LE ORIGINI DEI SAVOIA

Umberto Biancamano, Adelaide di Torino, Matilde di Canossa, Enrico IV, "Mille e non più mille" e i Cluniacensi

 

   L'origine della dominazione Sabauda non fu dissimile da quella di tante famiglie dell'aristocrazia medievale emerse tra il IX  e X secolo (800-900). Nel momento in cui dalla disgregazione del mondo carolingio (Carlo Magno) si sviluppava un potere fatto di possedimenti non raggruppati (nel senso anche non confinanti e molto lontani fra di loro), di rendite ecclesiastiche, di diritti ad imporre dazi e decime, anche i Savoia ebbero la loro "piccola" parte. L'aristocrazia dell'epoca è articolata in gruppi parentali collegati attorno a qualche figura eminente che si è guadagnata fama e gloria sui campi di battaglia. Così dovevano essere i Savoia all'ombra dei Borgognoni attorno all'anno mille, anno in cui il Biancamano viene citato come conte di Aosta. Nell'anno 806 l'atto di Thionville di Carlo Magno aveva suddiviso la Sapaudia in varie zone: Albonais, Moriana (Maurienne), Chiablese (Chablais), Tarantasia (Tarantaise), Faucigny, Genevese (Genes) e Saboia, zona questa situata attorno a Chambéry, affidata alla amministrazione di un Conte. La contea due secoli dopo (ca) comprendeva Belley, la Moriana, la Contea di Aosta, parti del Vallese, del Chiablese e della Tarantasia (regioni che sconfinano dala Francia anche nell'attuale svizzera come il Vallese) e l'abbazia di San Maurizio presso Martigny appunto in Svizzera. Era questa l’abbazia che conservava le reliquie del santo della legione Tebana che si era rifiutato, prima di una battaglia, di far sacrifici agli Dei Pagani (300 ca d.c.). Distrutta dai Longobardi la chiesa fu riedificata da Carlo Magno nei primi anni del secolo IX.  La si raggiunge scendendo dal Gran San Bernardo.

  Spunti da "I SAVOIA" di Gianni Oliva Ed.Mondadori

     

Quando e dove sia nato il Biancamano poco rileva il sapere e il ricercare. È indubitato che sul finire del 900 egli già primeggiava in Borgogna, il cui re Rodolfo III, detto « l'ignavo» o « il dappoco» per la sua debolezza e neghittosità, lo teneva in gran conto come sostenitore del trono (con la spada), e gli aveva largito onori e terre, talchè Umberto poteva vantarsi signore dèl pendio alpino sino al Rodano e; nel versante opposto, della valle d'Aosta, propaggine del regno borgognone, sino a Donnaz: padrone e custode, cioè, di due delle più importanti porte d'Italia, i colli del Grande e del Piccolo S. Bernardo, allora dotati, dal santo savoiardo di Menthon, dei provvidenziali rifugi per i viandanti (962). Cosi Aosta, l'Augusta Praetoria, edificata dai legionari vittoriosi delle tribù Salasse nel 23 a. c: fra i colossi montani del M. Bianco, M. Cervino, M. Rosa e M. Gran Paradiso. Quando Rodolfo muore (1032), legando lo Stato al nipote Corrado il Salico, il Biancamano reputa suo dovere di riconoscenza il farne rispettare i sacri voleri, ed appoggia lealmente l'erede designato; il quale, trattenuto dalla guerra in Polonia, affida la tutela de' propri diritti e di Ermengarda, vedova del defunto, a lui, come advocatus e protettore. Ed egli costringe le forze di Eude a chieder mercé. Ma, appena Corrado, venuto frettolosamente a farsi incoronare nel monastero di Payern, è tornato in Germania, il conte di Champagne riapre le ostilità. Allora l'imperatore risolve di farla finita; marcia da nord contro i ribelli, ordinando ad Umberto di attaccare da est, dalle Alpi. Questi aduna nell'alta valle Dora Baltea i suoi fedeli, vi riceve i rinforzi imperiali condotti da Bonifacio di Toscana, padre della contessa Matilde e dall 'arcivescovo di Milano Ariberto d'Intimiano, uno dei temuti sacerdoti-guerrieri del tempo, i quali entrambi si mettono alle sue dipendenze (eloquente prova del suo potere e della sua autorità), e - vedi caso e profezia - alla testa di soldati italiani; cala per il Gran San Bernardo nel Valese (Alto Rodano), ricaccia gli avversari, che già avevano invaso anche le sue terre, sino al lago Lemano, ove, presso Ginevra, li sbaraglia, congiungendosi vittorioso col sovrano. Una nuova levata di scudi del fiero vescovo Averardo di Moriana è del pari da lui stroncata, e Corrado viene stavolta solennemente e definitivamente incoronato a Ginevra.  (Giuseppe Sticca i Savoia)

 

IL PICCOLO E IL GRAN SAN BERNARDO

Il passaggio delle alpi verso la Gallia superiore, o verso il Reno, e la terra dei Germani era possibile, al tempo dei romani, in pochi posti e non certo attraverso quella che è la Svizzera odierna abitata già allora da tribù montanare bellicose che davano e daranno sempre problemi.

     

L'alleanza con Corrado II, imperatore di Germania vincente nel 1032 alla successione di Borgogna (regione "ora" tipicamente francese) ma allora cuscinetto fra germanici  e francesi (ex corridoio comunemente noto come Lotaringia), li fece custodi di quelle porte delle vallate alpine e dei passi del Moncenisio e del Gran San Bernardo (vedi a dx) per conto dell'Imperatore (per i viaggi in Italia). Umberto Biancamano nasce, secondo alcune fonti, nel 980 e l'esternazione del suo potere  la si individua in atti a partire dal 1003. D'ora in poi tutti gli atti riguardano direttamente il casato con concessioni, donazioni o permute coi potenti monaci di Cluny* (vicinanze Lione). Il loro territorio si estende tra il lago di Ginevra, l'Isere e il Rodano (Fiumi). Dei figli maschi solo Oddone sopravviverà di dieci anni al padre (muore nel 1058/9). Mercanti e pellegrini che volevano valicare le Alpi per entrare nella pianura padana potevano farlo solo con il consenso dei Savoia e nelle stagioni adatte. Controllare quei valichi significava controllare i traffici e si potevano  accumulare ricchezze imponendo pedaggi per il transito, gabelle, gestendo locande e offrendo servizi ai viaggiatori. Ciò comportò enormi vantaggi a favore d'un territorio privo di risorse economiche e agricole. Ma la possibilità di bloccare quei valichi con sbarramenti militari, e quindi favorire il passaggio solo a eserciti disposti a concedere favori e possessi feudali, costituì la vera forza dei Savoia. L’imperatore Corrado non gli può che dimostrare grande riconoscenza e lo investe anche del Feudo della Tarantasia, interposta fra Moriana, Savoia ed Aosta, e non ancora Sabauda. La sua uscita di scena, forse invecchiato precocemente o malato o altro, … nè mette conto indagarlo, inizia per tempo affiancandosi i figli per reggere il vasto contado: ritiratosi in Aosta cedette l'amministrazione del Belley e d'altri luoghi al primogenito Amedeo, avuto con altri tre - Burcardo, Aimone e Oddone - dalla moglie Ancilia, o, come oggi vuolsi, Ausilia. Amedeo però sembra aver avuto vita breve (1051) ed essendo gli altri due ecclesiastici la conduzione della cosa pubblica e del potere passa ad Oddone (1023/1058 date presunte).

  Diverso il caso  della Valle d’Aosta che si apre attraverso due passi nella valle del Rodano (lago di Ginevra) e Savoia generale che mettono facilmente in comunicazione tutta la Gallia (Francese) e l’ex Sacro Romano Impero di Carlo Magno. Già al tempo dei Romani (ma anche prima) un sentiero portava alla sella del San Bernardo a m. 2473 e a quella di m. 2188 del Piccolo San Bernardo entrambi però agibili solo d’estate ed eccezionalmente in altre stagioni non troppo rigide. Nell'area intorno al tempio romano, di quello che veniva chiamato Colle del Monte Giove (Pennino) sono stati scoperti degli edifici risalenti alla stessa epoca. A fianco del lago intagliata nella Roccia i romani sul vecchio sentiero costruirono nel 12 a.c. una strada , detta delle Gallie che arrivava  fino a Canterbury in Inghilterra.

ADELAIDE DI SUSA (O DI TORINO) 1016-1091

   

   Al di qua delle montagne in valli che si aprivano al piano era fiorita, contemporaneamente alla oltralpina saboia, una stirpe destinata a moltiplicarsi in numerosi rami, e detta dal capostipite riconosciuto - Arduino Glabrione o Glabrio - Arduinica: la quale, coll'Aleramica savonese, coll'Anscarica eporediese, genererà quasi tutta la vecchia nobiltà subalpina. Il Glabrione, salito in onore, aveva nel secolo X ottenuto da re Ugo il contado di Auriate, estendentesi nel Cuneese, con centro forse a Valloriate presso Caraglio, ed, a nord, fin presso Torino: la quale ultima città, per donazione di Ottone I, riuniva poi al primitivo contado, formando l'ampia e ferace marca di Torino, allungantesi da Susa tolta ai potenti e dotti monaci dell'abazia di Novalesa a piè del Moncenisio - sino alle Alpi Marittime. E sa ben difendere il suo dominio, lottando vittoriosamente contro i Saraceni, spesso irrompenti in Val Po (Asti) dal loro covo di Frassineto (l'attuale La Garde-Freinet, presso Saint-Tropez). Egli lascia, morendo nel 1000, al primogenito Olderico Manfredi la superba Marca, composta delle contee di Auriate, Brédulo (Mondovi Breo), Alba, Asti, Ventimiglia, Albenga, oltre beni sparsi in quel di Vercelli, Tortona, Piacenza, Parma. AI Glabrione si attribuisce  l'edificazione del Castello di Avigliana su rocca quasi inaccessibile allo sbocco di Val Dora nel piano, vera vedetta e spia verso il basso, che dovremo spesso menzionare. Il nuovo marchese di Torino (che amava  conviviare con poveri e servirli a tavola per penitenza) sposata la lombarda Berta, figlia di Oberto II Este, ebbe solo due femmine, Adelaide e Ìmmilla (altri dice tre, aggiungendovi una nuova Berta e un quarto un maschio morto in giovane età) che lasciò nubili quando mancò ai vivi verso il 1035. E la vedova si adoprò a maritarle, dando la maggiore, Adelaide, all'età di 16 anni, ad Ermanno di Svevia, figliastro di Corrado il Salico, e la seconda ad Ottone di Svevia. Appagata quest' ultima con lauta dote, la primogenita venne investita dei vasti territori paterni. Ma, meno di due anni dopo, ella rimane vedova senza figli. Si risposa ad Enrico d'Aleramo, stirpe dei futuri marchesi di Monferrato, e di nuovo, verso il 1045, deve vestire il lutto coniugale. Ed ecco il Biancamano porre l'occhio addosso alla danarosa bisvedova, per il figlio il quale, infatti, impalma la ancor giovane e bella ereditiera. Così il grande fondatore del casato Sabaudo vedeva coronata la sua opera e poteva spirar contento in anno imprecisato, intorno al 1030 (no 1047/48) (Giuseppe Sticca i Savoia)

  Matrimonio Oddone e Matilde
    http://it.wikipedia.org/wiki/Elenco_dei_popoli_celtici

Il matrimonio di Oddone con Adelaide di Torino  apre quindi ai Savoia le porte della pianura padana.  Dei cinque figli avuti in aggiunta a quelli del primo matrimonio  (Gerardo I, conte di Sulzbach; Adalberto I, Conte of Windberg; Adelaide, sposata ad Ermanno di Peugen), Pietro, Berta sposa Enrico IV (imperatore di Germania), Adelaide (2a) Rodolfo di Svezia, muoiono prima di lei e Oddone (2°) prende i voti ecclesiastici ?. Amedeo II che subentra nel titolo al fratello Pietro viene dato per morto anche lui da alcune fonti prima della madre.  Adelaide continua quindi a governare per conto del nipote Umberto II  (il Rinforzato 1065-1103 vedi ritratto sotto a dx) fin quasi alla sua morte che arriva nel 1091. Negli ultimi anni della sua vita conservò sempre la mente lucida; lasciato il governo alfine al nipote Umberto II, si ritirò forse prima a Valperga poi in un piccolo villaggio, Canischio, sopra Cuorgnè, nella Valle dell'Orco, forse per sfuggire alla peste e qui morì e fu sepolta nella chiesa di S. Pietro il 19 dicembre 1091, aveva 76 anni, una bella età per l’epoca. La testimonianza di uno studioso, dice che nel 1775, gli fu mostrato nella chiesa parrocchiale di Canischio, il suo “meschinissimo sepolcro” in uno stato d’abbandono, che rifletteva lo stato di vita modesta dei suoi ultimi anni (in alcuni testi è considerata beata). La suddetta chiesa è stata nel tempo distrutta e del suo sepolcro non esiste più traccia. Un’altra ipotesi degli storici è che i suoi resti mortali, furono trasportati nella cattedrale di S. Giovanni Battista di Torino, ma anche qui non esistono tracce. da Santi e Beati

  Nel 1035, ad opera di San Bernardo di Mentone (923-1008), si costruì sul colle un Ospizio gestito da una congregazione di canonici, allo scopo di ricoverare, assistere e proteggere i numerosi viaggiatori. I Salassi (un nome un programma), tribù celtica della Valle d'Aosta, attrezzarono il colle del Piccolo San Bernardo per comunicare invece con i Ceutroni, loro cugini della Tarantasia. Può darsi che sia stato utilizzato nel 218 a.C. dall'armata di Annibale per attraversare le Alpi.  In seguito, nel 45 a.C., i Romani costruirono, su ordine di Giulio Cesare, una strada che congiungeva Milano a Vienne. È questa la via, chiamata Alpis Graia.

Decisamente il destino  voleva favorire i Sabaudi,  perché, contro  ogni aspettazione, Adelaide diede alla luce successivamente ben cinque rampolli. Era ella, al dire dei contemporanei, donna fornita delle più elette virtù:  ingegno aperto, squisita bontà e religiosità, operosità instancabile, energia maschia; degna appieno dell'elevato posto che la sorte le affidava. I suoi castelli, tra i quali quello di SuSa, eretto sul castrum romano, - giusta la testimonianza di San Pier Damiani che li vide - « risplendevano di superbi arazzi e di arredi di porpora, al pari di regi palazzi, ed ogni parte di essi spirava abbondanza e dovizia », "Il quale San Piero elogia pure in essa la perfetta dama: elogio tanto più prezioso in quanto pronunziato da un religioso, durante quel Medio Evo in cui la Chiesa condannava quasi come poligamia i matrimoni multipli, come quelli di Adelaide. Nel 1062 (o 63) aveva impiantata in Susa la propria zecca, trasportata poi ad Avigliana. Sventuratamente la morte le rapiva anche il terzo sposo: onde nel 1060 si trovò ad avere addosso un ampio Stato protraentesi da Neuchatel (Svizzera) al Mar Ligure ed una numerosa figliolanza. E qui si parve la grandezza di questa donna, che senza sbigottire, vera Elisabetta e Caterina del Piemonte, affrontò la situazione, assumendo la reggenza per i figli minorenni. Forte dell'appoggio imperiale, ella si adopra anzitutto per assicurare al primogenito la Marca di Torino, insidiata ed agognata dagli avidi vicini, il vescovo d'Asti, il marchese del Monferrato, il vescovo d' Ivrea, la Francia padrona di Exilles, dell'alta Val Dora nonchè di Pinerolo ; e riesce a far riconoscere da Enrico IV la dignità di marchese al figlio Pietro. Ma ella ne è tutrice vigile e solerte, e lo sarà sino alla morte di lui, come lo sarà dell'altro figlio e del nipote, talchè l'opera sua si protrarrà per mezzo secolo, sino allo spirare del 1100. Piissima, la « marchesana delle Alpi », come tal uno la chiama, fa donazioni alle chiese, fonda un'abazia presso Pinerolo, dà regalie alla Novalesa, sacrario di studi gareggiante coi cenobii di Montecassino e di Bobbio; facendo tesoro dei consigli, anche in cose politiche e civili, del saggio abate Adraldo di Breme.
Adelaide marita regalmente le figlie: Berta all' imperatore Enrico IV, Adelaide a Rodolfo di Svevia. Vero è che i due si disamorarono presto delle consorti e Rodolfo se ne separò addirittura, per ricongiungersi poi. Si narra, in proposito, che Enrico, per ottenere il divorzio, inducesse un Tizio ad entrare nelle stanze di Berta, per sorprenderla ed accusarla di adulterio, ma che questa, fiutato l'agguato, facesse acciuffar lui, che aveva nascostamente seguito il falso amante, e lo facesse legnare di santa ragione. Del resto, ella, nonostante i torti fattile dal marito, fu una moglie modello, come appare dal pregevole romanzo che su la rassegnata e fedele imperatrice scrisse Virginia De Bellis.  Generosa adunque e soccorrevole era Adelaide, ma, all'occasione, severissima. Lo esperimentò Asti, che aveva espulso il vescovo Girelmo o Gerolamo, perchè sospetto di traffico in cose sacre. Ella vi manda truppe, le quali senza violenze, rimettono il présule in seggio. Senonchè dieci anni dopo la città lo scaccia novamente e resiste alle soldatesche sabaude. Assediata e presa, viene inesorabilmente saccheggiata ed incendiata. E poichè il Papa ne rimbrotta la marchesa, ella risolutamente va a Roma, spiega le faccende ed ottiene il perdono. Quando poi scoppiò la formidabile lotta tra il poter sacro e il profano (imperiale), tra Enrico IV e l'energico papa Gregorio VII, per il divieto fatto da quest'ultimo a chicchessia di distribuir cariche religiose e per la sua decisione di imporlo a mezzo dei valorosi Normanni  di Puglia e della potente contessa Matilde di Toscana , rappresentò la nostra marchesa, un ruolo primario nella questione. 
(Giuseppe Sticca i Savoia)

  Erano secoli bui in tutti i sensi, non sembrerà quindi strano che di qualunque personaggio si parli ci sia una approssimazione superiore al 50%. Non si sapeva chi comandava ma lo sapevi, subito, quando uno si presentava davanti alla tua casa o alla tua bottega ad esigere in malo modo dazi e tasse. Non ci stupiamo se molti personaggi non vivono neanche l'attimo di essere citati in un rigo di storia, ma dobbiamo stupirci di una donna come Adelaide che muore all'età di 75 anni. Mille e non più mille si inventò poi per dipingere a tinte ancor più fosche l'epoca: «Dopo Mille anni Satana sarà disciolto (slegato)» (vedi sotto Carducci). Ma questa notte del mondo sarà anche il risveglio di tante pratiche nuove come l'espansione delle terre arate grazie ad un nuovo aratro (non più il piolo di legno che graffiava il terreno), il pettorale o giogo per gli animali da tiro e quindi più forza, il carro a 4 ruote sempre per quanto detto prima, la rotazione delle colture, telai tessili a pedale, molino ad acqua: Si torna alla moneta metallica e non più al baratto ed emigrazioni nel centroeuropa dettate da varie cause, anche religiose come le persecuzioni ebraiche (vedi link a sx) o tedesche verso est, verso la Polonia e il mondo slavo. Nasce in questa epoca il monachesimo cluniacense (vedi in calce) e le principali cattedrali conosciute ancora oggi. Scrive, all’inizio dell’XI secolo, un monaco di Cluny, un certo Raul Glabre, vissuto tra il 950 e il 1050: Al sorgere dell’anno Mille, su questa terra, specie in Italia e nelle Gallie si cominciano a costruire Chiese. Si sarebbe detto che il mondo si scuotesse per gettare alle spalle le spoglie del passato e si rivestisse dovunque di un bianco mantello di Cattedrali. Naturalmente a tutto ciò fece seguito un incremento demografico difficile da quantificare e su tutto quanto detto aleggiava sempre l'annoso problema del primato della chiesa sul potere civile o profano o viceversa

   I Romani costruirono anche una mansio, destinata ad ospitare i viaggiatori e a fornir loro dei cavalli freschi. Essi avrebbero anche edificato un tempio dedicato a Giove, simile a quello del colle del Gran San Bernardo. Dopo la caduta dell'impero romano, all'inizio del medioevo, i centri di potere si spostano da Milano a Pavia e da Lione a Vienne; così il passaggio del Piccolo San Bernardo è in parte soppiantato dal passaggio del colle del Moncenisio, itinerario meno ripido e meno pericoloso. L'ospizio del Piccolo San Bernardo dapprima viene costruito sul versante orientale (valdostano); in seguito, danneggiato, viene ricostruito dal vescovo Pietro II di Tarantasia sul suolo della propria diocesi, sul versante ovest (versante savoiardo).

Amedeo II

I SARACENI

I saraceni che incontriamo nel racconto (pirati di mare mussulmani) provenivano principalmente dalla Spagna e dalla Provenza, precisamente da La Garde-Freinet (la Frassineto detta) e da qui arrivavano via acqua fino alla Svizzera e in Piemonte oltre che lungo tutta la costa. Tra il 912 e il 920 venne anche saccheggiata l'abbazia di Novalesa, che sorgeva presso il Moncenisio, e Oulx fu quasi rasa al suolo. A Frassineto accorsero presto anche altri banditi locali (fra le file v'erano quindi non pochi cristiani). Nel 972, Guglielmo I di Provenza si mise alla testa di una coalizione di nobili per cacciare i Saraceni e, con l'apporto delle truppe del marchese di Torino, Arduino il Glabro. A Tourtour, ottenne una schiacciante vittoria e liberò la Provenza (e il Piemonte) dalla presenza dei Saraceni.

     

STORIA DI FRANCIA

Alla morte di Carlo Magno, il potere imperiale centralizzato  sotto la sua figura  carismatica si indebolisce e i signorotti che lo fecero grande ripresero a farsi guerra. Una nuova gerarchia emerse ricostruendo dal basso la vecchia divisione in Vassalli e Valvassori, ma questa volta in regime di ereditarietà famigliare da baroni, visconti, conti, marchesi, duchi e principi il tutto con la possibilità di incroci e fusioni. Poteva accadere che signori di basso rango superassero in ricchezza chi stava sopra di loro. Esempio: i duchi di Normandia, che controllavano l'Inghilterra erano più potenti dei re di Francia. I Capetingi sul trono di Francia erano padroni della regione dell' Ile de France (Parigi). Poco dopo la morte di Carlo Magno, tre grandi eventi hanno segnato il futuro dell'impero carolingio:
- La parte est Germanica è separata da quella Ovest, la futura Francia.
- L'Europa dovrà affrontare ancora a distanza di secoli altre invasioni “barbariche” come Saraceni, Ungari, Normanni (o Vichinghi) che costituiscono la minaccia più grande.
- Roberto il Forte, antenato del Capetingi sfiderà gli ultimi sovrani carolingi. Per un secolo le due famiglie si sfideranno per la corona prima che questa cada in modo permanente ai capetingi
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Sedentarietà dei vichinghi (o normanni o uomini del nord) così chiamavano i Franchi queste popolazioni
Alla morte di Eudes nel 898, Carlo il Semplice, che sale al trono come concordato deve riconoscere ai vassalli la divisione del potere per controbattere normanni, ungari e saraceni. Ma il nuovo sistema di governo da i suoi frutti in ambito locale. Una coalizione coi signori del nord riduce i normanni a trattare (sconfitta di Chartres).
- En 911, par le traité de Saint-Clair-sur-Epte, passé entre Rollon et Charles III, la Normandie (terre des Normands) devient un duché donné aux Normands (hommes du Nord), contre la promesse de cesser les raids sur la Seine, de se faire baptiser, d'épouser Gisèle de France, la première fille de Charles le Simple. La sédentarisation des Vikings met ainsi fin aux invasions normandes, et leur chef Rollon se trouve alors vassal du roi de France. En France, les multiples invasions des Scandinaves et des Hongrois avaient considérablement affaibli le pays. La dévastation des régions les conduisit au repli sur soi-même.
Nel  954, Lotario, figlio di Luigi IV diventa re di Francia. La morte nel 956 di Ugo il Grande, il potente conte di Parigi, faciliterà l'inizio del suo regno. Ma il giovane Ugo Capeto, figlio di Ugo il Grande non rinunciava alle sue prerogative ereditarie (se no che feudalesimo era) Eppure il conflitto che lo ha contrapposto a Lotario sembra virare in favore del re carolingio. Ma Lotario si impantana in una guerra con Otto, imperatore di Germania e alla fine del suo regno era molto debole. Suo figlio, Louis V è stato già associato al trono a fianco del padre. Alla
morte di Lotario, Louis è già re, ma la sua situazione è più precaria. Egli affronta il Duca dei Franchi, Ugo Capeto, che ha il sostegno dell'Arcivescovo di Reims, Adalberone. Il sostegno della Chiesa di Reims è importante perché è quello che garantisce la legittimità del re di Francia, lo stesso che battezzò Clodoveo. Ma nel 987, Louis V morì improvvisamente in un incidente di caccia, non ha quindi alcun erede diretto. Con questo solo suo zio Carlo, duca di Lorena, pretende il diritto al trono come discendente. Ma Ugo Capeto, allora conte oltre che di Parigi, di Senlis, Orléans e Dreux, ha giocato le sue relazioni con il vescovo Adalberone prelato potente. Ha approfittato di questa opportunità per essere eletto re da un'assemblea di signori che erano convinti che l'arcivescovo con le parole: " Noi non ignoriamo che Carlo di Lorena ha dei sostenitori: essi sostengono che il trono appartiene a lui per diritto di nascita. Ma noi rispondiamo che il trono non si acquisisce per diritto ereditario. Noi non possiamo che scegliere chi si distingue non solo per il corpo (quarto) di nobiltà, ma anche per la saggezza, che trova il suo naturale supporto nella sua lealtà ... ". Così, il 3 luglio 987, Ugo Capeto fu incoronato nella cattedrale di Noyon dall'arcivescovo Adalberone. Il giorno di Natale dello stesso anno, Ugo associa suo figlio Robert al governo. Cosciente però della fragilità della sua ascesa si preoccupa di assicurare l'eredità del regno a suo figlio in contraddizione di quanto diceva il vescovo (non si sa mai). Metodo astuto che ha permesso di sostituire una monarchia elettiva voluta dai Grandi e in vigore sotto i Carolingi, in una monarchia ereditaria, una garanzia di continuità.

 

Qualcuno, dei Capeto, aveva una opinione leggermente distorta: Così DANTE ALIGHIERI nella Divina commedia - PURGATORIO CANTO XX. Sulla terra fui chiamato Ugo Capeto ... Io fui figlio d'un mercante di buoi di Parigi: quando si estinsero tutti i re dell'antica dinastia dei Carolingi, tranne uno ..(più che quarti di nobiltà questi avevano quarti di bue): Gli Ugo Capeto erano in effetti due e solo il secondo divenne re, cercando poi di cancellare, secondo le consuetudini, le incerte origini - Si sa che, quando le famiglie diventavano grandi e potenti, i genealogisti provvedevano a cancellare le basse origini creando collegamenti che miravano a nobilitarle. La circostanza dei natali d'Ugo il Grande è confermata dal cronista Rodolfo il Glabro, il quale, riferendosi a lui, dopo aver detto che era figlio di Roberto conte di Parigi (poi re), aggiunge che ritiene di tralasciare di parlare della sua genealogia, perché prima di lui risulta molto incerta (da RIVISTA STORICA VIRTUALE ANNO VIII nr. 28 APRILE 2008).

http://www.palazzodelparco.it/palazzo/downbiblio/I COSTRUTTORI DI CATTEDRALI.doc

   
MILLE E NON PIU' MILLE - di Giosuè Carducci

II " terrore " dell’anno mille sarebbe nato da una credenza, riportata dall'Apocalisse, dove si diceva che un angelo incatenerà l’antico serpente per mille anni (20, 1-7) e in questo tempo i giusti regneranno con Cristo mentre dopo, Satana sarà scatenato e sedurrà le nazioni, ma sugli uni e sulle altre scenderà il fuoco e compariranno un cielo nuovo e una terra nuova. Una grossa bufala, che portava il popolo all'isterismo religioso  per farlo risvegliare il 1° giorno dell'anno nella gloria del signore, felice e beato!!!. Oggi si chiamano anche scherzi da prete ancor più perché all'epoca nessuno aveva percepito il passaggio epocale (già ci sono sempre stati problemi con la datazione ante e post Cristo). La leggenda s’impose al punto che non si pensò nemmeno a controllarla nei secoli dopo; dobbiamo arrivare al 1873 per trovare un benedettino che osa contestarla seguito poi da molti altri. Per la profezia Maya siamo quindi sulla buona strada http://humanities.unime.it/riviste/1/harrison.pdf  . Chissà i posteri quante bufale nostrane dovranno smentire e riderci sopra. Carducci che non poteva sapere allora (1868/71) teneva lezioni alla Università di Bologna fra cui il - Discorso I  paragrafo I "Dello svolgimento della letteratura nazionale"  http://www.classicitaliani.it/carducci/prosa/svolg_lett_naz_.htm

V’immaginate il levar del sole nel primo giorno dell’anno mille? Questo fatto di tutte le mattine ricordate che fu quasi miracolo, fu promessa di vita nuova, per le generazioni uscenti dal secolo decimo? Il termine delle profezie etrusche segnato all’esser di Roma; la venuta del Signore a rapir seco i morti e i vivi nell’aere, annunziata già imminente da Paolo ai primi cristiani; i pochi secoli di vita che fin dal tempo di Lattanzio credevasi rimanere al mondo; il presentimento del giudizio finale prossimo attinto da Gregorio Magno nelle disperate ruine degli anni suoi; tutti insieme questi terrori, come nubi diverse che aggroppandosi fan temporale, confluirono su ’l finire del millennio cristiano in una sola e immane paura. – Mille, e non più mille – aveva, secondo la tradizione, detto Gesù: dopo mille anni, leggevasi nell’Apocalipse, Satana sarà disciolto. .....
E che stupore di gioia e che grido salì al cielo dalle turbe raccolte in gruppi silenziosi intorno a’ manieri feudali, accosciate e singhiozzanti nelle chiese tenebrose e ne’ chiostri, sparse con pallidi volti e sommessi mormorii per le piazze e alla campagna, quando il sole, eterno fonte di luce e di vita, si levò trionfale la mattina dell’anno mille! Folgoravano ancora sotto i suoi raggi le nevi delle Alpi, ancora tremolavano commosse le onde del Tirreno e dell’Adriatico, superbi correvano dalle rocce alpestri per le pingui pianure i fiumi patrii, si tingevan di rosa al raggio mattutino così i ruderi neri del Campidoglio e del Fòro come le cupole azzurre delle basiliche di Maria. Il sole! Il sole! V’è dunque ancora una patria? v’è il mondo? E l’Italia distendeva le membra raggricciate dal gelo della notte, e toglieasi d’intorno al capo il velo dell’ascetismo per guardare all’oriente.

  unica immagine conosciuta di Adelaide, stupor mundi

Con Carlo Magno C'era la grande divisione feudale in Vassalli e Valvassori ma d'ora in poi i titoli dei vari signori vengono identificati (dopo la famiglia reale Imperatore Re e Principe), in genere dal più alto al più basso, da sx a dx in : Duca - Marchese – Conte – Visconte - Barone

     
Così narra Ettore Janni (1925): "Nel maggio del 1034, la Valle d'Aosta echeggiava allo strepito di due eserciti in marcia verso il valico del Gran San Bernardo. Schiere di cavalieri si succedevano per quella impervia strada contornata da nevi e monti maestosi. Gli abitanti di quelle contrade, parlanti francese erano a quel passaggio ammirati ma anche intimiditi; inoltre non capivano quella strana lingua, infatti nelle milizie 51 mescolavano linguaggi e accenti italici, soprattutto dialetti lombardi e toscani. A condurre uno degli eserciti il marchese Bonifacio di Toscana, uno tra i più potenti principi d'Italia, signore di molte terre e temuto dai signori delle altre. Alla testa del secondo esercito era l'arcivescovo di Milano, Ariberto d'Intimiano, il più formidabile e il più famoso di quei grandi prelati che oltre ad essere abituati a Impugnare il pastorale come uno scettro, erano sempre pronti per impugnare la spada; e se le parole erano frequenti nelle preghiere latine recitate sui gradini dell'altare, non meno frequenti erano quelle che incitavano alla guerra. Ariberto quando alzava la destra non era solo per dare la benedizione ma per dare comandi ne' fremito delle battaglie. Questi italiani andavano a recar guerra di là dei monti. Ed era una novità per i valligiani. Da secoli quei valichi e quelle valli servivano solo per far scendere come torrenti i barbari in Italia per fare saccheggi, per acquistare dominio, per dettare leggi, per ribadire servitù.  Ora, ecco, gli italiani superavano in armi i baluardi delle Alpi per portare in terra straniera la guerra. Ma la portavano in vantaggio di un Imperatore tedesco, contro i ribelli di Borgogna. Di là dei monti li aspettava Corrado II. scendente verso il Rodano con un altro esercito. Nell'alta valle, al Passo del Gran San Bernardo, li aspettava un signore di Borgogna che aveva il titolo di conte di Aosta e nome Umberto, e che era venuto da parte di Corrado a ricevere quelle milizie nel suo territorio. I capi dei due eserciti, giunti sul passo (dove già sorgeva il famoso Ospizio) scrutarono dubbiosi quel cavaliere già anziano, tra i cinquant'anni e i sessanta, tuttavia nella sua forbita armatura e per essere abituato all'esercizio delle armi manteneva tutto il suo vigore. Come convenuto i due grandi signori d'Italia gli cedettero il comando delle loro milizie. Nell'attesa, Umberto guardando giù li aveva visti faticosamente salire, e chissà quali pensieri ebbe, certamente nè lui nè alcuno poteva immaginare che in quel momento si metteva alla testa di soldati italiani, e che la sua stirpe nel volger dei secoli, sotto l'oscura spinta del destino, avrebbe rifatto passo passo quel cammino, comandato altri soldati italiani, sempre più italiani, fino a cingere la corona del Regno"   Umberto II il rinforzato
     

E' questa l'età d'oro della contessa Matilde di Canossa, della famosa sottomissione di Enrico IV (1077) al papa Gregorio VII (1025/1085) detto anche riformatore. Tutto era iniziato dopo la proclamazione a furor di popolo del Papa. L'antagonismo Impero-Papato voleva ancora formalmente che la elezione venisse riconosciuta o concessa col consenso imperiale. Goffredo il Gobbo di Lorena, marito separato di Matilde, dava la colpa al Papa del fallimento del suo matrimonio perchè la consistente eredità di Matilde sembrava essersi volatilizzata verso Roma: così aveva disposto che succedesse alla sua morte.  L'Imperatore di Germania (spalleggiato anche da alcuni vescovi) e il Papa si scambiarono numerose missive con relative scomuniche.

   Nel febbraio del 1076 dopo un sinodo, che aveva anche formulato il "Dictatus Papae" che al punto 22 stabiliva che - la Chiesa romana non ha mai errato né sbaglierà mai e subito dopo Il pontefice romano, se è stato ordinato secondo i canoni, è indubbiamente reso santo per i meriti del Beato Pietro come testimonia ..... e come è scritto nei decreti del Beato Simmaco papa (e altre amenità che vi esonero dal leggere), venne emesso l'anatema contro Enrico IV.  Il decreto lo raggiunse a Utrecht, presso il vescovo, il 27 marzo. Le alleanze cominciavano a sfaldarsi mentre prendevano piede gli avversari dell'Imperatore. Ad aggravare la situazione ci fu la morte di Goffredo il Gobbo e quella del vescovo di Utrecht colpito da un fulmine all'uscita dalla chiesa, dopo aver tuonato contro il Papa. La leggenda dice che il Vescovo pentito e morente predicesse per se e per i traditori del Papato la condanna eterna. L'accaduto e la voce si sparsero per la Germania e da quel giorno neanche i cani furono dalla parte di Enrico. All'Imperatore non restava che far marcia indietro, visto che anche la Dieta tedesca gli aveva concesso, per ritornare sui suoi passi, un termine che scadeva il 22 febbraio 1077.  Il progettato viaggio papale in Germania (in dicembre)  dovette interrompersi a Canossa anche per motivi climatici. Del resto non conveniva neanche ad Enrico pentirsi in Germania. Decise quindi di scendere in Italia accompagnato dalla moglie Berta di Savoia, il figlio Corrado e una piccola scorta. L'accoglienza in Savoia fu freddina come la stagione. L'Imperatore chiese il permesso e l'assistenza per passare dai valichi alpini innevati (e agibili nonostante la stagione: era una piccola comitiva) e, non trovandosi nella condizione di dettare le condizioni, dovette trattare e cedere ai Savoia una ulteriore provincia in Borgogna.

  Enrico IV a Canossa

"…finalmente lo accogliemmo…nel seno della Santa Madre Chiesa ricevendone le assicurazioni da noi dettate ….e confermate dall'abate Ugo di Cluny (era presente anche un'altro cluniacense futuro papa Urbano II) e dalle nostre figlie contessa Matilde e Adelaide…".  

Il PERIODO D'ORO

   

Lo sviluppo di Torino conobbe una brusca frenata nel 1630, con la terribile peste che decimò gli abitanti. I regni dei successori di Carlo Emanuele furono deboli e caratterizzati dalle reggenze delle Madame Reali, prima Cristina di Francia e Giovanna Battista di Savoia-Nemours poi che si appoggiavano alla Francia. Contestate dai potenti cognati Maurizio e Tommaso di Savoia  (appoggiati  a loro volta dalla Spagna), conseguirono il risultato di una larvata occupazione della città da parte dell'esercito francese. Il clima sembrò rasserenarsi con l'ascesa al trono di Carlo Emanuele II  nel 1663 e con la successiva reggenza di sua moglie Giovanna Battista di Savoia-Nemours. 

  Amedeo primo Re di Sardegna
 http://www.cartantica.it/pages/EpopeaSavoia.asp tutta la storia    
CLUNY - Il segreto: di Raymond Oursel, Papi e Antipapi
http://www.romaspqr.it/ROMA/Cronologia-Papi.htm    
*L'ordine di Cluny o Cluniacense è un ordine Benedettino creato il 2 settembre 909, quando Guglielmo I, duca d'Aquitania, donò la villa (il borgo tutt'ora esistente) di Cluny all’abate di Baume, per fondarci un monastero. L'abbazia fu avviata l’anno dopo dal Duca "il Pio". Dopo appena un secolo, il monastero era al suo massimo splendore culturale, divenendo centro di un'immensa congregazione cui facevano capo ca. 1629 case riformate e 1450 case annesse, legate tra loro e sottomesse al Papa. Fu modificato il primitivo individualismo benedettino che faceva di ogni monastero un centro indipendente di vita religiosa, retto soltanto dall'abate. All’arciabate sottostavano tutti i priori che governavano le varie case e che egli eleggeva nelle visite canoniche e nella celebrazione dei capitoli. Il senso più vero della riforma clunacense consiste però nella rigida moralizzazione della vita della Chiesa che, intorno al Mille, era attraversata da molti mali: simonia (mercato di beni spirituali e religiosi ), vendita delle cariche ecclesiastiche, mancato rispetto del celibato ecclesiastico e di peggio. Causa di tutto questo la nomina a Vescovi Conti di loschi personaggi da parte dell’Imperatore. A metà secolo XI il papato è pronto a tentare lo scontro frontale: Leone IX (1048-1054) depone i vescovi simoniaci in Francia e nel 1059 Nicolò II fa approvare da un concilio la trasformazione della procedura stessa di elezione del pontefice. In precedenza, questi era eletto dai nobili e dal popolo di Roma, con la necessaria approvazione dell’imperatore. Con la riforma del 1059 questa elezione veniva invece ristretta ai principali membri del clero romano (i cardinali). L’ulteriore chiesa (fabbricato) cluniacense del 981 intanto si era rivelata troppo piccola per accogliere i 250 monaci e i numerosissimi fedeli che quotidianamente seguivano le funzioni religiose.  
La costruenda nuova chiesa divenne così la più grande della cristianità;era lunga 187 m. e la sua altezza era di 30 m. al punto più alto sotto la volta (un palazzo di 11 piani) La navata è larga 50 metri, il perimetro del solo complesso abbaziale è oltre 500 metri, con i suoi quattro campanili maggiori e le due torri di facciata (nell'immagine a destra virtuale), la chiesa superava in bellezza e perfezione le più grandi chiese del tempo (due campi di calcio). A periodi di splendore si alternarono periodi di crisi anche religiosa. La mazzata finale venne dalla rivoluzione francese. L'abbazia è messa all'asta e viene acquistata da commercianti di materiali edili che, dopo qualche resistenza del sindaco e più tardi di un distratto Napoleone, smantellano per anni gli imponenti edifici. I campanili furono fatti crollare ed una strada fu aperta al centro della navata; molte delle case dell'attuale villaggio sono state fatte con i materiali dell'abbazia.   Ricostruzione virtuale
Savoia: cartografie - origini - evoluzione   http://digilander.libero.it/trombealvento/guerra2/varie/savoiaorigins.htm http://digilander.libero.it/trombealvento/guerra2/varie/piantine.htm

Un viaggio in quella landa disabitata costeggiata solo dal TGV può riempirvi la giornata. Non mangiate in paese ai soliti ritrovi del turista. Quello che resta oggi è solo 1/10 dello splendore di una volta: restano
– le due torri Barabans, le cui parti superiori sono scomparse
– il muro sud dell'avanti-navata
– il braccio sud del grande transetto con il campanile dell'Acqua benedetta a nord e la torre dell'Orologio a sud
– la cappella di Giovanni di Borbone
L’ordine di Cluny diede alla chiesa diversi Vescovi, Santi (Gli abati Mayeul e Odilon, Pietro il Venerabile, Ugo) e Papi come Ildebrando di Soana, futuro papa Gregorio VII, avversario di Enrico IV (quella di Canossa), Odone (1040/1099) già priore diventato papa con il nome di
Urbano II (che indisse la prima crociata vedi a fianco e sotto) e Pasquale II. Qui mori anche Gelasio (1119)

 

« Deus le volt » (Pietro, l'eremita dei pezzenti) "Uccidi un ebreo ed avrai salva la tua anima" http://digilander.libero.it/trombealvento/guerra2/varie/migranti.htm   

 

E fu proprio Urbano II che dalla Francia, nella sua opera moralizzatrice e pacificatrice innescò nel 1095 (qualcuno dice male interpretato termine molto in voga oggi quando si dice una cosa poi non si vorrebbe averla detta), la prima "crociata" per la liberazione della terra Santa (vedi link sotto per omelia tenuta a Clermont Ferrand. Questa Crociata, detta dei pezzenti, poi virerà in antisemita)

«Si mosse in quest'anno un'infinità dì Cristiani Crocesegnati alla volta dell'Oriente, composta dalla schiuma di tutti i masnadieri e della canaglia della Francia; Germania ed Inghilterra, e con loro andarono femmine da partito senza numero. Un corpo d'essi era condotto dal romito Pietro (Pietro l'eremita). La prima prodezza, che fecero in Germania fu dì perseguitare, svaligiare, uccidere, o pur forzare (obbligare) quanti Giudei trovarono ad abbracciar la religione dì Cristo ... ».

(L. A. Muratori, annali d'Italia, VI 1001-1170, Napoli 1752) 

                                                                               

   


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