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Il Molise
dalle origini ai nostri giorni

Giambattista Masciotta

Volume Secondo
Il Circondario di Campobasso

Napoli
Stab. Tipografico Luigi Pierro e figlio
Via Roma, 402
1915

- 175 -

Gambatesa

ORIGINE E DENOMINAZIONE.

- Il Nome di questo Comune è un enigma. Che cosa può mai esprimere il vocabolo "Gambatesa" in rapporto all'università medievale, al Comune moderno? Che vorrà significare? Noi potremmo benissimo, col poeta, rimettere ai posteri l'ardua sentenza... ed uscire d'imbarazzo; ma preferiamo, invece, acciuffare il toro per le corna offrendo ai lettori una congettura che non ci sembra priva di fondatezza.

Gambatesa, come Guardia Sanfromondo, come Casalciprano, Guardialfiera ed altri non pochi Comuni, in luogo di conferire al proprio titolare feudale il nome, lo ha da questi ricevuto.

Quando il vecchio ceppo primigenio dei Conti di Molise volgeva all'esaurimento sotto la grave mora dei secoli, i rami laterali della grande casata fiorivano in diverse località del Contado con nome differente, assunto dai singoli feudi. I Montagano, i Luparia, i Pietravalle, i Montaquila, i Busso, i Castropignano, i Cantalupo, i Pescolanciano, i Santangelo, ecc. erano presumibilmente branche cadette dei Molisio, rese dal tempo autonome e già fiere di una personalità indipendente e rigogliosa.

Della famiglia e dell'università di Gambatesa non abbiamo alcuna contezza anteriormente ai tempi angioini, al declinare cioè del secolo XIII; e questo silenzio della storia, se può non escludere che università e famiglia omonime preesistessero da tempi più remoti, può anche meglio attestare che le stesse siano sorte ed emerse in epoca non molta lontana.

Gambatesa potrebbe essere il nomignolo affibiato a qualche membro della famiglia dei Pietravalle - primi signori feudali noti della università - dal difetto fisico ond'era contrassegnato. Siffatti nomignoli non erano infrequenti nel periodo iniziale e medio dell'età di mezzo; e le storie ne hanno tramandate non poche ricordanze nei nomi delle famiglie - "Imbriaco" - "Boccatorto" - "Pappainsogna" - "Spicciolacascio" - "Scannacardillo" - "Gattafosca", ecc. che furono chiare nei loro tempi ed ebbero posto nei Seggi di Napoli. Un "Gambatesa" insomma, della famiglia dei Pietravalle, avrebbe fondato il castello, che da lui prese nome, e sarebbe stato pur anche il capostipite di quella famiglia che attinse poi con Riccardo le vette della celebrità e della potenza.

POPOLAZIONE.

- Fuochi 322 nel 1532: 332 nel 1545: 361 nel 1561: 346 nel 1595: 291 nel 1648: 70 nel 1669; abit. nel 1891 1780: 2400 nel 1795: 2903 nel 1835: 2947 nel 1861: 3078 nel 1881: 3416 nel 1901: 3689 nel 1911.

NOTIZIE FEUDALI.

- Ignoriamo se Gambatesa nei tempi longobardi appartenesse al Castaldato di Boiano, ovvero a quello di Lucera.

Il duca della Guardia asserisce che nel secolo XIII, e precisamente

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nel 1284, Riccardo di Pietravalle signore di Gambatesa era sotto la tutela di Francesco Santangelo suo zio materno, del quale è cenno nella mon. di S. Angelo in Grotta (182); ciò che indica da vario tempo essere i Pietravalle titolari del luogo, e probabilmente Gambatesa essere stata terra del Castaldato di Boiano.

Riccardo di Pietravalle o "Pietravalida" e Riccardo di Gambatesa sono una stessa persona. Egli da Sibilla della Marra ebbe due figli: Berardo e Bartolomeo, il secondo dei quali fu poi titolare di Salcito (183).

Riccardo di Gambatesa si trovò coinvolto nei più gravi eventi del proprio tempo, ed ebbe occasione di affermarsi ed eccellere come guidatore d'eserciti, rettore di città, scaltro e fortunato nelle arti della diplomazia. Una figura, insomma, da venir rilevata, tanto più che dall'Albino è taciuta, pur essendo - tra gli illustri molisani dei secoli andati, - certamente il più illustre.

Allorchè nella Repubblica di Genova prevalsero i guelfi sui ghibellini, quelli per sostenersi nel governo dello Stato invocarono l'armi e l'opera del Re di Napoli Roberto d'Angiò, che volentieri accolse l'invito recandosi colà con numerose galere e buon nerbo d'esercito nel luglio del 1318.

I Visconti di Milano, capi della parte ghibellina, mal tollerando l'intervento angioino, spedirono Marco Visconti ad assediare Genova; ma l'impresa falli, e tornata la quiete, Roberto d'Angiò - dovendosi recare in Avignone per conferire col pontefice - lasciò nella città come proprio Vicario Riccardo di Gambatesa.

I ghibellini allora, intendendo trarre profitto dell'assenza del Re, rinnovarono l'offensiva, sennonchè fu tale la prudenza e l'abilità del Vicario nel tener calmo il popolo e nel conservarlo alla fede guelfa, e tanto il valore personale che sfoggiò in parecchie fazioni sanguinose, che l'assedio fu tolto con grave danno ed onta degli aggressori.

Castruccio Castracane signore di Lucca volle, allora, tentar lui la fortuna due volte mancata a Marco Visconti, e con grande apparato cinse Genova d'assedio; ed anche lui dovè dopo qualche tempo, battere in ritirata con perdite ingenti d'uomini e di danaro.

Frattanto era accaduto in Lombardia un rovescio alle armi napoletane. I Torriani, spalleggiati da Raimondo di Cardona duce dell'esercito angioino, erano stati battuti dai Visconti; e costoro, dopo la vittoria, pensarono d'assediare Genova per la terza volta. Riccardo di Gambatesa vigile ed infaticabile, fu pronto a respingere le nuove offese; ed anzi, assumendo lui stesso con grande audacia l'offensiva, snidò il nemico dagli acquartieramenti, lo costrinse ad una fuga disordinata, e quando vide che il territorio dello Stato n'era sgombro fece ritorno a Genova carico di spoglie opime.

In seguito a così clamorosi successi campali, Roberto di Gambatesa venne da Re Roberto compensato con molti feudi in Capitanata e lucrosi uffici a Corte.

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Nel 1323 egli fu scelto dal Re - insieme col Conte d'Ariano - per trattare il matrimonio fra il Duca di Calabria erede del trono, e Maria di Valois (184): matrimonio che venne felicemente celebrato nello stesso anno.

Nel 1326 partecipò Riccardo alla spedizione di Sicilia contro il Re Federico; e poi alla spedizione di Firenze dove il duca d'Atene era Vicario per Re Roberto.

Angelo di Costanzo lo mentova fra i maggiori uomini d'arme dei suoi tempi.

A tutto il secolo XIV Gambatesa fu feudo della discendenza di Riccardo, costumante indifferentemente il cognome Pietravalle (pur nome di feudo) e Gambatesa.

Nel 1399 Re Ladislao di Durazzo privò del feudo di Gambatesa Pietropoalo di Pietravalle, e lo concesse a Luigi Galluccio (185).

Luigi Galluccio, già Maestro Portolano di Terra di Lavoro e Contado di Molise, era allora Capitano di Napoli. Della di lui famiglia, d'origine longobarda, è noto che aveva tratto il nome dal castello omonimo di Puglia. Ascritta alla nobiltà napoletana nei Seggi di Nido e Capuana, entrò poi nell'ordine di Malta nel 1554. Aveva per arma uno scudo di argento al gallo di rosso col bisante di azzurro caricato da una stella di oro posta nel cantone sinistro del capo.

Nel 1484, trovandosi Gambatesa giacente nel demanio, Re Ferrante I la diede in feudo ad Andrea di Capua, il cui successore fu Ferrante duca di Termoli. Dei titolari di Capua diamo la biografia nella mon. di Termoli, nel IV volume; mentre i ragguagli storici e nobiliari della stirpe sono da leggere nella mon. di Riccia.

Ferrante di Capua, juniore, duca di Termoli anteriormente al 1583 vendè Gambatesa a Francesco Lombardo.

Francesco Lombardo era un ricco proprietario di Troia, il quale era stato già reso aggiudicatario del feudo di Troia col titolo di Conte; sennonchè la città, mal sopportando un proprio concittadino per signore feudale, si era proclamata al demanio. La famiglia Lombardo aveva acquistata una grande notorietà fin dal 1462, per la dedizione di Troia a Ferrante I di Aragona, così da essere mentovata dal Summonte nel Libro V della "Historia di Napoli".

Il novello feudatario di Gambatesa morì nel giugno del 1605, lasciando donataria la propria nipote da fratello, Francesca Lombardo.

Durante il governo del duca d'Ossuna D. Pietro Giron (1616-1620) il titolo di Conte di Gambatesa e il feudo erano intestati ad Antonio Mendozza, che l'Aldimari attesta essere consorte della Lombardo anzidetta (186).

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La famiglia Mendozza era venuta nel Regno con Berardino Mendozza (stato Vicerè di Napoli nel biennio 1555-1556), avente per arma: un'insegna angolare con nei quarti superiore ed inferiore una banda rossa in mezzo a due bande verdi divise fra loro da una piccola lista d'oro; e nei quarti laterali, a campo d'oro, in quello di sinistra la parola AVE e in quello di destra GRATIA PLENA.

I Mendozza godevano molti feudi nel Regno, e due rami della stirpe portavano rispettivamente i titoli di Principe di Melito e di Marchese della Valle Siciliana.

Il Conte di Gambatesa Antonio Mendozza e suo fratello Alvaro erano nel 1620 Castellani in Napoli; il primo di Castel S. Elmo, il secondo di Castel Nuovo.

Il Vicerè d'Ossuna, pei costumi libertini e pel pessimo governo, erasi alienate non solo la nobiltà e la borghesia della capitale, ma anche il popolo minuto. Nessuno simpatizzava per lui: tutti l'odiavano: e ciò malgrado egli aspirava alla corona di Napoli fondando l'insano disegno precipuamente sulle soldatesche mercenarie che gli erano devotissime. Re Filippo di Spagna, edotto del progetto, provvide a richiamarlo; e perché la cosa andasse nel più rapido modo, invece di nominare uno spagnuolo a succedergli, elesse di sottomano a Vicerè il cardinale Gaspare Borgia residente a Roma.

Il duca d'Ossuna ebbe un lontano sentore della disgrazia, e cominciò a preparare misure di resistenza per fare il colpo vagheggiato; ma il cardinale Borgia non gliene diè il tempo. Sbarcato misteriosamente a Pozzuoli, entrò di sotterfugio in Castel Nuovo, e proclamatosi Vicerè vi ricevè senza indugio l'omaggio della nobiltà e della popolazione. D. Alvaro di Mendozza e il Conte di Gambatesa, fedeli al Sovrano, si prestarono ciecamente alla manovra del Cardinale, risparmiando a Napoli chi sa quali scene selvagge di sangue e di terrore, essendo noto che l'Ossuna aveva promesso il sacco della città alle soldatesche non appena conseguito l'intento!

Francesco Zazzera è autore poco noto di una particolareggiata narrazione dell'avvenimento (187).

Donna Francesca Lombardo nel 1631 vendè Gambatesa a Vespasiano Nardo, per 36.000 ducati.

In prosieguo di tempo il Nardo vendeva, a sua volta, il feudo a Giulio Cesare de Regina duca di Pesche, della cui famiglia diamo i ragguagli nella mon. di Macchia di Valfortore.

Dopo la morte di Maria Vincenza de Regina, unica erede del medesimo, Gambatesa esposta all'asta venne acquistata in pubblico incanto da Giuseppe Ceva Grimaldi marchese di Pietracatella.

La famiglia Ceva Grimaldi rimase feudale di Gambatesa forse sino all'eversione della feudalità. Di essa, e dei suoi titolari, diamo ampi ragguagli nella mon. di Pietracatella.

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Al declinare del secolo XVIII, poco innanzi l'avvento del regime francese, portava il titolo di Conte di Gambatesa don Giuseppe Caracciolo principe di Torella (ramo dei Caracciolo Rossi), nato nel 1783 da Nicola duca di Lavello e da Teresa Carafa della Roccella.

Il titolo di Conte di Gambatesa è portato al presente dal Principe di Torella.

Non ci è riuscito di poter rintracciare la provenienza del titolo stesso nei Torella.

NOTIZIE ECCLESIASTICHE.

- Gambatesa è nella circoscrizione dell'archidiocesi di Benevento. Consta d'una sola parrocchia intitolata a S. Bartolomeo apostolo, ch'è pure patrono comunale, e la cui festa si celebra annualmente il 25 agosto.

Le sue chiese sono:

S. Bartolomeo apostolo. - Non si ricorda l'epoca della sua fondazione, e forse è coeva al Comune. Cadente per vetustà, fu restaurata per intero dal 1887 al 1891, mercè l'obolo dei fedeli, il largo contributo del Comune, e il concorso munifico dell'Em.mo Cardinale di Rende arcivescovo.

È a tre navi, divise da pilastri, con archi a tutto sesto; e misura 34 metri di lunghezza, 16 di larghezza e 10 di altezza. I lavori di marmo sono opera accurata del Perrone di Napoli.

S. Nicola. - Sino al 1653 fu officiata dai Francescani che abitavano l'annesso Convento, loro concesso dall'università con atto del 7 novembre 1586; sennonchè soppresse le piccole comunità religiose da Innocenzo X (1644-55) la chiesa e il Convento andarono in abbandono.

Il terremoto del 1688 aggravò le condizioni già troppo deteriorate dell'edificio, onde nel 1695 fu oggetto di dispendiosi restauri. Rinnovata la chiesa, l'arcivescovo Orsini (poi papa Benedetto XIII) vi fece trasferire le suppellettili della chiesa matrice di S. Nicolò, ed intitolò a questo santo la chiesa che prima era votata a S. Sebastiano.

La chiesa di S. Nicola è ora custodita e mantenuta dalle Confraternite locali. Di notevole non possiede altro che una tela raffigurante "L'Eterno Padre" inquadrata in una ricca cornice di fine intaglio.

Purgatorio. - È forse l'edificio religioso più antico che sorga nell'abitato, ed in tempi remoti ebbe dignità abbaziale, e sepolture pei beneficiati in conformità degli antichi canoni.

Un tempo era dedicata al SS. Salvatore; dal 1751 porta il nome attuale in memoria della sua riedificazione quasi integrale compiuta col concorso del Comune ed una cospicua elargizione di tal Giovanni Capuano.

Nel 1892, lesionata in più parti, fu dovuta restaurare con l'obolo del Comune e dei privati ad iniziativa del Sac. Donato Venditti. Fu riaperta al culto nel 1907.

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Maria SS. della Vittoria. - È ad un chilometro a settentrione dell'abitato. Un tempo, al suo corpo di fabbrica, era annesso un Convento pertinenza dei Canonici Regolari Lateranensi del SS. Salvatore o Rocchettini; ma dopo la soppressione decretata da Urbano VIII (1623-1644), il Convento rimase abbandonato, ed a poco a poco deteriorò.

Nel 1707 la chiesa fu isolata dalle superstiti vestigia del Convento, e decorosamente rinnovata. Una lapide infissa sul portale ricorda l'evento. La festa che vi si celebra annualmente con grande concorso di naturali e forestieri ricorre il 15 agosto.

Le serie degli arcipreti:

De Luca Pietro (?-1586): Zio Ferdinando (1587-1600): Marino Giovannicola (1601-21): Mancino Luca Antonio (1621-45): De Onofrio Giovannicola (1645-54): De Regina Gennaro (1654-87): De Leonardis Giovannantonio (1688-1701): Antonini Gennaro (1702-10): Gennessi Nicolò (1710-19): Rotondo Giambattista (1719-63): De Rensis Pasquale (1763-90): Guglielmi Saverio (1790-1806): Scocca Domenico (1806-13): De Paschale Pasquale (1813-28): Tronca Salvatore (1828-55): Venditti Pietro (1855-82): De Renzo Francesco (1882-99): D'Alessandro Vincenzo (1900-...

NOTIZIE AMMINISTRATIVE.

- Il Comune di Gambatesa apparteneva dapprima alla Capitanata; ma nel 1320 già da parecchio tempo si trovava nella circoscrizione territoriale del Contado del Molise. Rileviamo questa data dal Minieri Riccio (188).

Nel 1799 Gambatesa fece parte del Dipartimento del Sangro e del Cantone di Riccia. Nel 1807 venne ascritta al Distretto (ora Circondario) di Campobasso, ed al Governo (poi Circondario) ed ora Mandamento di Riccia; nè mutò nelle successive riforme delle circoscrizioni.

Il Municipio ha sede in locali di proprietà comunale.

La serie dei Sindaci:

Lombardi Pietro (1806-12): Tronca Michele (1813-15): Lombardi Pietro (1816-20): Lombardi Mitridate (1821-26): Macchiarola Vincenzo (1827-28): Gugliemi Crescenzo (1829-34): D'Alessandro Antonio Maria (1835-37): Berardinelli Riccardo (1838-43): Tronca Pasquale (1844): D'Alessandro Antonio Maria (1845-46): Venditti Raimondo (1847-49): Ferrara Vincenzo (1850-52): Rotondo Prosdocimo (1853-55): D'Alessandro Antonio Maria (1856-59): Ferrara Vincenzo (1859-60): Venditti Raimondo (1860-61): Rotondo Nicolantonio (1862-63): Abiuso Francesco (1863): Iosa Pasquale (1864-72): De Renzis avv. Gaetano R. Comm. (1872): Ferrara Giuseppe (1872-82): Rotondo Domenico (1882-84): D'Alessandro Giovannantonio (1885-87): Iosa Pasquale (1888-90): Contenti Antonio (1890-1901): Ferrara Luigi (1901-...

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COLLEGIO ELETTORALE.

- Gambatesa dal 1861 appartiene al Collegio elettorale di Riccia. Con R.D. 26 agosto 1875 fu staccata dalla sezione elettorale di Riccia e dichiarata sezione autonoma.

AGENZIA DELLE IMPOSTE.

- Riccia.

UFFICIO DEL REGISTRO.

- Riccia.

ARMA DEI RR. CC.

- È allogata in locali del sig. Iosa Guglielmo, per l'annuo fitto di L.900. Forza 5.

ISTRUZIONE PUBBLICA.

- Il Comune annovera cinque classi elementari maschili e tre femminili, rette da cinque insegnanti d'ambo i sessi. La spesa annuale è di L.6.690. Le scuole sono allogate in locali di proprietà privata non rispondenti alle esigenze del servizio; onde si sta provvedendo per uno speciale Edificio Scolastico.

POSTA E TELEGRAFO.

- L'Ufficio postale fu impiantato il 1º ottobre 1881. L'ufficio del telegrafo il 5 giugno 1892.

ISTITUZIONI ECONOMICHE E DI BENEFICENZA.

*Monte Frumentario.

- È formato di un capitale di 520 tomoli di grano corrispondente a 296 ettolitri. Nel 1902 la sua rendita annua era valutata a L.559,82, gravata del contributo della Provincia per L.24,85.

*Congregazione di carità. - Dispone d'una rendita annuale di Lire 1.500. Nel 1902 la rendita stessa ascendeva a L.1.139,91 con un peso di L.50,59 per contributo provinciale.

*Cooperativa di consumo. - Fondata nel 1898 ad iniziativa del sac. Donato Venditti, mediante azioni di L.10. Il bilancio sociale al 31 agosto 1913 segnava 208 azioni: un movimento di Cassa di circa L.18.600: ed utile netto di L.209, bastevole a corrispondere il 4% d'interesse sulle azioni, e ad alimentare la riserva.

*Cassa rurale cattolica. - Istituita parimente ad iniziativa del sac. Donato Venditti, con atto per not. Giovannantonio d'Alessandro rogato il 10 ottobre 1909. Mutua il danaro all'interesse del 5% ed ha conseguito un discreto sviluppo.

ILLUMINAZIONE PUBBLICA.

- A petrolio.

CIMITERO.

- Fu costruito nel 1837, e dista circa un chilometro e mezzo dall'abitato. Contiene una sola cappella privata, pertinente alla famiglia d'Alessandro.

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CRONACA LOCALE.

*1817. - La Guardia Urbana di Riccia il 25 maggio ha uno scontro con la banda dei Vardarelli, nella taverna di Crisante Venditti presso il Tappino in agro di Gambatesa. Restano uccisi nella mischia: Nicola Moffa fu Vincenzo, Felice Manocchio fu Giuseppe, Nicola di Lecce fu Michele, Lorenzo Ciocca di Crescenzo, e Giovanni Morrone fu Antonio. In favore delle costoro famiglie il Governo decretò una modesta pensione annua.

Della bnda dei Verdarelli discorriamo a lungo nella mon. di Ururi nel IV volume.

BIOGRAFIA.

Giovanni Martino Eustachio. - Nel 1577, pei tipi d'Orazio Salviano di Napoli, l'Eustachio pubblicò in idioma latino la "Vita di Claudio Galeno pergamense" con dedica a Ferrante di Capua duca di Termoli, marchese di Guglionesi e Conte di Montagano, il quale era utile signore di Gambatesa come si è detto a suo luogo.

Questo volume esclude ogni dubbio sul paese nativo dell'autore, poichè egli nell'intitolazione si qualifica "Gambatesanum Medicum".

Altre opere scrisse e pubblicò nel 1585, presso lo stesso editore, sotto i titoli: "Introductio, sivo medicus, etc." e "De Medicinae antiquitate".

Ai suoi tempi venne considerato fra i più dotti e sperimentati cultori dell'arte salutare; e fu contemporaneo di Bartolomeo Eustachio, il sommo anatomista nato in Sanseverino delle Marche e deceduto nel 1574, sulla cui opera scientifica ha pubblicato un erudito studio il dott. Guglielmo Bilancioni in Roma, nel 1910.

Noi non siamo al caso di giudicare il contenuto dei volumi dell'Eustachio molisano; nè ci è permesso asserire se e fino a qual punto l'omonimia con l'insigne marchigiano sia concorsa ad attribuire a lui una fama forse superiore al merito vero.

Di Giovanni Maria Eustachio ci è riuscito rintracciare il nome della moglie, che fu una gentildonna Sulpizia de Tutiis; e la notizia che tra i figliuoli è da annoverare Giantommaso, stato vescovo di Larino.

Pietro Paolo Eustachio. - (Ne diamo la biografia nel I volume, nella Serie dei Vescovi della diocesi di Boiano al N. 42).

Giovan Tommaso Eustachio. - (Ne diamo la biografia nel I volume, nella Serie dei Vescovi della diocesi di Larino al Nº 42). Occorre però aggiungere che il Toppi - nella "Biblioteca Napoletana" - facendo il nome di questo prelato, attesta di aver veduta nella ricca biblioteca dei Gerolamini di Napoli una voluminosa raccolta di opere manoscritte, che mons. Eustachio non potè o non volle pubblicare per le stampe; e cioè: dieci torni di "Sermoni ed altre materie teologiche" - quattro tomi

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su "Le vite dei Santi" secondo l'ordine dei mesi" - e due tomi "Il candido ciglio" e "Chiese, immagini e titoli della Madonna".

Giovan Nicola Eustachio. - Ignoriamo se fosse fratello o altrimente congiunto dell'uno o dell'altro dei precedenti vescovi; ma non è dubbio che in Gambatesa avesse avuto i natali. Egli nel 1608, pei tipi di Giambattista Sottile, pubblicò in Napoli un volume in 4º dal titolo: "Opusculum de aere, situque Beneventanae Civitatis".

Prosdocimo Rotondo. - Nato in Gambatesa il 14 aprile 1774 - secondo altri nel 1753 - esercitava la professione d'avvocato a Napoli con larga clientela della Capitanata e del Molise, allorchè gli avvenimenti del 1799 lo trassero dalla vita privata.

Come è noto, il generale Championnet, entrato in Napoli il 23 gennaio, il 24 vi proclamò la Repubblica, creando un Governo Provvisorio. Questo Governo, presieduto da Laubert, ebbe a sede il Palazzo Reale ribattezzato per la circostanza col nome di Nazionale, dove celebrò la sua prima adunanza il 26 gennaio. Prosdocimo Rotondo fu chiamato a farne parte, unico rappresentante in esso del Contado di Molise.

Vincenzo Cuoco (189) scrisse in proposito: "Prosdocimo Rotondo eletto rappresentante, offese l'invidia di qualche suo nemico. Si mosse Nicola Palomba ad accusarlo. Nicola Palomba, che non conosceva Rotondo, ma entusiasta, ed in conseguenza poco saggio, credeva che ei fosse indegno della carica sol perchè qualche suo amico lo credeva tale. Un'accusa ditale natura non avrebbe dovuto ammettersi, poichè l'indegnità di taluno potrà far si che il sovrano non lo elegga, ma eletto che l'abbia, perchè sia deposto prima del tempo stabilito dalla legge, vi è bisogno d'un delitto. Ammessa però una volta l'accusa, conveniva esaminarla; nella repubblica deve essere libera l'accusa, ma punita la calunnia. Io non se Rotondo fosse reo; so però ch'egli insisteva perchè fosse giudicato, so che dimesso dalla carica, pubblicò il conto della sua amministrazione, e tutti tacquero.

"Il presidente allora del Comitato Centrale vedeva in questo affare, in apparenza privato, quanto importasse conservarsi il rispetto alla legge, senza di cui non vi è governo, ed intendeva bene, che una folla di patrioti poteva diventar fazione subito che non fosse più nazione. Ma poco di poi alcuni disperando di farsi amare e rendersi forti con la nazione, vollero adulare la fazione, e non si permise che dell'affare Rotondo più si parlasse. Palomba parti pel Dipartimento del quale era stato nominato Commissario. Gli fu data, è vero, la facoltà di proseguir l'accusa per mezzo dei suoi procuratori; ma non si trattava di dargli una facoltà; era necessario imporgli un'obbligazione.

"Palomba non avrebbe dovuto partire se prima non adempiva al dovere che gl'imponeva l'accusa. In un governo giusto l'accusatore e nel tempo istesso accusato, e mentre si disputava se Rotondo era degno o no di sedere tra i legislatori, Palomba non aveva diritto di essere

- 184 -

"eletto Commissario. Dispiacque a Rotondo ed a tutti i buoni un silenzio che sacrificava il governo alla fazione, e la fazione all'individuo" (190).

Prosdocimo Rotondo fu, perciò, vittima prima della Repubblica che non procurò purgano dell'accusa e promosse l'accusatore ad alto ufficio; e poi della reazione monarchica che lo trascinò al patibolo pel solo fatto di essere stato al governo della Repubblica!

Il Rotondo fu giustiziato il 30 settembre 1799 nella Piazza del Mercato.

Dei suoi quattro germani: Giambattista (1749-1837) fu prete; Eligio (1752-1817) prete del pari e comandante di truppe patriottiche nel 1799; Genesio (1759-1840) andò in esilio e dopo molti anni tornò a Gambatesa; Policarpio (?-?) morì esule a Marsiglia.

Domenico Venditti. - Fervido liberale, prese viva parte ai moti del 1848, e dopo il 15 maggio si rifugiò a Potenza, dove appose la propria firma al "Memorandum" che dichiarava decaduta la monarchia.

Arrestato nel 1850 e condannato, venne trasferito nelle carceri di Napoli, e poi in quelle di Campobasso, dove fu compagno a Nicola de Luca. Gli eventi del 1859 lo tornarono alla libertà, ed ei potè tornare in famiglia dopo dieci anni d'assenza.

Nel 1860 i concittadini lo elessero Capitano della Guardia Nazionale; e noi ne fermiamo la memoria in queste pagine per l'inseguimento ardito e temerario ch'egli alla testa dei militi operò contro la banda di Boryès: azione che concorse efficacemente all'arresto dell'avventuriero spagnuolo, e fruttò al Venditti la medaglia al valore militare (191).

NOTE ILLUSTRATIVE E BIBLIOGRAFICHE

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(182) Op. alla nota (65), a pag. 282. [(65) DELLA MARIA FERRANTE. - Discorsi delle famiglie estinte, forastiere, o non comprese nei Seggi di Napoli, imparentate colla casa della Maria. Napoli, 1641. (Confr. a pag. 227).]

(183) Riccardo sposò poi, in seconde nozze, Tommasella di Molisio, come si è detto nella mon. di Campobasso.

(184) Op. alla nota (66), a pag. 16. [(66) MINIERI RICCIO CAMILLO. - Studi storici fatti sopra 84 Registri Angioini dell'Archivio di Stato di Napoli. Napoli. Tip. F. Rinaldi e G. Sellitti, 1876. (Confr. a pag. 99).]

(185) Op. alla nota (64), Parte II, a pag. 315. [(64) AMMIRATO SCIPIONE. - Delle famiglie nobili napoletane. In Firenze per Amadore Massi da Furli. MDCLI. (Confr. la Parte I, pag. 159).]

(186) Confr. op. alla nota (139), a pag. 362. [(139) ALDIMARI BIAGIO. - Memorie historiche di diverse famiglie nobili napoletane, come forestiere etc. Napoli. Stamperia di Giacomo Raillard, MDCXCI. (Confr. a pag. 655).]

(187) Confr. op. alla nota (142) a pag. 609. [(142) PALERMO FRANCESCO. - Narrazione e documenti sulla storia del Regno di Napoli dall'anno 1522 al 1667 raccolti ed ordinati con illustrazioni. Firenze, Viesseux, 1846. (Confr. a pag. 61).] Il duca d'Ossuna, reduce nella Spagna, vi fu benignamente accolto dal Re; ed ottenne, anzi, che il Cardinale Borgia pel modo com'erasi condotto contro di lui venisse revocato e sostituito dal Cardinale Zappata: tanta era la potenza di questo sognatore di scettri e di corone e tanta la debolezza morale del morente Filippo III!

Nell'anno successivo 1621, asceso al trono Filippo IV, il ministro Olivares fece arrestare l'Ossuna, il quale morì nel castello d'Almedia nel 1629 dopo Otto anni di rigorosa prigionia.

(188) Op. alla nota 116, a pag. 169. [(116) MINIERI RICCIO CAMILLO. - Notizie storiche tratte da 92 Registri angioini dell'Archivio di Stato di Napoli, che fanno seguito agli studi storici fatti sopra 84 Registri angioini. Napoli. Tip. di R. Rinaldi e G. Sellitto, 1877. (Confr. a pagina 167).]

(189) CUOCO VINCENZO. - Saggio storico sulla Rivoluzione di Napoli. Torino, Cugini Pomba e C. Editori, 1852. (Confr. a pag. 104).

(190) Nicola Palomba, nato in Avigliano di Basilicata il 23 ottobre 1746, era prete e giacobino esaltato.

Fu spedito Commissario nel Dipartimento della Lucania, e non fece una bella figura allorchè i reazionari di Matera (che facevan parte della giurisdizione cui era preposto) insorsero per fraternizzare con quelli della Calabria militanti a massa sotto le insigne di Ruffo. Era inadatto al posto ambito, che aveva sollecitato nei "clubs" e nel Palazzo Nazionale; ma innanzi al patibolo, ad un funzionario che gli prometteva la grazia se avesse date notizie sulla residenza di altri giacobini ricercati dalla polizia, rispose: Io non compro la vita con l'infamia!

Penzolò dalla forca il 14 ottobre 1799.

(191) Don Iosé Boryés, catalano, venne fucilato l'8 dicembre 1861 in Tagliacozzo, d'ordine del maggiore Franchini, comandante il 1º battaglione bersaglieri ivi di presidio. Assoldato in Spagna dalla Corte Borbonica esulata a Roma, era sbarcato nascostamente a Brancaleone in provincia di Reggio presso il Capo Sparivento il 13 settembre dello stesso anno. Gli fu trovato addosso un diario, che il Monnier pubblicò nelle notizie storiche sul brigantaggio.

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