La distruzione delle spiagge
nell’attuale periodo di transizione climatica:
proposta di restauro
geoambientale duraturo
CLIMATE CHANGE AND BEACHES
DESTRUCTION IN THE MEDITERRANEAN AREA
Impact of climate change on water resources in Southern Italy
THE CLIMATIC RISK FOR THE
CIRCUMMEDITERRANEAN AREA
L’importanza
economica delle spiagge è aumentata soprattutto negli ultimi 50 anni in
concomitanza con l’aggravamento dell’erosione. Attualmente si assiste alla
distruzione di una insostituibile risorsa ambientale e socio-economica
autoctona (la spiaggia) mentre è massima la domanda di fruizione di una
spiaggia con acqua marina “pulita”. Si tenga presente che l’Italia (figura 1),
tra le nazioni Europee che si affacciano sul Mediterraneo, ha le spiagge più
lunghe (oltre
Il 40% delle spiagge italiane (figura 2) e’ in erosione
irreversibile e negli ultimi anni si sono persi 4 milioni di metri quadrati di sabbia
pari a circa 5 miliardi di euro.
Oltre a perdere fruitori
nazionali, che si dirigono sempre più verso spiagge degne del nome, si riduce
sempre più il numero dei turisti stranieri che frequentano i lidi nazionali.
Oggi si deve parlare di una
vera e propria industria delle spiagge italiane, con fatturato di circa 13
miliardi di Euro l’anno, circa l’1% del Pil italiano (dati Nomisma, 2005). Il
fatturato per mq varia da alcune decine di Euro ad oltre 1000 Euro. Si calcola
che ogni metro quadrato di arenile recuperato produca un reddito generale per
la collettivita’ di 1200 euro mentre per ogni euro speso per il restauro delle
spiagge si avrebbe un ritorno di 50-100 euro nei primi 3-5 anni.
Le spiagge, molto spesso non hanno le dimensioni ottimali
mancando circa il 25% della dimensione ideale a causa dell’erosione.
Il restauro geoambientale delle spiagge mediante ripascimento
duraturo assume notevole importanza economica e ambientale dal momento che in
seguito all’ampliamento di
Le spiagge costituiscono la
parte affiorante di un prisma, costituito da sedimenti sabbiosi e/o ghiaiosi,
costruitosi nelle ultime migliaia di anni (Olocene) mentre stava avvenendo la
risalita delle acque marine in concomitanza con la deglaciazione iniziata circa
15.000 anni fa (figura 3).
I sedimenti costieri olocenici
possono avere uno spessore variabile da 15 ad oltre
Ricerche multidisciplinari di
geoarcheologica ambientale sono state effettuate nell’area mediterranea per
gettare luce sul significato climatico dei differenti tipi di sedimenti che si
sono accumulati negli ultimi 2500 anni e che ricoprono numerosi siti
archeologici, non influenzabili dagli interventi umani, in un’età compresa tra
il Periodo Arcaico e il Medioevo, ubicati a diverse latitudini e in aree
geografiche con differenti condizioni morfoclimatiche.
Figura 3
Figura 4
I sedimenti che ricoprono le
superfici antropizzate e le aree urbane delle ampie pianure alluvionali, stabili
per molti secoli, indicano che in intervalli di tempo di circa 100-200 anni di
durata, l’ambiente è stato caratterizzato da una marcata instabilità
geomorfologica che ha determinato intensi fenomeni erosivi e dissesti lungo i
versanti, nonchè il trasporto e accumulo di ingenti volumi di sedimenti nelle
pianure alluvionali e lungo le coste. In tal modo, grazie al consistente
accumulo di sedimenti, si è determinata l’aggradazione rapida della superfice
del suolo delle pianure e una marcata progradazione dei litorali
sabbioso-ghiaiosi. E’ evidente che l’accumulo generalizzato di ingenti volumi
di sedimenti, per uno o due secoli, nelle grandi pianure alluvionali costiere
(dalle aree pedemontane alla linea di costa) al di sopra di superfici
antropizzate e stabili geomorfologicamente per molti secoli, costituisce un
evento eccezionale.
I diversi cambiamenti
ambientali sono avvenuti contemporaneamente nella parte arida e umida della
zona mediterranea e si sono verificati durante brevi intervalli di tempo di durata
variabile da circa
I periodi più freddi e piovosi
(figura 5) sono stati chiamati Piccola Età Glaciale Arcaica (500-
Figura 5
La correlazione dei dati
geoarcheologici evidenzia che vi è una stretta correlazione tra i periodi
freddo-umidi e prolungati minimi di attività solare e tra i periodi caldo-aridi
e una marcata e prolungata attività solare (figura 5).
I minimi significativi e prolungati
di attività solare hanno determinato le Piccole Età Glaciali mentre i massimi
significativi e prolungati hanno dato origine ai periodi più caldi “Romano” e
“Medievale” caratterizzati da desertificazione fino a 41-42° N. L’ultimo
periodo freddo denominato Piccola Età Glaciale (raffreddamento massimo tra il
1570 e il 1740) si inquadra in una fase di 290 anni di scarsa attività solare
(circa 180 anni di minimo, complessivamente) tra il 1420 (inizio del minimo di
Sporer) e il 1715 circa (fine del minimo di Maunder). Il periodo caldo
medievale si è avuto in concomitanza con una fase di notevole attività solare
tra il 1100 e 1270 circa che ha concluso un lungo periodo caratterizzato da un
elevato numero di macchie solari, della durata complessiva di 330 anni e
iniziato intorno al 920 d.C..
Gli impatti ambientali più
significativi che si sono verificati nell’Area Mediterranea durante i periodi
caldo-aridi sono rappresentati dalla desertificazione delle aree costiere fino
a circa 42° N e dall’incremento dell’accumulo delle sabbie calcaree. Durante
questi periodi l’Europa centro-settentrionale ha goduto di condizioni
climatiche miti e favorevoli allo sviluppo dell’agricoltura. Impatti ambientali
simili sono attesi nel prossimo futuro in seguito all’accentuazione
dell’effetto serra che si sta registrando negli ultimi decenni in concomitanza
con un’intensa attività solare che, secondo la naturale ciclicità millenaria,
potrebbe concludersi con il primo “massimo di attività solare” del terzo
millennio.
I periodi freddo-umidi
(Piccole Età Glaciali) hanno determinato sensibili modificazioni ambientali
contribuendo significativamente alla costruzione delle pianure alluvionali
costiere e dei litorali.
Le ricostruzioni
paleoambientali mettono in evidenza che l’attuale periodo di variazione
climatica rappresenta il periodo di transizione tra una Piccola Età Glaciale e
il successivo incremento dell’effetto serra, come ciclicamente e naturalmente
si è già verificato nei millenni passati.
Nel prossimo futuro, pertanto,
è da attendersi un ciclico e naturale incremento dell’effetto serra che si
accentuerebbe indipendentemente dall’inquinamento atmosferico provocato dalle
attività umane.
Rispetto agli analoghi periodi
dei millenni scorsi, le globali e naturali modificazioni climatico-ambientali
si stanno verificando con un’atmosfera inquinata dalle attività umane. Le
emissioni solari connesse all’incrementata attività, testimoniata dall’elevato
numero di macchie, potrebbero conseguentemente determinare una variazione
dell’incremento dell’effetto serra, di entità superiore a quello determinatosi
durante il Periodo Caldo Medievale.
Il riscaldamento globale,
iniziato dalla metà del XVIII secolo in concomitanza con una crescente attività
solare, e la diminuzione delle precipitazioni piovose, accentuatasi nell’ultimo
secolo, testimoniano che è già in atto lo spostamento verso nord delle fasce
climatiche dell’emisfero settentrionale, come evidenziano chiaramente le
riprese satellitari degli ultimi decenni relative al margine meridionale del
deserto sahariano.
Una delle conseguenze di tale
traslazione climatica si sta già avvertendo anche in Italia dove si registra
l’inizio della mediterraneizzazione del clima della parte settentrionale della
Pianura Padana e delle Alpi con la concentrazione delle precipitazioni piovose
nel periodo autunno-inverno-primavera. Tale modificazione idrologica sommata
alla diminuzione dell’alimentazione nevosa dei ghiacciai, determina una marcata
diminuzione dei deflussi superficiali estivi con conseguenti magre dei fiumi
principali.
Si aggiunga che la variazione
climatica sta determinando anche l’incremento dello spessore del suolo e del
sottostante strato alterato del substrato con la conseguente diminuzione del
ruscellamento idrico superficiale e della ricarica dei bacini artificiali.
Un impatto di notevole
importanza interessa i litorali. E’ evidente che per la prima volta, negli
ultimi 1000 anni, l’uomo si trova ad affrontare un serio problema generale con
un consistente impatto negativo sull’ambiente e sull’economia: quello
dell’erosione e distruzione delle spiagge.
La costruzione dei litorali
con sabbia silicea è avvenuta durante i periodi freddo-umidi, cioè durante le
Piccole Età Glaciali. L’ultimo ripascimento naturale si è verificato tra il
1500 e la fine del 1800 (figura 6).
Figura 6
In particolare, i litorali
alimentati da corsi d’acqua appenninici ed alpini sono stati riforniti
abbondantemente di sedimenti prevalentemente tra l’inizio del 1700 e la fine
del 1800.
A partire dall’inizio del 1900
l’alimentazione naturale è stata progressivamente sempre più scarsa e le
spiagge hanno iniziato a “dimagrire” specialmente in corrispondenza degli
apparati di foce dei fiumi dove si riscontrano i fenomeni erosivi più gravi che
spesso hanno provocato la distruzione di oltre
La zona deltizia rappresenta
lo “stomaco” della spiaggia dove si accumulano i sedimenti sabbiosi e ghiaiosi
durante i periodi di abbondante alimentazione. Essa si ingrossa rapidamente
durante la “mangiata” e poi progressivamente diminuisce mano mano che i
sedimenti vengono “digeriti”, vale a dire ridistribuiti lungo il litorale dalle
mareggiate che incidono obliquamente sulla costa.
Gran parte delle spiagge
attualmente sono solo parzialmente e insufficientemente alimentate di sabbia
grazie alla erosione o cannibalizzazione dei sedimenti delle aree deltizie che
sono quelle interessate da erosione molto grave.
In relazione alla variazione
climatica che con ciclicità millenaria sta determinando un incremento
dell’Effetto Serra, si prevede che l’erosione delle spiagge durerà almeno 100 -
150 anni.
In questo quadro riveste un
ruolo di primaria importanza l’individuazione delle vie di dispersione obliqua
e concentrata della sabbia, ancora presente sulle spiagge, al fine di mitigare
le perdite, specialmente nelle Pocket Beach.
I dati più
significativi da tenere presente per individuare linee di intervento tese a
conservare e a restaurare in modo duraturo le spiagge sono i seguenti:
la costruzione
dei litorali con sabbia silicea è avvenuta durante i periodi freddo-umidi, cioè
durante le Piccole Età Glaciali.
l’ultimo
ripascimento naturale si è verificato tra il 1500 e la fine del 1800.
le spiagge
attualmente sono parzialmente e insufficientemente alimentate di sabbia da
parte dei corsi fluviali; si assiste ad una alimentazione parziale, nell’ambito
del litorale, grazie alla erosione o cannibalizzazione dei sedimenti delle aree
deltizie che sono quelle interessate da erosione molto grave.
il periodo in
cui prevale l’erosione, costituisce una fase nell’ambito dell’evoluzione
plurisecolare naturale delle spiagge.
in relazione
alla variazione climatica, che con ciclicità millenaria sta determinando un
incremento dell’Effetto Serra, si prevede che l’erosione delle spiagge durerà
almeno 100-150 anni. La variazione climatica, come accaduto in passato,
dovrebbe comportare un aumento dei venti di origine meridionale e una
conseguente modificazione del trasporto dei sedimenti lungo il litorale (cioè
dai quadranti meridionali verso quelli settentrionali).
i ripascimenti
con sabbia sono molto costosi e non duraturi;
i giacimenti di
sabbia marina sono assolutamente insufficienti per il ripascimento delle varie
migliaia di chilometri di litorali interessati dall’erosione.
in
corrispondenza di interruzioni morfologiche delle spiagge, naturali (es.
promontori) o artificiali (es. moli), la sabbia, oltre ad accumularsi, può
venire dispersa irreversibilmente verso il mare aperto.
E’ evidente che i problemi
ambientali attualmente connessi all’erosione costiera rappresentano una
conseguenza dell’antropizzazione di una parte di territorio estremamente
variabile in natura, aggravati da interventi dell’uomo realizzati lungo la
costa e nei bacini idrografici.
Il quadro ambientale definito consente
di mettere a punto le seguenti previsioni relativamente all’evoluzione dei
litorali:
Scenari futuri con Opzione Zero:
si assiste alla distruzione
delle spiagge, ai cambiamenti della linea di riva e delle proprietà dei privati
cittadini e alla conseguente e progressiva perdita irreversibile di una risorsa
ambientale autoctona di grande pregio ambientale e socio-economico;
Scenari futuri con interventi non
duraturi ripetuti:
si interviene
realizzando altre barriere artificiali, di vario tipo;
si fanno
ripascimenti con sabbia una tantum;
si eseguono
ripascimenti con sabbia ripetuti;
Scenari futuri con interventi duraturi:
si attuano ripascimenti
duraturi con ghiaia e ripascimenti ripetuti con sabbia;
si realizzano
ripascimenti duraturi sperimentali, monitorati, con ghiaia (e sabbia) in
corrispondenza dei tratti di litorale più significativi e interessati da grave
erosione.
La distruzione delle spiagge
può essere contrastata efficacemente e in modo duraturo, senza alterare la
bellezza delle spiagge, solo rifornendo artificialmente i litorali di
sedimenti.
Finora sono stati eseguiti
vari ripascimenti artificiali di sabbia. Nessuno è stato duraturo nonostante
l’elevato costo. Il ripascimento con sabbia sarebbe l’ideale intervento da
effettuare, ripetutamente. Il problema vero è rappresentato dall’elevato costo
dell’intervento, dalla limitata durata nel tempo e dalla mancanza di giacimenti
di sedimenti che siano in grado di soddisfare le varie migliaia di chilometri
di spiaggia gravemente compromessa dall’erosione.
Solo nel Lazio, Liguria e Toscana il fabbisogno stimato
nell’ambito del progetto europeo Beachmed e’ di oltre 150 milioni di metri cubi
di materiale per la ricostruzione (21,50 per ciascuna delle coste di Lazio e
Toscana e 111,18 per la Liguria) e 1,7 milioni di metri cubi l’anno per la
manutenzione nelle sole tre Regioni italiane.
Visto che i giacimenti di sabbia
presenti sui fondali marini finora individuati sono limitati, il gruppo di
studio coordinato dagli scriventi ha eseguito ricerche tese alla individuazione
e valutazione tridimensionale dei sedimenti, con caratteristiche litologiche
simili a quelli presenti sulle spiagge, affioranti lungo le fasce costiere, che
potrebbero rappresentare potenziali giacimenti da utilizzare per i ripascimenti
duraturi.
Si è proceduto alla
valutazione della loro utilizzabilità per il ripascimento delle spiagge
mediante la definizione delle caratteristiche ambientali degli affioramenti e
la individuazione degli interventi atti a rendere possibile la loro
utilizzazione e a garantire un adeguato ripristino ambientale. Sono stati
valutati i volumi potenzialmente utilizzabili ed i costi connessi al prelievo,
lavorazione, trasporto e ripristino ambientale dei luoghi di prelievo.
La ricerca ha riservato una
particolare attenzione alla individuazione delle caratteristiche fisiche
naturali delle spiagge stabili, di elevato valore ambientale e socio-economico,
che caratterizzano la costa tirrenica della Campania, Basilicata e Calabria.
I dati ambientali originali
acquisiti hanno consentito di individuare adeguati interventi (ripascimenti
duraturi) che consentano di garantire la difesa e il restauro geoambientale
sostenibile delle spiagge (Pocket Beach di lunghezza variabile da alcune
centinaia di metri a circa
L’esempio più evidente e documentato di ripascimento
naturale e longevo è rappresentato dalla spiaggia di Vietri sul Mare (SA) che
nell’ottobre 1954 fu interessata dall’accumulo di circa 300.000-
Figura
7
Figura
8
Figura 9
a
9
b
9
c
9 d
Le indagini hanno evidenziato che i sedimenti che
hanno determinato il rinascimento naturale sono costituiti da ghiaia con
matrice sabbiosa (figura 8).
Da una ricerca diretta, mediante rilievi trentennali
e confronto di foto aeree e carte varie, è emerso che le spiagge
ghiaioso-sabbiose simili a quelle di Vietri sul Mare, della costiera
Amalfitana (figura 10°) e della costa tra Scario e Punta Infreschi nel Cilento
(figura 10b), Maratea in Basilicata (figura 10c), Praia a Mare e Scalea in
Calabria, sono le più stabili in quanto i sedimenti grossolani, più pesanti
della sabbia, non vengono erosi e asportati obliquamente alla spiaggia dalle
correnti indotte dalle forti mareggiate.
Figura 10
a
Figura 10 b
Figura 10c
Al fine di verificare la possibilità di effettuare
interventi di restauro ambientale di tratti significativi di litorale e di cave
dimesse, è stato effettuato uno studio teso al recupero della fascia costiera
compresa tra i comuni di Vico Equense e Portici nel Golfo di Napoli. In
particolare è stata valutata la possibilità di effettuare un restauro
geoambientale delle cave di roccia calcarea di Pozzano-Punta Orlando e di altre
cave di rocce vulcaniche lungo i margini del Somma-Vesuvio al fine di ricavare un
ambiente restaurato utilizzabile per varie attività e di ottenere sedimenti
necessari per la costruzione di una nuova fascia costiera ricostituendo una
linea di riva che aveva caratterizzato l’area prima dello sprofondamento
avvenuto al passaggio tra il periodo romano e quello medievale (figura 11).
Figura 11
Il restauro della zona costiera vesuviana ha una
notevole importanza anche per migliorare sensibilmente le condizioni di
sicurezza ambientale dell’area in relazione al rischio vulcanico. Lo studio ha
registrato che i fronti d’acqua urbani della fascia costiera vesuviana da Torre
Annunziata a Portici sono degradati e non adeguatamente valorizzati, spesso
veri e propri “ostaggi” di interventi strategici realizzati nella seconda metà
del XIX secolo, come ad esempio la linea ferroviaria Napoli-Salerno costruita
lungo la costa, all’epoca disabitata.
Si tratta di una serie di centri abitati costieri,
praticamente senza accesso al mare; di un mare senza spiagge, deturpato da
opere protettive affioranti.
La fascia costiera di Pozzano, all’estremità
sudoccidentale del territorio comunale di Castellammare di Stabia che
rappresenta l’inizio della Costiera Sorrentina, è deturpata dalle cicatrici
provocate da una secolare attività estrattiva lungo i versanti attualmente
instabili e fonte di pericoli (crolli di massi rocciosi, colata rapida di fango
e detriti del gennaio 1997). Come è noto in tale area è stato realizzato solo
il recupero dei manufatti dell’ex cementificio, attualmente adibiti ad attività
alberghiere; nella figura
Lo studio è stato teso a valutare un intervento di
restauro e messa in sicurezza dei versanti impostati su roccia calcarea (figure
12 e 13), mediante un adeguato terrazzamento, che preveda l’utilizzo dei
detriti che si renderebbero disponibili per realizzare, oltre al ripristino
della spiaggia locale, estremamente limitata in ampiezza e caratterizzata da
sedimenti ghiaiosi (figura
Il restauro geoambientale del versante consiste nel
realizzare in primo luogo una stabilizzazione del costone roccioso delle aree
di cava dismesse effettuando una riprofilatura della parete acclive allo scopo
di eliminare il pericolo di caduta dei massi (figura 14). Il taglio dei gradoni
verrebbe effettuato in modo da lasciare scabra la parete dell’alzata di ogni
scalone, mentre la pedata, con larghezza di 20m circa, dovrebbe avere una
inclinazione verso monte tale da condizionare il ruscellamento delle acque
meteoriche verso l’interno del versante e soprattutto favorire il riporto e
l’accumulo di suolo per rinverdire tutto il versante con l’impianto di idonee
specie vegetali. Sulle pedate dei terrazzi e lungo le apposite scabrosità delle
alzate verrebbe sistemato terreno vegetale per garantire la crescita di
vegetazione autoctona.
Figura
12
Figura 13
|
La figura 15 evidenzia la morfologia attuale del
fronte di cava dopo l’intervento di restauro mediante terrazzamento che
riprodurrebbe le tipiche sistemazioni dei versanti della penisola
sorrentino-amalfitana (figura
Figura 14
Figura 15
Figura
16
Figura 17
Figura
18
Figura 19
Figura 20
a
Figura 20 b
Figura 21
Le figure
Con i lavori potrebbero essere estratti
complessivamente fino a 5,6 milioni di m³ di roccia calcarea; una parte dei
detriti potrebbe essere elaborata riducendo i frammenti di roccia alle dimensioni
di ghiaia arrotondata per poi essere utilizzata per il ripascimento strategico
del litorale sottostante così da ottenere una nuova e ampia spiaggia
balneabile. Dai calcoli effettuati servirebbero circa
Il restauro dei versanti metterebbe a disposizione
una nuova superficie complessiva di 90.000 mq di cui 60.000 mq rappresentati
dalle pedate dei terrazzamenti e 30.000 mq (già esistenti) costituenti i
piazzali delle aree di cave.
Il restauro geoambientale del litorale per una
lunghezza lineare di circa
Figura 22
La ricerca ha messo in evidenza che la costruzione
del Porto Turistico alla foce del Sarno determinerà l’interruzione del
rifornimento di sedimento sabbioso al litorale di Castellammare di Stabia, già
in grave erosione attualmente. Lungo tale tratto di costa andrebbe eseguito il
restauro della spiaggia come proposto per Pozzano (figura 22) utilizzando in
parte sedimenti provenienti dal restauro del fronte di cava di roccia calcarea
e in parte sedimenti di roccia vulcanica ricavabili dal restauro delle cave
presenti alla base del Somma-Vesuvio.
In particolare per la costruzione delle spiagge si è
valutata la possibilità di effettuare il ripascimento fino alla batimetrica di
cinque metri, usando pezzame roccioso calcareo per il riempimento fino al
livello del mare e sedimenti selezionati ed elaborati di colore simile a quello
della sabbia attualmente esistente per il ripascimento della spiaggia
affiorante.
Le indagini hanno evidenziato che interventi simili
possono essere realizzati tra Torre Annunziata e Portici, restaurando la linea
di riva romana mediante il ripascimento con sedimenti ricavabili dal restauro
ambientale delle cave di rocce calcaree di Pozzano e di rocce vulcaniche
vesuviane (figura 22).
Tale intervento consentirebbe di ricavare una nuova
fascia costiera di circa
Gli studi sono stati estesi a tutta la fascia
costiera della Campania ed hanno evidenziato che il restauro delle cave
dimesse, nell’ambito di una oculata e moderna pianificazione territoriale
regionale, potrebbe essere esteso alle cave a fossa di sedimenti alluvionali. Altri
giacimenti di sedimenti utilizzabili per il ripascimento potrebbero essere
costituiti dai sedimenti alluvionali fossili che caratterizzano gli alvei di
vari corsi d’acqua, sempre in un piano di risanamento e restauro ambientale che
individui e controlli le attività di rimodellamento ambientale.
L’indagine effettuata nella fascia costiera del
Cilento, compresa nel Parco Naturale omonimo, ha rivelato interessanti
soluzioni di restauro costiero che, abbinate ad interventi ‘mirati’ nell’entroterra,
potrebbero riqualificare le spiagge di grande pregio ambientale, attualmente in
via di distruzione a causa dell’erosione marina, come quelle di Scario (figura
23), Sapri (figura 24) e Agropoli (figura 25). Infatti il recupero di cave dismesse
lungo la fascia costiera potrebbe essere eseguito in sinergia con il prelievo
di sedimenti in vari tratti di valli sovralluvionate dei fiumi Tanagro, Alento,
Bussento e Mingardo con la conseguente creazione di zone umide fluviali che ben
si inserirebbero nel Parco (figure 26 e 27).
Figura
23
Figura
24
Figura 25
Figura
26
Figura
27
Lo studio ha evidenziato che la fascia costiera
compresa tra Castellammare di Stabia e Portici può essere valorizzata
ridisegnando il fronte d’acqua, o meglio restaurando una linea di riva antica.
Lo studio ha valutato la possibilità di restaurare le
spiagge con sedimenti selezionati che garantiscano una durata pluridecennale
all’intervento, ispirandosi al ripascimento naturale avvenuto a Vietri sul Mare
in poche ore tra il 25 e 26 ottobre 1954.
La morfologia delle nuove superfici restaurate
simulerebbe la morfologia naturale delle aree costiere alluvionali,
caratterizzate dalla spiaggia e da una retrospiaggia vegetata con andamento
tipico delle dune.
Tale morfologia consentirebbe di realizzare aree
attrezzate e di ospitare anche una nuova via di fuga coperta che consentirebbe
un rapido collegamento, della zona a maggiore rischio vulcanico, con le aree
circostanti a nord ovest e a sud est; tale soluzione assicurerebbe una via di
evacuazione sicura, che non sarebbe messa fuori uso dall’accumulo di sedimenti
piroclastici o di colate piroclastiche in caso di eruzione.
Va sottolineato che le spiagge hanno bisogno di
interventi duraturi e immediati da programmare nell’ambito regionale in base
alle priorità ambientali.
L’unico modo di intervenire è rappresentato dal
ripascimento dei litorali con sedimenti di granulometria tale da non essere
erosi ed allontanati dalle spiagge.
Tale metodo di rapida attuazione, consente di
coniugare la tutela ambientale duratura e lo sviluppo socio-economico duraturo.
Considerando che l’erosione dei litorali si accentuerà ancora per almeno 150
anni, va posto seriamente l’obiettivo di tutelare, conservare e valorizzare i
litorali privilegiando le azioni tese a realizzare interventi duraturi, nel
rispetto delle bellezze naturali e che contemporaneamente consentano di
ottenere altri benefici ambientali.
Considerata
la gravità e la prevedibile durata pluridecennale dell’erosione costiera, gli
interventi di restauro delle spiagge si devono basare sui seguenti aspetti:
eseguibilità immediata dell’intervento;
costo dell’intervento contenuto (con interventi
eseguiti anche con una sinergia tra pubbliche istituzioni e privati) mediante
interventi ispirati all’ingegneria naturalistica;
ripristino di linee di riva già esistite in passato;
ricostruzione di morfologie costiere naturali senza
barriere artificiali emerse o sommerse;
durata nel tempo dell’intervento di restauro e
ripascimento di alcune decine di anni.
In un attento programma di valorizzazione delle
risorse ambientali e di sviluppo socio economico del territorio, il restauro
ambientale del litorale consentirebbe il restauro di numerose cave dimesse.
Va presa in considerazione la possibilità di avviare,
in tempi brevi, interventi legislativi adeguati e interventi sperimentali in
aree significative e rappresentative.
Gli amministratori delle pubbliche istituzioni devono
rendersi conto che la fascia costiera è un bene ambientale autoctono di
inestimabile valore e che come tale va adeguatamente curato e pianificato.
Prendendo in esame il litorale Vesuviano, esso
potrebbe essere restaurato in due tempi.
Il primo intervento sarebbe teso a ricostituire una
linea di riva simile a quella romana e ad adeguare i porti, anche per una loro
strategica funzione di “Via di Fuga Marina” in caso di emergenza vulcanica.
Il secondo intervento potrebbe riguardare il
completamento della riqualificazione del fronte d’acqua la cui fruizione
attualmente è minata anche da infrastrutture quali la linea ferroviaria
Il restauro delle spiagge, in accordo con le
Istituzioni competenti, potrebbe essere perfezionato utilizzando i sedimenti
elaborati ottenuti dal restauro delle varie cave di rocce vulcaniche presenti
alla base del Somma-Vesuvio.
I sedimenti calcarei che costituirebbero le
fondazioni del ripascimento potrebbero essere trasportati da Pozzano via mare
ed accumulati direttamente lungo la costa.
E’ evidente che, riuscendo a garantire la depurazione
delle acque, tale nuova fascia costiera rappresenterebbe un territorio
qualificato in cui realizzare spazi attrezzati, infrastrutture e attrezzature
varie, carenti lungo tutta la fascia costiera.
Considerata l’elevata redditività che
caratterizzerebbe tale area costiera, una vera e propria “Riviera Vesuviana”,
ricca di beni culturali e naturali, si intuisce che l’intervento di restauro
potrebbe attirare anche i necessari capitali privati che consentirebbero di
eseguire l’intervento in tempi brevi.
La stima dell’economia connessa al litorale di
Pozzano evidenzia che, attualmente, nei tre mesi estivi il fatturato medio per
metro quadrato di litorale è di circa 70 euro; quindi durante la stagione
balneare si produce un fatturato medio complessivo di 2.100.000 euro (70 euro X
30ֹ000
m² della spiaggia attuale).
Tale fatturato aumenterebbe notevolmente se si
considera la superficie di spiaggia dopo il ripascimento artificiale; infatti
con i
Per costruire una nuova fascia emersa di
L’intervento consentirebbe di avere a disposizione
una nuova fascia emersa costiera di circa
Circa
Il costo stimato per tale restauro è valutato intorno
a 70 milioni di euro.
Considerando il fatturato annuo attuale per metro
quadrato di spiaggia valutato per Pozzano (70 euro), in seguito al restauro e
una volta adeguatamente sistemata la fascia costiera, disinquinando le acque e
attrezzando la fascia di restrospiaggia, si potrebbe avere un fatturato annuo
connesso agli
E’ evidente che la risorsa costiera può essere
adeguatamente restaurata e valorizzata con una moderna capacità di governo che
renda possibili interventi trasparenti, condivisi e di grande beneficio per uno
sviluppo duraturo.
La nuova superficie costiera dovrebbe essere oggetto
di una pianificazione unitaria, democraticamente basata sulle esigenze dei
comuni e di tutto il territorio circostante, in modo da creare evidenti
benefici ai cittadini dei comuni costieri e garantire uno sviluppo
socio-economico duraturo.
dott.