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Pilone Centrale

Via Zucchi

La via Zucchi si articola lungo quello che è sempre stato chiamato il "Pilone Cenrtale" della Grignetta, secondo una definizione forse un po' pretenziosa ma ormai storica; ora si vuole invece rendere comune il semplice nome di "Spallone", ma a me ovviamente piace di più il primo. E' una via piuttosto frequentata, in virtù della sua relativa facilità, ma è decisamente lunga e presenta un paio di passaggi da non sottovalutare. La buona chiodatura - oggi rinnovata a fix, ma che anche in passato non dava preoccupazioni - e la roccia generalmente in buone condizioni permettono di divertirsi nel massimo della sicurezza. Di roccia buona non si può parlare solo in un paio di punti: nella prima parte del primo tiro, dove un po' di vegetazione diffusa e qualche blocchetto mobile richiamano a un po' più di attenzione, e sulla cresta superiore, dove ovviamente ristagna il perenne ghiaietto dei tratti meno ripidi della Grignetta.

Difficoltà: D (tratti di IV+)
Sviluppo: 5 lunghezze, 190 m
Esposizione: S
Chiodatura: buona, soste su coppie di fix
Materiale: 6 rinvii, 1 corda
Salite: 20.07.97    Mirko, Silvano, Andrea
15.08.99    Mirko, Silvano, Andrea
01.05.05    Mirko, Andrea

AvvicinamentoSi segue il sentiero della direttissima (n.8) fino al canalone di Val Tesa. Si risale il canalone (cartelli per la "cima" della Grignetta e per il "Colle Valsecchi") per tutta la sua lunghezza e quindi si piega a destra lungo il sentiero Cecilia, inizialmente attrezzato con delle catene. In pochi minuti si raggiunge un dosso più pronunciato degli altri (prolungamento erboso del Pilone). Si lascia il Cecilia per risalire il dosso fino alle pareti rocciose al suo culmine. La via attacca alla base di un masso squadrato un po' sulla sinistra; ci si trova un solido nuovissimo fix.

Versante meridionale del Pilone, dall'attacco

L1Si attacca ai piedi di uno strapiombino; un bollo giallo e un fix nuovo indicano il punto esatto. Si deve superare direttamente lo strapiombino; non farsi scoraggiare dall'aspetto: è valutato di IV+, ma ci sono maniglie ottime se si sa cercare; la maniglia decisiva è sulla destra del buco che scolpisce in alto lo strapiombo, e la si raggiunge fin dal punto di attacco. Un secondo fix ne protegge la parte superiore. Si prosegue lungo una facilissima rampa di roccette purtroppo non molto stabili; fare attenzione alla friabilità di alcuni passaggi. Si sale inizialmente un po' in diagonale a sinistra, ma la linea di passaggio non è obbligata grazie alla facilità del posto. L'arrampicata più facile la si trova se si esce molto sulla sinistra, ma se si rimane più interni e non si esagera con la diagonale si transita nelle vicinanze di un altro fix, a una decine di metri dall'attacco. Si supera la parte più abbttuta della rampa e ci si porta dove la parete si impenna più verticale; sulla destra segue uno spigolo molto pronunciato. Ci si dirige nella spaccatura tra questo e la parete ormai verticale; all'inizio della spaccatura si trova un nuovo ancoraggio; il superamento della spaccatura è il solo tratto lievemente tecnico del tiro, ma non si supera il IV. Si prosegue sempre in verticale attraverso rocce di difficoltà costante intorno al IV, per spaccature successive. Un nuovo fix protegge l'ultima facile decina di metri. Alla fine del lunghissimo tiro - una quarantina di metri - si avvista un bollo giallo che segnala la presenza della sosta; a un paio di metri dal bollo, poco sopra, su una comoda cengia, si trovano i due fix di assicurazione.

Rampa iniziale della L2

L2Dalla sosta si parte quasi in verticale, in direzione di un visibile fix nuovo. Le difficoltà sono contenute, come sempre nell'ordine del IV. Si supera il fix, si prosegue piegando poco più a destra, e si raggiunge il punto dove la parte soprastante si fa poco strapiombante. E' il momento di iniziare un traverso di un paio di metri a destra; ci si può proteggere attrezzando un'assicurazione con una clessidra; se si vuole si può ritardare l'assicurazione ed aspettare il termine del traverso: un metro più avanti c'è un altro fix. L'uscita dal traverso è forse il punto meno decifrabile del tiro: si superano pochi metri di una spaccatura verticale dove si è costretti a muoversi su tacche nette ma senza le maniglie che ci si sta abituando ad usare. Oltre la spaccatura arriva il turno della placchettina appoggiata che conduce fino al tetto, considerato il punto chiave del tiro. La placchetta è semplice, la si risale senza difficoltà tenendosi un po' sulla destra; si raggiunge un primo chiodo nella sua parte alta, quindi le cose si fanno più complicate perchè si è costretti ad entrare completamente nella placchetta liscia. Si punta il margine superiore della placca, proprio sotto allo strapiombo, dove si trova un altro chiodo: l'ultimo punto di assicurazione del tiro. Da qui si traversa un buon metro a sinistra; ci sono dei buoni appoggi sullo speroncino a sinistra della placca e una volta trovatoci l'equilibrio lo si risale completando l'aggiramento dello strapiombo; solo in uscita è facile usare le maniglie che si trovano sulla parte superiore dello strapiombo stesso. Da qui le cose si fanno più facili: un'ultima decina di metri di rocce gradinate conducono fino alla seconda sosta.

L3Dopo il T2 più corto del T1, questo è più corto ancora, meno di una trentina di metri. Sopra alla sosta si trova il tratto relativamente più difficile del tiro: un muretto di qualche metro di IV piuttosto verticale; dal punto di attacco si vede il fix che lo attrezza più o meno nel mezzo. Si parte salendo sulla destra, dove qualche roccetta rotta facilita il compito, poi si traversa in diagonale verso sinistra, fino a ragguingere il fix; si prosegue ancora un po' in diagonale e quindi si punta in alto in modo più deciso. Passato il muretto, il resto del tiro è piuttosto banale: una successione di gradoni e rocce molto articolate che portano senza difficoltà e senza deviazioni fino alla sosta: i soliti due fix accoppiati.

L4E' il tiro più facile della via, non raggiunge mai il IV. Come nel tiro precedente si parte superando un muretto: si tratta di un saltino verticale di quattro metri, molto ben manigliato. Una volta risalito si approda sul gran terrazzo della sua sommità. Da qui in avanti non c'è quasi da arrampicare: si tratta semplicemente di superare una lunga cresta più o meno pianeggiante, fatta di rocce rotte e di un paio di pinnacoli da aggirare. Attenzione alla ghiaietta che ricopre buona parte del tragitto. L'unica difficoltà di questo tratto è data dallo scorrimento della corda: quaranta metri ad aggirare pinnacoli non costituiscono esattamente una linea ideale di ottimizzazione della linea di scorrevolezza. Alla fine del tiro si supera un ultimo breve risalto sulla sinistra di un pinnacolo che delimita il terrazzo della sosta. Si raggiunge il terrazzo con un brevissimo facile passaggino strapiombante.

Parte superiore del torrione e placchetta della L5, dalla L4

L5All'inizio dell'ultimo tiro della via si trova l'ultimo tratto relativamente impegnativo: una bella placchetta appoggiata di IV; insieme allo strapiombino del T2 è uno dei punti più caratteristici della via. Una volta era attrezzata da un paio di chiodi belli nascosti, piantati in fessure che li nascondevano all'osservazione dalla sosta; oggi invece il primo chiodo è stato sostituito da un fix brillante in piena placca, ed un terzo punto di ancoraggio, un altro fix, è stato infisso nella parte superiore della placca, più a sinistra di dove si sarebbe saliti in passato. Si attacca direttamente puntando al primo fix, poi si piega leggermente a destra in direzione del chiodo. Si sale sfruttando una serie di tacche ben definite, che forse disorientano un po' dopo la facile arrampicata degli ultimi tiri della via. Dal chiodo una volta era semplice portarsi verso destra e salire sfruttando le manigliette dello spigolo destro della placca; oggi invece il terzo ancoraggio invita a salire in diagonale a sinistra e a rimanere in piena esposizione; è un po' più complicato di una volta perchè si è costretti a rimanere sulle tacchette del IV della placca. Superata questa si prosegue per rocce decisamente più facili e più abbattute. Si raggiunge velocemente un terrazzo e una coppia di grosse fenditure tra le rocce spaccate dell'ultimo tratto di spalla: si può risalire una qualsiasi delle due spaccature, ma quella di destra è un po' più facile. Passata la spaccatura si raggiunge la cresta sommitale del Pilone. Dopo un'ultima quindicina di metri di elementare crestina abbattuta di pinnacoli e ghiaia si raggiunge il termine della via in prossimità della cima. Si assicura sui soliti due fix.

DiscesaNon esiste discesa. O meglio: non è consigliabile "scendere" dal Pilone, perchè si tratterebbe di farlo in doppia lungo la via, soluzione scartata pressocchè dalla totalità degli arrampicatori. Al contrario: "il ritorno passa per la vetta". In questo caso si tratta della vetta della Grignetta. La cima del Pilone infatti è collegata direttamente alla cresta Segantini da un brevissimo tratto di crestina orizzontale; se la si supera ci si trova al termine del tratto superiore dell'uscita della "Lingua": da qui alla cima della Grignetta non resta che seguire il tratto più semplice della Segantini. Volendo lo si può fare tutto in conserva: si risale una facile rampa, ci si porta sulla cresta sommitale, la si attraversa, si superano un paio di sali-scendi e si raggiunge la "Ghiacciaia". Da qui si può piegare per tracce di sentiero verso destra e raggiungere la Cermenati, oppure si può arrampicare lungo un ultimo tiro di corda, un semplicissimo III, che supera una spaccatura e un breve caminetto fino a portare ad un bel terrazzino; c'è un fix in via e un fix sul terrazzo. Il resto non è che qualche minuto di passeggiata fino alla cima della Grignetta.

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