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LA MECCANIZZAZIONE AGRICOLA |
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E L'ARATURA E TREBBIATURA DI STATO NEL 1917 |
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200 anni di progresso agricolo - trattori ed altre macchine |
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Prigionieri contadini - Una storia italiana - I Bubba e Pavesi Tolotti - John Deere, l’uomo dell’aratro - Artiglieria e motorizzazione nella Grande Guerra - Cattedra Ambulante d'Agricoltura | |||
. Questo capitolo, nato per soddisfare una lacuna su alcuni mezzi meccanici a disposizione del Regio Esercito nel Grande Conflitto, si è sviluppato fino a comprendere per contiguità lo stato della tecnologia in agricoltura fra il 1730 e il 1920, in particolare sugli ultimi 30 anni di questa data. Molte delle notizie sono state filtrate dagli appassionati e collezionisti di macchine agricole, che saltuariamente frequento. E' risultato invece assai difficile trovare in Italia (e nella mia biblioteca) appoggi tecnici specifici per cui molte delle informazioni vengono da siti esteri. Ciò ha permesso anche di classificare le macchine alleate entrate in servizio in Italia e in parte "congedate dal servizio militare" al momento della vittoria (e anche prima)). Alcune macchine per l'impossibilità di impiego in terreni difficili, come il carso o le alpi (e versatili invece civilmente) o per l'inadeguatezza motoristica militare totale o per la viabilità, vengono già assegnate ai lavori agricoli a partire dal 17 (sia nel periodo estivo che in quello autunnale). Ricordo che la guerra in alta montagna fu la prima ed ultima esperienza di questo genere: gli stranieri non ci credevano finché non la vedevano. Se qualcuno rilevasse errori e mancanze è pregato di segnalarle. Il capitolo per evidenti motivi è ancora in fase di acquisizione di ulteriori dati e memorie. |
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segnaliamo questi link interni al sito
per un argomento (guerra in montagna) che abbiamo già trattato
http://digilander.libero.it/trombealvento/indicecuriosi/mazzolicapannamilano.htm
http://digilander.libero.it/trombealvento/indicecuriosi/barzini.htm - http://digilander.libero.it/freetime1836/libri/libri47.htm |
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aratura arcaica a traino umano http://www.youtube.com/watch?v=fRQu-5KLRB0 |
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Poteva anche finire così (immagine a sx con l'uomo animale) come era cominciata, ai primordi del passaggio dall'uomo raccoglitore a quello coltivatore. Il lavoro in agricoltura era stato per secoli (fino al '700-XVIII secolo), solo ed esclusivamente manuale con l'energia fornita da buoi o cavalli (quando fattibile, possibile e disponibile) e con strumenti e attrezzi che scalfivano appena il terreno e poco influivano sulla resa dei raccolti. Bisognerà aspettare la rivoluzione francese (o le sue premesse) per aprire il mondo alle nuove idee, alla sperimentazione della nuova classe sociale formatasi, la borghesia. E' un Francese anzi due, Diderot e D'Alembert, che ci lasciano testimonianza nella loro "Encyclopèdie" (o Dizionario ragionato delle scienze, delle arti e dei mestieri edito a partire dal 1751 avversato dalla chiesa e compendio di arti ed esperienze fino a quel tempo (vedi sotto)) delle innovazioni in agricoltura, dell'aratro e della seminatrice. Bisogna anche dire che molti dei disegni (modelli) dell'Encyclopedie dovranno aspettare anni (come le stampe delle edizioni) per avere pratica diffusione. Non esisteva internet, non era come oggi che una invenzione o una scoperta si brucia in 6 mesi. La diffidenza, lo scetticismo e l'ignoranza della gente facevano il resto dopo la censura. L'aratro s'era comunque imposto grazie anche al nuovo collare per i cavalli che agiva sulle "spalle" e non sui polmoni (ben sopportato) come le cinghie. Ma tutto questo era stato largamente facilitato dalla rivoluzione industriale inglese che aveva preso l'abbrivio con l'attività mineraria e la fusione (carbone e ferro). Ciò aveva permesso di costruire macchine sempre più perfezionate e robuste. L'alternativa negli angoli sperduti o inaccessibili alle macchine restava, per la trebbiatura, il calpestio animale (a sx e sotto) o battitura con verga (due bastoni di diametro e lunghezza differenti,uniti per due capi da un giunto di cuoio: il bastone col diametro maggiore veniva impugnato con entrambe le mani;imprimendo ad esso una forte rotazione si faceva battere il bastone più piccolo sulle spighe come nella foto più sotto a sx.). Le foto testimoniano di anni "recenti" !!! non di preistoria. |
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si stima che nei 42 mesi del conflitto il numero degli addetti in agricoltura sia passato da 4,8 a 2,2 milioni. Il numero degli occupati era comunque più alto per l'impiego in famiglia (e non) di mano d'opera minorile così come uno spazio continuavano ad averlo, anche se marginale, i "vecchi" inabili | L'ARATURA DI STATO - GRANDE GUERRA 1917 | ||
Gazzetta Ufficiale
21/3/1917
n.67
intervento ... Accenna alle necessità attuali della mano d'opera, ed insiste sull'urgenza di studiare se non sia possibile impiegare nei lavori agricoli quelle migliaia di soldati della milizia territoriale, che sono sparsi in quasi tutti i comuni agricoli d'Italia. (Interruzione dell’onorevole ministro dell'agricoltura)... intervento ....Insiste anch'egli sulla necessità di intensificare maggiormente la semina delle terre a grano per evitare che l'Italia debba incontrarsi in crisi troppo gravi: Comprende le necessità della guerra e comprende come non debba attenuarsi in modo alcuno l'efficienza del nostro esercito, ma ritiene che non si debba dimenticare i bisogni urgenti di mano d'opera che ha l'agricoltura... Sollecita la diffusione delle macchine agricole ed esprime l'augurio che le nostre industrie si dedichino alla fabbricazione delle macchine agrarie. Raccomanda in particolar modo l'introduzione della aratura meccanica mediante trattori, e dà lode al ministro per averne assicurato un rilevante numero alla nostra agricoltura… Dai 58 milioni di q.li di frumento del 1913 saremmo passati nel '17 a 38 ad un prezzo di mercato superiore del 50% (dopo raddoppiò)
TREBBIATURA DI STATO
Durante il periodo bellico i ministeri della Agricoltura e quello delle Armi e Guerra concessero anche altre speciali agevolazioni per assicurare i raccolti che servivano al paese e al fronte dopo quasi due anni di guerra. Si stabiliva infatti che in caso di necessità sarebbero stati concessi macchinari e militari (non idonei alle fatiche di guerra) per conduzione (anche) delle mietitrici e trebbiatrici dove mancassero gli operatori e le macchine fossero inutilizzate. La domanda doveva essere presentata alla più vicina stazione dell’arma dei Carabinieri per il tramite del sindaco su richiesta dei proprietari delle macchine (stiamo parlando quindi di soldati specializzati chiamati alle armi in qualsiasi incarico e forse anche morti da sostituire con inesperti !?). Anche a questo dilemma si pose mano con un veloce corso di addestramento. I comandi militari misero quindi a disposizione i soldati della Mil.Territoriale inidonei al fronte fornendo loro una “licenza” per sostituire i richiamati. I gruppi formati comprendevano 30 uomini e 10 macchine in genere. |
Ritorneremo sulla meccanizzazione in agricoltura dopo lo sviluppo di questa notizia appartenente alle minori del conflitto, perfettamente sconosciuta, ma non meno importante per gli sviluppi che avrà in seguito sulla economia italiana. L'esigenza di un supporto dello Stato nelle principali operazioni sui campi si era fatta ben presto strada dopo un anno di guerra trascorso senza risultati apprezzabili e con nessuna prospettiva di vedere la parola fine a breve. Dalle campagne erano infatti spariti gli uomini in età di lavoro e tutto il peso era caduto sulle spalle di minori (sotto i 18 anni: ricordiamo che la popolazione italiana superava di poco i 36 milioni), di donne e di "vecchi" ultraquarantenni. Ma non era solo questo il problema. I prezzi in generale salivano, non si trovavano più concimi (le fabbriche venivano convertite in esplosivi) e in aggiunta il prodotto agricolo veniva requisito a prezzi politici mentre sul mercato internazionale i prezzi raddoppiavano. Trascorse anche il secondo inverno di guerra e il malcontento saliva nel paese, sempre più alla fame, e saliva principalmente nelle fabbriche. Il nemico aveva puntato, nella primavera/estate del 1916, direttamente alla fertile pianura padana in grado di soddisfare anche la sua di fame ma aveva fallito. La rivoluzione russa del marzo del '17 aveva innescato scioperi in fabbrica (il più famoso quello di Torino dell'agosto '17 quando una delegazione dei Soviet venne in visita) con gli operai sottoposti a codice militare, che scendono in piazza sotto i morsi della fame. 50 i morti secondo alcune fonti, di più secondo altre, oltre a centinaia di feriti. L'inverno, il terzo, si avvicinava e se si voleva agire in fretta bisognava bruciare i tempi burocratici anche perché d'ora in poi si "vivrà" di tessera (carta Annonaria) per quanto concerne grano, farina di grano, pane, granoturco, farina di granoturco, riso, segala e orzo e comunque quanto li contiene (in seguito si aggiungeranno anche altri articoli come il formaggio). Una anomalia del razionamento era che i prigionieri sottoposti al lavoro avevano diritto a una razione alimentare minima prevista per il soldato italiano al fronte, che in quel momento una certezza l'aveva (anche se le razioni variavano a seconda delle disponibilità all'import) ..... Il 3 maggio 1916 parte una circolare del Comando del Corpo d’Armata di Bologna avente per oggetto la regolamentazione di questo delicato problema che viene così esplicitato:“Nella assegnazione dei militari delle terze categorie delle classi anziane questo comando ha cercato di tenere presente, ... le esigenze della vita sociale, tenuto conto trattasi di uomini cui per la loro età fanno capo interessi famigliari e sociali talvolta assai gravi "Nel particolare, in base a tali criteri, si dispose: Per la classe 1881 che, dopo la formazione delle centurie (operaie), i militari rimanenti venissero assegnati ai battaglioni M.T. (Milizia Territoriale) stanziati nel territorio del Distretto di reclutamento(stiamo parlando di uomini già oltre i 35 anni). Per la classe 1880 che si seguisse di massima l’identico sistema. Solo che, per esigenze d’ordine pubblico, si provvide a che tali assegnazioni di persone del luogo non superassero del 25% la forza dei battaglioni. Per la classe 1879, di prossima leva, non sarà possibile seguire lo stesso criterio, in quanto i battaglioni hanno già raggiunto la massima percentuale del 25% sopraindicata, che si ritiene non opportuno superare per motivi disciplinari e in vista di eventuali impieghi della truppa in servizi che la pongano a contatto con le popolazioni civili (ordine pubblico, repressione). La assegnazione avrà luogo, quindi, con criteri meramente militari, secondo il bisogno dei vari reparti. Sarà però possibile prendere in esame solo casi veramente importanti” http://certosa.cineca.it/chiostro/Blob.php?ID=8968 Oltre alla soluzione predetta ce n'era un'altra, praticata dalla fine del 1916 e che consisteva nell'utilizzo di prigionieri (vedi sotto)
Gazzetta Ufficiale 22/8/1917
n.198 |
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In Italia all'inizio del conflitto i prigionieri non furono adibiti a lavori all'interno del paese; come avvertiva una circolare della Commissione dei prigionieri di guerra del 30 dicembre 1915, mentre erano ammessi i lavori all'interno degli alloggiamenti, «si deve invece completamente per ora escludere ogni altro lavoro di carattere esterno sia per conto dello Stato o di altre pubbliche amministrazioni, che per conto di privati, e ciò in base al concetto sancito dal R. Ministero dell'Interno che non si debbano impiegare prigionieri di guerra in concorrenza col libero lavoro» (Intendenza generale dell'Esercito, Ufficio del Capo di Stato Maggiore, Raccolta delle disposizioni di carattere permanente relative ai prigionieri di guerra e ai disertori dal nemico, 1916, in FIl, r. 114, c. 3). Successivamente però anche in Italia fu accolto il principio, previsto dall'art. 6 del Regolamento dell'Aja, per cui i prigionieri potevano venire impiegati in lavori esterni. I prigionieri furono inviati a lavorare nelle campagne, nelle miniere, nella costruzione delle strade e nelle industrie, sicché - come ebbe a notare con soddisfazione il generale Spingardi più di 100.000 prigionieri furono adibiti ai vari lavori: «Tranne gli inabili e i malati nessuno è rimasto ozioso» |
MANO D'OPERA DEI
PRIGIONIERI DI GUERRA "AUSTRIACI" NELLE CAMPAGNE ITALIANE Nel 1916, in seguito alle pressanti richieste da parte dei proprietari terrieri di manodopera a prezzi di favore per i lavori di mietitura, fu concesso l'uso dei prigionieri in agricoltura, «soltanto come espediente di carattere generale» - come recitava una circolare del ministero dell'Agricoltura, Industria e Commercio del 25 maggio 1916; furono infatti impiegati nelle varie regioni (escluso il Nord Est) 32 compagnie, ciascuna composta di 200 prigionieri. Ciò che si temeva era «la reazione da parte dei lavoratori liberi» (comunicazione del ministro dell'Agricoltura al presidente del Consiglio, 27 maggio 1916, e circolare, in PC, 19+6.9). In seguito l'uso dei prigionieri in agricoltura e nelle industrie divenne usuale (comunicazione di Spingardi a Orlando, del 16 dicembre I9I7, in PC, 19+6.123). Solo dopo Caporetto fu deciso il ritiro dei prigionieri adibiti a lavori agricoli nella provincia di Milano e in tutto il territorio della Valle Padana; come scriveva il ministro della Guerra a Orlando, la ragione del ritiro - che non doveva essere riferita pubblicamente - stava «nel pericolo che può derivare dalla loro eventuale propaganda tra le popolazioni» (16 novembre 1917, ibid.). La disposizione sollevò le proteste degli agrari (tra cui lo stesso Frascara, proprietario di una tenuta vicino ad Alessandria: cfr. la comunicazione di Spingardi a Orlando, citata, e lettera del comizio agrario del circondario di Crema, 21 novembre 1917, ibid.); i prigionieri rimasero tuttavia a lavorare nelle altre zone e nelle industrie (ministro della Guerra a Orlando, 18 agosto 1918, in PC, 19+6.158). Le condizioni di lavoro furono varie: dure nelle fabbriche, dove i prigionieri condivisero le regole di organizzazione del lavoro e di disciplina degli operai militarizzati, tra le più rigide d'Europa; essi poterono però usufruire di un discreto trattamento alimentare, dal momento che - per ottenere la massima resa fu deciso di non diminuire le razioni di cibo - come era stato proposto per rappresaglia contro il trattamento degli italiani prigionieri in Austria: cosicché la razione dei prigionieri in fabbrica (600 grammi di pane al giorno) era di gran lunga superiore a quella degli operai (comunicazioni del commissario generale agli Approvvigionamenti e Consumi al ministro della Guerra, II ottobre 1917, e ministro della Guerra al presidente del Consiglio, 19 ottobre 1917, in PC, 19-4-6.121). Non favorevole fu di norma il trattamento dei prigionieri nelle campagne, anche perché si voleva evitare che i lavoratori indigeni protestassero circa l'impiego di tale manodopera. Vi furono casi in cui i prigionieri si rifiutarono di compiere certi lavori, date le condizioni in cui dovevano essere svolti, venendo per ciò duramente condannati dai tribunali militari: così 17 soldati tedeschi che si erano rifiutati di eseguire lavori di zappa tura in una tenuta delle Puglie, furono condannati dal tribunale di Bari a 20 anni di reclusione (ne dà notizia Sonnino, che considera la condanna eccessivamente severa, a Orlando, il 14 aprile 1918: in PC, 19-4.6.139). I prigionieri vennero anche impiegati nelle zone malariche, abbandonate in estate dalla popolazione, con la conseguente morte di un numero non esiguo di essi - 366 - per malaria. Giovanna Procacci note pag 224/5 “Soldati e prigionieri italiani nella Grande Guerra” |
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I proprietari delle grandi aziende agricole (imposta fondiaria di almeno 1000 lire) che avevano appunto un parco macchine proprie potevano far rientrare operatori, fattori o vice fattori con la normale licenza agricola di 15 giorni. La distribuzione avvenne nelle principali province a natura pianeggiante compreso quelle del sud indicativamente corrispondenti al Tavoliere delle Puglie , alla piana di Catania, del Campidano, dell’Agro pontino e del Napoletano. I trattori importati per motivi bellici che non risultavano impiegati o impiegabili perché inidonei per le asperità del fronte o sotto impiegati per tregua bellica venivano messi a disposizione per integrare il patrimonio meccanico nazionale. Si trattava di ca. 7000 macchine (anche importate)divise fra vari produttori stranieri e italiani. Gli stranieri che prevalevano erano Case, Mogul, Titan, Chalmers, Moline etc…Nel 1915 in Italia c’erano 270 trattori che salirono a 700 con l’aratura e trebbiatura di Stato. A fine guerra salirono a 2.000 con la cessione di molte macchine ai privati.
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LA MECCANIZZAZIONE AGRICOLA DEL XIX
SECOLO Un passo indietro per vedere come il progresso nella meccanica si sposa con le esigenze di guerra. Abbiamo già parlato della meccanizzazione agricola nell’Inghilterra del XIX secolo che “impressionò” Cavour per le soluzioni adottate in coltivazioni e processi molto semplici (o lavorazioni di prodotti agricoli nella raccolta o post raccolta http://digilander.libero.it/fiammecremisi/carneade/cavour1.htm ) cosi come in piccole macchine o attrezzi (come nella foto sotto della Encyclopedie (aratro) ben s’intende a traino animale). Si trattava in genere di operazioni semplici o ripetitive con soluzioni tecniche in cui il fattore umano era intellettualmente relativo. L’Inghilterra dell’epoca scontava una bassa densità demografica e per contro aveva un veloce inurbamento legato allo sviluppo industriale connesso col carbone (miniere) e col ferro. E’ chiaro che i campi venivano sempre più spesso abbandonati a se stessi e si trasformavano in brughiere inospitali buone per film dell'Horror o romanzi di Sherlock Holmes. Il Regno Unito (o Inghilterra) aveva altri "tesori" nazionali nella marineria, nel commercio (da e per le proprie colonie) e nel farsi sempre gli affari degli altri a suon di cannonate. L’Inghilterra non era comunque l’Italia per diversità agricole e per scenari geografici. Un problema maggiore si presentava per gli Stati Uniti e la Germania in forte espansione sia politica che industriale (e demografica). Gli Usa convergeranno in una unica nazione dopo la guerra civile di secessione del 1861 come la Germania in un Impero unificato anche militarmente dopo il 1866. La grande migrazione (o emigrazione) italiana era appena agli inizi e la meta, oltre la Francia, gli Stati Uniti ed in misura minore la Germania che poteva trarre forza lavoro proprio semplificando alcune lavorazioni manuali e ripetitive di massa come la raccolta di patate, barbabietole o altre graminacee e foraggi locali (cotone negli Usa). Le pianure sia tedesche che americane erano il terreno adatto per sperimentare. Con l’avvento del motore a scoppio (fine secolo) e dopo il successo ormai secolare di quello a vapore era tempo di dedicare all’agricoltura un'attenzione non dissimile da quella di altri settori come i trasporti, la chimica, la trasformazione, la conservazione etc.. Manuale Hoepli del 1920 intitolato "Motoaratura e Motocoltura" autore G. L. Cerchiari: "L'aratura meccanica ci è venuta anch'essa dall'esempio germanico. Il grande sviluppo meccanico industriale di quel paese impose all'agricoltura il progresso delle scienze (stiamo parlando di prima della guerra) e ne ottenne risultati assai proficui, così che Giulio Fenoglio poteva scrivere nella Rivista delle Società Commerciali "la produzione agraria in Germania grazie alle tenaci applicazioni degli insegnamenti di G. Liebig * (1803/1873) di Schulz-Lupitz, di Rimpau, grazie all'impiego colossale dei concimi chimici ed al larghissimo uso di macchine agrarie, non ostante l’attrazione della popolazione agraria verso le officine urbane sollecitata dagli alti salari, ha fatto progressi veramente stupefacenti". Nel 1912 la Germania raggiunse infatti il massimo della produzione unitaria mondiale col 22,6% di grano, [...]. Gli Stati Uniti il 10,7% di grano e il Canada il 13,7%....*in Italia lo chiamavamo Giusto Liebig e non Justus. |
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Le macchine in
agricoltura - costi in lire per
ha 1935) a mano-trazione animale-meccanica sfalcio prati 36 30 25 mietitura 140 60 35 aratura - 160 40 Cfr. P. Albertario, Le macchine in agricoltura , cit. , pp. 3 7- 3 8.
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da "La città
operosa" di Giorgio Bigatti
.... Fra le nuove macchine le più comuni erano quelle per la trebbiatura
dei cereali, caratterizzate da una grande varietà di modelli, che
andavano da semplici congegni manuali ai grandi trebbiatoi a vapore di
importazione. Le trebbiatrici furono dapprima impiegate in pianura,
nella grande coltura, diffondendosi poi anche sulle colline. Ai
progressi della trebbiatura meccanizzata, presente, sia pure con forti
divari regionali, in ogni parte della penisola, si accompagnò una
crescente diffusione di macchine per la lavorazione del terreno, la
semina, il raccolto. Verso la metà degli anni settanta (1870)
avevano fatto la loro comparsa anche i primi attrezzi meccanici per la
mietitura, la falciatura e la raccolta del fieno. Ciò che incoraggiava
l'adozione delle macchine, malgrado i costi assai elevati e il rilevante
consumo di combustibile
36,
erano l'evidente economia dì manodopera e soprattutto il risparmio di
tempo e la maggior perfezione e uniformità del lavoro.
Accanto
a queste macchine erano in commercio una serie di congegni meccanici per
le lavorazioni secondarie e la conservazione dei prodotti: ventilatori,
sgranatoi per mais, trincia foraggi, frangitoi, torchi in ferro da olio
e da vino ecc...
Compare spesso nella
classificazione di questi piccoli gruppi di Milizia Territoriale
impegnati nei lavori agricoli
(cl.1878 o più vecchia ma
avrebbe dovuto essere
più giovane di 4 anni, 1882) la parola Centuria di cui si farà largo uso
qualche anno dopo nel ventennio con La MVSN. La centuria era un gruppo
solitamente formato da 80/100 uomini sia che fossero operai militarizzati
(manodopera per la costruzione di strade e gallerie in montagna
col Genio Zappatori) sia che fossero uomini distaccati ai lavori
agricoli presumibilmente tratti sempre dai treni di Artiglieria o del
Genio di M.T. In due anni (1916/1917) figuravano in servizio oltre
100.000 “soldati” con un turnover alto, sia per le loro licenze agricole
che per quelle dei militarizzati da sostituire (i “borghesi”
militarizzati reclutati per lavori tra il 15/18 furono 650.000). Le
centurie composte da riformati, in genere della 3a categoria, a fine
1916 erano già 699 per salire dopo pochi mesi a 821. Non facevano parte
del Genio, ma erano comandate da ufficiali del Genio tratti dalla
Milizia Territoriale, possibilmente ingegneri.
Notizie tratte da:
L'Esercito italiano nella Grande Guerra, vol III° (1916) tomo I°.
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Gli operai e i soldati "militarizzati" in ambito civile o ausiliario al link ........... | |||
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D'Alambert - Diderot due immagini tratte dalla Encyclopèdie 1750 ca. |
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Una storia americana - John
Deere, l’uomo dell’aratro The first John Deere Plow There was much to be done for young John Deere - shoeing horses and oxen, and repairing the plows and other equipment for the pioneer farmers. From them he learned of the serious problem they encountered in trying to farm the fertile soil of the Midwest. The cast-iron plows they had brought with them from the East were designed for the light, sandy New England soil. The rich Midwestern soil clung to the plow bottoms and every few steps it was necessary to scrape the soil from the plow. Plowing was a slow and laborious task. Many pioneers were discouraged and were considering moving on, or heading back east. John Deere studied the problem and became convinced that a plow with a highly polished and properly shaped moldboard and share ought to scour itself as it turned the furrow slice. He fashioned such a plow in 1837, using the steel from a broken saw blade, and successfully tested it on the farm of Lewis Crandall near Grand Detour. Deere's steel plow proved to be the answer pioneer farmers needed for successful farming in what was then "the West." But his contribution to the growth of American agriculture far exceeded just the development of a successful steel plow. It was the practice of that day for blacksmiths to build tools on order for customers. But John Deere went into the business of manufacturing plows before he had orders for them. He would produce a supply of plows and then take them to the country to be sold - an entirely new approach to manufacturing and selling in those early pioneer days, and one that quickly spread the word of John Deere's "self-polishers." trad. Il fabbro Deere ferrava cavalli per le carovane che andavano verso l’Ovest, che non era ancora il West americano che conosciamo dai film (l'acquisto della Lousiana dai francesi aveva aperto le pianure centrali raggiungibili dal Mississippi), e forniva tutto quello che i pionieri si portavano nelle terre alluvionali e grasse mai dissodate della nuova frontiera. Gli aratri di ghisa (questa era la lega) ben presto si impastavano con la terra del Midwest tanto che bisognava fermarsi e pulirli. Molti, di fronte a queste avversità, pensarono anche di rifare il viaggio all’indietro. Uscì allora l’idea di un aratro d’acciaio lucido e inclinato (Sagomato mod. 1837). Con l'acciaio di una lama di spada spezzata, si disse, Deere aveva modellato il primo versoio provato con successo in una azienda di Lewis Crandall vicino a Grand Detour. Ma Deere ci aggiunse qualcosa che i suoi predecessori avevano solo intuito. Non era più il fabbro che produceva su ordinazione, ora aveva una organizzazione commerciale che distribuiva il suo prodotto ai quattro angoli degli Stati Uniti, faceva Merchandising. Non era il contadino che valutava l'utilità, era l'industriale che proponeva la novità. |
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sopra un autocarro a vapore di inizio secolo e sotto un altro impiegato in un cantiere militare (con ribaltabile ?) |
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Foto Zoboli Mario Roteglia |
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The earliest model of the Steel Mule was first built by Joliet Oil Tractor Co. in 1913, but not named until 1914. This first Steel Mule was a 13-30 machine made to pull three 14-inch plows using a 4-inch-by-6-inch bore and stroke engine. It weighed 5,600 pounds and cost $ 985. It was a semi-crawler with a 15-inch rear crawler track during a time when few crawlers were being built. Holt, Best, Bullock Creeping Grip and Yuba were earlier. Aveva un gemello in Italia il Mangiapan Rasura
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Gazzetta Ufficiale 28/8/1917 n.203 |
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Il motore Diesel, brevettato nel 1892, è una tipologia
di motore a combustione interna, alimentato a gasolio, che sfrutta il
principio della compressione per ottenere l'accensione del combustibile
e non l'azione di scariche elettriche da parte delle candele
d'accensione tipiche invece di un motore ad accensione comandata. Il
Diesel non ebbe successo su terra o almeno non mobile. Venne usato su
navi (1903), sottomarini (1904) e in installazioni fisse come i
generatori. Dieci anni dopo lo vediamo anche su treni e su aerei
(sperimentale).
UNA STORIA ITALIANA ***Ugo Pavesi e Giulio Tolotti, ingegneri diventarono amici e insieme trovarono l'appoggio finanziario del Banco Natali di Roma che consentì, nel 1910, la nascita della società anonima «La Moto Aratrice Brevetti Ingg. Pavesi & Tolotti». Gli impianti di produzione furono posti nella campagna della Gamboloita, un rione situato nella parte sud della metropoli lombarda da dove diparte la via Emilia, al civico 18 di via Oglio. Il capitale sociale fu fissato in 500.000 lire (azioni da 500 lire cd), a maggioranza della Banca. Tolotti divenne il Direttore tecnico della azienda, mentre Pavesi mantenne per sé la funzione di progettista e di amministratore delegato. D'ora in poi, le vicende personali di Pavesi coincideranno con quelle delle sue macchine e le difficoltà incontrate dalle seconde nell'affermarsi, saranno anche le difficoltà affrontate dal loro progettista. La guerra, con le sue ingenti possibilità rappresentate dalle commesse militari, talvolta ottenute a prezzi fuori mercato, fu l'occasione per una definitiva affermazione della Moto Aratrice. L'impegno di collaborazione con l'esercito andò tuttavia anche oltre il dovere, se si considera che egli impiegò ogni risorsa dell'intelletto per perfezionare le macchine e sviluppare nuovi progetti che potessero essere utili ai soldati in guerra. Il compenso di tale impegno fu una lettera di encomio inviata dal Maresciallo Diaz all'ing. Pavesi al termine delle ostilità.
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L'America di inizio secolo (XX) aveva già un’aratura meccanica diffusa e produceva trattrici agricole capaci di un buon lavoro anche se, come vedremo, con caratteristiche di impiego poco flessibili (rigide) Le locomobili. Quando l'Europa si trovò nel mezzo d'una guerra, dalla quale non sapeva come uscirne, attinse dall'America sia in termini di soldi che di aiuti concreti come le trattrici “agricole” (circa 6.600 non regalate ben s'intende) che si diffusero e imposero in Inghilterra, Francia e da noi. Precisiamo che il trattore americano era già noto in Italia e l’ "aiuto", non disinteressato, oltre che nei campi serviva per i traini al fronte delle artiglierie pesanti. Per i campi, con la perdita di milioni di uomini, era andato perduto anche il contributo delle licenze agricole stagionali ridotte al lumicino. I trattori Americani, costosi e di larghe bevute (se a petrolio: il consumo medio di una locomobile era di 17 kg/h di combustibile, in pratica facevano un km con un litro), si prestavano al panorama produttivo agricolo italiano con molti se e ma (non ultimo il prezzo del petrolio oltre che quello della macchina). In pratica erano limitati alla sola pianura padana. Conoscevamo già le trebbiatrici che funzionavano con l’energia trasmessa da macchine a vapore per mezzo di cinghie, ma con queste, se non erano anche "locomobili", non era possibile arare. Modelli americani omologati erano ad esempio il Mogul 8-16 ** (1915), il CASE 12-25 http://www.youtube.com/watch?v=17PtiHfBBGQ , il TITAN 10-20 (1915). Il trattore a livello industriale è nato nel 1892 negli Usa e negli anni successivi ma restava un modello molto pesante ed essendo ruotato aveva il problema di non essere adatto a tutti i terreni (paludi e climi invernali). Altri costruttori progettarono vari modelli come il tedesco Heinrich Lanz, l’inglese John Fowler che progettò una aratura a vapore che consisteva in due locomobili situate una di fronte all’altra ai bordi del campo, le quali azionavano un cavo che trascinava da un lato all’altro lato del campo un aratro basculante (vedi sotto a dx). Per l’Italia bisognerà aspettare ancora anni per vedere macchine così. L’agricoltura allora impiegava il 58 % della popolazione attiva contro il 23% dell’industria. L’uso di masse lavoratrici non aveva però influenza sulle rese per ettaro anzi …come già detto risparmio di tempo e maggior perfezione e uniformità del lavoro Il trattore, ed in genere le macchine operatrici come nella costruzione delle strade, trovavano impiego nei lavori di sterro, canalizzazioni (Panama), bonifica e movimento terra o roccia in genere. Il 1911 fu l’anno che vide il lancio degli ultimi mezzi di altissima cilindrata, mostri da oltre 30 litri di cilindrata e da soli 30-60 Hp. come erano il Case e il Rumely Oil Pull. I risultati non furono infatti quelli sperati a livello commerciale. Questo fu anche l’anno dell’Expo di Torino, 50° dalla Unità d’Italia, alla quale parteciparono con propri padiglioni 30 paesi con un panorama di attività industriali che riguardavano ben 26 settori, dalla elettricità alla navigazione aerea, ai trasporti, alle “macchine agrarie”. Erano presenti le Altezze Reali, il Presidente del Consiglio, Giovanni Giolitti, ministri, senatori, deputati, e il Corpo Diplomatico.
Scrisse la rivista del Tourig Club dell’8 agosto 1912 che il Ministero Italiano d’Agricoltura, Industria e Commercio aveva indetto un concorso per “macchine agricole mosse da motore meccanico i cui risultati ottenuti non furono all’altezza; concorrenti pochi, macchine, per ragioni diverse, deficienti. Il concorso fu reiterato due anni dopo (1913 l’organizzazione era della Federazione italiana dei Consorzi Agrari, Cattedra Ambulante di agricoltura di Parma e dello stesso Touring ). Si svolse nell’estate del 1913 nelle campagne di Colorno di Parma e la categoria dei motori a combustione interna vide la partecipazione di sei costruttori, due americani, International Harvester con un Mogul “27-45” e Emerson Brantingham con un “Big Four 30-60”, uno tedesco, Stock, un aratro automobile da 42-50 Hp, e tre italiani, Baroncelli, Otav e la “Moto-aratrice Ingg. Pavesi, Tolotti &C (a sx).”***più sotto i modelli. Uno con soldati a bordo. Era nato il trattore italiano a cui si affiancherà ben presto la Landini col suo Testacalda.
** Il Mogul 8/16 fu tra i primi trattori utilizzati in Italia per la lavorazione dei terreni. Costruito dalla McCormick (Int. Harvester Co.) di Chicago, fu parte dei numerosi esemplari acquistati dall'Italia negli Usa per l'impiego bellico (trattrici artiglieria) ma scarsamente utilizzati a causa della morfologia delle zone di montane di guerra..... e come dice sotto il sito Club Alfa Romeo Sport inadatto comunque |
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Fordson, era la sigla con la quale Henry Ford si presentava nel 1916 al pubblico contadino con la "Henry Ford & Son". La "Ford" automobili non era tutta sua ma per il figlio Edsel questo settore poteva per ora bastare. Cinque anni dopo potranno fondersi perché avevano acquisito la totalità delle azioni del settore auto e potevano fare ciò che volevano del proprio nome e dei trattori.. Quando si fonderanno conserveranno però il logo. Il primo prototipo conosciuto come il Modello B era dell’agosto del 1915. L’anno dopo il primo trattore per tutti i contadini (piccolo ma forte). Filosofia di Ford: macchine semplici, per tutti e a buon prezzo !!!. come per le auto Model T. Per la prima volta tutti i contadini americani avrebbero avuto un trattore. Il trattore Fordson entrò in produzione di massa nel 1917 e debuttò in vendita l'8 ottobre al prezzo di 750 $ (5 anni dopo li vendeva a 395 dollari !!!). |
Anche l’Ing. Nicola Romeo si dimostra interessato a questo settore industriale ottenendo la licenza per la costruzione in Italia del trattore Titan (International Harvester Co). che viene chiamato. >>> |
“ROMEO”: il mezzo viene reclamizzato con gli aggettivi “Robusto, Operoso, Maneggevole, Economico, Ottimo”. Il trattore Titan era giunto in Italia in migliaia di esemplari come aiuto militare da parte degli Stati Uniti, ma l’Esercito, che lo denominò Mogul, non lo utilizzò mai in operazioni belliche in quanto inadatto ai terreni operativi carsici o di montagna. Aveva una potenza di 12/25 HP, dotato di un motore a 2 cilindri orizzontali alimentato a kerosene, con 2 marce avanti e retromarcia. Le industrie Romeo ne produssero alcune centinaia di esemplari tra il 1918 ed il 1921, accompagnandolo alla produzione di altre attrezzature agricole, ma con risultati di vendita assolutamente scadenti. Va infatti detto che il trattore era già da anni tecnicamente superato negli Usa. |
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Aveva qualche difettino ma era rimediabile. Ne
uscirono già a metà ottobre del 1917 6.000 pezzi. La produzione annuale
raggiunse le 36.781 unità nel 1921 e le 99.101 nel 1926. Nel 1925, Ford
aveva costruito il suo 500.000 ° trattore Fordson. Ford è stata l'unica
azienda a vendere auto, camion e trattori
contemporaneamente.
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UNA STORIA ITALIANA - 2 - I BUBBA
stralci e spunti DA
http://web.tiscali.it/trattoredepoca/bubba.htm Pietro Bubba segue la trebbiatura nel periodo estivo e negli altri, per non emigrare (stagionali), si ingegna a produrre piccoli attrezzi agricoli con l'aiuto dei tre figli maschi: Federico, Salvatore e Artemio. Dagli attrezzi agricoli alle macchine agricole il passo è breve e la prima macchina Bubba, una sgusciatrice che serve all'attività della famiglia, vede la luce nel 1896, come prototipo, e 2 anni ormai collaudata è in produzione. Nei primi anni del '900 la "gamma" si allarga alle trebbiatrici per frumento e alle sfogliatrici per granturco: un paio di dozzine di pezzi all'anno che danno lavoro continuativo a una ventina di fabbri e falegnami. Alle trebbie si aggiungono poi le presse, le sgranatrici, etc…tutte macchine robuste messe un gradino sopra le altre per affidabilità e in generale per immagine tecnologica. La guerra porta lutti ma anche nuove mentalità e costumi. Lo stato che ha comprato oltre 6000 trattori ne cede ca 2.000 ai contadini o proprietari (che se lo possono permettere). La fame è tanta e le rese sono basse con le vecchie tecniche: le storie che arrivano da oltre oceano sono strabilianti. L’Italia non è ancora uscita dal vapore e sulle grandi macchine operatrici come sui trattori durante la guerra ha fatto da spettatore nonostante grossi nomi si siano già messi in luce come Landini, Pavesi Tolotti e Fiat. A questi si aggiunge ora il vecchio Bubba che ha 70 anni, poca scuola tanta esperienza. Per gli anni che vengono servono anche i cervelli e l’amministrazione e l’uomo più indicato sembra essere un nipote, Ulisse iscritto al Regio Politecnico di Torino. Nel 1919 viene costituita la società in accomandita semplice Pietro Bubba & C. e ai figli vengono assegnati ruoli specifici: Federico (46 anni) va al progetto delle trebbie, Salvatore (41 anni) si occupa della organizzazione interna mentre Artemio (33 anni) è responsabile del settore legnami e falegnameria. Ulisse entra ma come dipendente e si occupa di motori. Nel 1924 alcuni motori testacalda vengono montati su chassis Case di recupero: nascono i modelli UTC3, UTC4 e UTC5. Due anni dopo, nel 1926, vede la luce il modello UTB3 dove U sta per Ulisse, T sta per trattore e 3 per numero di progetto, B per dire che il carro è Bubba, il C per il Case. Si tratta di un monocilindrico a testacalda di 11.756 cm3 di cilindrata (240 mm di alesaggio, per 260 di corsa), potenza 25-30 CV a 500 giri/min. Nel 1927 muore il patriarca ed è subito la grande crisi del ‘29. L’azienda passa di proprietà a un grande delle costruzioni Lodigiani e diventa “Bubba Società Anonima” da cui sono esclusi proprio i Bubba, non subito ma nel giro di pochi anni. Ulisse Bubba, il più prolifico progettista di trattori testacalda del mondo, era nato a Santimento il 3 marzo del 1899, primogenito di Federico, a sua volta primogenito di Pietro Bubba. |
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Il
ragazzino cresce bene: curioso, vivace e ama sporcarsi le mani in
officina. Ama i motori ed è una passione che non abbandonerà più per
tutta la vita. Riesce bene nello studio ma già mostra di essere una
"testa calda": si arruola volontario nei bersaglieri e non ha ancora
compiuto i 19 anni quando viene decorato con medaglia d'argento al
valore militare. Prima che la guerra finisca trova l'opportunità di
passare in aeronautica dove ritrova i suoi motori. Finita la parentesi
militare viene rimandato al Regio Politecnico di Torino dove consegue la
laurea in ingegneria meccanica nel 1924.
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ARTIGLIERIA E MOTORIZZAZIONE NELLA GRANDE GUERRA | |||
Gli inglesi in Italia nella primavera del 1917:
giunsero a Venezia da Folkestone (GB), 10 batterie di cannoni
(10X4 =40)
di medio !! calibro (6 inch. pollici) del “Royal Garrison artillery Regiment ” (RGA
) destinate al fronte dell’Isonzo (foto a dx). Durante la rotta di
Caporetto le batterie furono protagoniste di una rocambolesca fuga, per
strade e ponti (Latisana) che portano al Piave, assieme alle
migliaia di soldati della III Armata. Una volta attraversato il
Tagliamento, i nostri trattori non solo continuarono a rompersi ogni
poche centinaia di yarde (un metro scarso), ma svilupparono anche la
sgradevole abitudine di prendere fuoco. Due volte spegnemmo il fuoco con
estintori e prodotti chimici, e una terza volta con del fango.
Decisi di non rischiarne una quarta, e così ci trascinammo a lato
della strada e ci fermammo. Mandai avanti il sergente maggiore della
batteria su un autocarro diretto a Portogruaro con una nota per il
maggiore chiedendo che un altro trattore venissi mandato indietro, e
mandai anche Avoglia al Q.G. italiano più vicino per vedere se lì fosse
stato possibile procurarci un trattore. Eravamo fermi in cima ad una
collina sulla strada che correva lungo l'argine ovest del fiume. Eravamo
letteralmente al di là del fiume, ma avremmo potuto essere uno splendido
bersaglio per l'artiglieria nemica che avanzava sul lato più lontano.
da cimeetrincee
Se il giudizio sull'impiego bellico è negativo (e lo dimostrava la messa in batteria nei primi mesi di guerra di grosse bocche da fuoco in Cadore che andò tanto per le lunghe da permettere agli austriaci di rafforzarsi e ricevere rinforzi) agli inglesi non andava meglio "capacità di lavorare per almeno 8 ore nelle condizioni più gravose".!!! secondo la direttiva emanata per il concorso predetto nel 1923- |
Nicola Pignato Artiglieria e motorizzazione
- "L'adozione del traino
meccanico da parte delle batterie pesanti campali e di quelle pesanti,
diffusosi nei principali eserciti nell'ultimo periodo della guerra aveva
messo in evidenza la necessità di disporre di trattori che fossero non
soltanto atti a procedere con notevoli velocità su strada, ma anche tali
da assicurare a queste artiglierie piena manovrabilità in terreno
accidentato. Una volta scartato, per le artiglierie pesanti campali, la
soluzione dell'autotrasporto (gli esperimenti condotti con autocarri
Fiat/Spa per l'autotrasporto di pezzi da 105/28 e 149/12, nel 1919, non
avevano dato buoni risultati,la Direzione Superiore delle Costruzioni di
Artiglieria, su direttive dello S.M Centrale, procedette ad esperienze
di traino di due pezzi da 149 pesanti campali.
Nel
corso delle prove, condotte il 26 gennaio 1923 alla presenza delle
massime autorità militari, i complessi erano trainati da autocarri 18
B.L., uno provvisto di cingoli della Società Cingoli di Milano, l'altro
di cingoli dell'Arsenale di Torino. L'esito fu discreto, ma si riconobbe
che il problema esigeva ulteriori approfondimenti, dato che nessuno dei
due cingoli permetteva l'impiego su terreni molto cedevoli, pena
l'affondamento dell'automezzo. La soluzione, affermavano gli esperti,
doveva essere interlocutoria, dato che il problema non poteva che essere
risolto dall'adozione di « rimorchiatori leggeri ad aderenza totale» e
non già dagli autocarri del tempo di guerra, non studiati come trattori
e inadatti a muoversi fuori dalle strade."
Ritorniamo alle prime esperienze di meccanizzazione del Regio Esercito servendoci di un testo uscito anni fa "Ruote in divisa" di Brizio Pignacca - Nada Ed. Molte delle affermazioni nel testo sono inesatte e riporto quindi solo per opportuno dovere quelle che mi sembrano più corrette. Il primo grande mezzo assegnato in sperimentazione dovrebbe essere la locomobile Aveling & Porter (1871 40 Cv e 5,5 tonn di peso. Omologata per il traino di 6 tonn.arrivava anche a 15. Anni dopo si aggiunse come già detto un De Dion & Bouton, da 30 Cv. , macchina che allora andava per la maggiore. Il problema del traino si pose con l'innalzamento dei calibri delle artiglierie che pur smontate costituivano un complesso e un peso non indifferente. Premesso che erano necessarie buone strade, era possibile il traino mediante locomotori tradizionali (lentissimi) o a benzina con prestazioni senz'altro migliori. Si fa riferimento nel libro a Cantono, capitano del Genio e a Douhet tecnico prestato a varie branche militari (l'ultima l'aviazione). L'Idea, tutt'ora attuale, generare elettricità con la motrice da usare con motori elettrici su ogni singolo carro a rimorchio. segue sotto "Ruote in divisa"... |
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The Holt 75 model gasoline-powered Caterpillar tractor |
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Fiat | http://xoomer.virgilio.it/rfbzu/index.htm una collezione |
sotto Fiat 30B |
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produzione di trattrici
Modelli Fiat 20A Fiat 20B |
Caratteristiche trattrici ruotate d'artiglieria Tipo 20B - anno costr. 1915 Cilindrata 10.618 cmc Hp 50 - 2100 g/m Vel. 11,7 km/h Consumo 1. l/km peso Kg. 8.000 portata 40 q.li rimorchio 25 tonn. pendenza 15% |
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The Pavesi-Tolotti Type B was an Italian artillery tractor built in 1916. It was an improved version of the Tipo A. The Tipo B had a 25 bhp, 4-cilinder engine, producing a speed of 10 km/h.
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Deposito centrale automobilistico -
Secondo stabilimento in Bologna AVVISO D'ASTA per la vendita di autoveicoli fuori uso, in deroga alle norme fissate dalla legge e regolamento sulla contabilità generale dello Stato. Si RENDE NOTO che il giorno 25 luglio 1919, alle ore 10, in Bologna, presso il secondo stabilimento del DEPOSITO Auto, si procederá alla vendita per asta pubblica mediante offerte segrete, dei seguenti materiali dichiarati esuberanti ai bisogni dell'esercito. 701 Trattrice Pavesi-Tolotti tipo A, targa 515, HP 50. Prezzo di base L. 8500. 702 Trattrice Pavesi-Tolotti tipo A, targa 736, HP 50. Prezzo di base L. 5000. 703. Trattrice Pavesi-Tolotti tipo A, targa 550, HP 50. Prezzo di base L. 9500. ... 715. Trattrice Pavesi-Tolotti tipo B, targa 1027, HP 50. Prezzo di base L. 11 000. 7f6. Trattrice Pavesi-Tolotti tipo B, targa 937, HP 50. Prezzo di base L. 10 500. 717. Trattrice Pavesi-Tolotti tipo B, targa 1126, HP 50. Prezzo di base L. 10.500. 718. Trattrice Pavesi-Tololti tipo B, targa 1023, HP 50. Prezzo di base L. 11.500. ..... 722. Trattrice Flat tipo 20, targa 96, HP 70. Prezzo di base L. 11.500, senza cingoli. 723. Trattrice Fiat tipo 20, targa 433, HP 70. Prezzo di base L. 13,000, senza cingoli. 724. Trattrice Fiat tipo 20, targa 189, HP 70. Prezzo di base L. 14.000 senza cingoli. ... 727. Trattrice Fiat tipo 30, targa 7, hP 70. Prezzo di base L. 9000 senza cingoli. 728. Trattrice Fiat tipo 30, targa x, HP 70. Prezzo di base L. 10.000. senza cingoli. 729. Trattrice Clayton. targa 320, HP 120. Prezzo di base L. 12.000. 730. Trattrice Ruston, targa 482. HP 120. Prezzo di base L. 9.500. 731. Trattrice Daimler, targa 410, HP 120. Prezzo di base L. 17.000. 732. Trattrice Soller, targa 5528, HP 24-35, Prezzo di base L. 5500, senza ruote posteriori. 733. Trattrice Soller, targa 554'2, HP 21-35. Prezzo di base L. 7000. 734. Trattrice Soller, targa 895 HP 24-35. Prezzo di base L. 7500, 735. Trattrice Soller, targa 867, HP 24-35. Prezzo di base L. 7000 Le macchine sono tutte sprovviste di magnete e carburatore. I materiali da vendere sono visibili in Bologna, ex stabilimento Italo-Svizzero, fuori porta Lame, dalle ore 8 alle 11 (e dalle 15 alle 17 di tutti i giorni nella sottodescritta località alla quale i concorrenti potranno accedere liberamente. |
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Nel 1928 in Italia erano in funzione poco più di 18.000 trattori, per il 72 % al Nord. Nel 1940, il numero di trattori era più che raddoppiato, con un parco di oltre 42.000 macchine. Fu col dopoguerra che si ebbe la meccanizzazione di massa. Nel 1960 i trattori erano già diventati 300.000, per raddoppiarsi nei dieci ani successivi (600 mila) e raddoppiarsi ancora nei successivi 20 anni, con 1.200.000 unità (1990).
Le macchine del nemico (sopra) |
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Joseph Foljambe's was
perhaps the first factory where a plough was produced on a large scale.
It was not until the 1760s that the plough (o plow) came into general use outside
of Rotherham. James Small, a wagon-maker from Doncaster set up his own
factory in Scotland and improved upon the plough. There was a spirit of
improvement between plough makers and it seems that in the 1770s all
ploughs were made by local craftsmen, some tried to improve the
efficiency under local conditions, i.e. the condition of the soil etc.
The ‘Rotherham Plow,’ as Foljambe’s implement became known, was imported
into America by George Washington and successfully used until worn out
beyond repair. However, it was James Small, born 1730/1793 Scottish
inventor at Upsetlington, Berwickshire in the Scottish ‘Borders’, who
scientifically developed the plow. Influenced by the Rotherham model, he
focused on the wooden moldboard profile that he latter produced in cast
iron. The principles of plow making that Small incorporated into his
‘Swing’ or ‘Chain Plough’ by 1765 were key to the ‘Agricultural
Revolution’ and by the 1780s |
Art. l. - Il funzionamento delle motoaratrici* è affidato a reparti militari dipendenti dal Ministero delle Armi e Munizioni. Il detto Ministero provvede, con norme interne, alla costituzione dei vari organi per il migliore funzionamento del servizio.(*Pavesi e Tolotti a 3 ruote (mod. 1911) |
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L'ARATRO - STORIA L’aratura non è una invenzione moderna. La necessità di smuovere il terreno ed utilizzare le sostanze scese in profondità si era posta da subito. Il terreno di solito indurisce e fa una crosta a meno che non sia sabbioso. L’aratura spingeva poi in profondità l’infestante e i residui culturali (es: la stoppIa del grano). Il problema era l’attrezzo (di legno) e la forza per smuoverlo. L’Aratura “moderna”, si dice inventata dai Germani, utilizzava un aratro con rostro rompi terreno e vomere per smuovere la terra. Si aggiunsero poi le ruote per una migliore guida e il traino animale che al nord era costituito in genere da cavalli. In alternativa la seminagione si effettuava per buco o foro depositando un seme. Nel 11° secolo venne anche la nuova bardatura che permetteva al cavallo (o mulo) di sviluppare una forza maggiore e far più lavoro o lavoro più profondo indossando un giogo formato da un collare rigido e imbottito, che poggiava sulle spalle dell'animale e gli permetteva di sfruttare tutta la sua forza e tutto il suo peso per tirare. Le precedenti cinghie impedivano al cavallo di respirare. Probabilmente proveniente dall'Asia, fra il IX e il X secolo, il collare permise ai contadini di utilizzare i cavalli al posto dei buoi con parecchi vantaggi: maggiore rapidità, maggiore efficienza e minori costi per il mantenimento degli animali. Grazie anche a questa nuova aratura, si cominciò a coltivare lunghe strisce di terreno secondo il sistema della rotazione delle colture. Per la prima volta il sistema di rotazione a tre campi è testimoniata nel 765 d.c., dove si cita una semina primaverile di cereali dopo quella invernale (di altro vegetale). Si andò avanti cosi con aratri di legno (duro) per molto tempo fino al ‘700 quando il corpo dell’aratro e le intere parti non furono più costruite in legno, coi difetti che ne derivavano ma in ferro. L’industria mineraria inglese (e la fonditura dei metalli) aveva già sviluppato una buona performance. Si attribuisce a un certo John (o James) Small 1730/1793 il primo aratro in ferro detto scozzese con un accenno al Versoio (la parte incurvata che rovescia il terreno). Questi piccoli inventori (e fabbri) facevano riferimento a un mercato locale e ai terreni locali (composizione e struttura) che nel caso della Scozia deve essere unico. Si ritrova anche in rete un’altra persona a cui viene attribuito il primato del versoio (ferro meglio Ghisa) ed è un certo Joseph Foljambe di Rotherham nel centro dell’Inghilterra che lo costruisce l’anno di nascita di Small. |
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Il traino è spesso composto da muli, non siamo nel secolo XIX siamo già in era trattori ma il cavallo si vede dà più sicurezza, si rompe raramente, non ha manutenzione particolare e va a biada.
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Parti dell'aratro .....
4. Coltro o coltello La storia sembrava finire qui con la
rivoluzione americana del 1776 ma non era così. Gli aratri introdotti si vide non
erano poi così adatti ai vari tipi di terreno americano. La terra grassa
si attaccava al versoio e alle altre parti e la pulizia doveva essere
frequente. A John Deere quindi, 100 anni dopo Foljambe, viene
accreditato il versoio in acciaio, lucido liscio, definito in alcuni
testi autopulente. |
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Per saperne di più | |||
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<<<Locomobile sul piazzale della riseria Melotti di Isola della Scala
http://www.youtube.com/watch?v=vLNQyJqcE5I&feature=endscreen&NR=1
record aratura rumely Al terzo anno di guerra (o quarto per gli altri) il cavallo (ma non solo) sarà ancora una volta indispensabile per molti lavori: requisito per usi bellici dal lavoro civile lo sarà ancor di più con la seconda guerra mondiale ritenuta dai più totalmente tecnologica. Al cavallo (qui ritratto in miniera) in pace e in guerra l'uomo doveva ben più di un monumento |
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Rileviamo dal sito Regio Esercito. | |||
Per il traino dell'Obice Skoda da 380 effettuato con un
CZug durante la guerra, il materiale veniva così scomposto -
Vettura obice, peso kg. 28300 - Vettura obice e culla, peso kg. 30800
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segue da "Ruote in divisa" di Brizio Pignacca ..…carri-
rimorchio
che
disponessero
ciascuno
dell'
energia
necessaria
al
movimento.
Nella
proposta
del
capitano
Douhet
il
veicolo
chiamato
a
fungere
da
motrice
avrebbe
dovuto
portare
apparecchiature
generatrici
di
energia
elettrica,
composte
da
un
motore
a carburazione
e da
una
dinamo.
Attraverso
cavi
flessibili,
l'energia
avrebbe
dovuto
venire
trasmessa
ai
carri-rimorchio;
su
ogni
carro
era
previsto
un conduttore.
Il
sistema
non
ebbe
peraltro
attuazione
pratica.
Nel
treno
stradale
progettato
dal
capitano
Cantono
il
principio
era
analogo,
tuttavia
ogni
rimorchio
era provvisto
di
motori
elettrici
applicati
alle ruote
anteriori,
mentre
le
ruote
posteriori
erano
dotate
di
freni
a
nastro.
Questo
originale
complesso
fu
realizzato
interamente
e presentato
in
prototipo
alla Esposizione
Internazionale
di
Milano
del
1906,
dove
suscitò
una
indiscutibile
curiosità,
non
disgiunta
però
da
qualche
dubbio
circa
l'effettiva
utilità
pratica,
per
cui
il progetto
non andò
oltre
la
fase
sperimentale. Il
concetto
fu
poi ripreso
in termini
di maggiore
razionalità
e con
successo dai tecnici della Austro Daimler (...Il
CZug a rimorchio unico di 100 cv
di potenza era un vero e proprio mostro in grado di trainare qualsiasi cosa, compreso
gli obici da 38 e 42 cm scomposti. Il pezzo termina con l'affermazione
che l'Italia non chiese mezzi agli Alleati. Lo sviluppo del Benzo
Elettrico non viene da nessuno fato risalire al Cantono. Rileviamo in
rete il riscontro della partecipazione all'Expo Milanese, che si svolge
dal 28 aprile al 7 giugno 1906, con 162 espositori, di cui 50
fabbricanti d'auto (17 italiani e 33 stranieri) e sotto il profilo di
Porsche*
difficilmente comparabile con quello di Cantono.
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Le macchine del nemico (sopra) |
Trebbiatura di Stato: Foto Mario Zoboli dalla mostra del gruppo Cosmo Pro Loco Roteglia |
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Altri piccoli produttori di macchine e mezzi agricoli comparvero sul mercato, come la Orsi che dalle Locomobili e trebbiatrici poi passò alla linea completa di trattori ( fino al 1964). Successe cosi anche con l’industria automobilistica e con tante altre rimaste in vita mercè le commesse militari. Una di queste è quella di Alberto Baroncelli , meccanico di Ravenna che alla vigilia della guerra realizza due modelli di un trattore a 3 ruote con le due posteriori motrici, uno da 35 cv ed uno da 15 cv, entrambi con motore a benzina di derivazione automobilistica. La Baroncelli di Ravenna iniziò la sua attività nel 1913 ma sparirà nel dopoguerra. Ne abbiamo una ulteriore conferma da una ricerca della città di Castelmaggiore nel Bolognese …. Principe Astorre Hercolani di Alfonso..nella domanda d'esonero dal servizio militare ...fu consigliere comunale, azionista della locale Cassa di Risparmio e presidente. Sono note le sue “simpatie” per l’industria delle macchine agricole alla quale offre con facilità appoggio morale e finanziario; può ricordarsi l’ appoggio avuto ad Alberto Baroncelli di Ravenna inventore e costruttore di un trattore automobile che sostituisce in modo pratico e completo la forza animale nelle operazioni agricole ed in ispecie nell’'aratura richiedente in pari tempo un concorso minimo di mano d’ opera, apparecchio genialissimo a cui tutti i competenti hanno predetto un avvenire; apparecchio la cui utilità pel Paese fu attestata dallo stesso On. Ministro dell’ Agricoltura S.E. Rainieri. dal sito http://certosa.cineca.it/chiostro/Blob.php?ID=8968 |
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CATTEDRA AMBULANTE (Itinerante) DI AGRICOLTURA | |||
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- Propugnata in varia forma da agronomi e in diversi congressi a cominciare da quello di Pisa del 1839, e poi voluto da molti agricoltori desiderosi d'istruirsi maggiormente e di applicare nelle proprie aziende i nuovi portati della scienza agricola. Dopo vari tentativi di breve durata fatti per iniziativa delle amministrazioni provinciali di Ascoli-Piceno nel 1863 con Nicolò Melloni, di Rovigo nel 1870 col Landriani e nel 1888 con Piergentino Doni, e di altre provincie, l'idea della cattedra ambulante agraria si concretò e prese forma meglio definita nel 1890 appunto a Rovigo con Tito Poggi, che fu chiamato a dirigerla. A quella di Rovigo fecero seguito immediatamente quelle di Parma (1892), Bologna (1893), Mantova e Novara (1895), Cremona e Rimini (1896); Aquila, Cuneo, Macerata, Piacenza, Venezia e Vicenza, ecc. (1897), tutte dovute a iniziativa privata e di enti locali. In Basilicata, Calabria e Sardegna, invece, furono potute istituire solamente per iniziatìva governativa e precisamente con le leggi speciali rispettivamente del 1904, del 1906 e del 1907. Il compito delle cattedre ambulanti veniva indicato nel "diffondere l'istruzione tecnica fra gli agricoltori, di promuovere in ogni ramo il progresso in agricoltura e disimpegnare i servizi agrari loro attribuiti". Si rivolgevano tanto ai proprietari terrieri, quanto alle masse dei contadini.di Enrico Fileni |