S.TEN. (Cr) VINCENZO FORMICA

DEIR EL MURRA - L'ULTIMA BATTAGLIA DI EL ALAMEIN

"Generale*, conosco la vostra divisione meglio di voi, l’Ariete ha ancora delle possibilità, fermerà gli inglesi per un giorno ”e così fu.*Rommel  al Gen. Arena, che gli faceva presente la nostra scarsa efficienza di mezzi .…   

1 parte

Passi e brani riassunti dal diario di Guerra del S.Ten. (cr) Vincenzo Formica, addetto al carreggio del IX° Battaglione Carri, 132° Reggimento Divisione Corazzata ARIETE messi a disposizione dal figlio Fabrizio

Il S.Ten. Carrista Vincenzo Formica viene chiamato la mattina del 2 novembre a presidiare (con un plotone carri della 2^ Cp. che come Cp. di rincalzo del IX era l'unica che potesse distogliere forze dal proprio schieramento), il comando Divisione. A sera, improvvisamente, la situazione precipita: tutta la Divisione "Ariete" ha l'ordine di partire per trovarsi il mattino seguente nella zona di Deir-el-Murra. Era arrivata finalmente l’ora decisiva ?. Nella notte però cadde ben presto ogni illusione. Una luna velata dalla foschia illuminava debolmente quella massa enorme di uomini e di mezzi in continua lotta con la sabbia e con i guasti meccanici, nel freddo gelido della notte africana.
“ Io, avvolto in una coperta da campo nella mia camionetta, cercavo di indovinare quale eccezionale avvenimento avesse aggravato così repentinamente la situazione. Era chiaro che molti dei reparti che incrociavamo ripiegavano dalla linea e forse la vecchia "Ariete" era l'unica Divisione che stava muovendo per espletare un preciso compito verso la linea di combattimento. Le mie erano tutte supposizioni, nell'aria c'era però qualche cosa di inafferrabile che mi faceva sentire che le mie nere supposizioni erano quelle giuste. Ad un dato momento mi oltrepassò un autocarro carico di soldati e colsi le parole di un bersagliere: - mi sembra una ritirata generale-. Per tutto il giorno 3 fu un continuo passaggio di autocolonne, di pezzi di artiglieria, di carri armati italiani e tedeschi, mentre sul nostro cielo di tanto in tanto volteggiavano squadriglie di aerei britannici. Dalla stazione di radio Cairo apprendemmo che gli inglesi la notte precedente avevano distrutto il nostro battaglione a Passo del Carro !! I carristi più anziani mi dissero che gli inglesi non erano nuovi a questo genere di propaganda. Nel tardo pomeriggio non avendo ricevuto alcuna comunicazione dal comando del IX, partii con la 1100 per collegarmi col battaglione ma questo si era allontanato durante il giorno e non mi fu possibile rintracciarlo”.
 

Allievo ufficiale alla scuola truppe corazzate di Civitavecchia nel 1941

il diario delle giornate precedenti e al link -  http://digilander.libero.it/lacorsainfinita/guerra2/42/libiaaddio00.htm  
Piantina http://digilander.libero.it/trombealvento/guerra2/varie/deirelmurra.htm  

I testi in bianco sono riassunti o originali del Diario del S.Ten. Formica

4 novembre 1942 - Combattimento di Deir El Murra  

ROMMEL L'ANGOSCIA DELLA VOLPE

La mattina del 4 novembre mi attraversavano la via, diretti verso la litoranea, automezzi di ogni genere della divisione Trieste, della Bologna e di altre unità, carichi di uomini pigiati nei cassoni, gran parte senza armamento e con i volti pallidi ed abbattuti.... E la mia divisione, la vecchia gloriosa Ariete? Eccola laggiù... immobile, fronte al nemico, mentre tutti attorno si ritiravano. Le mie macchine mi seguirono fino alla linea carri. Al carro-comando del IX° btg. trovai il Ten. Col. Mazzara che mi disse concitatamente più volte di allontanarmi perché avevo condotto il carreggio a duemila metri dal nemico. Lo vedevo per la prima volta con i miei occhi; mi era di fronte ad un paio di chilometri di distanza, un numero impressionante di carri ancora silenzioso ed immobile come una belva infida, seminascosto nella nebbia del mattino. Dovessi campare cent’anni non potrò mai dimenticare quegli istanti. Il carreggio prese posizione vicino alla famosa quota 33. Il 132° Reggimento era schierato fronte ad est con i tre battaglioni in linea da sinistra a destra XIII°, X° e IX°. L'ordine era di resistere ad oltranza sul posto: il classico ordine delle situazioni disperate. Un rombo lacerò l'aria rompendo bruscamente il silenzio assoluto che quasi sempre precede la battaglia, guardai l'orologio: erano esattamente le 8,30. L'artiglieria inglese aveva cominciato a bombardare lo schieramento dell'Ariete. L'artiglieria italo-tedesca taceva. La reazione nemica al nostro X° che attaccava, M13 contro Sherman, vale a dire pezzi da 47 contro pezzi da 75 fu violenta; il X° dopo aver subito sensibili perdite fu costretto a ripiegare, schierandosi sulla destra del IX°, che venne così a trovarsi al centro dello schieramento. Da quel momento comunque l’Ariete si sarebbe limitata a sbarrare il passo agli inglesi facendo fuoco da ferma, cosa che riuscì a fare egregiamente per l'intera giornata. Alle 10,30, considerando il forte consumo di carburante (i nostri carri erano sempre con i motori accesi per ogni evenienza) e di munizioni, decisi di mia iniziativa di recarmi a rifornire il battaglione in linea. Scelsi così due autocarri Lancia Ro da condurre con me. La mia macchina era stata perfettamente inquadrata dalle salve inglesi. Ma ormai bisognava condurre a termine l'operazione: il rifornimento si era rivelato particolarmente necessario e bisognava effettuarlo ad ogni costo. L'artiglieria inglese ci aveva ormai perfettamente inquadrato, le granate ci seguivano passo passo ad ogni nostro spostamento, scoppiando a poche decine di metri tra nugoli di “farfalle”. Per non esporre entrambe le macchine decisi di continuare il rifornimento con un solo autocarro e la 1100. Bisognava affrettarsi: con tutto quel ben di Dio che avevamo con noi, tra granate perforanti e carburante, c'era da volare direttamente in .... Paradiso...segue sotto  

Alle 11 del 2 novembre Rommel alzò il ricevitore per le comunicazioni del suo SM: «Masse di carri armati nemici hanno operato uno sfondamento circa due chilometri a sud-ovest di quota 28 e stanno avanzando verso ovest ». Rommel commentava: « sono in linea 400 carri nemici ed altri 4/500 carri sono pronti a sferrare l’attacco in corrispondenza delle cinte minate». Fece un pasto frettoloso, pollo in fricassea con riso, quindi tornò di corsa al fronte per assistere a quella che sarebbe stata per lui l’ultima grande battaglia di mezzi corazzati nel deserto. Più e più volte, Rommel si recò su un’altura per osservare l’andamento della battaglia. Tra le 12 e le 13, Rommel poté contare sette incursioni condotte da formazioni serrate di bombardieri contro le residue difese a ovest di quota 28. Nonostante inalberasse i simboli della Croce Rossa, il grande ospedale da campo 288 venne colpito e tre ufficiali rimasero uccisi. Rommel diede ordine che ufficiali britannici prigionieri vi fossero trasferiti come ostaggi e il  provvedimento venisse diffuso in chiaro via radio. Alle 13.30, il suo reparto di radiointercettazione captò un messaggio nemico da cui risultava l’ordine impartito da Montgomery ai suoi carri di compiere una diversione verso NE e la costa in località EI Gazala, a mezza strada tra El Alamein ed El Daba, in modo da tagliar fuori le forze che si trovassero a nord del punto di sfondamento. Il feldmaresciallo decise seduta stante di attingere alle ultime riserve del settore sud del fronte, ordinando alla divisione corazzata Ariete e al resto della sua artiglieria di spostarsi verso nord, in direzione di Tell el Aqqaqir, che costituiva con ogni evidenza l’obiettivo intermedio di Monty.

   

segue ROMMEL: L'ANGOSCIA DELLA VOLPE

 Rommel pensò di aver visto abbastanza. Aveva deciso di dare il via al ripiegamento quella notte stessa e un’ora dopo lo comunicò al suo S.M.. Verso sera (2/11), inviò un messaggio radio anche al comando supremo nel quale diceva che solo una parte delle formazioni meccanizzate della Panzerarmee sarebbe riuscita a disimpegnarsi e che molto probabilmente una consistente percentuale della fanteria italiana, a causa della mancanza di mezzi, non avrebbe potuto evitare l’annientamento. Rommel diceva di essere perfettamente consapevole dell’importanza strategica della posizione di El Alamein, ma che l’unica speranza di danneggiare il nemico, di fargli pagare caro il terreno conquistato, era  una ritirata rapida su Fuka.  La parola ritirata imminente però non sembrava si menzionasse. Il rapporto provvisorio e imbarazzato inviato da Rommel quel pomeriggio giunse poche ore dopo al comando supremo nella Prussia Orientale. Fu il generale Jodl a darne lettura a Hitler. ... In tale situazione, il graduale annientamento dell’armata deve essere ritenuto inevitabile nonostante l’eroica resistenza e !o spirito senza uguali delle truppe. F.to Feldmaresciallo Rommel. Verso mezzanotte, Hitler in persona chiese se avevano altre notizie da Rommel. Il colonnello che ricevette la comunicazione gli disse che non ve n’erano. « La prego allora di telefonare a Rintelen a Roma  e di informarsi sulla situazione» Un’ora dopo lo stesso colonnello telefonò a Hitler: « Il rapporto giornaliero conclusivo di Rommel è giunto a Roma. Lo stanno decrittando proprio adesso per poi trasmettercelo per filo. In pratica, ripete il contenuto del suo rapporto provvisorio ». Hitler andò a dormire più sollevato. Alle 8.30 del mattino seguente 3 novembre, il feldmaresciallo Keitel si precipitò nel bunker, insistendo per vederlo subito. Ammesso alla sua presenza gli porse, tutto agitato, la copia telex del rapporto di mezzanotte di Rommel: nella conclusione, questi aveva surrettiziamente inserito l’ammissione che le sue unità avevano già cominciato la ritirata. A Hitler prese uno di quei soliti attacchi d’ira. « In questo momento critico, » proclamò con tono melodrammatico il Fuhrer « Rommel si è rivolto a me e alla patria. E noi saremmo dovuti essere per lui una fonte di ispirazione. Se fossi stato svegliato, mi sarei assunto la piena responsabilità, ordinandogli di resistere a ogni costo» e così fece (vedi sotto) Alle 11.05 Jodl telefonò il messaggio di Hitler personalmente all’aiutante di Rintelen a Roma. Alle 11.30 il testo ripartì da Roma in codice enigma  e poco dopo arrivò anche sulla scrivania di Churchill come tutti gli altri. “Hitler ha ordinato alle sue truppe di scegliere tra la vittoria e la morte” il suo commento. Fino a quel momento, Rommel si era sempre fidato di Hitler. Ogni volta che il feldmaresciallo tedesco aveva difeso la necessità dell’audacia, di correre dei rischi se la posta in gioco era alta, Hitler l’aveva appoggiato. Quando aveva ritenuto, nell’inverno precedente, che la Cirenaica avrebbe dovuto essere temporaneamente abbandonata, malgrado le proteste italiane, Hitler l’aveva appoggiato. In passato, aveva avuto conversazioni lunghe e confidenziali con lui su questioni militari e sapeva che Hitler rispettava il suo giudizio, credeva nella sua fedeltà e condivideva in gran parte la sua filosofia militare. Adesso aveva detto a Hitler che, se non si fosse ritirata da una sanguinosa Materialschlacht, la Panzerarmee sarebbe andata incontro alla disfatta più totale e l’Africa sarebbe stata perduta, e lui aveva risposto: «Non bisogna retrocedere di un passo». Rommel interpretò quell’ordine come un drastico rifiuto del suo suggerimento operativo e una condanna a morte per il suo esercito. Rommel trascorse 24 ore di incertezza, ore per le quali in seguito si rimproverò aspramente e per cui, in effetti, lo rimproverò anche Kesselring, che lo andò a trovare il giorno successivo dicendogli che non doveva interpretare alla lettera il messaggio di Hitler !!!. Quella sera, il 3 novembre, camminò a lungo per il deserto, da solo, tormentato, fino a che Westphal, saggiamente, ordinò a un ufficiale dì S.M. di raggiungerlo e fargli compagnia. Rommel si confidò senza remore e restrizioni. Disse che se la Panzerarmee fosse rimasta dove si trovava sarebbe stata completamente annientata nel giro di tre giorni. Hitler, dichiarò francamente, era un pazzo, spinto da nient’altro che ostinazione su una strada che avrebbe portato alla perdita e alla sconfitta totale della Germania.
   

Brani riassunti da David Fraser – Rommel L’ambiguità di un soldato - e David Irving La pista della volpe

“vincere o morire ad El Alamein”

 

 

 

Diario di Cavallero 3 novembre: gl’inglesi sono ormai al limite delle forze, Rommel con gli uomini raccolti e i 250 carri armati !! è nelle migliori condizioni per contrattaccare. La situazione già seria è tesa ora all’estremo limite, ma non è disperata e Rommel potrà risolverla È la sua battaglia: ha benzina e munizioni !!. Il nemico crede di avere esaurito le sue (nostre) riserve e fa l’ultimo sforzo.

<<< Brani di diversi traduttori del seguente messaggio hanno comunque lo stesso tono e senso

Alle 13,30 del 3 arrivò l’ordine di Hitler ”David Irving "La pista della Volpe" Assieme a me, l’intera nazione tedesca assiste alla sua eroica battaglia difensiva in Egitto, con ben riposta fiducia nelle sue qualità di comandante e nel valore delle sue truppe italo-tedesche. Nella sua situazione, non può esserci altro proposito che di tener duro, di non cedere neppure un metro di terreno e di gettare nella mischia ogni cannone e ogni combattente disponibile. Considerevoli rinforzi aerei verranno trasferiti nei prossimi giorni agli ordini del C in C Sud (Kesselring). Il duce e il suo comando faranno anch’essi tutto quanto sta in loro per fornirle i mezzi che le permetteranno di continuare a combattere. Per quanto superiore numericamente, il nemico deve essere certamente al limite delle proprie forze. Non sarebbe la prima volta nella storia che la volontà di potenza trionfa sopra i più forti battaglioni di un avversario. Alle sue truppe lei può dunque indicare un’unica strada: la strada che conduce alla vittoria o alla morte. F.to Adolf Hitler

 

I testi in bianco sono riassunti o originali del Diario del S.Ten. Formica.

   
...segue. Quando il rifornimento ebbe termine diedi l'ordine alle due macchine di rientrare al carreggio celermente, seguendomi molto distanziati. I colpi del nemico, divenuti più rabbiosi e celeri, ci accompagnarono per tutto il ritorno finché raggiungemmo il nostro reparto. Fortunatamente non avevo avuto nessun danno né agli uomini né alle macchine. Ora anche la nostra artiglieria aveva aperto il fuoco. Poco dopo un mio autocarro venne colpito da una cannonata, gli inglesi avevano allungato il tiro e picchiavano proprio sul carreggio, sicché più di una volta fummo costretti a cercare riparo mentre le schegge passavano fischiando e ronzando da tutte le parti. L’osservatorio di artiglieria sulla mia destra venne centrato in pieno fra scoppi assordanti. L'artiglieria avversaria continuò così a tempestarci per un bel po'. Sopravvenuta una breve calma feci recuperare la macchina colpita che venne rimorchiata da un'autobotte in partenza per la nostra base di El Dabà. Altri bombardamenti aerei mi costrinsero a spostare il carreggio a nord di alcune centinaia di metri  

Formica su un L6 c.c 47/32 a PARMA nella primavera del 1942

   

 

Sulla nuova posizione (del carreggio) restai in attesa di ordini dal comando del battaglione. Intanto altri bombardieri britannici sganciarono proprio sulla zona dove eravamo schierati poco prima: avevo avuto buon fiuto. Saranno state le tre del pomeriggio quando vidi venire dalla linea del fuoco, seguito da alcuni soldati, un sottotenente d'artiglieria italiano completamente fuori di sé che gridava a tutti di ritirarsi perché era tutto finito. La situazione sembrava precipitare ma non avevo alcun dato di fatto con sicurezza, d'altra parte dipendevo da un comando perciò non potevo fare altro che attendere ordini, semplicemente. "Verso le 16 arrivarono dal nord alcuni rinforzi tedeschi, mi sentii un po' rincuorato: erano autoblindo seguite da pezzi anticarro e da un carro armato medio. Un sottotenente mi chiese: "Panzer Ariete?". Gli risposi: "Panzer Ariete là"..."Spes ultima dea". Alle 17,20 vidi dirigersi verso di me un M13 carico di uomini polverosi e stanchi, mi mossi anch'io verso il carro ed incontrai così il sottotenente Bosio del mio battaglione, che mi comunicò brevemente che il IX era stato distrutto e con esso tutta l'Ariete si era letteralmente sacrificata, arginando da sola l'irrompente marea avversaria. Mi voltai verso la linea dello schieramento da dove i carri non sarebbero tornati più. Ora cosa fare? Per il momento diedi l'ordine di restare tutti al loro posto.  

"Ma l’Ariete fra gli scoppi e il polverone marcia ordinata, sicura, alla sua ultima battaglia. Brava gente! Saranno stati, penso, poco più di duemila (i carri, pezzi di artiglieria e semoventi, bersaglieri, carreggio). Le macchine, tra autocarri della divisione e del comando del XX, sono alcune centinaia e procedono in colonne parallele ed intervallate. Incrociamo lunghe file di soldati italiani che marciano verso ovest. Anch’essi, come il X CA., hanno avuto ordine di raggiungere il meridiano di Fuka. Sono, e ce n’era di che, visibilmente affaticati. Incontriamo anche, fermi presso alcuni autocarri, un gruppo di bersaglieri superstiti del 12° . Essi ci ragguagliano brevemente sulla battaglia di ieri, con volti segnati, ma fieri"

     
I miei uomini, influenzati dagli avvenimenti che incalzavano, attendevano che ordinassi il ripiegamento ma io avevo un comando ed una responsabilità e dovevo a mia volta attendere gli ordini del T.Col. Mazzara. Finalmente, dopo una mezz'ora di attesa, mentre calava il buio ed attorno a noi passavano i fuggiaschi della battaglia, giunse un motociclista del comando di battaglione assieme al sottotenente Fommei. Il motociclista mi confermò la distruzione del IX e del X e mi riferì da parte del colonnello che io non dovevo più preoccuparmi dei rifornimenti del battaglione, giacché i resti dell’intero 132° Reggimento sarebbero stati riforniti direttamente dal comando "Ariete". Da quel momento il mio compito come comandante del carreggio del IX era terminato. Alle 18,20 circa, visto che nessun altro s'era fatto vivo, e considerando che ogni ulteriore ritardo avrebbe potuto essere fatale per noi, decisi di ripiegare sulla nostra base di El Dabà, gettandomi in pieno deserto con rotta ovest-nord-ovest, lontano dalla litoranea, certamente battuta dall’aviazione nemica. Avevo con me tutte le macchine superstiti del carreggio, due 1100 mimetiche ed un carro armato (quello di Bonetti) che desideravo portarmi dietro sebbene malconcio perché era la nostra unica difesa contro probabili attacchi di camionette inglesi. Io precedevo in 1100 la breve colonna; Il S.Ten. Fommei, seduto al mio fianco, mi dette gli ultimi particolari del combattimento. Il sole era ormai tramontato, l’oscurità aveva invaso repentinamente il deserto e dietro alle nostre spalle si levavano al cielo innumerevoli lingue di fuoco: erano i carri dell’Ariete già inefficienti, che venivano incendiati dagli inglesi che avanzavano. I carri del 132° erano già stati messi fuori combattimento sin dalla ore 14 come tutti testimoniarono più tardi ma i carristi erano rimasti ai loro posti, facendo fuoco di tanto in tanto dalle torrette con i 47 ancora in grado di sparare e questo probabilmente aveva indotto il nemico a pensare che la nostra linea fosse ancora efficiente, ed era rimasto fermo fino a notte, continuando a far fuoco prudentemente da due chilometri di distanza con i suoi pezzi da 75. Il sole era ormai tramontato, l’oscurità aveva invaso repentinamente il deserto e dietro alle nostre spalle si levavano al cielo innumerevoli lingue di fuoco: erano i carri dell’Ariete già inefficienti, che venivano incendiati dagli inglesi che avanzavano. I carri del 132° erano già stati messi fuori combattimento sin dalla ore 14 come tutti testimoniarono più tardi ma i carristi erano rimasti ai loro posti, facendo fuoco di tanto in tanto dalle torrette con i 47 ancora in grado di sparare e questo probabilmente aveva indotto il nemico a pensare che la nostra linea fosse ancora efficiente, ed era rimasto fermo fino a notte, continuando a far fuoco prudentemente da due chilometri di distanza con i suoi pezzi da 75.
I Britannici erano rimasti così bloccati per un intero giorno dalla presenza di quella divisione che per due anni aveva riempito le cronache della guerra del deserto. Certo, non era più il formidabile strumento di guerra guidato da quell'impareggiabile soldato che era il Col. Maretti, i nuovi carri americani in dotazione agli inglesi avevano troppo approfondito il divario di potenza materiale tra carristi italiani ed inglesi declassando ulteriormente i vecchi M13. Eppure gli inglesi con oltre 100 carri Grant e Sherman non avevano osato attaccare poco più di 100 M13. L'Ariete li suggestionava ancora. Dirà più tardi il Feldmaresciallo Rommel che i carristi italiani "in lotta disperata, combatterono con disperato valore".
 

Spaccio nel deserto

 

Il figlio  FABRIZIO, che ci ha fornito anche le immagini, in un recente pellegrinaggio ad El Alamein  a fianco di un M13 a q. 33

In linea su un M 14/41 Egitto estate 1942

     

Al mattino il nemico aveva incassato la sfida superba del X° che era andato all'attacco per accorciare le distanze e poter colpire gli Sherman con i suoi 47, troppo corti per fare fuoco efficace da due chilometri e perforare le pesanti corazze nemiche; aveva assistito poi all'ostinata difesa della linea italiana e l'aveva bombardata tutto il giorno mentre avrebbe potuto aggirarla agevolmente sui fianchi scoperti e travolgerla con un deciso attacco sin dal mattino. Tra la marea di reparti in ritirata era andata serenamente a schierarsi in battaglia, pronta ad un combattimento già segnato prima che fosse incominciato e per tutta la giornata aveva fermato il nemico incalzante e a sera era sulle medesime posizioni del mattino con quasi tutti i carri distrutti, confermando sul campo la fiducia di Rommel. Ho visto personalmente carri attardati nelle retrovie per guasti meccanici, raggiungere isolatamente e decisamente la linea del fuoco in pieno combattimento: frutto della disciplina e della educazione morale del tempo. Così era finita l’Ariete  Vincenzo Formica 

 

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