Pace:

Digiuno per la Pace: Dio c’è e c’entra

Mieli:
«Io laico credo nel miracolo»


«Chiedendo di digiunare, è come se il Papa si rivolgesse a ciascuno dicendo: “Ti chiedo per un giorno, personalmente, di testimoniare fiducia nella pace, sempre”. Si tratta di un impegno privato, preso con se stessi, molto più forte di una manifestazione esibita o di parole d’ordine».

Vedi Rassegnina Commento
 

 

di Francesco Ognibene


Tra le adesioni di parte laica all'appello del Papa, quella di Paolo Mieli è stata una delle più convinte. Sobria nei toni, sorprendente negli argomenti. Che ora approfondisce in questa intervista.


Che significato attribuisce al suo digiuno per la pace?
«Pur pensando che in Iraq si debba arrivare a un radicale cambiamento, credo che l'iniziativa del Papa e la pressione militare possano produrre l'effetto sperato senza spargimenti di sangue. Sembrano percorsi che si divaricano, in realtà nelle ultime settimane hanno prodotto effetti, a cominciare dall'influsso sull'opinione pubblica. Così che tra coloro che sono per la pace o per la guerra si è creata una vasta area di favorevoli a una soluzione pacifica della questione irachena. Una posizione ben differente. L'impegno vibrante della Chiesa ha un ruolo fondamentale in questa stagione. Nelle parole del Papa ho letto un allarme più generale: Wojtyla invita a tener presenti i rischi che da quella zona possono venire al mondo».


Se per un cristiano dovrebbe essere evidente il senso di un gesto come il digiuno, che valore ha per un laico?
«Per parte mia ha il senso di confermare un rispetto e una fiducia verso questo Papa, insieme al riconoscimento dell'apertura mentale che gli devo. A lui mi sono accostato da posizioni di grande diffidenza laica, ma conoscendolo mi ha aiutato a capire molte cose. Nei 25 anni di questo pontificato sono cambiato anche grazie a quello che mi hanno fatto comprendere il Papa e la Chiesa. Nelle mie vene scorre per parte paterna sangue ebraico. Sono laico e non cattolico. Ma sento di dovere qualcosa alla Chiesa, non ho con lei un rapporto qualsiasi. E quindi se il Papa chiede un gesto, ha senso che io partecipi, che creda persino in un miracolo, che non mi sottragga a un appello. Resto fermo nei miei valori ma ho imparato a rispettare la Chiesa, poi ad avere una profonda fiducia nel Papa».


Su quali valori si sente di convergere?
«Guardo all'iniziativa americana senza pregiudizi negativi. Dopo la caduta del comunismo, tre sono state le guerre nelle quali gli Usa si sono impegnati: Golfo, Kosovo e Afghanistan. Vedo che si è liberato il Kuwait, i curdi sono stati salvati dallo sterminio, sono caduti feroci dittatori come Milosevic e il mullah Omar. Ma oggi è fondamentale la presenza di un forte contrappeso che renda i giudizi più equilibrati, che freni scelte intempestive, che prima di un'iniziativa militare costringa a riflettere con molta attenzione. L'Europa, di sicuro, non arriva a tanto. L'iniziativa della Chiesa, credibile perché sempre coerente, è la sola capace di influire».


Torniamo al digiuno: sembra quasi che il moltiplicarsi delle adesioni abbia "sdoganato" sul piano pubblico questa pratica cristiana, spesso associata a un'immagine cupa della Chiesa, o a una sua logica tutta interna. Cosa ne pensa?
«Non ho gradito l'adesione ostentata di alcuni personaggi, talora ridicola. Il digiuno è un gesto forte di testimonianza compiuto su se stessi. E riporta alla luce non la parte più buia della storia della Chiesa ma quella più ferma, più rigorosa, essenziale. Come laico, mi ha toccato proprio perché era quella proposta. Una marcia mi avrebbe lasciato indifferente. Chiedendo di digiunare, è come se il Papa si rivolgesse a ciascuno dicendo: "Ti chiedo per un giorno, personalmente, di testimoniare fiducia nella pace, sempre". È difficile sottrarsi a una proposta simile».


Per una coscienza non credente cosa rende più persuasivo il digiuno rispetto ad altri gesti?

«Il fatto che si tratta di un impegno privato, preso con se stessi, molto più forte di una manifestazione esibita o di parole d'ordine. Chi ha aderito al digiuno ha vissuto per 24 ore in compagnia di una responsabilità. Non c'è niente di autocompiaciuto in un gesto simile».


Questo appello alla coscienza individuale arriva proprio quando sembrano dilagare le contrapposizioni tra schieramenti, le semplificazioni...
«È questa la cosa che più mi ha toccato: Giovanni Paolo II ci ha chiesto di uscire da schemi e contrapposizioni artefatte, senza obbligarci a rinuncire ai princìpi personali. Ha proposto di fermarci a riflettere. E io ho sentito di dovergli dire di sì».
 

 

Pace: «Mieli: Io laico credo nel miracolo», di Francesco Ognibene, Avvenire, 6 marzo 2003


 
Rassegnina  
  • Gad Lerner
    Le domande di un popolo sazio
    Avvenire, 5 marzo 2003
    «Digiuno perché la pace ha bisogno, per realizzarsi, di una mia più piena consapevolezza, della mia personale partecipazione, di una disponibilità nuova a modificare anche i comportamenti personali».
     
  • Francesco Ognibene
    Mieli: «Io laico credo nel miracolo»
    Avvenire, 6 marzo 2003
    «Chiedendo di digiunare, è come se il Papa si rivolgesse a ciascuno dicendo: “Ti chiedo per un giorno, personalmente, di testimoniare fiducia nella pace, sempre”. Si tratta di un impegno privato, preso con se stessi, molto più forte di una manifestazione esibita o di parole d’ordine».
     
  • Maurizio Molinari
    Bush, una domenica solo con i Salmi
    La Stampa, 10 marzo 2003
    «È stato suo padre a suggerirgli di rimanere con se stesso: “Quando si tratta di scegliere fra pace e guerra deve farlo un’unica persona, il presidente, perché mandare a morire i figli dell’America è la decisione più difficile”».

 

Commento:
 

 

Molti hanno accolto l’invito del Papa a digiunare, ma il significato del gesto sembrerebbe assai differente da quello proposto: un impegno con se stessi; un atto contro Bush; un appello generale all’umanità. Dio, se c’è, non c’entra. Il mondo di oggi tende a ridurre il Papa - che non fa che ripetere che Dio c’è e c’entra - alla stregua di un manifestante, di un predicatore della pace come bene assoluto. Il Papa ha proposto di digiunare, cioè di pregare, cioè di chiedere a Colui che può tutto, ciò che alle nostre mani e alla nostra migliore volontà non riesce. Che cosa si sia chiesto con il digiuno è chiaro: la pace; ma a chi, a Chi, lo abbiamo chiesto: questo è confuso. Siamo confusi non su quello che vogliamo, ma su come fare per ottenerlo. Tanto che, sia dalle dichiarazioni sui giornali, ma ancor di più dalle interviste televisive alla gente comune, il digiuno è sembrato semplicemente una rimostranza. Non è forse irrazionale, non è bigotto soffrire la fame per dimostrare che si desidera una cosa che non si può non desiderare - la pace, appunto?


La guerra in Israele - della scorsa settimana, la ritorsione a Jabaliya: 11 morti e oltre 100 feriti -; in Italia, la paura delle Brigate Rosse; la minaccia della guerra in Irak: per tanti motivi dobbiamo continuare a digiunare, a pregare, a chiedere l’impossibile a Chi può renderlo possibile. Senza la chiarezza a riguardo dell’interlocutore della nostra domanda, anche il più concentrato gesto di meditazione non basta, perché vuol dire solo parlare con se stessi. Più che sottolineare come la pace sia un desiderio di tutti, è necessario ripetere Chi può darcela. Su questo siamo monotematici.
 

Click qui per tornare indietro a "galatro_home"