Scena III

Il faro illumina una donna.

 

(Donna) -- Quante volte ho bussato alla tua porta, ho teso la mano per chiedere un nulla per te, seduto sulla tua poltrona a guardare il mio dramma, il dramma dell'umanità.
Quante volte per le strade, agli incroci hai volto lo sguardo dall'altra parte quasi con disprezzo, leggendo quelle quattro parole scritte su un cartone in cattivo italiano.
Quante volte ti sei chiesto se avevo gli occhi azzurri o neri o castani, se avevo torto o ragione in una assurda guerra che non ti apparteneva e non mi apparteneva.
Quante volte mi hai commiserato, ci hai commiserati, cercando di dimenticare la tua natura di uomo.
Quante volte hai guardato il mio bambino e ti sei chiesto: "anche lui è colpevole?"
(Padre)-- Ha ragione. Preparale qualcosa [rivolto alla moglie] Siediti, mangia qualcosa [rivolto alla donna]
(Donna)-- No... Ormai è troppo tardi, noi siamo ombre, ombre dei vostri rimorsi che invano cercate di non ascoltare.
Siamo ombre, ombre, ombre... [esce]