Pasqua

La perdita del gusto del vivere

Una «malattia» dell’anima,
non della psiche


Tre suicidi in cinque minuti, ieri [ndr: Venerdì Santo] in prima mattinata, a Milano.

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di Claudio Risè
Il Giornale, 19 aprile 2003


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Pasqua: «La perdita del gusto del vivere. Una «malattia» dell’anima, non della psiche» di Claudio Risè, Il Giornale, 19 aprile 2003


 
Rassegnina  
  • Claudio Risè
    Una «malattia» dell’anima, non della psiche
    Il Giornale, 19 aprile 2003
    Tre suicidi in cinque minuti, ieri [ndr: Venerdì Santo] in prima mattinata, a Milano.
     
  • Enzo Mazzi
    Questa Pasqua non è un miracolo
    Il Manifesto, 16 aprile 2003
    « Gesù è stato crocifisso perché insieme ad altri alimentava la speranza di un mondo dove non ci fossero più crocifissi e crocifissori, vittime e carnefici, ingiustizie e guerre. E’ la vita di Gesù, i valori per cui Lui ha vissuto, che dà significato alla sua morte. La vita e la morte sono una cosa sola. E la morte è immersione della vita nel mare della vita».
     
  • Eugenio Scalfari
    I veleni che escono dal vaso di Pandora
    la Repubblica, 20 aprile 2003
    « Resurrexit Dominus de sepulcro. Non era un messaggio di festa, ma un monito… Bisogna operare tutti insieme affinché la giustizia risorga ogni volta che è stata avvilita e piegata».
     
  • Il materialismo della Resurrezione in un mondo troppo spiritualista
    Il Foglio, 19 aprile 2003
    Lo scrittore Messori - intervistato su Il Foglio - dice che per troppi, anche suoi correligionari, «il Verbo non si è fatto carne, il Verbo si è fatto carta», cioè idea, discorso.

 

Commento:

 

Il disordine irakeno, che persiste, può essere guardato come l’esito di un errore, di un’ingiustizia politica; ma che dire dei 3 suicidi, della vita che nega se stessa? A cosa serve di fronte a tutto questo dramma, politico ed esistenziale, la solita vecchia idea del Gesù Che Guevara, primo rivoluzionario? A cosa serve un Gesù monitore della pace e della giustizia? A cosa serve il Gesù idea, a favore di un mondo più buono? A cosa serve un Gesù che non c’è più, che se ne è andato: o perché definitivamente morto, o perché rinchiuso in un empireo spirituale a cui nessuno può accedere? A niente. Esattamente come il genio e lo sforzo umano non servono a nulla se la vita è come la morte. L’annuncio della Pasqua è proprio diverso: contro la congiura di chi lo voleva e lo vuole sepolto, Gesù è risorto - come dice Messori - materialmente, promessa per la resurrezione di ciascuno di noi per l’eternità della vita. E’ risorto ed è qui, misteriosamente incontrabile nella speranza, nella condivisione, nell’amore a noi, che ci hanno fatto conoscere coloro che lo seguono. Misteriosamente significa un’esperienza di rapporto e di bene, tanto provata ed evidente, quanto non prevista, né determinata da noi; un’esperienza, che è la nostra esperienza, che ci fa dire che seguire Gesù non è la stessa cosa che andar dietro a una bandiera; che il Cristianesimo non è l’affermazione di idee universali, ma un fatto per cui vive chi sta con Colui che vive, che è più forte della morte. Così, ogni nuovo inizio, ogni costruzione o ricostruzione, non può non partire da ciò che c’è e respira, per quanto piccolo e apparentemente trascurabile, come il già citato esempio delle 4 suore di Madre Teresa in Al Wada Street numero 52
(Vedi
Alessandro Zaccuri, «L’imprevisto ci salverà», Avvenire, 4 aprile 2003).
 

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