Custodia per iPod shuffle

Da Inghilterra, Stati Uniti, CentroAmerica, Sud Africa, Francia, Cile, Islanda, Italia: tutto il mondo in un festival. Dal 6 all’11 Luglio 2004, cinque serate con tutti i linguaggi della cultura giovanile. E come ogni anno il Festival cerca di esagerare.

Non solo musica

Ben centocinquanta gli eventi: musica, teatro, cabaret, videoarte, letteratura, pittura, fotografia e un sacco di compleanni a cui dedicare eventi speciali: il decennale dalla scomparsa di Frank Zappa e Charles Bukowski e dalla fine dell’Apartheid (con la regina sudafricana Miriam Makeba accompagnata nella stessa serata da Rokia Traorè), nonchè i primi 10 dalla nascita di Emergency, partner della manifestazione. E quest’anno avremo ancora Carlo Lucarelli (ormai di casa) e Marco Paolini (al World Stage) e per il cabaret quelli di Zelig Cult (Pali & Dispari, Alberto Cornacchione, Alberto Patrucco, Luca Donato, Renato Trinca e Diego Parassole)

Le Star di quest’anno

I nomi che si alterneranno solo sul palco principale scorrono a fiumi: Fernanda Porto, Luciano, i Chumbawamba, ma anche la rivelazione Bang Gang, i Karate, i Black Rebel Motorcycle Club, l’Hip Hop dei Cypress Hill (unica data italiana), Louie Vega, Groove Armada, Miriam Makeba e tanti italiani: Meganoidi, Verdena, Casino Royale, Marlene Kuntz, PGR, Caparezza, Pacifico, Omar Pedrini, Samuele Bersani, Piero Pelù, Frankie Hi NRG, l’Orchestra multietnica di Piazza Vittorio. E anche quest’anno, per la serata finale un ospite a sorpresa. Il nome è segretissimo, ma cercheremo di farvelo sapere in anteprima (con i potenti mezzi a nostra disposizione)...
Di quelli che ascolteremo vi faremo una piccola recensione, giorno per giorno.

Dancing Queen

Eccoci alla prima serata dell’edizione 2004 che ha proposto tra gli altri Fernanda Porto dal Brasile, Z-Star da Trinidad, Chumbawamba da Leeds e Luciano dalla Giamaica.

Cantante, autrice chitarrista e poeta, Z-Star è una recente scoperta sulla scena rock-soul-jazz internazionale. Sul palco, lei alla chitarra acustica e una band con la piacevole sorpresa di un eccellente tastierista al redivivo organo Hammond (ormai sacrificato sull’altare dell’imperante moda dei chitarroni elettrici). Nel bel mezzo della sua tormentata esibizione (avvenuta alla luce di candele di emergenza, con l’impianto luci in completo black-out) si è spenta anche l’amplificazione ed è lì che Z-Star è riuscita a sprigionare tutta la sua energia, coinvolgendo il pubblico con spontaneità e talento. Alla ripresa abbiamo potuto apprezzare una voce suadente, capace di profonde variazioni dinamiche e un feeling soul-jazz che ci ha fatto ricordare Tracy Chapman e Shirley Bassey. Da seguire.

regalagli un iPod Shuffle

Presentati come gruppo militante anarchico antimilitarista del punk inglese, ci aspettavamo il solito frastuono di capelloni iper-tatuati che sparavano suoni noise a 10.000 watt. E invece arriva un folto gruppo di elegantoni all’Armani (tra cui tre vocalist/strumentiste davvero brave) e una musica pop, quasi disco, facile ed accattivante. Quando poi hanno eseguito un brano notissimo (offerto come pezzo di musica folk), la perplessità è arrivata alle stelle. Tubthumping è un motivetto orecchiabilissimo che ha accompagnato lo scorso anno il tormentone pubblicitario di un campari mix, un telefonino o non ricordo quale altro prodotto nostrano. Ma come? Un gruppo anarco-punk usato per un jingle pubblicitario? Poi si capisce il continuo sarcasmo che fa da sottofondo a tutta l’esibizione. Un brano è dedicato a Justin Timberlake (I’m so stupid), un altro fa riferimento alle ciniche politiche commerciali delle major discografiche (Jacob’s ladder). Insomma, i Chumbawamba usano un pop elettronico accattivante fondendolo con messaggi di denuncia sociale il cui contenuto, pur non potendo arrivare attraverso i testi in inglese, si percepisce nell’ironia e nella sagacia dello spettacolo. Chissà cosa dicono i loro testi, sarebbe interessante conoscerli. Ma i ragazzi non se ne preoccupano, saltando e ballando alle note di tubthumping e a quelle di una stranissima "bella ciao" eseguita in stile ska e con i testi ...in inglese, che ha chiuso il concerto.

Nascondi il tuo iPod, arriva Bill Gates

Il solito animale da palcoscenico. Passano due ore senza che tu te ne accorga e lui instancabile tiene viva la tua attenzione con i suoi monologhi, stavolta inframmezzati dalle canzoni di un trio acustico. Indimenticabili i ricordi di un viaggio in treno col rischio attentati (altro che Al Qaeda) e il proclama in 7 punti sul Diritto all’Acqua: 1. Ne abbiamo bisogno tutti. 2. L’acqua è gratis. 3. L’acqua è un bene. 4. Può bastare per tutti, vale più di quello che costa. 5. L’acqua non è un brevetto, non è un logo, non è un marchio. 6. Non rispetta confini né proprietà: è vagabonda. 7. Dell’acqua non bisogna abusare perché ne siamo i custodi, non i padroni. Alle 20 deve smettere ("c’è il Love Festival...") se no avrebbe continuato all’infinito senza mai annoiarti.

Se ne sono accorti

Dopo i Casino Royale, che non meritano di essere recensiti (se questi sono gruppi emergenti... che noia) ci siamo sorbiti Marlene Kuntz, anche qui niente di nuovo sotto il sole, solito frastuono incessante e idee zero. Qualche fan ancora resiste, impressionato dal rumore e da testi urlati e incomprensibili che sembrano esprimere chissà quale profondo disagio. Anche Chiara ha smesso di apprezzarli da tempo. Sotto il rumore niente.
Ci aspettavamo di più dai PGR (l’acronimo sta per Per Grazia Ricevuta). L’ennesimo gruppo di Ferretti, nato dalle spoglie dei CCCP, poi CSI, e dopo il recente abbandono di Ginevra Di Marco e Francesco Magnelli, non riesce a dire niente di nuovo. Rock più immediato? Sarà, io sento sempre le solite composizioni monolineari, monocorde, monotonali e mononoiose. Continuo a dire, se uno è bravo a fare i testi (e Ferretti è bravissimo), perchè non fa di mestiere il poeta e si intestardisce a fare il musicista? Un consiglio ai PGR: fate tabula rasa unplugged. E staccate definitivamente la spina delle chitarre.

12 Luglio 2005

Era passata la mezzanotte e non ho mai visto lo stadio stracolmo come un uovo. Trentamila? Quarantamila? In attesa del balletto delle cifre ufficiali della Questura vi assicuro che c’era di tutto, fricchettoni, ragazzine, adulti curiosi, legioni di mamme che accompagnavano i bambini, bambini da soli, neonati, nonne. Il palchetto sopraelevato riservato ai portatori di handicap, semivuoto per tutta la sera, si è improvvisamente riempito con 7/8 sedie a rotelle. All’una di notte! Ma dov’erano prima? Fate il rapporto e 50.000 spettatori per Caparezza forse è sottostimato. E questo ex dj riusciva a farli ballare e "pogare" tutti. Davvero impressionante! Quando poi il piccolo gnomo ha accennato al significato odierno dell’aggettivo "preventivo" e ha dato qualche affondo a Silvio, c’è stato come un boato che neanche ad un concerto del primo maggio. Fosse stato lì ieri sera, Silvio avrebbe rassegnato subito le dimissioni, spontaneamente.

Sottofondo musicale

I tre partono subito con un rock’n’roll tirato e propulsivo e senti aleggiare echi di Bob Dylan, Rolling Stones, Joy Division, Velvet Underground, insieme a riferimenti più moderni. Ma gli va riconosciuta la capacità di riuscire ad avere una propria identità.

Formatisi nel 98 a San Francisco, per il loro nome i Black Rebel Motorcycle Club si sono ispirati alla gang di motociclisti guidata da Marlon Brando nel film "The Wild One" (1950, "Il Selvaggio" in Italia). Quando pubblicano nel 2001 il loro primo album omonimo (BRMC) è subito culto. A fine 2002 sbarcano a Londra, quasi osannati dall’influente stampa inglese e lì un anno dopo esce il loro secondo album. Qualcuno parla di capolavoro. Forse è un’esagerazione. Ma sicuramente dal vivo riescono a sfoderare una bella grinta con chitarre che urlano rabbia e protesta.

Sottofondo musicale

Da 15 anni calcano le scene dell’hip-hop, alternando alti e bassi nella loro carriera. Oggi sono universalmente riconosciuti come una icona del rap-rock, forse più per il loro aperto schierarsi a favore della liberalizzazione della marjuana che per la loro forza dirompente. Dal vivo la band (un front-man dalla caratteristica voce nasale insieme ai 3 elementi che si occupano dei beat) riesce facilmente a dare una carica tellurica al pubblico che è lì proprio per farsi ipnotizzare dai loop bass’n’drum. Stupisce la notorietà dei Cypress Hill in Italia, anche se è vero che in USA sono spesso balzati in cima alle classifiche sfondando nella comunità bianca suburbana piuttosto che tra i sostenitori (neri) del rap duro e puro.

Sottofondo musicale

Se la band americana. dopo le tappe di Londra e Roma, parteciperà domani al rinomato Montreaux Jazz Festival, un motivo ci deve essere. Dopo essersi fatto un nome quasi leggendario nella comunità della dance music newyorkese, Little Louie Vega (predestinato alla musica, provenendo da una famiglia di ottimi interpreti jazz) ha cominciato a lavorare con altrettanto successo nelle produzioni e nei remix, insieme a Kenny "Dope" Gonzales, formando il duo Masters at Work. Nel 2003 si mette a dirigere la Elements of Life, una band di nove elementi preparatissimi, veri professionisti di ritmi salsa, bossa nova, samba e jazz che uniscono maestria tecnica e cuore latino. Sicuramente non c’è ricerca di sonorità o messaggi trasgressivi, anzi in fondo si tratta solo di disco music. Ma le influenze jazz, house, salsa, hip-hop ci sono tutte, ben miscelate ed evidenti e con un timbro molto personale. Ed è proprio vero che non si riesce a tener ferme le gambe.

Sottofondo musicale

Anche qui abbiamo un duo di dj, stavolta londinesi, che hanno trovato il modo di incidere e vendere un bel mucchio di dischi. In Italia il loro brano "My Friend" è stato usato come jingle pubblicitario e sicuramente lo avrete ascoltato e ballato un po’ ovunque. Anche gli altri brani e ritmi sono orecchiabili ma sempre eleganti e di gusto, forse troppo accondiscendenti alle mode (non per niente tra i loro fans annoverano Giorgio Armani e Madonna). Andy Cato e Tom Findlay si fanno accompagnare da una piccola band con una buona vocalist ed un buon impianto scenico (di effetto il video e le luci che contornano la loro esibizione). In certi momenti i loro riferimenti alla disco sono fin troppo evidenti, ma è proprio quello che vuole essere la loro musica (disco house ben rifinita con texture blues e funky jazz) e il risultato è decisamente apprezzabile.

Sottofondo musicale

Nella ricorrenza del decimo anniversario della fine dell’apartheid in SudAfrica la giornata è dedicata alla World Music e alla musica africana in particolare, con i concerti di Rokia Traoré (dal Mali) e di Ana Salazar (dalla Spagna). Prima dell’atteso evento con Miriam Makeba nel pomeriggio c’era l’incontro con il "sovversivo" della letteratura.

Luis Sepùlveda

Lo scrittore cileno (amatissimo in Italia per il Vecchio che leggeva romanzi d’amore, il successo planetario della Storia di una Gabbianella e del Gatto che le insegnò a volare, e per tanti altri romanzi) ha raccontato aneddoti, ricordi e storie, narrando di letteratura e della sua vita di nomade ed esiliato, in un curioso mix di italiano e spagnolo. Ha intrattenuto, interessato, commosso e divertito la platea affollata e attenta. E alla fine ha affrontato l’incombenza degli autografi per il suo pubblico, sempre disponibile ad un sorriso, una battuta, una stretta di mano, come un vecchio amico che non rivedevi da tanto tempo.

Sottofondo musicale

Mama Africa, alla veneranda età di 72 anni, regge la scena con la nobiltà e la saggezza di una vecchia regina. C’è qualche crepa nella sua voce ma l’abitudine a esibirsi davanti ad ogni tipo di audience (ha cantato per Giovanni Paolo II, per il compleanno di J. F. Kennedy, per Nelson Mandela, Fidel Castro, François Mitterand) nasconde tutti i problemi. L’autobiografia di questa donna non è riassumibile in poche righe e vi consiglio di andare a leggerla: è di per sè un piccolo romanzo. Il suo carisma sul palco è tale che i ragazzini non si annoiano, anzi applaudono come davanti ad una rockstar della loro età. E quando arriva in finale l’attesissima "Pata Pata" (canzone scritta nel 56, diventata una hit mondiale nel 67 e ancora oggi freschissima) l’emozione è davvero forte.

Stasera niente P.J. Harvey?

Si è vociferato tanto sulla presenza sul palcoscenico di Arezzo Wave di un ospite a sorpresa per la serata finale, ed è circolato con insistenza il nome di P.J.Harvey. Spiace deludervi ma a questo punto il nome sarebbe stato ufficializzato. Vi dovrete accontentare di Samuele Bersani, Piero Pelù e Frankie Hi Nrg, vi pare poco? A meno di sorprese dell’ultimissima ora...

Sottofondo musicale

Serata finale del Festival, di nuovo dedicata al decennale di Emergency, con l’intervento, brevissimo, di un emozionato Gino Strada e il bilancio di 15.000 SMS con il contributo di 1 € inviati dal pubblico. Esibizione ecologica di Frankie Hi NRG, che ha sperimentato sul palco un generatore di corrente a idrogeno, niente petrolio e pura acqua sparata dai tubi di scappamento. Ancora un quasi record: 35.000 spettatori per il gran finale.

Samuele Bersani

Non avevo mai fatto caso a quante canzoni ha scritto Bersani, non grandi successi, ma tutte in qualche modo ascoltate e rimaste in qualche angolino della memoria. Freak, Chicco e Spillo, Coccodrilli, Che vita, Giudizi universali e tante altre di cui non conosco il titolo. Scopro anche che ha scritto per gente come Fiorella Mannoia, Mina, Lucio Dalla, Ornella Vanoni e fatto delle buone colonne sonore: per il cartone "Storia di una Gabbianella e il Gatto..." e per il film di Aldo,  Giovanni e Giacomo "Chiedimi se sono felice". Dal vivo il suono è davvero molto pulito e tutti gli strumenti, oltre che la voce, sono sempre ben distinguibili, con Bersani contentissimo e incredulo davanti a una così vasta platea. Non mi è sembrato che il gruppo abbia utilizzato basi preregistrate. Del resto Samuele è molto attento alla qualità tecnica anche in studio di registrazione. Non per niente è un appassionato utente di tecnologia Apple.

Sottofondo musicale

Ebbene lo ammetto. Non mi è mai stato simpatico per il suo modo di cantare alla Demetrio Stratos. Come pure devo ammettere che è sicuramente l’icona più importante dell’italian rock ed ha un seguito di pubblico affezionatissimo (35.000 persone non erano certo lì per Bersani o Frankie). E devo dire che era pure emozionato mentre cantava. Questo me l’ha reso meno antipatico e più umano nonostante l’immagine di istrione bizzarro post-punk che ha cucita addosso. E ancora, usando una scaletta dei suoi pezzi più conosciuti, sa trascinare il suo pubblico come pochi. "Ti porterò in un posto, ti porterò in un posto dove si beve del buon vino".
Tra il pubblico un ragazzo si agita sulla sua sedia a rotelle, trascinato avanti e indietro dal suo accompagnatore a simulare un ballo sfrenato. Non può ballare, ma conosce a memoria le parole di tutte le canzoni di Piero. Ed è felice.