, il tema dei
Frati con cui inizia l'Atto secondo.
Non ti sarà certo difficile, a questo punto, immaginare quanto questo
tipo di Finale sia (a mio avviso, naturalmente) decisamente più
significativo di quello a noi universalmente noto.

Dopo essermi occupato (almeno per quanto mi è finora possibile) delle
varianti musicali del Don Carlos, parlerò ora di quelle testuali (non
meno ardue e problematiche di quelle musicali, come vedremo. Anzi!!!).
In questo caso, dopo aver chiarito il meglio che mi sarà possibile i
termini del problema, mi limiterò a dare solo un esempio o due per non
dilungarmi troppo.
Va detto, innanzitutto, che Verdi ha apportato *tutte* le modifiche
*testuali e musicali* all'opera successive a Parigi facendo uso della
lingua francese; *solo* successivamente tali modifiche venivano
sottoposte ad Angelo Zanardini per la versione ritmica italiana.
Risulta evidente, a questo punto che... come dire... "incastonando"
all'interno del tessuto dell'opera completa, le parti messe in
appendice nell'edizione Abbado, *non si ottiene* l'edizione parigina
originaria; Abbado, infatti, fa uso, per l'opera completa, della
"versione definitiva o di Modena" (!!!), *solo* eseguita nella lingua
originale, *ma* con *tutte* le numerosissime modifiche testuali
apportate da Verdi durante il lavoro di revisione.
In altre parole, si può affermare che il libretto di *tutte* le
revisioni successive a Parigi del Don Carlos sia (almeno per metà,
forse!!!)... di Verdi medesimo!!! Così, molte delle frasi
(genialissime!!!) che noi conosciamo nella versione ritmica italiana,
sono, nella corrispettiva versione francese, *non già* di Mery e Du
Locle, bensì... di Verdi!!! Te ne cito soltanto una, come esempio:

la frase tratta dal Duetto Filippo-Rodrigo che conclude l'atto
secondo:

"Tu muterai pensier, se il cor dell'uom
conoscerai qual Filippo il conosce!"

che in francese suona:

"Vous changerez d'avis, quand vous saurez le coeur
De l'homme, a l'égal de Philippe"

appartiene alle versioni successive, quindi è...
di Verdi!!!

A Parigi, infatti, Méry e Du Locle avevano scritto:

"Je n'avais jamais, jamais écouté cette inconnue ayant pour nom: la
Verité"

Verdi, però, da quel che mi è parso di capire, aveva scritto anche una
diversa musica sotto questa frase.

Questo esempio non è il solo che si potrebbe fare, ma penso che
chiarisca bene i termini del problema; quindi valga per tutti.

Ora non resta che dare alcuni cenni sulla discografia dell'opera,
vista per il momento sotto l'aspetto testuale, alla luce di quanto
esposto fin qui.

 
Ora non resta che dare alcuni cenni sulla discografia dell'opera,
vista per il momento sotto l'aspetto testuale, alla luce di quanto
esposto fin qui.

Le edizioni che ci consegnano la "versione definitiva o di Modena"
(quella a noi universalmente nota, nonché la più eseguita, a
tutt'oggi) nella sua integrità (senza tagli tradizionali, quindi) sono
le seguenti (mi occuperò sempre, per ovvie ragioni di semplicità, solo
delle incisioni in studio) :

Decca 1965 Direttore Georg Solti con Bergonzi, Ghiaurov, Tebaldi,
Fischer-Dieskau, Bumbry, Talvela, Franc
Orchestra e Coro del Covent Garden

Emi 1971 Direttore Carlo Maria Giulini con Domingo, Caballé, Raimondi,
Milnes, Bumbry, Verrett, Foiani, Estes
Orchestra e Coro del Covent Garden

DG 1983-84 Direttore Claudio Abbado con Domingo, Ricciarelli,
Raimondi,
Nucci,Valentini-Terrani, Ghiaurov, Storojev
Orchestra e Coro del Teatro alla Scala

L'edizione di Modena viene qui eseguita in lingua francese, con sei
delle otto scene parigine in appendice.

Sony Classical 1992 Direttore James Levine con Sylvester, Millo,
Furlanetto, Chernov, Zajick, Ramey, Plishka
Orchestra e Coro del Metropolitan

L'edizione, pur attenendosi sempre alla versione di Modena, integra
nel tessuto esecutivo dell'opera completa l'atto di Fontaineblau
rispettando la sua integrità "originaria", quindi con il Coro dei
boscaioli, come Levine aveva già fatto al Met nel 1983.

Philips 1996 Direttore Bernard Haitink con Margison, Gorchakova,
Scandiuzzi, Hvorostovski, Borodina, Lloyd, D'Arcangelo
Orchestra e Coro del Covent Garden

N.B.
Le altre incisioni in studio che seguono la versione definitiva o di
Modena del 1886 contengono tutte dei tagli tradizionali.


Le edizioni che eseguono, nella sua integrità, la versione scaligera
del 1884 (in quattro atti, quindi senza l'atto di Fontaineblau, con
rifacimento dell'aria di Don Carlo "Io la vidi e il suo sorriso"
preceduta dal recitativo "Io l'ho perduta!" inserita in luogo del
recitativo "Al chiostro di San Giusto") sono le seguenti:

Emi 1978 Direttore Herbert von Karajan con Carreras, Freni, Ghiaurov,
Cappuccilli, Baltsa, Raimondi, van Dam
Berliner Philharmoniker e Coro della Deutsche Oper di Berlino

N.B.

1) *Solo* nell'incisione in studio Karajan eseguirà questa versione
nella sua integrità; nelle esecuzioni live oggi ufficialmente
disponibili (Salisburgo 1958 e 1986) praticherà sempre dei tagli.
2) Le altre incisioni in studio che seguono la versione scaligera del
1884 contengono tutte dei tagli tradizionali.
3) L'esecuzione scaligera live del 1992 diretta da Muti segue,
ovviamente la versione suddetta nella sua integrità.

L'altra versione in francese oggi disponibile è la seguente:

Emi 1996 Direttore Antonio Pappano con Alagna, Mattila, van Dam,
Hampson, Meier, Halfvarson, Airizer
Orchestre de Paris e Coro del Teatro Châtelet di Parigi

L'edizione viene "spacciata" (con tanto di scritta sul retrocopertina
del cofanetto!!!) per "originale parigina"; in realtà, purtroppo, si
tratta di un "vero e proprio"... come definirlo... "fritto misto" tra
Parigi e Modena, a discrezione del direttore, il quale, tra l'altro,
comincia l'atto di Fontaineblau nella maniera consueta, quindi senza
il Coro dei boscaioli.

Resta da capire se esiste un'edizione che ci consegna la versione
parigina nella sua integrità.
Per quanto ne so, l'unica che potrebbe farlo, a tutt'oggi, è
un'esecuzione live in forma di concerto, registrata alla BBC di Londra
nel 1973.


Direttore John Matheson con Turp, Tremblay, Rouleau, Savoie, Vilma,
Van Allan

L'edizione, se non ho capito male, doveva seguire la versione parigina
el 1867 nella sua integrità, riportando invece in appendice le
varianti successive (il contrario di Abbado, dunque); in altre parole,
se ciò che mi è parso di capire corrisponde a verità, grazie questa
edizione *sarebbe* (il condizionale, ovviamente, è d'obbligo, in
questi casi!!!) possibile ascoltare tutte le note composte da Verdi
per il Don Carlos.
Tale edizione era stata pubblicata, a suo tempo, in LP, mentre oggi,
per quanto ne so, non è stata ancora riversata in CD.
Potrebbe essere stata ripubblicata oggi nella collana BBC Legends???
Chi di voi me lo saprebbe dire?

Resta da vedere, a questo punto, se l'anno verdiano ci permetterà,
finalmente (!!!), di conoscere (almeno in disco!!!) il *VERO* Don
Carlos parigino!!!

Prima di concludere, però, non posso davvero non fare almeno un cenno
sulle esecuzioni avvenute al Regio nella Stagione lirica 1990-91: nel
corso di questa stagione vennero eseguite, forse per la prima volta in
Italia, sia la versione parigina del 1867 (anche se non completissima
al "cento per cento", ma con l'atto di Fontaineblau eseguito secondo
la sua stesura "originaria"), sia quella "definitiva o di Modena",
dando così la possibilità al pubblico di farsi almeno un'idea riguardo
alle problematiche del Don Carlos,

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