Famiglia:

Quasi 100mila coppie si rompono ogni anno, quelli che sollecitano e quelli che si ammazzano

Il girone degli irragionevoli
 
La parola a Laura Salvetti  e Matilde Capello, avvocati matrimonialisti di Milano
 

 
Giojelli Caterina

Dal vostro punto di vista di avvocati matrimonialisti, come vedete il costo umano dell’agonia matrimoniale? E quali sono i numeri generali del fenomeno?
Capello – Nel ’96 i casi di suicidio direttamente riconducibili a disagi maturati nell’ambito di separazioni, divorzi e cessazioni di convivenze sono stati 6, 7 nel ’97, 10 nel ’98 e nel ’99, 20 nel 2000, calo a 10 nel 2001, una trentina nel 2002 e nel 2003. Le percentuali per differenza di sesso ci forniscono un altro dato interessante: gli uomini, con una percentuale costante del 75% circa dei suicidi complessivi, patiscono con certezza molto di più delle donne (25% circa) il disagio della separazione. Questa perdita ci porta a un altro dato interessante: sono gli stessi uomini a figurare in testa agli autori degli omicidi legati alla separazione. Ovvero c’è un paradosso a legare le statistiche tra suicidi e omicidi: il 75% degli uomini si tolgono la vita, il 75% delle donne vengono uccise perché affidatarie; e la doppia patologia che porta a togliere e togliersi la vita è suffragata dai dati drammatici, una costante escalation che ha portato a 19 decessi (suicidi più omicidi) nel biennio 1996/97, 31 tra il 1998/99, 60 tra il 2000/2001 e 108 decessi tra il 2002/2003. Ciò premesso è bene osservare altri dati: nell’ultimo decennio rileviamo 691 fatti di sangue e 976 decessi, ripartiti sul territorio italiano con 239 episodi al nord, 261 al centro e 191 al sud. Eccezion fatta per la lieve sovrarappresentazione del centro Italia, possiamo dire che si tratta di un fenomeno trasversale, che le “patologie matrimoniali” non sono più giustificate dalla mentalità territoriale, ma sono riconducibili alla perdita della capacità genitoriale.
Ma io parlerei della rottura della famiglia in quanto tale come di una patologia, di cui si registrano quasi 100mila casi all’anno: gli ultimi indici Istat ufficiali, riferiti al 1998, ci parlano di 62.736 separazioni e 33.510 divorzi. Significa che ogni 1.000 coppie ci sono 5,2 separazioni e 3 divorzi nel nord “secolarizzato” contro i 2,8 e 1,2 al sud: qui la tendenza “territoriale” incide. Ulteriormente utile a fornire un quadro della situazione è capire chi agisce per primo. Nel 67,9% dei casi è la moglie (69,9% se è occupata, 66% se casalinga) a chiedere la separazione contro il 32,1% di richieste a opera del marito. è invece l’uomo con il 56,3% dei casi ad essere in testa nelle richieste di divorzio.
Infine, il 90,9% delle volte i figli vengono affidati alla madre in caso di separazione, il 90,8% in caso di divorzio. Lo strapotere delle madri ha conseguenze devastanti: la deresponsabilizzazione del padre, la sua acriticità nei confronti di un figlio che se maggiorenne decide (e accade spesso) di tornare da lui. Il papà diventa il gestore di un albergo, rinuncia al ruolo di educatore e il figlio diventa una scheggia impazzita. Questo è il reale impoverimento: riduzione della cultura della paternità e aumento esponenziale del matriarcato. Il costo di tale impoverimento si misura in cibi precotti e tintoria.

È il riflesso di una mentalità sociale o culturale che sta mutando?
Salvetti – Si dice che negli sviluppi di una civiltà la legge diventa costume con la generazione successiva. è un po’ quello che è accaduto con la legge sul divorzio. Al senso comune nel 1970 ripugnava la rottura del vincolo per cause non naturali (vedovanza); oggi nella mentalità corrente «l’amore è eterno finchè dura». Le motivazioni più diffuse sono certamente la stanchezza affettiva, di solito prodromica o parallela ad una relazione extraconiugale, che denota un impoverimento del concetto di fedeltà alla parola data, di cui tutti oggi siamo testimoni nei più disparati settori ed a tutti i livelli di rapporto sociale. Una costante sono poi i disastrosi rapporti tra il nucleo familiare e le rispettive famiglie d’origine. Venerdì ho separato due coniugi che continuano a ripetere che si amano, ma che non vogliono reciprocamente aver più nulla a che fare con la famiglia di lui/lei e quindi scelgono di tornare all’ovile patriarcale… Non c’è stato niente da fare. Peccato che i due bambini, 4 e 6 anni, non siano molto felici di tutto questo... Si noti che nel ricorso per separazione/divorzio non occorre annotare i motivi fondanti la richiesta. Questo perché la giurisprudenza assolutamente costante ha disatteso il dato normativo che richiedeva la dichiarazione dei motivi. Un motivo molto radicato è poi la delusione dopo la sbornia della festa. Ci si sveglia una mattina e si scopre che dopo l’abbronzatura estiva si torna ad avere il volto verdognolo di tutti i veri milanesi, ed inizia la routine… la noia, la Tv, il silenzio, il distacco…

Ma qual è la reale differenza tra divorzio e separazione?
Capello – La separazione non prelude necessariamente ad una rottura definitiva. è una scelta di sospensione della convivenza fisica, sospensione che però mantiene in vigore il vincolo matrimoniale con i doveri e diritti dallo stesso derivanti, salvo, appunto, l’obbligo di convivenza. La mentalità dominante, però, è l’assimilazione dell’istituto del divorzio a quello della separazione, soprattutto nella mentalità dei giudici. Tecnicamente la burocrazia si riduce ad un ricorso presentato o consensualmente o da parte di un coniuge a carico dell’altro, con l’assistenza obbligatoria di un avvocato in caso di divorzio, ricorso in cui si chiede che il giudice statuisca sulle condizioni successive alla scelta di separarsi/divorziarsi. Le condizioni riguardano, sostanzialmente, l’affidamento dei figli, l’assegnazione della casa coniugale, il mantenimento del coniuge più debole e della prole. Una separazione ed un divorzio consensuali necessitano, anche in una Milano congestionata dal numero sempre crescente dei casi di sgretolamento dell’unità coniugale, di pochi mesi dal deposito del ricorso all’ottenimento del provvedimento (decreto di omologa in caso di separazione, sentenza in caso di divorzio). Altro discorso vale per i casi contenziosi: si avranno anni di procedura giudiziaria con decine di udienze più o meno cruente e devastanti per l’anima, la psiche ed il portafoglio. Nei contenziosi giudiziari si verifica un vero e proprio incentivo all’impoverimento che deriva dalla necessità di resistere alle richieste economiche della controparte: c’è convenienza a risultare più poveri, e questo stimola una caduta verso la povertà.

Dario Di Vico scrive che «la società italiana si americanizza. Fino agli anni ’90 in Italia a rompere la convivenza uxoria erano i ricchi, ora invece lo fanno con maggior frequenza come negli States le classi medie, che così firmano la loro condanna, accelerano la loro mobilità sociale discendente. (…) La separazione è una duplicazione dei costi, in primo luogo degli affitti».
Salvetti – I numeri dicono che, più che diventare americani, ci siamo semplicemente secolarizzati nel senso più pieno e fondamentale del termine: il corpo sociale ha abbandonato la dimensione della responsabilità come tensione verso il bene comune, che è ovviamente uno dei pilastri di stabilità della società. Intendo dire che se io ammetto ad esempio di poter avere una relazione extraconiugale, ovviamente da ciò deriverà la mia consequenziale riduzione del senso di responsabilità verso la crescita coerente dei miei figli, in quanto ho già spostato il centro del mio interesse sul mio comodo affettivo, e non già sulle loro necessità di stabilità.

E quanto pesa l’impoverimento dei soggetti in causa sull’intero sistema sociale?
Capello – La duplicazione di un nucleo familiare ovviamente determina la nascita di due nuclei impoveriti rispetto allo stesso cespite pro capite: la matematica non è un’opinione. Poi ci sono i costi che derivano dalla necessità di una compensazione affettiva verso i figli. Ci troveremo, anzi già ci siamo, in una società del pendolarismo il cui centro di smistamento saranno i Mc Donald’s nei quali la maggior parte dei genitori separati si rifugiano ad edulcorare tribalmente il sabato o la domenica pomeriggio di spettanza, come da verbale e decreto di omologa. E ancora: il costo degli affitti raddoppia, perché raddoppia la richiesta di case di piccolo taglio, la richiesta di mono-bi-locali è elevatissima. Raddoppiano le utenze, i costi di trasporto. Sembra una sciocchezza, ma una donna separata spenderà molto di più anche in generi che prima non consumava, se non in minima parte, quali i cibi precotti, la tintoria, ecc., perché comunque, per sbarcare il lunario, dovrà procurarsi un numero di ore maggiore di lavoro esterno alla famiglia. Poi ci sono i problemi che si riversano sui nonni: una volta non più autosufficienti, esaurito il compito di papà/mamma sostitutivi, scompariranno improvvisamente in qualche cronicario. Infine, i disagi psichici dei figli: la prossima generazione non avrà più come modello di riferimento la famiglia monogamica. Si abituerà ad eleggere un modello esterno: sempre meglio che scegliere tra più “padri” e più “madri”, da condividere, nella migliore delle ipotesi, part-time con altri figli/fratelli ereditati da situazioni derivate.

Come vi muovete in questa realtà? Qual è il compito dell’avvocato?
Salvetti – Noi siamo convinte che, come ha ricordato nel 2000 il Pontificio Istituto per la Famiglia, gli operatori del diritto sono coloro che «possono dare consistenza giuridica all’istituzione matrimoniale o, al contrario, diminuire la consistenza del bene comune che questa istituzione naturale protegge, partendo da una visione dei problemi personali che non corrisponde alla realtà». Per questo motivo gli operatori del diritto, che sono la frontiera ultima prima della rottura ufficiale, devono intervenire ai fini di una mediazione familiare che comporti un ripensamento ed un tentativo di ricostruzione sulla base di parametri nuovi, di nuovi ideali, che i nostri clienti neppure conoscono, che non provano perché trascinati dalla cultura massmediatica.
 

 

Famiglia: «Quasi 100mila coppie si rompono ogni anno, quelli che sollecitano e quelli che si ammazzano. Il girone degli irragionevoli. La parola a Laura Salvetti  e Matilde Capello, avvocati matrimonialisti di Milano», Giojelli Caterina, Tempi, Numero: 43 -  21 ottobre 2004

 

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