“E.J.Smith, capitano del Titanic” di Franco Buffarello

 

IL TITANIC PRIMA DEL TITANIC

 

Il “Titanic”, gigante vulnerabile della compagnia britannica “White Star Line”, fu il primo grandioso e lussuoso transatlantico dei tempi moderni (60.000 t di dislocamento).

Grazie all’innovativo espediente tecnico del doppio fondo e dei compartimenti stagni, questo colosso dei mari avrebbe dovuto essere estremamente sicuro: per questo motivo la compagnia non ritenne necessario fornire la nave di un numero di scialuppe di salvataggio adeguato al numero dei passeggeri.

Questo lussuoso palazzo galleggiante affondò miseramente durante il viaggio inaugurale nella notte del 14 aprile 1912, dopo la collisione con un iceberg: 1500 passeggeri persero la vita.

La tragedia colpì profondamente l’opinione pubblica. Per una nave con sistemi di sicurezza all’avanguardia, una simile sciagura era del tutto imprevedibile.

Ma forse “imprevedibile” non è il termine adatto, visto che 14 anni prima, nel 1898, Morgan Robertson, uno scrittore americano di racconti marinari, pubblicò un romanzo intitolato “Futility” in cui viene descritta nei dettagli la futura, triste sorte del Titanic.

Fin dall’inizio del libro si trovano frasi molto significative, come le seguenti:

The steamship Titan was considered practically unsinkable

(La nave a vapore Titan era considerata praticamente inaffondabile)

Unsinkable - indestructible, she carried as few boats as would satisfy the laws.”

(Inaffondabile e indistruttibile, portava il minimo numero di scialuppe consentito dalla legge.)

Ma le impressionanti analogie tra le due navi, l’immaginario Titan e il reale Titanic, continuano anche nelle pagine successive del romanzo: tra poco le esamineremo dettagliatamente.

Prima però desidero fare qualche precisazione: per analizzare con scrupolosità scientifica questa presunta anticipazione del futuro, ho trascurato le fonti indirette e mi sono procurato una copia del libro di Robertson in lingua inglese.

Non credo che esistano traduzioni italiane del romanzo e comunque lo studio del testo originale è senz’altro preferibile.

Ma possiamo fidarci di questo testo “originale”?

Dato che si tratta di una recente ristampa, potrebbe aver subito qualche alterazione, al fine di accentuare la somiglianza con la vicenda reale?

Ritengo che si possa escludere questa eventualità, dato che il curatore della ristampa è Martin Gardner.

Gardner è conosciuto anche in Italia come autore della rubrica “Giochi Matematici” sulla qualificatissima rivista “Scientific American” (“Le Scienze” in versione italiana).

Ma Gardner è affidabile anche per un altro motivo: non crede assolutamente che Robertson abbia “visto” in anticipo il futuro, quindi non avrebbe alcun interesse a modificare il testo di Robertson per renderlo più simile alla realtà.

Nella sua lunga introduzione al romanzo (ristampato con il titolo “The wreck of the Titanic foretold?”) Gardner sostiene che le somiglianze sono solo coincidenze, entro i limiti delle normali leggi statistiche della probabilità.

Dopo queste considerazioni, possiamo finalmente esaminare il lungo elenco delle somiglianze, senza trascurare ovviamente le differenze tra il romanzo e la realtà:

 

-    Prima di tutto, le due navi hanno quasi lo stesso nome: Titan e Titanic.

-          Il Titanic era lungo 882,5 piedi. Il Titan 800 piedi.

-          Entrambe le navi erano d’acciaio, con 3 eliche e 2 alberi.

-          Entrambe le navi erano considerate inaffondabili per i loro numerosi compartimenti stagni: 19 sul Titan, 16 sul Titanic.

-          Il Titan aveva 92 porte stagne, il Titanic 12.

-          Entrambe erano definite “la più grande nave passeggeri mai costruita”.

-          Entrambe potevano trasportare circa 3.000 persone.

-          Il Titan ne trasportava 3.000, il Titanic 2.235

-          Il Titanic aveva 66.000 tonnellate di dislocamento. Il Titan 45.000 tonnellate.

-          I cavalli-vapore del Titanic erano 46.000, quelli del Titan 40.000

-          Entrambe le navi avevano pochissime scialuppe di salvataggio: 20 sul Titanic, 24 sul Titan.

-          Il Titanic stava andando a 22,5 nodi quando colpì l’iceberg. Il Titan andava  a 25 nodi.

-          Entrambe le navi iniziarono il loro sventurato viaggio in aprile.

-          Entrambe colpirono l’iceberg verso mezzanotte.

-          Era una notte chiara e senza luna per il Titanic, mentre il Titan procedeva nella nebbia fitta, rischiarata dalla luna.

-          Entrambe le navi strisciarono contro l’iceberg a tribordo.

-          Entrambe percorrevano rotte di collegamento tra New York e l’Inghilterra.

-          Per il Titanic si trattava del viaggio inaugurale dall’Inghilterra a New York; il Titan invece faceva il percorso opposto ed era al suo terzo viaggio.

-          Entrambe le navi erano di proprietà di una compagnia britannica con sede a Liverpool.

-          Nel caso del Titanic perirono circa 1.520 passeggeri, mentre sul Titan ne morirono 3.000

 

Ammetto che questo elenco dettagliatissimo possa risultare noioso, ma è indispensabile sottoporlo ai lettori, perché ciascuno riesca a formarsi un’opinione personale su questa insolita serie di “coincidenze”.

Per facilitare la lettura, abbiamo sottolineato le palesi discordanze tra il romanzo e la realtà: si vede subito che esse sono nettamente in minoranza rispetto al gran numero di particolari azzeccati.

Cartomanti e affini fanno un numero enorme di predizioni, perché sanno che tra la moltitudine dei loro errori (benevolmente trascurati dal pubblico) ci sarà per caso qualche rara previsione coincidente con la realtà.

Ma nel romanzo che stiamo analizzando la situazione è assai diversa: i particolari concordanti sono molto più numerosi di quelli in disaccordo con l’evento reale.

Si può ancora parlare di pura “casualità”?

Gardner, lo scettico curatore della ristampa in mio possesso, ne è fermamente convinto. Seguiamo le sue argomentazioni.

Le coincidenze tra Titanic e Titan sono così numerose, perché oltre alla semplice casualità, ha un ruolo rilevante anche il ragionamento logico seguito dall’autore del romanzo.

Volendo scrivere un racconto su un grande disastro navale, era facile scegliere come causa la collisione con un iceberg, perché a quei tempi era un pericolo molto temuto dai marinai.

Il periodo più rischioso per la navigazione era la primavera, quando il tepore comincia a sciogliere il ghiaccio polare, formando così grossi iceberg galleggianti.  Ovvio quindi scegliere aprile come mese per il disastro.

Logico poi immaginare che la nave fosse considerata inaffondabile: una tale convinzione aggiunge un’amara ironia alla tragedia.

E per quanto riguarda i numerosi dati tecnici della nave, azzeccati quasi esattamente?

Anche in questo caso Gardner non ha dubbi: Morgan Robertson, scrittore di racconti marinari, era sicuramente ben documentato e aggiornato sulle tecniche navali.

E’ vero che ai suoi tempi le navi non avevano ancora le caratteristiche mastodontiche del Titanic, ma già allora si pensava di realizzare navi più grandi.

Anzi, Gardner fa presente che sul “New York Times” del 17 settembre 1892 era già stata annunciata la costruzione del “Gigantic”, che in realtà non fu mai realizzato, ma che nel progetto descritto sul giornale presentava caratteristiche molto simili a quelle dell’immaginario Titan.

Robertson potrebbe aver letto questa notizia, utilizzandola poi come ottimo spunto per i dettagli tecnici del suo romanzo.

Scende quindi mestamente il sipario su questo Titanic “ante litteram” ridotto ormai a un misero insieme di casualità e cognizioni tecniche dello scrittore?

Calma. Prima sentiamo un’altra campana.       

 

 

BANALI CASUALITA’?

 

Come uomo di scienza non posso fare a meno di apprezzare l’invito di Gardner alla cautela ed alla razionalità nell’esaminare la sorprendente serie di coincidenze tra Titan e Titanic.

Nella nostra analisi, i principi del calcolo delle probabilità non possono essere assolutamente trascurati e non dobbiamo lasciarci coinvolgere emotivamente dall’affascinante storia dello scrittore che riusciva a “scrutare” nel futuro.

Tuttavia, sbaglieremmo ugualmente se attribuissimo un potere smisurato alle leggi statistiche della probabilità.

Se una scimmia, battendo a caso i tasti di una macchina da scrivere, compone la parola “ora”, non dobbiamo stupirci: ci sono discrete probabilità di premere tre tasti a caso formando una parola che abbia un senso.

Ma se la scimmia riuscisse a scrivere la frase “ora ho fame” avremmo ragione di restare sbalorditi, perché l’eventualità di battere tanti tasti nella giusta sequenza è estremamente improbabile.

Analogamente, tornando al romanzo di Robertson, si stenta ad accettare l’idea che un numero così alto di dettagli azzeccati sia dovuto al caso.

Ma - come si è già visto - Gardner ci invita a considerare, oltre alla casualità, anche il ragionamento seguito dal romanziere: era logico pensare allo scontro con un iceberg, era logico immaginare che la nave fosse ritenuta inaffondabile…

Sicuramente è tutto molto logico, ma non mi sembra che lo scrittore, nell’ideare il suo racconto, si trovasse di fronte a una serie di scelte senza alternative.

Il suo Titan avrebbe potuto urtare contro un’altra nave, oppure esplodere per problemi tecnici, o cozzare contro uno scoglio non indicato nelle carte di navigazione.

Lo scontro con l’iceberg non era certo l’unica possibilità.

Per quanto riguarda la sbalorditiva serie di coincidenze nelle caratteristiche tecniche delle due navi, Gardner, lo sappiamo già, ha il suo asso nella manica: Robertson può avere letto l’articolo apparso sul “New York Times” del 17 settembre 1892, in cui si annunciava l’imminente costruzione di una nave, il “Gigantic”, che poi non fu realizzato, ma che nel progetto aveva caratteristiche simili a quelle del Titan.

Ma quanto si assomigliano il Gigantic e il Titan ?

Per scoprirlo, dovevo leggere il suddetto articolo del 1892 e ciò è stato possibile grazie alla estrema gentilezza e disponibilità di John Paul Eaton.

Eaton è una delle massime autorità mondiali nel campo degli studi sul Titanic: ha scritto cinque libri sull’argomento ed è consulente della National Geographic Society e di due musei navali.

Questo autorevole studioso, oltre a fornirmi utilissime informazioni storiche sul Titanic, si è recato appositamente alla biblioteca di New York, per procurarmi una fotocopia dell’articolo sul Gigantic.

Ho potuto così compilare la seguente tabella, che consente di confrontare le caratteristiche tecniche delle tre navi:

 

Nome:                      Titanic                 Titan                Gigantic

 

Lunghezza:              882,5 piedi          800 piedi          700 piedi

 

Cavalli-vapore:        46.000                 40.000             4.500

 

Velocità:                   22,5 nodi            25 nodi             22 - 27 nodi

 

Eliche:                      3                         3                      3

 

Non si conoscono ulteriori dettagli tecnici del Gigantic confrontabili con quelli delle altre due navi, comunque non posso essere d’accordo con Gardner quando afferma: “Le cifre indicate per la nave progettata (il Gigantic) sono molto simili a quelle utilizzate da Robertson per il suo immaginario Titan.”

Leggendo la tabella, si nota che Titan e Gigantic si assomigliano soltanto per la velocità e per il numero delle eliche, mentre la lunghezza, i cavalli-vapore e i nomi delle due navi sono differenti.

Non credo quindi che Robertson abbia utilizzato nel suo romanzo le informazioni tecniche relative al Gigantic: la tabella mostra chiaramente che il Titan è molto più simile al Titanic che al Gigantic.

C’è poi un’altra affermazione di Gardner su cui occorre riflettere:

secondo lui è possibile che all’epoca in cui Robertson scrisse il suo romanzo, la compagnia White Star avesse già reso noto il nome e il progetto di costruzione del Titanic.

E’ un dubbio che può venire a molti, ma il super-esperto J. P. Eaton mi ha espresso il suo scetticismo in merito a questa ipotesi, facendomi sapere che il nome della nuova nave fu annunciato pubblicamente l’11 settembre 1907,  mentre il romanzo è del 1898.

E se qualche indiscrezione fosse trapelata già prima dell’annuncio ufficiale?

Anche se ciò fosse accaduto, la “fuga di notizie” non avrebbe potuto verificarsi quando Robertson scriveva il suo romanzo, semplicemente perché a quei tempi il Titanic non era ancora stato né ideato né progettato.

J. P. Eaton mi ha infatti comunicato che l’idea di realizzare il Titanic risale allo stesso anno dell’annuncio ufficiale: il 1907.

Fu in quell’anno che avvenne uno storico incontro tra J. Bruce Ismay, presidente della White Star Line e Lord Pirrie, presidente della impresa di costruzioni navali Harland e Wolff.

Ecco ciò che l’enciclopedico Eaton mi ha scritto in merito a tale incontro:

 

“L’idea dell’Olympic, del Titanic e di una terza nave da costruire in un secondo tempo, fu inizialmente discussa da Lord Pirrie e Bruce Ismay durante una cena nella casa londinese di Pirrie “Downshire” nell’anno 1907. Il giorno della cena non è attualmente noto.

Il Lusitania, nave della rivale Cunard Line, entrò in servizio nel settembre 1907.

Osservando le prestazioni di quel transatlantico, Pirrie fu in grado di discutere con Ismay la necessità di costruire nuove navi per la White Star Line.”

 

Queste fondamentali informazioni di Eaton completano il mio ”dossier Titanic”, frutto di una lunga indagine condotta con criteri scrupolosamente scientifici.

Quali conclusioni possiamo trarre da tutto ciò?

Proprio per non uscire dall’ambito rigorosamente scientifico, preferisco non esprimere alcun parere definitivo.

Voglio lasciare libero il lettore di formarsi un’opinione personale su questa singolare vicenda: alla luce delle significative notizie fornitemi da J. P. Eaton, pare troppo categorico il giudizio di Gardner, totalmente convinto che si tratti soltanto di un curioso insieme di coincidenze.

E’ vero che Gardner potrebbe aver ragione, però sembra abbastanza improbabile che un romanziere dell’ Ottocento abbia azzeccato per caso tanti dettagli relativi alla drammatica vicenda del Titanic.

Ma occorre prudenza: “improbabile” non significa “impossibile”…

Sono stati scritti tanti racconti su disastri immaginari, che qualcuno potrebbe assomigliare casualmente a un disastro reale.

Una somiglianza accidentale così precisa nei dettagli?

Lascio a voi il dilemma.

 

 

                                                          FLAVIO CENNI

 

 

 

 

Flavio Cenni insegna Scienze Naturali al Liceo Statale “Paul Klee” di Genova Il presente testo è tratto dal libro di Flavio Cenni "CRONOCRONACHE-Viaggi nel tempo: fantasia e realtà" Editore De Ferrari Genova           

Cliccando qui puoi leggere la versione originale in lingua inglese

 

 

 

 

 

 

 

Passato, presente, futuro:per conoscere l'opinione della fisica moderna, clicca qui.