ISLAM


Guerra senza ragione

 
La ragione non è una dote umana, nel senso che è propria di tutti gli uomini, ma un derivato culturale, storicamente contingente e quindi fattore non di unità, ma di divisione.

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Commento

di Umberto Galimberti,


Scrive Kant: "La ragione è un'isola nell'oceano dell'irrazionale"
  • <<Albert Camus, dopo gli eventi dell'ultima guerra mondiale ebbe a dire: "Se tutto è possibile e nulla ha importanza, facciamo almeno che questo non sia un castigo".
    È in questo castigo che gli uomini devono confrontarsi attraverso la ragione. Ho letto stamattina che il nostro Presidente del Consiglio è, più che mai, concorde e solidale con il Presidente degli Stati Uniti d'America nel valutare lo scenario che stiamo vivendo una lotta "del bene contro il male". È terribile sentire dire ciò perché, ogni guerra, dal momento che inizia al momento che termina, è sempre sorretta da questa visione. Oggi, come mio padre, 65 anni, ho paura di questi "signori presidenti". Quello che oggi stiamo vivendo non è uno scontro tra "il bene e il male" ma è semplicemente la "follia" di due visioni dei mondo ove
    non vi è più spazio per la ragione!>>
    Bruno Audisio ‑ Torino

     
  • <<Ho sentito in TV le due parole: attacco ponderato. Mi hanno dato immediatamente un senso di stonatura, di forzatura, di non verità. Se attacco è offensiva violenta contro un nemico, ponderato è di un'azione a lungo meditata valutando saggiamente tutte le implicazioni di un atto. E l'attacco di cui si parla sarà invece reazione in sé giusta, ma carica di un'emotività che esclude la ponderatezza. Se il parlare, da parte di chi ha responsabilità, deve essere frutto di ponderata ragionevolezza, in quelle due parole messe insieme vedo una contraddizione in termini che vorrebbe giustificare ciò che la ragione non può giustificare.>>
    Pier Paolo Komel ‑ Imola

     
  • <<Si pone come assolutamente necessario e urgente un movimento mondiale d'opinione pubblica "super partes" criticamente neutrale nei confronti sia degli americani sia dei talebani. È semplicemente folle rispondere alla barbarie terroristica con una barbarie maggiore, capace solo di danni incalcolabili all'umanità e alla stessa democrazia. Questo terrorismo è frutto di questo capitalismo, ignaro delle parole evangeliche: "Ai poveri va dato 8 contenuto dei piatto, non gli avanzi">>.
    Sac. Dr. Franco Ratti ‑ Monopoli (Bari)

     
  • <<Sono un suo lettore, vivo e risiedo a New York da ormai 5 anni. Ho letto il suo articolo pubblicato su Repubblica pochi giorni fa e l'ho trovato chiaro e netto da un punto di vista storico. Ho letto anche altre tesi, altre "spiegazioni" culturali, importanti per orientarsi, ma che alla fine lasciano un vuoto, un senso di immobilità. Credo che forse anche gli intellettuali dovrebbero pensare a una sorta di soluzione al problema (sempre che di soluzione si possa parlare), essere più precisi, prendere parte in modo più concreto al problema senza esserne così distaccati. Il distacco di tanti intellettuali suona spesso come autocompiacimento.>>
    Nicola Benizzi ‑ New York

     
  • <<Trovo sommamente offensivo e culturalmente infantile l'articolo di Umberto Galimberti dal titolo "Quando Dio arma gli eserciti". Non si possono accettare affermazioni gravemente offensive per i credenti cristiani dei tipo: "La storia umana è uscita dalla dimensione simbolica solo da due secoli e limitatamente all'Occidente, che con l'Illuminismo ha promosso il primato della ragione e quel suo corollario che è l'ateismo, essendo Dio il fondamento di ogni dimensione simbolica"!!! >>
    William Giampietro

     

Delle numerose lettere che ho ricevuto a commento della guerra ho scelto quelle che chiedono che rapporto esiste tra le pratiche di guerra e l'uso della ragione. Nessun rapporto, perché la guerra è la sospensione dell'uso della ragione.


La ragione, infatti, che tutti gli uomini celebrano perché in essa scorgono la differenza specifica che li distingue dagli animali. è una macchina che funziona solo nell'ambito di coloro che condividono la stessa visione dei mondo o, come io preferisco dire, la stessa simbolica, la quale si costituisce prima dell'uso della ragione e in termini assolutamente pre‑razionali.


È Infatti pre‑razionale che io ragioni come un occidentale, perché è pre‑razionale che io sia nato in Occidente, abbia avuto una certa educazione, abbia introiettato certi valori qui diffusi, abbia assimilato ceri usi e costumi, e, a partire da qui abbia costruito una mia identità, un cero modo di relazionarmi, di sentire. di pensare, di valutare. Lo stesso vale per chi è nato nel mondo islamico, la cui simbolica è del tutto diversa. come diversa è la simbolica della cultura cinese, della cultura indiana, della cultura animista africana.


La ragione funziona solo tra chi condivide la stessa simbolica, quindi solo all'interno della stessa visione del mondo. Fuori dalle rispettive simboliche. essendo queste pre‑razionali. la ragione non funziona ed è subito guerra. Con la globalizzazione gli occidentali hanno pensato che la loro simbolica fosse universale. e perciò estendibile a tutta la terra, senza rendersi conto che le moltitudini della terra abitano simboliche diverse, non leggibili con i soli strumenti della "nostra" ragione che noi abbiamo scambiato con la "Ragione". Per questo il mondo è diventato così instabile, anni luce più instabile di quanto non lo fosse nel conflitto tra comunismo e capitalismo, dove, fatte salve le dovute differenze, la simbolica delle due civiltà non, era poi molto differente.


Se non si capisce la dimensione pre-razionale che diversifica gli uomini prima dell'uso della ragione, la catena degli orrori e delle tragedie, innescate dall'uso esclusivo della "propria" ragione, sarà catastrofica.


di  Umberto Galimberti
D di Repubblica, 6 novembre 2001
 

Commento:

 

  • Filippo Gentiloni:
    In armi nel nome di Dio

    Il Manifesto (1 novembre 2001)
    Dice che credere significa smascherare gli idoli, qualsiasi pretesa di verità assoluta, ovvero il credente non crede a niente.
     

  • Salman Rushdie:
    I paranoici guerriglieri dell’Islam

    la Repubblica (5 novembre 2001)
    Dice che tutto l’Islam va riformato, in senso laico, come il cristianesimo, così non influisce più sulla vita
     

  • Umberto Galimberti:
    Guerra senza ragione

    D di Repubblica (6 novembre 2001)
    La ragione non è una dote umana, nel senso che è propria di tutti gli uomini, ma un derivato culturale, storicamente contingente e quindi fattore non di unità, ma di divisione.
     

  • Francesco Merlo:
    L’orgoglio delle identità
    Corriere della Sera (10 novembre 2001)
    Contro l’attacco recentemente portato in televisione, difende i crocefissi, come espressione della nostra tradizione occidentale. Li difende tuttavia in quanto simboli vuoti, folkloristici, seppur nel senso nobile e popolare del termine.
     

  • Vladimir Soloviev:
    Islam, bizantinismo coerente e sincero

    Tempi - Numero: 45 - 8 Novembre 2001
    L’estremismo islamico riassume l’eredità delle due principali eresie imperiali del Basso Impero: la negazione della libertà umana, la devozione cieca dei fedeli e un’umanità che non viene chiamata a realizzare alcun progresso. Così scriveva Soloviev, sul finire dell’Ottocento, nel suo “La Russia e la Chiesa universale”

   

Tutti i commentatori appaiono decisi a difendere l’occidente, perché in fondo l'occidente come identità è niente e in questo niente ripongono la tolleranza di tutto come il valore più moderno. Tuttavia, è uscito un articolo molto pertinente alla situazione attuale, scritto pressappoco cent'anni fa da Soloviev e ripubblicato da Tempi in data 14 novembre.

Soloviev, partendo dalla consapevolezza che «il vero dogma centrale del cristianesimo è l'unione intima e completa del divino e dell'umano», con la conseguente necessità di una «rigenerazione della vita sociale e politica»,
 individua in
due grandi eresie anticristiane i principali fattori di crisi della chiesa orientale:
la riduzione dell’ideale religioso alla pura contemplazione (monotelismo);
la soppressione dell’immagine vivente dell’incarnazione divina e implicitamente della sua manifestazione storica (iconoclastia).

L'essenza religiosa dell'Islam si fonda su queste due eresie, vedendo nell'uomo «una forma finita senza alcuna libertà e in Dio una libertà infinita senza alcuna forma». La religione si riduce così a un rapporto puramente esteriore, rituale, «tra il creatore onnipotente e la creatura che è privata di qualsiasi libertà non dovendo al suo Signore se non un semplice atto di devozione cieca. È questo il senso del termine arabo Islam». Nemmeno vi è la necessità di cambiare l'uomo e la società: «tutto è abbassato al livello dell'esistenza puramente naturale; l'ideale ridotto a una misura che garantisca una realizzazione immediata».

Le chiese orientali non hanno saputo opporsi all’«anticristianesimo aperto e onesto dell’islam». Soloviev inquadra questa debolezza nel bizantinismo - «anticristianesimo nascosto sotto una maschera ortodossa» - per cui in Egitto e in Asia «cinque anni furono sufficienti per ridurre ad un'esistenza archeologica tre grandi patriarcati della chiesa orientale». Le chiese orientali hanno creduto «che per essere veramente cristiani fosse sufficiente conservare i dogmi e i riti sacri dell’ortodossia senza preoccuparsi di cristianizzare la vita sociale e politica; hanno creduto che fosse cosa lecita e degna di lode confinare il cristianesimo nel tempio e abbandonare l'agone pubblico ai principi pagani».
Così Soloviev. Noi, d'accordo con la sua analisi e con lui, pensiamo esattamente il contrario e non vogliamo essere bizantinisti, coscienti che il rischio c'è anche nel cristianesimo occidentale, incluso quello di casa.