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Il Molise dalle
origini ai nostri giorni
Giambattista Masciotta
Volume Secondo Il Circondario di
Campobasso
Napoli Stab. Tipografico Luigi Pierro e
figlio Via Roma, 402 1915 |
- 175 -
Gambatesa
ORIGINE E
DENOMINAZIONE.
- Il Nome di questo Comune è un enigma. Che
cosa può mai esprimere il vocabolo "Gambatesa"
in rapporto all'università medievale, al Comune
moderno? Che vorrà significare? Noi potremmo
benissimo, col poeta, rimettere ai posteri
l'ardua sentenza... ed uscire d'imbarazzo; ma
preferiamo, invece, acciuffare il toro per le
corna offrendo ai lettori una congettura che non
ci sembra priva di fondatezza.
Gambatesa, come Guardia Sanfromondo, come
Casalciprano, Guardialfiera ed altri non pochi
Comuni, in luogo di conferire al proprio
titolare feudale il nome, lo ha da questi
ricevuto.
Quando il vecchio ceppo primigenio dei Conti
di Molise volgeva all'esaurimento sotto la grave
mora dei secoli, i rami laterali della grande
casata fiorivano in diverse località del Contado
con nome differente, assunto dai singoli feudi.
I Montagano, i Luparia, i Pietravalle, i
Montaquila, i Busso, i Castropignano, i
Cantalupo, i Pescolanciano, i Santangelo, ecc.
erano presumibilmente branche cadette dei
Molisio, rese dal tempo autonome e già fiere di
una personalità indipendente e rigogliosa.
Della famiglia e dell'università di Gambatesa
non abbiamo alcuna contezza anteriormente ai
tempi angioini, al declinare cioè del secolo
XIII; e questo silenzio della storia, se può non
escludere che università e famiglia omonime
preesistessero da tempi più remoti, può anche
meglio attestare che le stesse siano sorte ed
emerse in epoca non molta lontana.
Gambatesa potrebbe essere il nomignolo
affibiato a qualche membro della famiglia dei
Pietravalle - primi signori feudali noti della
università - dal difetto fisico ond'era
contrassegnato. Siffatti nomignoli non erano
infrequenti nel periodo iniziale e medio
dell'età di mezzo; e le storie ne hanno
tramandate non poche ricordanze nei nomi delle
famiglie - "Imbriaco" - "Boccatorto" -
"Pappainsogna" - "Spicciolacascio" -
"Scannacardillo" - "Gattafosca", ecc. che furono
chiare nei loro tempi ed ebbero posto nei Seggi
di Napoli. Un "Gambatesa" insomma, della
famiglia dei Pietravalle, avrebbe fondato il
castello, che da lui prese nome, e sarebbe stato
pur anche il capostipite di quella famiglia che
attinse poi con Riccardo le vette della
celebrità e della potenza.
POPOLAZIONE.
- Fuochi 322 nel 1532: 332 nel 1545: 361 nel
1561: 346 nel 1595: 291 nel 1648: 70 nel 1669;
abit. nel 1891 1780: 2400 nel 1795: 2903 nel
1835: 2947 nel 1861: 3078 nel 1881: 3416 nel
1901: 3689 nel 1911.
NOTIZIE
FEUDALI.
- Ignoriamo se Gambatesa nei tempi longobardi
appartenesse al Castaldato di Boiano, ovvero a
quello di Lucera.
Il duca della Guardia asserisce che nel
secolo XIII, e
precisamente |
- 176 -
nel 1284, Riccardo di Pietravalle signore di
Gambatesa era sotto la tutela di Francesco
Santangelo suo zio materno, del quale è cenno
nella mon. di S. Angelo in Grotta (182); ciò che
indica da vario tempo essere i Pietravalle
titolari del luogo, e probabilmente Gambatesa
essere stata terra del Castaldato di Boiano.
Riccardo di Pietravalle o "Pietravalida" e
Riccardo di Gambatesa sono una stessa persona.
Egli da Sibilla della Marra ebbe due figli:
Berardo e Bartolomeo, il secondo dei quali fu
poi titolare di Salcito (183).
Riccardo di Gambatesa si trovò coinvolto nei
più gravi eventi del proprio tempo, ed ebbe
occasione di affermarsi ed eccellere come
guidatore d'eserciti, rettore di città, scaltro
e fortunato nelle arti della diplomazia. Una
figura, insomma, da venir rilevata, tanto più
che dall'Albino è taciuta, pur essendo - tra gli
illustri molisani dei secoli andati, -
certamente il più illustre.
Allorchè nella Repubblica di Genova
prevalsero i guelfi sui ghibellini, quelli per
sostenersi nel governo dello Stato invocarono
l'armi e l'opera del Re di Napoli Roberto
d'Angiò, che volentieri accolse l'invito
recandosi colà con numerose galere e buon nerbo
d'esercito nel luglio del 1318.
I Visconti di Milano, capi della parte
ghibellina, mal tollerando l'intervento
angioino, spedirono Marco Visconti ad assediare
Genova; ma l'impresa falli, e tornata la quiete,
Roberto d'Angiò - dovendosi recare in Avignone
per conferire col pontefice - lasciò nella città
come proprio Vicario Riccardo di Gambatesa.
I ghibellini allora, intendendo trarre
profitto dell'assenza del Re, rinnovarono
l'offensiva, sennonchè fu tale la prudenza e
l'abilità del Vicario nel tener calmo il popolo
e nel conservarlo alla fede guelfa, e tanto il
valore personale che sfoggiò in parecchie
fazioni sanguinose, che l'assedio fu tolto con
grave danno ed onta degli aggressori.
Castruccio Castracane signore di Lucca volle,
allora, tentar lui la fortuna due volte mancata
a Marco Visconti, e con grande apparato cinse
Genova d'assedio; ed anche lui dovè dopo qualche
tempo, battere in ritirata con perdite ingenti
d'uomini e di danaro.
Frattanto era accaduto in Lombardia un
rovescio alle armi napoletane. I Torriani,
spalleggiati da Raimondo di Cardona duce
dell'esercito angioino, erano stati battuti dai
Visconti; e costoro, dopo la vittoria, pensarono
d'assediare Genova per la terza volta. Riccardo
di Gambatesa vigile ed infaticabile, fu pronto a
respingere le nuove offese; ed anzi, assumendo
lui stesso con grande audacia l'offensiva, snidò
il nemico dagli acquartieramenti, lo costrinse
ad una fuga disordinata, e quando vide che il
territorio dello Stato n'era sgombro fece
ritorno a Genova carico di spoglie opime.
In seguito a così clamorosi successi campali,
Roberto di Gambatesa venne da Re Roberto
compensato con molti feudi in Capitanata e
lucrosi uffici a
Corte. |
- 177 -
Nel 1323 egli fu scelto dal Re - insieme col
Conte d'Ariano - per trattare il matrimonio fra
il Duca di Calabria erede del trono, e Maria di
Valois (184): matrimonio che venne felicemente
celebrato nello stesso anno.
Nel 1326 partecipò Riccardo alla spedizione
di Sicilia contro il Re Federico; e poi alla
spedizione di Firenze dove il duca d'Atene era
Vicario per Re Roberto.
Angelo di Costanzo lo mentova fra i maggiori
uomini d'arme dei suoi tempi.
A tutto il secolo XIV Gambatesa fu feudo
della discendenza di Riccardo, costumante
indifferentemente il cognome Pietravalle (pur
nome di feudo) e Gambatesa.
Nel 1399 Re Ladislao di Durazzo privò del
feudo di Gambatesa Pietropoalo di Pietravalle, e
lo concesse a Luigi Galluccio (185).
Luigi Galluccio, già Maestro Portolano di
Terra di Lavoro e Contado di Molise, era allora
Capitano di Napoli. Della di lui famiglia,
d'origine longobarda, è noto che aveva tratto il
nome dal castello omonimo di Puglia. Ascritta
alla nobiltà napoletana nei Seggi di Nido e
Capuana, entrò poi nell'ordine di Malta nel
1554. Aveva per arma uno scudo di argento al
gallo di rosso col bisante di azzurro caricato
da una stella di oro posta nel cantone sinistro
del capo.
Nel 1484, trovandosi Gambatesa giacente nel
demanio, Re Ferrante I la diede in feudo ad
Andrea di Capua, il cui successore fu Ferrante
duca di Termoli. Dei titolari di Capua diamo la
biografia nella mon. di Termoli, nel IV volume;
mentre i ragguagli storici e nobiliari della
stirpe sono da leggere nella mon. di Riccia.
Ferrante di Capua, juniore, duca di Termoli
anteriormente al 1583 vendè Gambatesa a
Francesco Lombardo.
Francesco Lombardo era un ricco proprietario
di Troia, il quale era stato già reso
aggiudicatario del feudo di Troia col titolo di
Conte; sennonchè la città, mal sopportando un
proprio concittadino per signore feudale, si era
proclamata al demanio. La famiglia Lombardo
aveva acquistata una grande notorietà fin dal
1462, per la dedizione di Troia a Ferrante I di
Aragona, così da essere mentovata dal Summonte
nel Libro V della "Historia di Napoli".
Il novello feudatario di Gambatesa morì nel
giugno del 1605, lasciando donataria la propria
nipote da fratello, Francesca Lombardo.
Durante il governo del duca d'Ossuna D.
Pietro Giron (1616-1620) il titolo di Conte di
Gambatesa e il feudo erano intestati ad Antonio
Mendozza, che l'Aldimari attesta essere consorte
della Lombardo anzidetta (186). |
- 178 -
La famiglia Mendozza era venuta nel Regno con
Berardino Mendozza (stato Vicerè di Napoli nel
biennio 1555-1556), avente per arma: un'insegna
angolare con nei quarti superiore ed inferiore
una banda rossa in mezzo a due bande verdi
divise fra loro da una piccola lista d'oro; e
nei quarti laterali, a campo d'oro, in quello di
sinistra la parola AVE e in quello di destra
GRATIA PLENA.
I Mendozza godevano molti feudi nel Regno, e
due rami della stirpe portavano rispettivamente
i titoli di Principe di Melito e di Marchese
della Valle Siciliana.
Il Conte di Gambatesa Antonio Mendozza e suo
fratello Alvaro erano nel 1620 Castellani in
Napoli; il primo di Castel S. Elmo, il secondo
di Castel Nuovo.
Il Vicerè d'Ossuna, pei costumi libertini e
pel pessimo governo, erasi alienate non solo la
nobiltà e la borghesia della capitale, ma anche
il popolo minuto. Nessuno simpatizzava per lui:
tutti l'odiavano: e ciò malgrado egli aspirava
alla corona di Napoli fondando l'insano disegno
precipuamente sulle soldatesche mercenarie che
gli erano devotissime. Re Filippo di Spagna,
edotto del progetto, provvide a richiamarlo; e
perché la cosa andasse nel più rapido modo,
invece di nominare uno spagnuolo a succedergli,
elesse di sottomano a Vicerè il cardinale
Gaspare Borgia residente a Roma.
Il duca d'Ossuna ebbe un lontano sentore
della disgrazia, e cominciò a preparare misure
di resistenza per fare il colpo vagheggiato; ma
il cardinale Borgia non gliene diè il tempo.
Sbarcato misteriosamente a Pozzuoli, entrò di
sotterfugio in Castel Nuovo, e proclamatosi
Vicerè vi ricevè senza indugio l'omaggio della
nobiltà e della popolazione. D. Alvaro di
Mendozza e il Conte di Gambatesa, fedeli al
Sovrano, si prestarono ciecamente alla manovra
del Cardinale, risparmiando a Napoli chi sa
quali scene selvagge di sangue e di terrore,
essendo noto che l'Ossuna aveva promesso il
sacco della città alle soldatesche non appena
conseguito l'intento!
Francesco Zazzera è autore poco noto di una
particolareggiata narrazione dell'avvenimento
(187).
Donna Francesca Lombardo nel 1631 vendè
Gambatesa a Vespasiano Nardo, per 36.000
ducati.
In prosieguo di tempo il Nardo vendeva, a sua
volta, il feudo a Giulio Cesare de Regina duca
di Pesche, della cui famiglia diamo i ragguagli
nella mon. di Macchia di Valfortore.
Dopo la morte di Maria Vincenza de Regina,
unica erede del medesimo, Gambatesa esposta
all'asta venne acquistata in pubblico incanto da
Giuseppe Ceva Grimaldi marchese di
Pietracatella.
La famiglia Ceva Grimaldi rimase feudale di
Gambatesa forse sino all'eversione della
feudalità. Di essa, e dei suoi titolari, diamo
ampi ragguagli nella mon. di Pietracatella. |
- 179 -
Al declinare del secolo XVIII, poco innanzi
l'avvento del regime francese, portava il titolo
di Conte di Gambatesa don Giuseppe Caracciolo
principe di Torella (ramo dei Caracciolo Rossi),
nato nel 1783 da Nicola duca di Lavello e da
Teresa Carafa della Roccella.
Il titolo di Conte di Gambatesa è portato al
presente dal Principe di Torella.
Non ci è riuscito di poter rintracciare la
provenienza del titolo stesso nei Torella.
NOTIZIE
ECCLESIASTICHE.
- Gambatesa è nella circoscrizione
dell'archidiocesi di Benevento. Consta d'una
sola parrocchia intitolata a S. Bartolomeo
apostolo, ch'è pure patrono comunale, e la cui
festa si celebra annualmente il 25 agosto.
Le sue chiese sono:
S. Bartolomeo apostolo. - Non si
ricorda l'epoca della sua fondazione, e forse è
coeva al Comune. Cadente per vetustà, fu
restaurata per intero dal 1887 al 1891, mercè
l'obolo dei fedeli, il largo contributo del
Comune, e il concorso munifico dell'Em.mo
Cardinale di Rende arcivescovo.
È a tre navi, divise da pilastri, con archi a
tutto sesto; e misura 34 metri di lunghezza, 16
di larghezza e 10 di altezza. I lavori di marmo
sono opera accurata del Perrone di Napoli.
S. Nicola. - Sino al 1653 fu officiata
dai Francescani che abitavano l'annesso
Convento, loro concesso dall'università con atto
del 7 novembre 1586; sennonchè soppresse le
piccole comunità religiose da Innocenzo X
(1644-55) la chiesa e il Convento andarono in
abbandono.
Il terremoto del 1688 aggravò le condizioni
già troppo deteriorate dell'edificio, onde nel
1695 fu oggetto di dispendiosi restauri.
Rinnovata la chiesa, l'arcivescovo Orsini (poi
papa Benedetto XIII) vi fece trasferire le
suppellettili della chiesa matrice di S. Nicolò,
ed intitolò a questo santo la chiesa che prima
era votata a S. Sebastiano.
La chiesa di S. Nicola è ora custodita e
mantenuta dalle Confraternite locali. Di
notevole non possiede altro che una tela
raffigurante "L'Eterno Padre" inquadrata in una
ricca cornice di fine intaglio.
Purgatorio. - È forse l'edificio
religioso più antico che sorga nell'abitato, ed
in tempi remoti ebbe dignità abbaziale, e
sepolture pei beneficiati in conformità degli
antichi canoni.
Un tempo era dedicata al SS. Salvatore; dal
1751 porta il nome attuale in memoria della sua
riedificazione quasi integrale compiuta col
concorso del Comune ed una cospicua elargizione
di tal Giovanni Capuano.
Nel 1892, lesionata in più parti, fu dovuta
restaurare con l'obolo del Comune e dei privati
ad iniziativa del Sac. Donato Venditti. Fu
riaperta al culto nel
1907. |
- 180 -
Maria SS. della Vittoria. - È ad un
chilometro a settentrione dell'abitato. Un
tempo, al suo corpo di fabbrica, era annesso un
Convento pertinenza dei Canonici Regolari
Lateranensi del SS. Salvatore o Rocchettini; ma
dopo la soppressione decretata da Urbano VIII
(1623-1644), il Convento rimase abbandonato, ed
a poco a poco deteriorò.
Nel 1707 la chiesa fu isolata dalle
superstiti vestigia del Convento, e
decorosamente rinnovata. Una lapide infissa sul
portale ricorda l'evento. La festa che vi si
celebra annualmente con grande concorso di
naturali e forestieri ricorre il 15 agosto.
Le serie degli arcipreti:
De Luca Pietro (?-1586): Zio Ferdinando
(1587-1600): Marino Giovannicola (1601-21):
Mancino Luca Antonio (1621-45): De Onofrio
Giovannicola (1645-54): De Regina Gennaro
(1654-87): De Leonardis Giovannantonio
(1688-1701): Antonini Gennaro (1702-10):
Gennessi Nicolò (1710-19): Rotondo Giambattista
(1719-63): De Rensis Pasquale (1763-90):
Guglielmi Saverio (1790-1806): Scocca Domenico
(1806-13): De Paschale Pasquale (1813-28):
Tronca Salvatore (1828-55): Venditti Pietro
(1855-82): De Renzo Francesco (1882-99):
D'Alessandro Vincenzo (1900-...
NOTIZIE
AMMINISTRATIVE.
- Il Comune di Gambatesa apparteneva dapprima
alla Capitanata; ma nel 1320 già da parecchio
tempo si trovava nella circoscrizione
territoriale del Contado del Molise. Rileviamo
questa data dal Minieri Riccio (188).
Nel 1799 Gambatesa fece parte del
Dipartimento del Sangro e del Cantone di Riccia.
Nel 1807 venne ascritta al Distretto (ora
Circondario) di Campobasso, ed al Governo (poi
Circondario) ed ora Mandamento di Riccia; nè
mutò nelle successive riforme delle
circoscrizioni.
Il Municipio ha sede in locali di proprietà
comunale.
La serie dei Sindaci:
Lombardi Pietro (1806-12): Tronca Michele
(1813-15): Lombardi Pietro (1816-20): Lombardi
Mitridate (1821-26): Macchiarola Vincenzo
(1827-28): Gugliemi Crescenzo (1829-34):
D'Alessandro Antonio Maria (1835-37):
Berardinelli Riccardo (1838-43): Tronca Pasquale
(1844): D'Alessandro Antonio Maria (1845-46):
Venditti Raimondo (1847-49): Ferrara Vincenzo
(1850-52): Rotondo Prosdocimo (1853-55):
D'Alessandro Antonio Maria (1856-59): Ferrara
Vincenzo (1859-60): Venditti Raimondo (1860-61):
Rotondo Nicolantonio (1862-63): Abiuso Francesco
(1863): Iosa Pasquale (1864-72): De Renzis avv.
Gaetano R. Comm. (1872): Ferrara Giuseppe
(1872-82): Rotondo Domenico (1882-84):
D'Alessandro Giovannantonio (1885-87): Iosa
Pasquale (1888-90): Contenti Antonio
(1890-1901): Ferrara Luigi (1901-... |
- 181 -
COLLEGIO
ELETTORALE.
- Gambatesa dal 1861 appartiene al Collegio
elettorale di Riccia. Con R.D. 26 agosto 1875 fu
staccata dalla sezione elettorale di Riccia e
dichiarata sezione autonoma.
AGENZIA DELLE
IMPOSTE.
- Riccia.
UFFICIO DEL
REGISTRO.
- Riccia.
ARMA DEI RR.
CC.
- È allogata in locali del sig. Iosa
Guglielmo, per l'annuo fitto di L.900. Forza
5.
ISTRUZIONE
PUBBLICA.
- Il Comune annovera cinque classi elementari
maschili e tre femminili, rette da cinque
insegnanti d'ambo i sessi. La spesa annuale è di
L.6.690. Le scuole sono allogate in locali di
proprietà privata non rispondenti alle esigenze
del servizio; onde si sta provvedendo per uno
speciale Edificio Scolastico.
POSTA E
TELEGRAFO.
- L'Ufficio postale fu impiantato il 1º
ottobre 1881. L'ufficio del telegrafo il 5
giugno 1892.
ISTITUZIONI
ECONOMICHE E DI
BENEFICENZA.*Monte
Frumentario.
- È formato di un capitale di 520 tomoli di
grano corrispondente a 296 ettolitri. Nel 1902
la sua rendita annua era valutata a L.559,82,
gravata del contributo della Provincia per
L.24,85.
*Congregazione di carità. - Dispone
d'una rendita annuale di Lire 1.500. Nel 1902 la
rendita stessa ascendeva a L.1.139,91 con un
peso di L.50,59 per contributo provinciale.
*Cooperativa di consumo. - Fondata nel
1898 ad iniziativa del sac. Donato Venditti,
mediante azioni di L.10. Il bilancio sociale al
31 agosto 1913 segnava 208 azioni: un movimento
di Cassa di circa L.18.600: ed utile netto di
L.209, bastevole a corrispondere il 4%
d'interesse sulle azioni, e ad alimentare la
riserva.
*Cassa rurale cattolica. - Istituita
parimente ad iniziativa del sac. Donato
Venditti, con atto per not. Giovannantonio
d'Alessandro rogato il 10 ottobre 1909. Mutua il
danaro all'interesse del 5% ed ha conseguito un
discreto sviluppo.
ILLUMINAZIONE
PUBBLICA.
- A petrolio.
CIMITERO.
- Fu costruito nel 1837, e dista circa un
chilometro e mezzo dall'abitato. Contiene una
sola cappella privata, pertinente alla famiglia
d'Alessandro. |
- 182 -
CRONACA LOCALE.
*1817. - La Guardia Urbana di Riccia il 25
maggio ha uno scontro con la banda dei
Vardarelli, nella taverna di Crisante Venditti
presso il Tappino in agro di Gambatesa. Restano
uccisi nella mischia: Nicola Moffa fu Vincenzo,
Felice Manocchio fu Giuseppe, Nicola di Lecce fu
Michele, Lorenzo Ciocca di Crescenzo, e Giovanni
Morrone fu Antonio. In favore delle costoro
famiglie il Governo decretò una modesta pensione
annua.
Della bnda dei Verdarelli discorriamo a lungo
nella mon. di Ururi nel IV volume.
BIOGRAFIA.
Giovanni Martino Eustachio. - Nel
1577, pei tipi d'Orazio Salviano di Napoli,
l'Eustachio pubblicò in idioma latino la "Vita
di Claudio Galeno pergamense" con dedica a
Ferrante di Capua duca di Termoli, marchese di
Guglionesi e Conte di Montagano, il quale era
utile signore di Gambatesa come si è detto a suo
luogo.
Questo volume esclude ogni dubbio sul paese
nativo dell'autore, poichè egli
nell'intitolazione si qualifica "Gambatesanum
Medicum".
Altre opere scrisse e pubblicò nel 1585,
presso lo stesso editore, sotto i titoli:
"Introductio, sivo medicus, etc." e "De
Medicinae antiquitate".
Ai suoi tempi venne considerato fra i più
dotti e sperimentati cultori dell'arte salutare;
e fu contemporaneo di Bartolomeo Eustachio, il
sommo anatomista nato in Sanseverino delle
Marche e deceduto nel 1574, sulla cui opera
scientifica ha pubblicato un erudito studio il
dott. Guglielmo Bilancioni in Roma, nel
1910.
Noi non siamo al caso di giudicare il
contenuto dei volumi dell'Eustachio molisano; nè
ci è permesso asserire se e fino a qual punto
l'omonimia con l'insigne marchigiano sia
concorsa ad attribuire a lui una fama forse
superiore al merito vero.
Di Giovanni Maria Eustachio ci è riuscito
rintracciare il nome della moglie, che fu una
gentildonna Sulpizia de Tutiis; e la notizia che
tra i figliuoli è da annoverare Giantommaso,
stato vescovo di Larino.
Pietro Paolo Eustachio. - (Ne diamo la
biografia nel I volume, nella Serie dei Vescovi
della diocesi di Boiano al N. 42).
Giovan Tommaso Eustachio. - (Ne diamo
la biografia nel I volume, nella Serie dei
Vescovi della diocesi di Larino al Nº 42).
Occorre però aggiungere che il Toppi - nella
"Biblioteca Napoletana" - facendo il nome di
questo prelato, attesta di aver veduta nella
ricca biblioteca dei Gerolamini di Napoli una
voluminosa raccolta di opere manoscritte, che
mons. Eustachio non potè o non volle pubblicare
per le stampe; e cioè: dieci torni di "Sermoni
ed altre materie teologiche" - quattro tomi |
- 183 -
su "Le vite dei Santi" secondo l'ordine dei
mesi" - e due tomi "Il candido ciglio" e
"Chiese, immagini e titoli della Madonna".
Giovan Nicola Eustachio. - Ignoriamo
se fosse fratello o altrimente congiunto
dell'uno o dell'altro dei precedenti vescovi; ma
non è dubbio che in Gambatesa avesse avuto i
natali. Egli nel 1608, pei tipi di Giambattista
Sottile, pubblicò in Napoli un volume in 4º dal
titolo: "Opusculum de aere, situque Beneventanae
Civitatis".
Prosdocimo Rotondo. - Nato in
Gambatesa il 14 aprile 1774 - secondo altri nel
1753 - esercitava la professione d'avvocato a
Napoli con larga clientela della Capitanata e
del Molise, allorchè gli avvenimenti del 1799 lo
trassero dalla vita privata.
Come è noto, il generale Championnet, entrato
in Napoli il 23 gennaio, il 24 vi proclamò la
Repubblica, creando un Governo Provvisorio.
Questo Governo, presieduto da Laubert, ebbe a
sede il Palazzo Reale ribattezzato per la
circostanza col nome di Nazionale, dove celebrò
la sua prima adunanza il 26 gennaio. Prosdocimo
Rotondo fu chiamato a farne parte, unico
rappresentante in esso del Contado di
Molise.
Vincenzo Cuoco (189) scrisse in proposito:
"Prosdocimo Rotondo eletto rappresentante,
offese l'invidia di qualche suo nemico. Si mosse
Nicola Palomba ad accusarlo. Nicola Palomba, che
non conosceva Rotondo, ma entusiasta, ed in
conseguenza poco saggio, credeva che ei fosse
indegno della carica sol perchè qualche suo
amico lo credeva tale. Un'accusa ditale natura
non avrebbe dovuto ammettersi, poichè
l'indegnità di taluno potrà far si che il
sovrano non lo elegga, ma eletto che l'abbia,
perchè sia deposto prima del tempo stabilito
dalla legge, vi è bisogno d'un delitto. Ammessa
però una volta l'accusa, conveniva esaminarla;
nella repubblica deve essere libera l'accusa, ma
punita la calunnia. Io non se Rotondo fosse reo;
so però ch'egli insisteva perchè fosse
giudicato, so che dimesso dalla carica, pubblicò
il conto della sua amministrazione, e tutti
tacquero.
"Il presidente allora del Comitato Centrale
vedeva in questo affare, in apparenza privato,
quanto importasse conservarsi il rispetto alla
legge, senza di cui non vi è governo, ed
intendeva bene, che una folla di patrioti poteva
diventar fazione subito che non fosse più
nazione. Ma poco di poi alcuni disperando di
farsi amare e rendersi forti con la nazione,
vollero adulare la fazione, e non si permise che
dell'affare Rotondo più si parlasse. Palomba
parti pel Dipartimento del quale era stato
nominato Commissario. Gli fu data, è vero, la
facoltà di proseguir l'accusa per mezzo dei suoi
procuratori; ma non si trattava di dargli una
facoltà; era necessario imporgli
un'obbligazione.
"Palomba non avrebbe dovuto partire se prima
non adempiva al dovere che gl'imponeva l'accusa.
In un governo giusto l'accusatore e nel tempo
istesso accusato, e mentre si disputava se
Rotondo era degno o no di sedere tra i
legislatori, Palomba non aveva diritto di
essere |
- 184 -
"eletto Commissario. Dispiacque a Rotondo ed
a tutti i buoni un silenzio che sacrificava il
governo alla fazione, e la fazione
all'individuo" (190).
Prosdocimo Rotondo fu, perciò, vittima prima
della Repubblica che non procurò purgano
dell'accusa e promosse l'accusatore ad alto
ufficio; e poi della reazione monarchica che lo
trascinò al patibolo pel solo fatto di essere
stato al governo della Repubblica!
Il Rotondo fu giustiziato il 30 settembre
1799 nella Piazza del Mercato.
Dei suoi quattro germani: Giambattista
(1749-1837) fu prete; Eligio (1752-1817) prete
del pari e comandante di truppe patriottiche nel
1799; Genesio (1759-1840) andò in esilio e dopo
molti anni tornò a Gambatesa; Policarpio (?-?)
morì esule a Marsiglia.
Domenico Venditti. - Fervido liberale,
prese viva parte ai moti del 1848, e dopo il 15
maggio si rifugiò a Potenza, dove appose la
propria firma al "Memorandum" che dichiarava
decaduta la monarchia.
Arrestato nel 1850 e condannato, venne
trasferito nelle carceri di Napoli, e poi in
quelle di Campobasso, dove fu compagno a Nicola
de Luca. Gli eventi del 1859 lo tornarono alla
libertà, ed ei potè tornare in famiglia dopo
dieci anni d'assenza.
Nel 1860 i concittadini lo elessero Capitano
della Guardia Nazionale; e noi ne fermiamo la
memoria in queste pagine per l'inseguimento
ardito e temerario ch'egli alla testa dei militi
operò contro la banda di Boryès: azione che
concorse efficacemente all'arresto
dell'avventuriero spagnuolo, e fruttò al
Venditti la medaglia al valore militare
(191). |
NOTE
ILLUSTRATIVE E
BIBLIOGRAFICHE
- 430 -
(182) Op. alla nota (65), a pag. 282. [(65)
DELLA MARIA FERRANTE. - Discorsi delle famiglie
estinte, forastiere, o non comprese nei Seggi di
Napoli, imparentate colla casa della Maria.
Napoli, 1641. (Confr. a pag. 227).]
(183) Riccardo sposò poi, in seconde nozze,
Tommasella di Molisio, come si è detto nella
mon. di Campobasso.
(184) Op. alla nota (66), a pag. 16. [(66)
MINIERI RICCIO CAMILLO. - Studi storici fatti
sopra 84 Registri Angioini dell'Archivio di
Stato di Napoli. Napoli. Tip. F. Rinaldi e G.
Sellitti, 1876. (Confr. a pag. 99).]
(185) Op. alla nota (64), Parte II, a pag.
315. [(64) AMMIRATO SCIPIONE. - Delle famiglie
nobili napoletane. In Firenze per Amadore Massi
da Furli. MDCLI. (Confr. la Parte I, pag.
159).]
(186) Confr. op. alla nota (139), a pag. 362.
[(139) ALDIMARI BIAGIO. - Memorie historiche di
diverse famiglie nobili napoletane, come
forestiere etc. Napoli. Stamperia di Giacomo
Raillard, MDCXCI. (Confr. a pag. 655).]
(187) Confr. op. alla nota (142) a pag. 609.
[(142) PALERMO FRANCESCO. - Narrazione e
documenti sulla storia del Regno di Napoli
dall'anno 1522 al 1667 raccolti ed ordinati con
illustrazioni. Firenze, Viesseux, 1846. (Confr.
a pag. 61).] Il duca d'Ossuna, reduce nella
Spagna, vi fu benignamente accolto dal Re; ed
ottenne, anzi, che il Cardinale Borgia pel modo
com'erasi condotto contro di lui venisse
revocato e sostituito dal Cardinale Zappata:
tanta era la potenza di questo sognatore di
scettri e di corone e tanta la debolezza morale
del morente Filippo III!
Nell'anno successivo 1621, asceso al trono
Filippo IV, il ministro Olivares fece arrestare
l'Ossuna, il quale morì nel castello d'Almedia
nel 1629 dopo Otto anni di rigorosa
prigionia.
(188) Op. alla nota 116, a pag. 169. [(116)
MINIERI RICCIO CAMILLO. - Notizie storiche
tratte da 92 Registri angioini dell'Archivio di
Stato di Napoli, che fanno seguito agli studi
storici fatti sopra 84 Registri angioini.
Napoli. Tip. di R. Rinaldi e G. Sellitto, 1877.
(Confr. a pagina 167).]
(189) CUOCO VINCENZO. - Saggio storico sulla
Rivoluzione di Napoli. Torino, Cugini Pomba e C.
Editori, 1852. (Confr. a pag. 104).
(190) Nicola Palomba, nato in Avigliano di
Basilicata il 23 ottobre 1746, era prete e
giacobino esaltato.
Fu spedito Commissario nel Dipartimento della
Lucania, e non fece una bella figura allorchè i
reazionari di Matera (che facevan parte della
giurisdizione cui era preposto) insorsero per
fraternizzare con quelli della Calabria
militanti a massa sotto le insigne di Ruffo. Era
inadatto al posto ambito, che aveva sollecitato
nei "clubs" e nel Palazzo Nazionale; ma innanzi
al patibolo, ad un funzionario che gli
prometteva la grazia se avesse date notizie
sulla residenza di altri giacobini ricercati
dalla polizia, rispose: Io non compro la vita
con l'infamia!
Penzolò dalla forca il 14 ottobre 1799.
(191) Don Iosé Boryés, catalano, venne
fucilato l'8 dicembre 1861 in Tagliacozzo,
d'ordine del maggiore Franchini, comandante il
1º battaglione bersaglieri ivi di presidio.
Assoldato in Spagna dalla Corte Borbonica
esulata a Roma, era sbarcato nascostamente a
Brancaleone in provincia di Reggio presso il
Capo Sparivento il 13 settembre dello stesso
anno. Gli fu trovato addosso un diario, che il
Monnier pubblicò nelle notizie storiche sul
brigantaggio. | |
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