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Amore e Psiche
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Capitolo 3- I tre problemi:
...il senso di colpa e gli scrupoli, ilcomplesso di inferiorità (II° parte)
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(prosegue da "I tre problemi" parte A)

Il complesso di colpa e gli scrupoli
La seconda grande calamità emotiva che in varia misura ci colpisce tutti quanti è il complesso di colpa.
Esso non ha alcun rapporto con una colpa effettiva. La sua origine, infatti, risale normalmente ad un'età in cui una colpa vera e grave sarebbe impossibile.
Il complesso di colpa può essere definito come un ossessivo senso di perversità morale o di peccaminosità. La persona che lo sperimenta vividamente è perseguitata senza un attimo di tregua da una profonda sensazione di essere malvagia e colpevole.
Questo complesso porta con sé il bisogno d'essere puniti. Sebbene sembri piuttosto strano, la persona che ne è profondamente afflitta cercherà inconsapevolmente e inconsciamente che la si castighi.
La manifestazione più grave del complesso è quando l'individuo vuol farsi del male fisicamente o confessare un crimine di cui non è responsabile. Una manifestazione più leggera e più comune è quando il soggetto cerca, per il matrimonio o anche solo sul piano dell'amicizia, qualcuno che a suo giudizio potrà castigarlo. Così, non è raro che una donna, dopo essersi divorziata da un ubriacone che pur l'ha fatta soffrire, si risposi con un altro alcoolizzato.
Come nel caso dell'ansietà, la natura umana ha i suoi stratagemmi per attenuare la sofferenza del complesso di colpa. Se l'ansietà tende a compensarsi nelle fobie, il complesso di colpa tende ad avere alcune manifestazioni liberatorie che sono i cosiddetti scrupoli.
La parola "scrupolo" proviene dal latino scrupulum, che significa "sassolino". Quando per caso un sassolino ci entra in una scarpa mentre camminiamo, noi sentiamo, a un passo sì e un passo no, una trafitta. Così lo scrupoloso, mentre percorre il cammino della sua vita, sente a intermittenza le trafitte della sua colpa immaginaria.
Uno scrupolo, in genere, ha come oggetto qualche peccato o colpa solo supposti ma ben precisi. Come la fobia delimita e concretezza la paura generalizzata che è specifica dell'ansietà, lo scrupolo delimita e concretezza il generalizzato senso di colpa. Conseguentemente, i conflitti con gli scrupoli, proprio perché intermittenti, risparmiano all'individuo l'agonia permanente e indeterminata del suo complesso.

I disastri di un'educazione all'insegna della severità
Abitualmente, all'origine del complesso di colpa ci sono genitori severi o rudi.
Forse questi genitori si son detti che la loro severità era il mezzo migliore per allenare i figli alla disciplina. Hanno giustificato le esplosioni della loro collera puramente emotiva e gli sfoghi per le loro delusioni personali con la sacra espressione di "missione educativa".
Quando tali eccessi diventano un modello fisso del comportamento dei genitori, i figli porteranno dentro di sé le cicatrici di quella "missione educativa" per tutto il resto della vita sotto la forma di complessi di colpa.
Ruth Krause ha pubblicato un libro in cui raccoglie le risposte d'un gruppo di bambini ai quali era stato chiesto di definire molte realtà della vita quotidiana. Ecco alcuni esempi: "Le braccia servono per abbracciare"; "I cuccioli sono animali che saltano attorno a noi e ci leccano la faccia"; "Una buca è fatta per scavare".
Lo scopo ultimo della Krause era mostrare che i bambini non pensano allo stesso modo degli adulti. Quando per esempio un genitore, col sangue negli occhi e le narici dilatate, si curva sul suo bambino e tira fuori una voce terrificante: "Sei cattivo! Hai attraversato la strada mentre t'avevo detto di non farlo!", il figlio continua a non rendersi conto del pericolo che ha corso. Non pensando con le categorie di causa e di effetto, non conosce i rischi d'un bambino che attraversa la strada da solo. Però, egli conserva dentro di sé questo messaggio: "Sei cattivo".
Per questo, la psicologa Margaret Mead insiste sulla necessità di comunicare al bambino il proprio amore, anche quando lo si rimprovera o punisce. La punizione impartita con rabbia è quasi sempre, se non sempre, molto nociva.

Il complesso d'inferiorità
L'ultima delle tre fondamentali calamità emotive dell'uomo è il complesso d'inferiorità. Si tratta del senso della propria inadeguatezza come persona.
Chi si sente radicalmente inferiore agli altri e in certa misura capita a tutti può essere, sì, consapevole di certe sue doti particolari, ma ha dentro di sé un verme solitario che lo rode: la convinzione della propria insufficienza. Ha l'impressione che gli altri non possano accettarlo come persona.
È un fenomeno ben diverso dal complesso di colpa. Chi è afflitto dal complesso d'inferiorità prova un senso non tanto di perversità morale quanto di insignificanza personale.
La genesi di questo complesso come di tutte le altre nostre deformazioni emotive è individuabile nei primi anni di vita. Quando i genitori trattano il figlio come uno straccio e lo educano a tener sempre alzata la bandiera bianca dinanzi alla loro onnipotente volontà.
Benjamin Spock pensa che l'imposizione rigorosa degli abiti da indossare e delle ore in cui mangiare nonché l'inflessibile regolamentazione delle altre funzioni biologiche d'un bambino possono sconvolgere l'equilibrio emotivo di quel bambino per tutto il resto della sua vita.
Madri che non vogliono scaldare il cibo una seconda volta e padri che non tollerano i giocattoli sempre sparsi sul pavimento trasmettono al figlio questo messaggio: "Tu non meriti tanta importanza. Tutto quello che puoi fare è adattarti a noi senza disturbare la nostra quiete".
Ciò non significa che si debba bandire una ragionevole e amorevole formazione dei figli alla disciplina. Ovviamente, i bambini debbono imparare che gli altri hanno i loro diritti e comprendere che la tranquillità altrui va rispettata. Però, quando questa formazione arriva a certi eccessi, il bambino crederà facilmente che viene stimato solo in quanto rispetta i desideri e le comodità dei genitori. Istintivamente, concluderà che in sé non vale niente: conclusione che danneggerà la sua fiducia in se stesso, forse per sempre.
La maggior parte delle lezioni efficaci per preparare un bambino alla vita son quelle impartite più con l'esempio che con parole rabbiose o severe. Quando vogliamo insegnare a un bambino come si fa rimbalzare il pallone, non gli scioriniamo un corso teorico illudendoci che lo assimili. Un bambino non è tanto un pensatore quanto un imitatore. Perciò facciamo rimbalzare il pallone noi stessi e gli chiediamo di ripetere quei movimenti. A-vendo una fortissima tendenza all'imitazione, egli può riuscirci quasi subito.
I genitori che mascherano l'attaccamento ai propri comodi riempiendosi la bocca con le parole "missione educativa" insegnano ai loro figli abitudini egocentriche il cui effetto non può essere che l'infelicità.

I sette primi anni sono gli anni decisivi. La cosiddetta opzione umana fondamentale cioè la scelta tra l'amore (occuparsi degli altri e della loro felicità) e l'avidità (occuparsi di sé e della propria soddisfazione) è in gran parte determinata dalle lezioni che offre l'esempio dei genitori e dal meccanismo dell'imitazione infantile.

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