“el canto es un misterio de la
boca…”
(Patricio Manns)
Le tracce dello spirito attraverso il canto popolare
dell’America Latina, del folk degli Stati Uniti e dell’Italia di oggi.
In
repertorio:
Violeta
Parra (Gracias a la Vida,
Volver a los 17, Lo que yo mas quiero),
Atahualpa
Yupanqui (los Hermanos),
Victor
Jara (te Recuerdo Amanda),
Ariel
Ramirez (brani da Navidad
Nuestra),
Bob Dylan (Knockin’ on heaven door, Blowing in the Wind),
folk e spiritual USA (Summertime,
Go down Moses, the House of Rising Sun, Sixteen Tons),
Bruce Springsteen (the Ghost of
Tom Joad),
Fabrizio
De Andrè (brani da La Buona
Novella)
Riccardo
Pecoraro (brani da La Pasqua
Napoletana)
con
RICCARDO PECORARO, canto, chitarra e voce recitante
e con
SIMONA RUOCCO, voce jazz
“…non chi mi dice Signore, Signore…” Mt.7,21
presentazione dell’autore
Negli anni '60 Atahualpa Yupanqui, in una sua canzone affrontava
direttamente le domande su
Dio e ad esse fa rispondere un boscaiolo, figlio di un operaio morto in
miniera:
<<…Dio si preoccupa dei
poveri… forse sì forse no
però è certo che pranza alla tavola del
padrone>>
e ancora:
<<c’è una cosa nel
mondo più importante di Dio,
è che nessuno sputi sangue perché altri
vivano meglio>>.
E’ la visione di una fede che allontana dalla realtà
della terra e che,
anzi, era spesso usata come strumento di sottomissione psicologica e
culturale delle classi subalterne. Anche Violeta Parra scriveva con uguale
durezza:
<<… e per continuare la
menzogna lo chiama il suo confessore
gli dice che Dio non vuole nessuna
rivoluzione
né lotte né sindacati, ché offendono il suo
cuore…>>
Erano anni e luoghi in cui non sembrava esserci molto
spazio per le sottigliezze, almeno in campo sociale; lo sfruttamento selvaggio
dell’uomo sull’uomo era (come spesso ancora è in tante parti del mondo) una
regola economica e il messaggio sociale della Chiesa sembrava debole e timido mentre la risposta politica della
lotta di classe tendeva ad identificare nel clero un avversario del popolo.
Di qui
derivava la distanza di molti artisti ed intellettuali non solo dalla Chiesa ma
anche dalla fede. In Italia, per esempio, Fabrizio De Andrè sottolinea
continuamente il proprio ateismo, eppure scrive “La Buona Novella” la cui
ispirazione materialista è francamente assai discutibile (vedi commento labuonanovella
) e la sua attenzione per gli “ultimi”
non può non far pensare all’insegnamento evangelico.
Per tornare e
chiudere il discorso sociale e politico sull’America Latina, va detto che ben
presto (anni ’70 e ’80) il Cristianesimo e la stessa Chiesa Cattolica
riacquistano credibilità e anzi – sotto varie forme – diventano punto di
riferimento per le istanze di liberazione del continente; un esempio per tutti
è Monsignor Romero il Vescovo di San Salvador che per la sua predicazione e le
sue denunce in favore dei poveri del suo paese viene assassinato sull’altare
dagli squadroni della morte.
La premessa del contesto politico e sociale era
indispensabile per affrontare una ricerca delle tracce dello spirito nel canto
popolare, in particolare del XX secolo.
Diciamo subito che se questo spettacolo nasce è perché
queste tracce
ci sono, anzi, questi grandi artisti che abbiamo già citato, e poi Woody
Guthrie, Victor Jara, Bob Dylan, Bruce Springsteen, pur con le loro storie e contraddizioni, gettano davvero un ponte
che unisce le persone nello spazio e nel tempo e questo ponte fatto di canzoni
– a nostro avviso - non può che essere spirituale.
“Spiritual” è infatti il canto degli schiavi neri che
vedono sé stessi nel popolo d’Israele schiavo in Egitto. E almeno mentre
cantano sono liberi. Spirituale è la testimonianza della giovane prostituta
della casa del “Rising Sun” di New Orleans.
E torniamo a Violeta Parra; il suo spirito tormentato
e vulcanico è così forte che nel popolo cileno molti la chiamano “Animita” e
pensano sia ancora tra loro. Tralasciamo la mia testimonianza, ma assicuro che
questo lavoro è partito proprio dalle sue canzoni. Sento l’esigenza non certo
di mettere ordine (questo magma caotico
è creativo) ma proprio di mettere in luce quella contraddizione, che per
l’artista è solo apparente, di una donna che scrive “manca
solo che un coltello mi privi della salute”, ma anche “…sentirsi nel più profondo, un bimbo di fronte a Dio, è
quello che sento io in questo istante fecondo” e poi “Run Run” che
lascia col fiato sospeso e “Grazie alla Vita”, ma poi si uccide e poi continua
a parlare attraverso le canzoni e forse – come qualcuno crede – è ancora tra
noi.
Insomma, non pretendo di spiegare granché – non sono
capace di farlo – voglio solo raccontare con le canzoni quello che le parole
non possono dire perché, come dice Patricio Manns, “il canto è un mistero della bocca”.
Riccardo Pecoraro
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