FLAVIO CENNI
2001: ODISSEA
NELL’IPERSPAZIO
"2001
: Odissea nell' iperspazio".
Abbiamo inserito una piccola modifica (un "iper" in più) nel titolo
del celebre film che Stanley Kubrick realizzò nel lontano 1968.
Il
2001, anno avveniristico e pieno di significati, ormai fa parte del nostro
passato.
L'
"odissea nell' iperspazio" è il viaggio che stiamo per intraprendere.
L'
iperspazio, cioè lo spazio a più di
tre dimensioni, è un concetto basilare nella fisica moderna e in
astronomia; ma noi non lo affronteremo
analizzando complesse elaborazioni fisico-matematiche.
Esploreremo
l' iperspazio a livello "visivo", cercando di concretizzarlo e
descriverlo mediante immagini.
Il
testo seguente è il contenuto di un opuscolo distribuito gratuitamente in tutti
i licei e istituti tecnici genovesi a cura della Banca CARIGE.
L’autore
del testo è Flavio Cenni, docente di Scienze della Terra.
Le
figure qui riprodotte corredavano, insieme ad altre, il suddetto opuscolo e
sono state realizzate da alcuni studenti del Liceo Artistico Statale “Paul
Klee” di Genova.
Speriamo che questo connubio tra concetti scientifici e creatività artistica dia i suoi frutti e che il fascino delle immagini riesca a coinvolgere il lettore in questa insolita avventura iperspaziale.
LA LUCE
DELLE STELLE : UN
MESSAGGIO DAL PASSATO
In
generale le discipline che si occupano di studiare eventi più o meno lontani
nel passato, devono ricorrere a fonti indirette di informazione.
La
storia ci narra le vicende dell'umanità basandosi fondamentalmente su una
documentazione scritta (libri, lettere, pergamene, ecc.) la paleontologia
ricostruisce antichissimi scenari dall'osservazione di resti fossili animali e
vegetali.
Ma
si tratta sempre di dati acquisiti per via indiretta: nessuno storico attuale
ha mai conversato con l'imperatore Nerone, nessun paleontologo ha mai visto un
dinosauro in carne e ossa (tutt'al più solo "in ossa").
Quindi
le distorsioni della realtà sono inevitabili : chi fu veramente Nerone ? Quale
sarà stato il vero colore dei dinosauri ?
Impossibile
dare una risposta certa a questi e
innumerevoli altri interrogativi del genere.
Il
passato è passato e non è possibile averne
un'informazione diretta, di prima mano. Lo spettacolo non si replica.
Occorrerebbe una "macchina del
tempo"...
Ebbene,
esiste una scienza che, per le sue elaborazioni, si basa su una diretta
osservazione del passato: l'astronomia.
Gli
astronomi vedono realmente immagini di epoche remote.
Ed
è ancor più sconvolgente pensare che tutti noi facciamo la stessa cosa, quando
alziamo gli occhi al cielo.
Se
in una notte serena contempliamo lo sfavillare delle stelle,ciò che osserviamo
non è il presente, ma solo ed esclusivamente il passato: molti di quei corpi
luminosi probabilmente oggi non esistono più, ma noi li vediamo ugualmente.
Vediamo i "dinosauri" del cielo. Non è fantascienza: è la realtà.
Questo
prodigio può essere facilmente spiegato se ragioniamo su una
caratteristica della luce: la sua
velocità.
Siamo
abituati a credere che la luce arrivi istantaneamente dappertutto, perché
nella vita quotidiana abbiamo a che
fare con spazi limitati: premendo l'interruttore, una stanza buia ci appare di colpo interamente illuminata.
Ma se consideriamo il Cosmo nella sua immensità, ci rendiamo conto che la velocissima luce, che viaggia a circa 300 000 Km al secondo, è una lumaca in confronto agli spazi sconfinati dell'Universo.
La
stella più vicina a noi è la Proxima Centauri, che dista 4,1 anni-luce.
Un
anno-luce è la distanza percorsa in un anno dalla luce, perciò la luce di
Proxima Centauri impiega circa 4 anni a
raggiungere la Terra.
Ma
allora l'immagine luminosa di quella stella , che percepiamo in questo momento,
non è la sua immagine attuale, ma un'immagine partita dalla stella 4 anni fa.
Quindi
noi vediamo Proxima Centauri non come è oggi, ma com'era 4 anni fa.
Se
nel frattempo essa fosse esplosa, per ora non ce ne accorgeremmo , perché stiamo
osservando un "fotogramma"
del passato.
Persino
se guardiamo il nostro Sole, enormemente più vicino a noi, non vediamo il suo
aspetto presente, ma il suo aspetto di 8 minuti fa !
La
conclusione è sorprendente: più lontane
da noi sono le stelle che osserviamo, più tempo impiega la loro luce a
raggiungerci e quindi più vecchie
sono le immagini che da esse riceviamo.
Quindi
se esaminiamo galassie che si trovano a miliardi di anni-luce da noi, stiamo
dando un'occhiata al nostro Universo, com'era miliardi di anni fa: per gli astronomi la "macchina del
tempo" esiste.
E in teoria, se avessimo sviluppato una
tecnologia in grado di portarci a enorme distanza dalla Terra e se da laggiù
osservassimo il nostro pianeta con
strumenti fantascientifici, potremmo veramente vedere coi nostri occhi
l'imperatore Nerone o i dinosauri.
LA
LUCE NON VIAGGIA SEMPRE IN LINEA RETTA :
UNA
FAMOSA ECLISSE SOLARE
L'
11 agosto 1999 alle 12.41 stavo scrutando con viva emozione il cielo di
Salisburgo.
In
quel preciso momento , in pieno giorno, il buio era improvvisamente calato su
quella splendida e luminosa città austriaca.
L'abbagliante
disco solare era scomparso; al suo posto il nero disco della Luna, circondato
da uno spettrale alone lattiginoso.
Era
uno spettacolo affascinante e sinistro:
alla fine del millennio, una eclisse totale di Sole stava proiettando la sua
fredda ombra sull'Europa.
Fascino
e inquietudine di quelle tenebre quasi irreali.
Ma
l'emozione non sarà stata certamente inferiore per Sir Arthur Eddington,quando ottant'anni prima, nel1919, stava
affrontando un'analoga esperienza, non per pura curiosità, ma con uno scopo
altamente scientifico.
Questo
illustre astronomo inglese intendeva dimostrare la validità di una nuovissima e
rivoluzionaria teoria della gravità, la cosiddetta teoria della "Relatività Generale", frutto della
geniale mente del più grande scienziato moderno : Albert Einstein (1879
- 1955 ).
Più
precisamente, Eddington voleva confermare una previsione di Einstein: la luce
emessa dalle stelle, passando vicino al Sole, verrebbe incurvata dalla gravità
solare.
La
luce che "si piega"... Come verificarlo sperimentalmente? Se il raggio luminoso fa una curva, la
stella che lo ha prodotto dovrà apparire spostata rispetto alla sua normale
posizione in cielo ( vedi figura 3 ).
Il
guaio è che per constatare lo spostamento occorre osservare le stelle in pieno
giorno, dato che questo strano effetto di curvatura è dovuto proprio alla
presenza del Sole.
Ma
l’abbagliante luce solare, come tutti sanno, impedisce di scorgere piccoli
punti luminosi.
Così
, per vedere le stelle vicine al Sole, Eddington attese che il cielo venisse
oscurato dalla celebre eclisse del 1919.
E
l'attesa venne premiata.
La
fama di Einstein salì veramente ... alle stelle, perché le stelle risultarono
spostate esattamente di quanto egli aveva previsto !
La
gravità solare può davvero piegare la luce.
Per
comprendere meglio questo sorprendente fenomeno, è opportuno considerare la
rivoluzionaria teoria della gravità elaborata da Einstein.
Si
tratta di una teoria "rivoluzionaria", in quanto modifica
radicalmente il concetto abituale di gravità.
Prima
di Einstein, si accettava la vecchia e
ben nota teoria di Newton (1642 -
1727 ).
Secondo
Newton, la gravità è una forza di attrazione tra i corpi, è quell'invisibile
corda che tiene la Terra legata al Sole, costringendola a compiere un percorso
curvo.
Secondo
Einstein, invece, la Terra non è "tenuta al guinzaglio" dal Sole e
non c'è una vera e propria "attrazione".
La
Terra e gli altri pianeti percorrono orbite curve semplicemente perché essi si
muovono in uno spazio incurvato:
proprio come sulla superficie di una sfera non si possono tracciare linee
rette, ma solo linee curve.
Il
paragone più calzante è quello di una pallina che, lanciata dentro una coppa, è
costretta a compiere una traiettoria circolare. E' la forma della coppa che
determina la forma del percorso.
Il
concetto può sconcertarci: uno spazio, curvo come una coppa, in cui ruotano i
corpi celesti…
Come
immaginare una tale curvatura ?
Lo
spazio che ci circonda è esteso nelle tre dimensioni ( lunghezza, larghezza e altezza ) quindi per incurvarlo dovremmo
piegarlo in una quarta dimensione,
per noi invisibile.
La
curvatura infatti richiede sempre una dimensione in più : una linea (che ha una
sola dimensione ) può essere incurvata in uno spazio a due dimensioni ( cioè su
un piano ) per formare un cerchio, un piano bidimensionale può essere curvato
in uno spazio a tre dimensioni per costituire la superficie di una sfera.
Per
curvare il nostro spazio tridimensionale, dovremmo quindi piegarlo in una
dimensione superiore... Un'impresa che non siamo nemmeno in grado di
immaginare.
Ma
possiamo riuscire a visualizzare questa distorsione spaziale, se ricorriamo a
una semplificazione. Eliminiamo la terza dimensione ( l'altezza ) e immaginiamo
che lo spazio in cui viviamo sia un foglio bidimensionale di materiale
elastico.
Se
sul foglio orizzontale appoggiamo una palla da biliardo,(che simboleggia il
Sole) il piano si incurverà per il peso della palla.
E
questo è proprio ciò che succede nella realtà: lo spazio cosmico è curvato
dalle masse in esso presenti.
Il
Sole, con la sua mole, forma una "conca" nello spazio; se in questa
conca lanciamo una pallina ( che simboleggia la Terra ) essa sarà costretta a
seguire un'orbita curva intorno al Sole ( vedi figura 4 ).
E
perfino la luce, così impalpabile e sfuggente, passando nella conca solare
dovrà viaggiare lungo linee curve, piegandosi al volere dello spazio
einsteiniano.
QUANDO
LA LUCE VIENE INGHIOTTITA :
I
BUCHI NERI, VORAGINI IPERSPAZIALI
Quell'enorme
globo di fuoco che splende costantemente in cielo senza mai spegnersi , ci
ispira un senso di sicurezza, di immutabilità, di eternità.
Il
Sole ci si presenta sempre con lo stesso aspetto, le stesse dimensioni, la
stessa abbagliante luminosità: ci appare come una rassicurante e inesauribile
fonte di energia.
Ma
questa è soltanto un'illusione.
Tutte
le stelle, compreso il Sole, invecchiano, andando prima o poi incontro alla
loro fine e alcune di esse si trasformano in strani oggetti oscuri, che in un
certo senso sono esattamente l'opposto di una stella: anziché emettere luce, la
risucchiano.
Si
tratta dei ben noti "buchi neri".
Nella
sua lunghissima vita, una stella si mantiene abilmente in equilibrio tra due
opposte tendenze: l'enorme massa di gas di cui è fatta la stella, dovrebbe
contrarsi per attrazione gravitazionale, ma la contrazione è ostacolata dalla
tendenza ad espandersi, dovuta all'immane energia sprigionata all'interno della
massa.
Prima
o poi , però, il combustibile stellare si esaurisce e la produzione di energia
cessa: così la stella si contrae inesorabilmente, schiacciata dalla gravità che
non trova più ostacoli.
Se
la stella ha una massa elevata, la compressione di questo globo ormai spento
arriva fino a livelli estremi, trasformandolo in un oggetto piccolissimo, ma
tutt'altro che innocuo: un buco nero.
Per
quale motivo ha questo strano nome?
La
teoria della Relatività Generale di Einstein può aiutarci a capirlo.
Torniamo
al fondamentale e innovativo concetto secondo cui le masse incurvano lo spazio
e immaginiamo di nuovo che lo spazio sia un piano di materiale elastico.
Come
abbiamo già visto, quando una pesante palla da biliardo (che rappresenta una
stella) viene appoggiata sul piano, lo incurva formando una conca.
Ma
cosa succede se la stella, ormai al termine della sua lunga vita, si contrae
sempre più e quindi la sua massa si concentra in un volume sempre più piccolo ?
Chiediamo
a Superman di comprimere la nostra massiccia palla da biliardo fino a ridurla
alle dimensioni di una ciliegia.
Appoggiando
questa ciliegia super-compressa sul piano elastico, esso si incurverà molto più
di prima, anche se la massa è rimasta la stessa.
A
questo punto è facile capire cosa succede allo spazio cosmico, quando una
stella morente si contrae .
Via
via che la massa stellare si concentra
in un volume sempre minore, lo spazio circostante si incurva sempre di
più sotto il "peso" della stella fino a sfondarsi, formando un buco :
il "buco nero" appunto. ( Si osservi la sequenza di immagini nella
parte superiore della figura 6 )
Nel
piano bidimensionale il buco assume l'aspetto di un imbuto incurvato nella
terza dimensione, ma nello spazio tridimensionale in cui viviamo, il buco nero
sarà in realtà incurvato in una invisibile quarta dimensione.
La
voragine oscura a forma di imbuto che possiamo osservare nella figura 6, rappresenta
visivamente e con efficacia questo tenebroso "mostro" cosmico, dotato
di un fortissimo campo gravitazionale.
I
buchi neri catturano e inghiottono qualsiasi cosa capiti nel loro raggio
d'azione : materia ed energia vengono risucchiate e precipitando nel baratro
scompaiono dall'Universo.
Ecco
perché tali buchi iperspaziali sono definiti "neri" : un oggetto che
assorbe la luce senza emetterla appare nero e un buco nero ingoia voracemente persino la luce, che non
potrà più uscirne, condannata a un oscuro destino.
FACCIAMO
LUCE SULLO SPAZIO-TEMPO:
COME
RAPPRESENTARE VISIVAMENTE L'IPERSPAZIO
L' uomo comune è abituato a considerare
lo spazio e il tempo come concetti separati, senza particolari vincoli
reciproci.
Ma la fisica moderna ha un'opinione ben
diversa.
Nella teoria della Relatività di Einstein lo spazio e il tempo sono fusi
insieme a formare un'unica struttura: lo spazio-tempo a quattro dimensioni.
Quattro perché alle tre dimensioni
dello spazio (lunghezza, larghezza, altezza) si somma la quarta dimensione
tempo.
Per noi è impossibile riuscire a
visualizzare nitidamente questa strana
struttura iperspaziale, dato che siamo in grado di vedere oggetti dotati al
massimo di tre dimensioni.
Ma non dobbiamo scoraggiarci, perché ci
sono metodi che forniscono un'idea approssimativa dell'aspetto di figure
geometriche a quattro dimensioni.
Grazie a tali metodi potremo penetrare
con la fantasia in un mondo stupefacente, popolato da bizzarre e complicate
figure , che sembrano tratte dall'assurdo (ma non troppo) Paese delle
Meraviglie visitato da Alice. (figura 7)
Immaginiamo che esistano degli esseri
piatti, ancor più limitati di noi, costretti a vivere strisciando su un piano
bidimensionale, che costituisce tutto il loro mondo.
Essi possono percepire soltanto oggetti
a due dimensioni e non sono in grado di sollevarsi dal loro piano, né di
guardare in alto: tuttavia noi - esseri tridimensionali - possiamo aiutarli a
farsi un'idea della struttura di semplici figure geometriche a tre dimensioni.
Come?
Ancora una volta entra in scena la
luce, filo conduttore di questo nostro viaggio iperspaziale.
Costruiamo la sagoma di un cubo usando
filo di ferro, poi illuminiamola dall'alto e proiettiamo la sua ombra sul piano
sottostante, abitato dalle creature piatte.
Esse saranno in grado di osservare
l'ombra bidimensionale e così potranno avere un'idea di come è fatto un cubo.
L'immagine piatta di un cubo in
prospettiva è mostrata nella figura 7, di fronte ad Alice.
Il quadrato più grande è la faccia più
vicina a chi guarda, mentre il quadrato piccolo all'interno è la faccia situata dalla parte opposta; gli altri
quattro quadrati sono invece deformati dalla prospettiva.
Gli individui piatti potranno osservare
questa immagine a due dimensioni e con un semplice conto si accorgeranno che il
cubo ha sei facce.
Procedendo per analogia, possiamo
effettuare un "salto" dimensionale: se il cubo a 3 dimensioni appare
come un quadrato dentro un quadrato, un ipercubo
a 4 dimensioni visto in prospettiva avrà l'aspetto di un cubo dentro un altro
cubo.
Se ne osserviamo l'immagine
tridimensionale , come sta facendo Alice nella figura 7, notiamo la faccia più
vicina (il cubo grande), quella più lontana (il cubo piccolo) e le altre sei
facce cubiche, deformate dalla prospettiva.
In tutto contiamo quindi otto facce ed
abbiamo così un'idea, anche se solo approssimativa, di come è strutturato un
ipercubo.
Un altro metodo per visualizzare figure
iperspaziali si basa sulle sezioni : i nostri amici bidimensionali non possono
vedere una sfera tridimensionale, però possiamo aiutarli a farsene un'idea,
facendo passare una sfera attraverso il loro mondo piatto.
Il piano "affetta" via via la
sfera ed essi ne vedranno in successione le varie sezioni. Osserveranno prima
un punto , poi un cerchio che diventerà sempre più grande, fino a una
dimensione massima, e quindi tornerà a rimpicciolirsi, fino a ridiventare un
punto, che infine scomparirà.
E' vero che gli esseri bidimensionali
non avranno visto la sfera nella sua totalità: ma vedere una sfera "a
fette" è sempre meglio che non vederla affatto…
Ed anche noi ci dobbiamo accontentare,
se vogliamo vagamente capire come è fatta un'ipersfera, ossia una sfera a 4 dimensioni.
Se essa attraversasse il nostro spazio
tridimensionale, ne vedremmo via via le varie sezioni : prima un punto, poi una
piccolissima sferetta che progressivamente si ingrandirebbe , gonfiandosi come
un palloncino, per poi tornare a sgonfiarsi fino a ridursi di nuovo a un punto
che infine svanirebbe nel nulla.
Questo bizzarro show dell'ipersfera
sarebbe degno dell'altrettanto bizzarro paese visitato da Alice : ed è per
questo che sfera e ipersfera danno entrambe spettacolo nel nostro disegno, dove
possiamo osservare la successione delle loro sezioni.
Ora che abbiamo familiarizzato con la
geometria iperspaziale, possiamo tentare di capire come è strutturato lo spazio-tempo einsteiniano, a cui si
accennava all'inizio.
Ricordando che lo spazio-tempo ha 4
dimensioni, per cui non può essere visualizzato da noi, individui
tridimensionali, ci converrà ricorrere ancora una volta all'analogia con le
creature piatte.
Dato che il loro spazio è un piano e
quindi ha soltanto due dimensioni, il loro spazio-tempo ne avrà tre: perciò
siamo in grado di vederlo.
Lo abbiamo rappresentato all'interno
della sfera di cristallo, nella figura 8, dove il piano orizzontale è lo spazio
e la freccia verticale è la dimensione tempo.
Sul piano spaziale possiamo osservare
due oggetti, ovviamente piatti, di questo strano mondo: un'automobile (il
rettangolo) e un'aiola circolare. Ingrandisci l'immagine: clicca qui.
L'auto avanza nello spazio, nella
direzione indicata dalla linea tratteggiata, ma in realtà il veicolo avanza
anche nel tempo. Perciò nella figura l'auto è stata disegnata in una
successione di posizioni, sempre più
spostate in avanti, ma anche verso l'alto ("più in alto"
equivale a "più tardi" nel tempo).
Le immagini dell'auto sotto al piano
sono le posizioni raggiunte dalla vettura nel passato, quelle sopra al piano
sono le posizioni che l'automobile raggiungerà nel futuro, mentre il presente è
rappresentato sul piano spaziale.
L'intera sequenza di posizioni
dell'auto forma quella specie di sbarra inclinata che vediamo nel disegno.
Questa sbarra che si estende nello spazio-tempo è la cosiddetta "linea d'universo" dell'auto.
Ma nella figura vediamo anche un'altra
linea d'universo, dovuta all'aiola.
Ha l'aspetto di un tubo perfettamente
verticale, perché col passare del tempo l'aiola ovviamente non si muove. Quindi
occupa sempre la stessa posizione nello spazio.
Gli esseri bidimensionali non possono
vedere queste linee d'universo tridimensionali: nel corso della loro vita ne
percepiscono via via i vari "fotogrammi" uno dopo l'altro, ma non
l'intera "pellicola" nel suo insieme.
In ogni istante, vedono solo il
fotogramma presente e non quelli passati e futuri.
Se però un individuo piatto potesse
spostarsi, come noi, nella terza dimensione, potrebbe scrutare nel passato e nell'avvenire
del suo mondo : diventerebbe un "veggente" e scoprirebbe che in
futuro l'auto urterà contro l'aiola (vedi figura 8).
Torniamo ora al mondo tridimensionale
in cui viviamo e cerchiamo di immaginare il nostro invisibile spazio-tempo a
quattro dimensioni : una specie di sconfinato panorama attraversato da
innumerevoli linee d'universo serpeggianti, che narrano la storia di tutto ciò
che esiste, è esistito o esisterà.
Un uomo ,un pesce, un albero, una
cometa : ogni cosa ha la sua linea d'universo stampata nello spazio-tempo per
l'eternità.
Un immenso museo cosmico , dove
coesistono tutte le epoche.
Come scrisse Einstein :"la
distinzione fra passato, presente e futuro è solo un'illusione, anche se
ostinata". (1)
(1) citato in :
P.Davies "I misteri del
tempo" A .Mondadori Editore, 1996,
pag.68