Felicità

Lo Stato cattolico che sogna Wojtyla

 
A proposito dell’intervento del Papa che chiede agli operatori del diritto di «evitare di essere personalmente coinvolti in quanto possa implicare una cooperazione al divorzio», l’articolista dice: «prepariamoci al peggio. Ad una repubblica fondamentalistica o talebana […] nella quale i principi della religione vengono trasformati in legge dello Stato, nella quale tutto ciò che è peccato per la Chiesa è anche reato per il tribunale».

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di Miriam Mafai



PREPARIAMOCI al peggio: ad una Repubblica fondata non sui fragili e sempre revocabili articoli della Costituzione ma sui principi perenni della Chiesa Cattolica. Ad una Repubblica, dunque, nella quale saranno vietati, tanto per cominciare, divorzio, aborto ed anticoncezionali e nella quale le streghe, (ce ne sono, ce ne sono ancora, basta individuarle...) saranno mandate al rogo assieme ai blasfemi, agli eretici ed ai seguaci di Giordano Bruno.


Prepariamoci al peggio. Ad una Repubblica "fondamentalista" o "talebana", che dir si voglia, nella quale i principi della religione vengono trasformati in legge dello Stato, nella quale tutto ciò che è "peccato" per la Chiesa è anche "reato" per il Tribunale.


La ferma condanna pronunciata ieri dal Pontefice della "piaga del divorzio", l'appassionata difesa della indissolubilità del matrimonio non è una novità. E appare del tutto legittima, anzi persino ovvia sulla bocca di un sacerdote. Ma è la prima volta questa la novità - che alla condanna del divorzio ha fatto seguito l'appello agli "operatori del diritto", magistrati e avvocati, che, da fedeli cattolici, dovranno evitare "di essere personalmente coinvolti in quanto possa implicare una cooperazione al divorzio". Si tratta dunque di un appello alla "obiezione di coscienza" che la nostra legge non prevede (o meglio che ha previsto in un solo caso, quello della interruzione di gravidanza, per i medici e il personale ospedaliero).
Qualche tempo fa, quando in Italia venne consentita la vendita della cosiddetta "pillola del giorno dopo" , un analogo appello venne rivolto dalle gerarchie ai medici e ai farmacisti cattolici, invitati a non prescriverla e non venderla. Non ci risulta che quell'invito sia stato seguito. Anche questa volta l'esito, probabilmente, non sarà diverso.


E tuttavia non può non preoccupare questa reiterata insistenza del Pontefice a dettare, per i cattolici, siano essi medici, farmacisti, avvocati, magistrati, specifiche norme di comportamento, che sono in contrasto con quelle della legge italiana.


E allora, le ipotesi sono due. O il Pontefice immagina i cattolici italiani come una minoranza da tutelare nell'esercizio dei propri principi e tradizioni (come fa la comunità musulmana quando rivendica il diritto alla poligamia o quello di macellare secondo il proprio rito); o piuttosto, lo stesso Pontefice si propone di ridurre gradualmente gli spazi di applicazione della legge italiana fino ad imporre a tutti noi le norme che la Chiesa valuta come le uniche giuste. Ed è questo, evidentemente, il nostro caso.


Intendiamoci: non sarà facile, per la Chiesa, proporre e ottenere questo cambiamento di rotta, questo vero e proprio balzo all'indietro verso uno Stato confessionale. Non sarà facile, perché la laicità fa ormai tutt'uno con la nostra libertà, con l'affermazione dei diritti individuali, con la modernità nella quale viviamo. E alla quale non vogliamo rinunciare. Non sarà facile, e tuttavia qualche segnale che va nella direzione richiesta dalle gerarchie lo abbiamo già avuto. (Un esempio: la legge regionale del Lazio che esclude da una serie di provvidenze economiche le coppie di fatto e i loro bambini).


Ma il Pontefice, quando parla di morale, di famiglia, di divorzio, di aborto, non parla solo all'Italia. Parla anche all'Europa, a tutti quei paesi nei quali si vanno diffondendo abitudini e costumi di vita che la Chiesa disapprova e condanna: non solo l'aborto o il divorzio ma anche le unioni di fatto e omosessuali, e la possibilità per queste coppie di adottare bambini. L'Europa (anche la Polonia...) va per una strada assai diversa da quella che vorrebbe il Papa.


Nel progetto della Carta dei Diritti approvata a Laeken non si fa parola, ad esempio, di quella "eredità e patrimonio religioso" che sarebbe parte della nostra identità. I francesi, in nome della laicità delle istituzioni nazionali e sopranazionali, si sono opposti energicamente all'adozione di una formula che potrebbe aprire la strada a una regolamentazione più restrittiva delle libertà personali e degli stili di vita da ognuno prescelti. Gianfranco Fini, più sensibile ai richiami del Pontefice ha invece già dichiarato che "il governo italiano farà tutto il possibile perché l'Ue riapra i battenti al ruolo della religione e perché i valori spirituali non vengano emarginati nella futura costituzione europea". Insomma di laicità e di pericoli di un ritorno dall'integralismo si discuterà anche in Europa.

Miriam Mafai
La Repubblica (29 gennaio 2002)


Commento:

 

A parte gli allarmi, ridicoli, di Repubblica (lo stato italiano tra i vari rischi possibili non corre certo quello di diventare “cattolico”), negli articoli di Shalev, Spinelli,  Mafai,  si avverte la persistenza di un pensiero lugubre e senza speranza: Dio è cattivo. Fa gli esperimenti sull’uomo e la fede in Lui non riesce a combinare niente di buono, anzi…


Così Dio è cattivo e l’uomo è mortale: questo è appunto l’apice di un pensiero lugubre che non ha il coraggio di cercare un Dio buono perché l’uomo è cattivo.


Il tono della nostra società, quando essa affida la propria liberazione dal male allo sforzo mortale dell’uomo, diventa funereo. Quello che ci si ostina a non capire è che proprio per la sua fragilità e peccato, l’uomo non può non cercare la felicità in una risposta positiva che viene come grazia, ovvero come dono più grande di quanto si possa immaginare. Credere in Dio è aver fatto questa esperienza, per cui la stessa durezza del vivere diventa ragione per desiderare e domandare, non nel pensiero astratto ma, come afferma Sequeri,  «in legami umani che rendano riconoscibile alla vita la sua destinazione e il suo appagamento [...]. Nella consolazione di qualche legame che rimane fedele, anche l’attesa più dura e più improbabile non è senza il profumo di quella misteriosa promessa che la felicità contiene».

(Pierangelo Sequeri, Sequeri: grazia misteriosa e sempre da aspettare, Avvenire - 29 gennaio 2002)


   
  • Meir Shalev
    Giobbe, la cavia divina
    Diario (25 gennaio 2002)
    Nella Bibbia si racconta che Dio permise a satana di perseguitare Giobbe per metterne alla prova la fede. Di fronte alla persecuzione Giobbe si domanda: «“Che male ho fatto?” […] Noi lettori sappiamo qual è la risposta, ma Dio a Giobbe la tiene nascosta. La risposta è semplice: Dio non avrebbe altro da fare che svelare a Giobbe l’esistenza della scommessa con il satana, quella crudele scommessa che l’ha trasformato nella vittima di un altrettanto crudele esperimento divino».

  • Barbara Spinelli
    Con il nemico dentro le mura
    La Stampa (27 gennaio 2002)
    «Questa è stata Assisi, nella sua essenza. Non il trionfo di una universale fede pacifica, ma dodici religioni riunite all’ombra del disastro di Manhattan e costrette quasi loro malgrado a scoprire quel che davvero conta: lo spirito del male che abita nel cuore stesso dell’“aiuola” composta dai fedeli […] Questa dismisura dell’uomo, questa hybris del bigotto, era lo spettro che si aggirava nella basilica di san Francesco. Spettro che impaura le religioni vere, perché la dismisura minaccia mortalmente l’uomo e offende mortalmente la fede in Dio e il Dio della fede».

  • Miriam Mafai
    Lo Stato cattolico che sogna Wojtyla
    La Repubblica (29 gennaio 2002)
    A proposito dell’intervento del Papa che chiede agli operatori del diritto di «evitare di essere personalmente coinvolti in quanto possa implicare una cooperazione al divorzio», l’articolista dice: «prepariamoci al peggio. Ad una repubblica fondamentalistica o talebana […] nella quale i principi della religione vengono trasformati in legge dello Stato, nella quale tutto ciò che è peccato per la Chiesa è anche reato per il tribunale».

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