PRIGIONIERI IN OCEANIA AUSTRALIA E NUOVA ZELANDA Da campo di prigionia a trampolino per l'integrazione |
AUSTRALIA Com’era già avvenuto in Inghilterra, poi negli Usa, anche l’Australia iniziò ad internare come
“Enemy Aliens” tutti i cittadini di origini italiane e tedesche
dimoranti da anni nel paese (che non avevano preso ancora la
cittadinanza). I campi di detenzione erano sparsi in tutto il paese, nel nuovo Galles del Sud erano a Liverpool, Cowra e Hay. I prigionieri venivano spostati da un campo all’altro e la ricostruzione delle loro vicende, nel dopoguerra è risultata estremamente difficile. Il semplice fatto di avere sangue italiano, anche da matrimoni misti, era sufficiente per essere internati. Non contavano le idee politiche, o che fossi già stato naturalizzato da un altro paese che non si era
schierato. L'emigrazione italiana più consistente verso
l'Australia era cominciata nel 1891 verso i campi della
canna da zucchero del Queensland. Prima del 1940 un terzo di
tutti gli emigranti italiani viveva nel Queensland
(tropicale a nord), dove l'emigrazione aumentò rapidamente
tra il 1891 e il 1930 a causa della richiesta sempre
maggiore di mano d'opera per la raccolta della canna da
zucchero nelle piantagioni. Nondimeno, la corsa all'oro del
Victoria dell'inizio del 1850 e le opportunità di coltivare
nuove terre vergini sia nel New South Wales che nel Queensland aveva
già attirato migliaia di italiani e svizzeri
italiani, data la ristretta manodopera disponibile in
Australia a quel tempo (Pyke 1948. p. 100). Sfortunatamente,
il numero degli italiani impiegati nelle aree minerarie del
Victoria è impreciso, dato che, fino al 1881 gli italiani
non sono segnalati nelle raccolte censuarie australiane.
Vengono registrati solo nel censimento del 1881, nel quale
si segnala la presenza di soli 521 italiani nel New South
Wales (nuovo Galles del Sud), 947 (lo 0,10% dell'intera
popolazione) nello Stato del Victoria mentre il Queensland
ne registra circa 250 e l' Australia occidentale soltanto
10. Il 1891 fu l'anno che vide arrivare oltre 300 contadini
dell'Italia centro-orientale quale primo
contingente di un numero ben maggiore di immigrazione
pianificata che avrebbe dovuto rimpiazzare la manodopera -kanaka- dell'area cioè dell'Oceano Pacifico, allora
impegnata nelle piantagioni di canna da zucchero del Queensland. Come risultato del neo-processo politico chiamato
-White
Australia- (L'Australia ai bianchi) che prevedeva la deportazione e l'allontanamento
dal paese delle popolazioni di colore, oltre 60.000
di questi
furono appunto allontanati e si pensò di rimpiazzarli con
immigrati dalle aree dell'Europa. Inizialmente (agli inizi
del 900) gli italiani trovarono difficoltà ad inserirsi
nella società australiana, ma poi si guadagnarono un'ottima
reputazione di lavoratori infaticabili e onesti e non solo.
Cominciarono ad acquistare piantagioni ed un ennesimo
tentativo di ostacolarli previde il possesso della terra solo per i
naturalizzati. Fu così che quelli di più vecchia generazione
presero la cittadinanza Australiana. Il momento più
difficile venne con la grande crisi del '29 durata quasi un
decennio che vide riesplodere l'odio verso gli italiani.
Il.Tempo
marzo '42......Ma
ad un tratto si produce nel paese un fatto senza precedenti.
Nelle casse dello Stato non c'è più un soldo. Un prestito di
venti milioni di sterline viene contratto con Londra in
tutta fretta per sostenere alla giornata le spese più
vistose. Il male maggiore del paese sta, naturalmente, nella
quasi mancanza di mercato interno. Lo Standard living (lo
stile di vita) australiano è uno dei maggiori del mondo, ma
il paese scarsamente popolato (6,5 milioni di
abitanti) non possiede che in minima
parte la capacità di assorbire i propri prodotti (lana,
grano, bestiame e legname che imputridisce o si danneggia
nei recinti doganali). L’esportazione scende da 140 a 100
milioni di sterline e le importazioni superano di 75 milioni
l’export. Se l'attrezzatura industriale vera e propria del
paese è povera e antiquata è l'agricoltura che paga le spese
di tutto. Gli australiani comperano i loro prodotti
manifatturati all'estero: automobili, film, apparecchi
radio, ogni cosa viene specialmente dall'America. Nello
stesso tempo i disoccupati sono 350.000. E' un'armata
paurosa di impiegati e di operai che si cerca di tenere a
bada con il sussidio: il dole. Accozzaglia di forme e
pericolosa di persone, sempre pronte a protestare, a
organizzare comizi e sfilare in parata. A Melbourne
rifiutano il pasto dalla Salvation Army perché è troppo poco
variato !!. I villaggi di disoccupati si agglomerano nei parchi
e nelle periferie e nelle capitali. Gli anni passano, sono
centinaia di migliaia di persone che si danno a questa vita
promiscua di fuori legge. I disoccupati saranno 600 mila nel
1932. I più decisi riprendono vecchi mestieri abbandonati;
in un mese, nel dicembre 1936, vengono concesse più di
tremila licenze di cercatori d'oro. L'armata della fame si
sposta da un punto all'altro del continente, seguendo voci
che si spargono all'improvviso in mezzo alla folla
esasperata ed intristita all'ozio. I treni merci vengono
presi d'assalto. Era naturale che ci fosse anche chi
prendeva la via del Queensland deciso a tutto. G. NAPOLITANO
(continua)
Il racconto che seguirà, anche se frammentato, non potrebbe illustrare meglio quanto successe. Nessuno, se non i testimoni, ci potevano accompagnare all'altro capo del mondo con tanta dovizia di particolari. |
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In January 1941, Australians fought their first major land battle in World War II when men of the 6th Division AIF, and other Allied troops, engaged Italian forces at the town of Bardia on the coast of Libya. Between 3-5 January 1941, the Italian positions were attacked and Bardia was captured. Over 40,000 Italian prisoners were taken. Advancing west along the Libyan coast, the 6th Australian Division captured Tobruk from the Italians on 21-22 January 1941 and the town became a garrison for the Australian and British forces
June 1944 saw the beginning of employment of the POW volunteers, unguarded, on individual farms and in rural industry. An ABC radio interview with former POWs and former POW employers reveals that friendships often developed between the employing families and the POWs. Some of the workers were included in family holidays and many shared with them their daily evening meal. One of the former employers interviewed recounted putting together packages of dress material to send to the wives and daughters of the POWs on her property. A strong fear of the bush and reasonably comfortable living situations meant that the chances of attempted escape were minimal. |
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Dichiarazione del governo Australiano
del giugno '44:
Nel 1944, si prospettò
per gli italiani il lavoro
(volontario) libero da vincoli di sorveglianza. Molti detenuti fecero amicizia con la popolazione
e
le famiglie presso le quali erano alloggiati. Passavano i
weekend con loro e ricevevano anche aiuti per le famiglie
italiane. L'isolamento, la condizione femminile delle
Australiane, spinse in molti casi a rapporti molto più stretti. Ciò ridusse di le fughe, ma complicò alcune situazioni
familiari. http://www.teachingheritage.nsw.edu.au/b_expressing/wb2_italpris.html
Italian internment in Australia
during World War II
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Tramite la Croce Rossa si cercava gente, si scriveva a casa e ci si scambiava pacchi (continua sotto) Messaggio attualmente in rete di una ragazza che cerca il padre biologico italiano di cui si sono perse le tracce dopo il 1945: I am trying to locate my biological grandfather. He was an Italian POW detained in xxxxx. I believe there was 4. From the POW camp he was sent to xxxxxx to work in Southerns Farm which is no longer there, and was sent back to Italy in 1945. Any help appreciated. |
IL CAMPO DI COWRA
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In May 1941 the Commonwealth Government of Australia made an agreement with Britain to ‘undertake to receive custody of 50.000 Prisoners of War from the Middle East’. The Australian Army chose a site 2 miles north east of the town of Cowra obscured from the road by a steep hill with granite outcrops. The POW Camp 12 consisted of four separate 17 acre compounds each designed to hold 1.000 prisoners. The first POW, Italians, arrived at Cowra on 15th October 1941. Prisoners were accommodated in tents until April 1942, and building of weatherboard accommodation huts was not completed until 1944. Both POW and local labourers were used to complete construction. Approximately 21 huts were completed by late April 1942 with an additional 27 huts being erected in the following 5 weeks. Each hut could accommodate 48 persons. By December 1942 Cowra camp held 1644 Italian, prisoners and internees, and 490 Javanese detainees. Between January 1943 and August 1944, 1,104 Japanese POW and internees were confined in the Camp. By the end of June 1944 the camp was overcrowded beyond its intended capacity. POW Camp 12 comprised service facilities with stores, kitchen, mess huts, ablution blocks and latrines, canteens, theatre, recreation huts, barber and tailor shops, and medical and dental centres. There were large playing fields for baseball and other sports. Vegetable and formal gardens were tended by the Italian prisoners. In contrast, are the remains of formal gardens established by the Italian POW are extant within the area of the Italian Compound A. They illustrate the transfer of cultural actives by the Italian prisoners into their new enforced environment. The construction of fountains using methods, possibly of ethnic origin, is of exceptional research interest and reflects the prisoner’s expressions of their homeland and culture. |
http://www.l-camillo.com/Camillo/Cam-IT-7.htm
Un prigioniero
italiano in Australia |
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......come andò veramente.. |
Ben 18.500 prigionieri di guerra italiani, stipati in quelle stive, venivano così portati nel 1944 dall'India verso un futuro che, per molti di loro, avrebbe significato un radicale cambiamento dell'esistenza. Giunti sul suolo australiano quei soldati furono internati in ben 30 campi, disseminati in punti diversi del territorio nazionale. Alla base del lavoro e della collaborazione naturalmente c’era il rispetto. Dalle testimonianze del tempo si evince che quei prigionieri erano trattati bene. Edilizia, trasporti, opere di difesa per calamità naturali, costruzione di strade, acquedotti, ponti erano i campi di impiego. Il maggior impegno fu loro richiesto per la costruzione della ferrovia transcontinentale che proprio in quegli anni era in fase di realizzazione. Le Autorità australiane che giudicarono gli operai italiani più dotati e redditivi, fecero si che dal 1944 il Governo disponesse che solo i prigionieri italiani potevano essere internati in quei campi e per quei lavori. Altri militari furono messi a disposizione degli agricoltori lontani anche una giornata di viaggio dal loro campo. Gli agricoltori e gli allevatori che dietro regolare autorizzazione delle Autorità prelevavano prigionieri internati, dovevano fornir loro vitto e alloggio per tutto il periodo dei lavori. Non erano tenuti però a pagare alcun compenso, in quanto dovevano versare al Governo una tassa di una sterlina a settimana per ogni prigioniero utilizzato e il Governo stesso, dopo aver trattenuto sulle somme versate la parte di sua spettanza, stornava dei fondi che andavano, per l'ammontare di quindici scellini individuali, a ciascun prigioniero utilizzato. Cessato il conflitto e rientrati dalla guerra i nativi, non c'era più motivo perché i prigionieri Italiani restassero. Alla fine del 1946 e agli inizi del 1947 il Governo mise a disposizione navi per il rimpatrio degli italiani. Molti, riacquistata la libertà si nascosero per non essere rimpatriati. In quelle terre avevano comunque deciso di restare per sempre con le nuove compagne !!. Altri, rientrati per ricongiungersi con la famiglia, viste le condizioni dell’Italia, decisero di ritornare in Australia. |
Dell'emigrazione in Australia vanno evidenziati due aspetti: il primo era dato dalla esasperata solitudine dei luoghi, il secondo era inerente al fenomeno delle spose per procura che proprio in quegli anni e per quelle terre raggiunsero cifre assolutamente imprevedibili. L'immensità delle distese pianeggianti, … l'impossibilità pratica di concrete relazioni umane, la monotonia del lavoro … l'impossibilità ad impiegare il tempo libero in qualche attività ricreativa, sfociava in alterazioni psichiche non controllabili (ricorda molto infatti il Sordi del film affetto però da epilessia). Pazzie e suicidi furono casi ricorrenti. Molti emigrati sarebbero rientrati se non fosse esplosa, all'unisono la prassi dei matrimoni per procura. Non che prima l'istituto non esistesse! Per procura si erano sposate ragazze cilentane con uomini già emigrati in Brasile, in Argentina, negli Stati Uniti. Ma si trattava pur sempre di casi sporadici e mai giunti a livello di fenomeno di massa. Cosa che invece avvenne per l'Australia. Il matrimonio veniva celebrato nel paese d'origine e ivi registrato. In chiesa il sacerdote celebrava la funzione mentre al posto dello sposo compariva un amico o un parente dallo stesso delegato. Finita la funzione un breve e malinconico festino e via, lungo l'Oceano, sulla "nave delle spose" in rotta per l'Australia alla ricerca di una nuova vita con un uomo a volte conosciuto solo in fotografia. Alcune donne, le più intraprendenti, affrontavano il viaggio da sole per sposarsi appena giunte a destinazione. |
http://www.cilentocultura.it/cultura/austral.htm From Tobruk to Clare: the experiences of the Italian prisoner of war Luigi Bortolotti 1941-46 |
http://ehlt.flinders.edu.au/deptlang/fulgor/volume1i3/papers/fulgor_v1i3_oconnor.htm |
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<Left: Plan of POW camp, Hay NSW: ^Up: under construction |
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LA PRIMULA ROSSA DEI
CAMPI AUSTRALIANI
L’unico che riuscì
a scappare da Hay fu il colonnello Edgardo Simoni
catturato a Bardia
nel gennaio 1941. Al suo arrivo in Australia fu internato a
Murchison (campo di prigionia allegro) vicino a Shepparton nello stato di Victoria. Da qui
è scappato 2 volte, la prima per 24 ore la seconda per 10
mesi. On
June 6, 1942, he disguised himself as a member of a working
party, marched out of the camp, stole a bike, and cycled
towards Shepparton. For the next ten months he remained on the
run, in rural Victoria and in Melbourne. Forse è lui ad aver lavorato a Melbourne, naturalmente
sotto falso nome come riportano le cronache, in una azienda di cosmetici classificandosi
anche come miglior venditore del mese. L’arrivo dei prigionieri
italiani aveva creato problemi ai rappresentanti della chiesa cattolica
(padre Ugo Modotti) e il superiore delegato apostolico Monsignor Giovanni
Panico. Nonostante professassero la loro estraneità al regime i due vennero accusati di favorire le evasioni. Simoni con le sue fughe creò diversi problemi ai due. Ripreso come detto nell’aprile del 43 presso una Farm
(fattoria) di naturalizzati italiani,
venne internato ad Hay,
considerato il più sicuro dei campi. I particolari della cattura di Simoni si fanno
risalire ad una telefonata “anonima” di padre Modotti,
attivato più dalle sue (di Simoni) avventure galanti che dalla
effettiva volontà di collaborare con le autorità. Procuratisi gli
strumenti necessari, Simoni se ne andò anche da Hay e fu di nuovo
uccel di bosco per 3 mesi.
Colonel
Edgardo Simoni beside the Murrumbidgee River in 1974 IL RACCONTO PROSEGUE…Modotti was said to have informed the police after hearing rumours about Simoni's immoral adventures with some of the local women. But did Modotti know Simoni? Did he know of Simoni's whereabouts while he was on the run?. There is an interesting sequel to Simoni’s escape. Apparently the Military Board of Inquiry couldn’t believe that he had managed to squeeze through the tiny cell window. However, a slightly built officer demonstrated that it was possible. The officer was William McMahon, a future Prime Minister of Australia. In 1974 Colonel Simoni made a sentimental journey back to Hay to visit the site of his incarceration and to try to re-trace his escape route. Unfortunately conditions in the Riverina in 1974 were dramatically different from conditions during his escape. He was unable to re-trace his journey because of the high river, reedy swamps and unbearable mosquitoes. C’è un seguito interessante al racconto della fuga di Simoni. Il comando militare non ritenne che Simoni fosse sgusciato fra le sbarre. Solo un ufficiale riuscì a dimostrare questo, era William McMahon, futuro Primo Ministro d’Australia. Nel 1974 Simoni fece una rimpatriata per visitare il luogo della sua carcerazione e tentare di ripercorrere la sua strada di fuga. Sfortunatamente le condizioni del fiume Murrumbidgee River erano drammaticamente diverse dalle condizioni d’allora. Le inondazioni, la portata del fiume, le zanzare (e forse l’età) resero insopportabile il cammino. |
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Si racconta che a Tatura, Victoria, dove erano concentrati 18.000 italiani - who languished in this country during the early 1941s....the guards at Italian POW camps - including the one at Murchison, about 26 km down the road - were not noted for their diligence- la disciplina non fosse molto formale. In un caso, oltre a quello di Simoni la guardia era talmente ubriaca che i prigionieri italiani dovettero guidare il camion al rientro fino al campo. |
Il War Memorial oltre alle foto di prigionia detiene le due collezioni dei giornali manoscritti e illustrati dai prigionieri italiani, La Patria stampato tra il 1941 e il 1943, 102 numeri nei campi di Hammond nella Western Australia e di Myrtleford nel Victoria, e La tradotta del prigioniero, tra il 1941 e 1942, 20 numeri nel campo di Murchison (Victoria). Il War Memorial custodisce pure importanti, carteggi sui prigionieri di guerra e sugli internati civili italiani durante la seconda guerra mondiale. |
NUOVA ZELANDA |
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L'entrata in guerra dell’Italia ha comportato anche qui misure di sicurezza che coinvolgevano però i pochi italiani che ci vivevano e che ci vivono ancor oggi. Nel giugno del 1940 tribunali speciali vennero chiamati a giudicare della pericolosità di tutte le comunità dell’Asse presenti in Nuova Zelanda. Poiché le emigrazioni italiane avevano riguardato in special modo popolazioni costiere di pescatori, (vedi il caso degli Eoliani presenti già da 40 anni) , la maggior parte di loro, già integrati, era dispersa in villaggi e in piccole comunità. La parte più consistente delle emigrazioni in questi luoghi era costituita da anglosassoni e tedeschi. Anche qui, già dal 1927, era arrivata la dottrina fascista, che non aveva poi avuto un gran seguito, nonostante ci fossero nelle stesse isole fazioni di fascisti inglesi e indigeni isolani che mal tolleravano la corona. Nel 1941 vennero trasferiti sull’isola di Somes 86 uomini di cui 25 Italiani civili. Donne e bambini non furono internati, benché poi problemi si presentassero per la loro esistenza. Il trattamento dei prigionieri viene portato ad esempio, citando gli italiani che mangiano spaghetti e pesce pescato da loro. I reclusi al mattino provvedono alle pulizie generali e personali e alle coltivazioni di ortaggi. Il resto del tempo veniva speso liberamente, in sale di ricreazione con tennis coperto, ping pong, biblioteche, corsi di lingua. Una parte della struttura era riservata all’artigianato, arte in cui gli italiani non li batte nessuno. Per il resto non ci furono lamentele. Ai prigionieri era reso disponibile tabacco, cioccolata, latte condensato, biscotti. Una birra al giorno era permessa e una bottiglia di vino alla settimana. | |
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Molti australiani e neozelandesi furono catturati nell’estate del 42 e inviati in Italia, dove la loro condizione non fu delle migliori dal punto di vista alimentare. La situazione migliorò quando vennero distaccati nelle campagne. Con la caduta del regime molti di questi scapparono trovando rifugio sempre presso le comunità agricole montane. Il rischio a cui andava incontro questa gente ospitale resterà sempre come un ricordo indelebile nella loro vita. Cosi racconta dei primi giorni di prigionia un superstite, Mr C J Quartermaine, del campo 73 di Fossoli di Carpi. In seguito questo campo diventerà campo di transito per lo sterminio degli Ebrei. |
http://www.slsa.sa.gov.au/murray/content/didYouKnow/internment.htm il caso Fantin |
“I was captured by the Germans on 22nd June (1942) and after a stay at Tmini in North Africa I left Benghazi at the end of July. I got to PG73 (Carpi) in August 1943 and what a shock! The camp at that time was just earth, all we had was a ground sheet for cover. The latrine trench had just been dug and there was only one water tap. There was no food and after a week we could not stand up, we would just collapse. I think at this time the Red Cross took a hand in things and a hut was built for a lazaret for medical attention; the main huts came later. We were given injections for something but no-one seemed to know what for. We were supposed to have three, but after the second jab we were in such a state with abscesses on our legs and arms. It was a terrible sight, when they erupted all we had was a bit of rag or an old newspaper to clean ourselves. The third injection found its way into the latrine trench with the help of a New Zealand medic, otherwise we would have expired. There was still no proper rations, but we were given a spoonful of crude bitter olive oil for a fat ration and when our teeth began to fall out we were given rock salt to suck. Non potendo noi gestire tali masse (relativo) di prigionieri li affidavamo poi ai tedeschi. |