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GIANNI

Scritto da Dario BURRESI della 23^ Batteria

 Quando l'inverno sta per finire e comincia il tepore primaverile è il periodo più adatto per dedicarsi ai piccoli lavori in barca per prepararla per la stagione estiva. Nel porticciolo di Grignano poi, al riparo dalla bora, sembra che la primavera arrivi in anticipo.

 Me ne stavo infatti in barca a mettere in ordine un paio di vele, quando dal pontile sento chiamare: "Ciò, Alpin!" Metto la testa fuori dalla tuga e resto sorpreso: "Gianni!"

 Dopo tanti anni! E come diavolo avrà fatto a trovarmi lì? Più grasso, con capelli e baffoni grigi, ma è proprio lui!

 Gianni, di Gradisca, era Alpino a Tarvisio alla Caserma Lamarmora quando anch'io ero a Tarvisio al Gruppo Belluno (Caserma Italia) nell'inverno del 1966, e, nonostante il proverbiale goliardico antagonismo tra Alpini ed Artiglieria da Montagna, passavamo insieme il tempo in cui (entrambi Sottotenenti) eravamo liberi dal servizio. Si era così instaurata tra di noi un'amicizia vieppiù rinsaldata dal fatto che le due forosette locali, che benignamente in quel tempo ci favorivano delle loro attenzioni, erano sorelle.

 Una domenica (l'inverno stava per finire ma c'era ancora neve) decidemmo di andare a fare la discesa "Diprampero" che dalla cima del Monte Lussari scende a Camporosso. Ma quando giungemmo alla partenza della seggiovia (ora sostituita da una comoda cabinovia) trovammo gli impianti chiusi.

 "Bon, andemo suso istesso, coi sci!" non so da chi dei due partì l'idea, ma subito dopo ci trovammo a gareggiare come matti a spina-di-pesce su per la pista, senza esclusione di colpi, tra rincorse, spintoni e risate, fino alla cima del Monte Lussari: un Alpino non poteva arrivare dopo un Artigliere, ma l'Artigliere (come sempre) voleva a tutti i costi fregare l'Alpino!

 Lassù, accalorati per la fatica ma felici per la folle impresa compiuta, nel bar all'arrivo della seggiovia riuscimmo a trovare un paio di panini ed un po' di vino da un barista incredulo nel vedere arrivare clienti ansanti e sudati su per la pista.

 Poi (era già pomeriggio) decidemmo di scendere. Ma non per la pista: sarebbe stato troppo normale! Così, risistemati gli sci, ci buttammo giù dall'altra parte del monte, verso la Val Sàisera, nella neve fresca, un po' seguendo la traccia di una mulattiera, ed un po' tra rocce e mughi prima, e poi per il bosco, sempre gareggiando e schiamazzando.

 La notte ci prese quando ormai eravamo quasi arrivati in fondo valle.

 Era una bellissima notte di luna piena. Nel silenzio del bosco di enormi abeti si sentiva solo il frusciare degli sci. In alto, le montagne coperte di neve e di ghiaccio scintillavano sotto la luna. Eravamo affascinati dallo spettacolo della maestà di quella natura incontaminata, e non proferimmo più parola fino all'arrivo a Valbruna verso le 10 di sera, anche perché il sole prima, e la fatica poi ci avevano disidratato e, ad ogni parola che si diceva, pareva che la sete aumentasse in modo insopportabile.

 Il vecchio Kail gestiva l'unica bettola di Valbruna. Ora lui è morto ed il locale, rilevato da gente dell'Italia meridionale, è diventato un albergo. Ma quella volta, quello era l'unico ritrovo pubblico a Valbruna per paesani, Alpini e pochi turisti.

 Gianni ed io vi eravamo quasi di casa durante la libera-uscita, e soprattutto Gianni era noto per la sua fantastica capacità di ingurgitare incredibili quantità di birra.

 Prima ancora di toglierci gli sci bussammo sui vetri della finestra facendo le nostre ordinazioni a cenni, così che quando entrammo trovammo pronti sul bancone due grossi boccali di birra.

 Finito il servizio militare tornammo a casa, lui a Gradisca ed io a Trieste, ma riuscimmo a frequentarci ed a restare in contatto per qualche anno. Poi i casi della vita ci fecero perdere di vista: lui si trasferì per lavoro in Germania e poi a Milano, ed io, dopo alcune parentesi in Estremo Oriente ed a Genova, sono tornato a Trieste.

 Ora a Grignano, dopo tanti anni, i chili in sovrappiù e capelli, barba (io) e baffi (lui) ormai colore argento non ci impediscono di rinsaldare la vecchia amicizia. Mollo tutti i lavori in barca e pochi minuti dopo, al bar Principe di Metternich, di fronte a due enormi birre si rivangano i ricordi come se fosse ieri: "Eh … te se ricordi come che te go lassà indrio, su per la Diprampero?" "Ma coss' te disi monade, che son rivado prima mi, che te spetavo in bar!".

 Era proprio in questo periodo dell'anno, 33 anni fa.

 

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