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Finanzieri preunitari o
Bersaglieri Garibaldini
DEL TEBRO |
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Ogni
Stato che in secoli recenti ha provveduto a vigilare ed a tutelare le proprie
leggi patrimoniali, doganali e sui redditi ha costituito Corpi di Finanza. I rapporti commerciali via mare o via terra, d’altronde facevano di questa pratica una ancor più antica prassi
nella riscossione di gabelle e imposizioni varie*. La storia del Corpo Italiano ha inizio nel 1774 con la costituzione in Piemonte della Legione truppe leggere incaricata della difesa doganale e militare delle frontiere e dei passi
(allora l'unico sbocco a mare era Nizza).
La legione dette brillanti prove di valore nelle campagne contro la Francia dal 1792 al 1795
(battaglie di Authion (6/1793) e Loano (11/1795)). La
contemporanea costituzione in Francia di analogo corpo, all’interno della compagine rivoluzionaria, ne fece un modello esportabile
per tutta Europa, specialmente con Napoleone che aveva sempre
uno smisurato bisogno di denaro.
Il Corpo Francese composto d'oltre 40.000 uomini a piedi ed a cavallo, con una impronta prettamente militare, acquistò grande fama nel periodo del blocco
continentale imposto dagli Inglesi. I finanzieri imperiali
“Chasseurs verts”, parteciparono altresì, ordinati in legioni e battaglioni, a tutte le campagne di guerra napoleoniche. Anche i finanzieri
napoleonici italiani, compresi quelli di Napoli, del Murat, si distinsero nella difesa delle coste dalle incursioni inglesi, durante il blocco
(Gaeta1808,
Calabria1809, Noli1812) e nelle campagne napoleoniche del 1813. Con la Restaurazione, in Piemonte fu ricostituita la Legione reale leggera mentre altri Stati italiani conservarono
il modello dell'ex corpo napoleonico.
Nel 1836 a Roma venne istituito il Corpo della Cavalleria di Finanza Pontificia
con compiti extra cittadini, di scorta e d'ordine pubblico, nonché di vigilanza
fiscale. Nel 1848 vari corpi dai vari stati italiani parteciparono ai moti insurrezionali ed alle campagne di guerra. Soprattutto nelle 5 giornate di Milano e nella difesa di Roma, in cui scrissero pagine di valore i bersaglieri lombardi
di Manara (che
comprendevano anche 450 finanzieri lombardi) ed i Bersaglieri del Tebro (nome assunto dai finanzieri romani mobilitati -Tebro
sta per Tevere) al comando di Felice Orsini e di
Zambianchi. Garibaldi utilizzò i Bersaglieri di Manara
(divenuti Reggimento per la fusione con altre compagnie di bersaglieri trentini, di Pietramellara nonché delle compagnie
dei Bersaglieri del Tebro) nella battaglia per la conquista di Villa Corsini
o Casina dei quattro Venti. Il copricapo dei finanzieri romani assomigliava anche al Fez
(salvo la visiera),
copricapo che i bersaglieri ancora non avevano adottato e non conoscevano.
*Col
termine Gabella, si identifica nei secoli e negli anni passati una forma di
tassazione sorgente nell’azione di scambiare beni e merci. Tale forma di
tassazione progenitrice delle ultime tasse moderne colpiva così beni di primaria
necessità e non, come i materiali da costruzione. Abbiamo fatto l’esempio dei
materiali da costruzione perché i frequenti terremoti o inondazioni venivano a
gravare doppiamente sulla classe meno abbiente che abitava in zone disagiate. I
Dazieri gabellieri hanno continuato la loro attività fino ad anni recenti (INGIC
- Istituto Nazionale Gestione Imposte di Consumo soppresso nel 1974, i cui
impiegati sono passati a costituire i primi uffici iva). La vecchia gabella
comunale era di solito identificata alle porte della città da un “casotto” (così
lo chiamavano) da cui non potevi evitare di passare per essere perquisito. Le
cinta murarie delle città favorivano questo. Spesso si era anche dotata di una
pesa su cui facevano salire le merci per essere tassate al chilo.
In Italia il primo sistema tributario
unitario fu istituito (1860 - 1864) sulle basi di quello efficiente e gravoso
vigente nel Regno di Sardegna. L’attuale amministrazione della Agenzia delle
Dogane, risale all’Azienda delle Gabelle Sarde che, entrata a far parte del
Ministero delle Finanze nel 1843 con la denominazione di Direzione Generale
delle Gabelle e delle Privative, divenne nel 1918 Direzione Generale delle
Dogane e delle Imposte Indirette. Alla proclamazione del Regno d’Italia (1861)
la Direzione Generale delle Gabelle e delle Privative comprendeva vasti settori
dell’attività fiscale: i servizi delle Dogane; delle manifatture di Tabacchi,
delle Saline, dei Dazi di Consumo, e, infine, il Corpo della Guardia Doganale.
Corpo
della Regia Guardia di Finanza
Compiuta l'unificazione d'Italia, nel 1862 viene istituito il "Corpo delle
Guardie Doganali", al quale si affida la vigilanza
doganale nonché la difesa
dello Stato in tempo di guerra. Finanzieri presero parte, con una compagnia alla III guerra di indipendenza, allo Stelvio ed al Tonale e nel 1870 all’occupazione di
Civitavecchia, porto doganale del Papato.
Con la Legge 8 aprile 1881, n. 149, il Corpo delle guardie
doganali assume "titolo a uffizio" di "Corpo della Regia Guardia
di Finanza"
e fu dichiarato parte integrante delle forze armate dello Stato. Nel 1907 gli furono concesse le stellette e nel 1911 ottenne la bandiera di guerra. Nel 1912 la Regia Guardia di Finanza prese parte alla guerra di Libia ottenendo un encomio solenne. Le Fiamme gialle parteciparono, con 18 battaglioni mobilitati, alla guerra 1915-1918 sostenendo aspri combattimenti su tutti i fronti. La Guardia di Finanza, entro la fine del 1916, dimezza
però gli effettivi e costituisce il Primo gruppo (reggimento) Guardia di Finanza. Al V btg. RGF si affianca il IX btg. formando il Reggimento Provvisorio Guardia di Finanza. In maggio del 1916 sarà aggiunto il XVII btg. Il 5 luglio del ’18 il VII e l’VIII battaglione, impegnati da molti giorni in combattimenti offensivi sul basso Piave, concludevano brillantemente l’azione per la quale al VII
fu concessa la medaglia di bronzo al valor militare.
La Guardia di finanza prese parte, nel 1935-’36 alla Guerra Italo – etiopica costituendo successivamente il servizio d’istituto in AOI. Nella seconda guerra mondiale il Corpo mobilitò ancora 18 battaglioni, oltre i reparti di frontiera e costieri, quelli della Libia e quelli dell’AOI, dell’Albania e dell’Egeo, nonché tutto il naviglio che passò a disposizione della marina. Al naviglio della Guardia di finanza sarà poi concessa la medaglia d’argento al valor militare. Dopo l’8 settembre ’43, i battaglioni della Guardia di finanza dislocati nei Balcani parteciparono alla resistenza contro i tedeschi
come in Albania e nel Montenegro ove due battaglioni, il VI e il XV si unirono alla divisione Venezia prendendo parte alle sue epiche gesta nella divisione partigiana Garibaldi. Il VI fu insignito di una medaglia di bronzo. A Cefalonia ed a Corfù, a fianco dei reparti della Divisione Acqui,
il 1° battaglione Guardia di finanza s’immolò meritando la massima ricompensa per la bandiera: la medaglia d’oro al valor militare.
I Bersaglieri del Tebro,
Finanzieri romani a piedi
Il reparto, così
denominato, della consistenza di uno squadrone circa,
combatteva coi Lancieri o Cacciatori della Morte di Angelo Masini detto Masina.
Masina nato a Bologna nel 1815, iniziò da subito in Italia e fuori la sua
guerra personale contro le monarchie. Arrestato e rilasciato più volte dai
pontifici, nel 1848 si trovava confinato a Castel S. Angelo. L'amnistia
papalina, provvidenziale, gli ridiede la possibilità di partecipare coi
Cacciatori (Bersaglieri) dell'Alto Reno di Zambeccari ai combattimenti di
Vicenza col Generale pontificio Durando (poi sconfessato). Dopo l'armistizio, a
sue spese con romagnoli e sammarinesi, trasforma i volontari in Cavalleggeri dell'Alto
Reno poi Lancieri della Morte.
Il copricapo dei Lancieri e dei Finanzieri era
molto simile e si rifaceva ad un Fez floscio di colore rosso, rosso come erano
altre parti della divisa di entrambi i corpi. A fine aprile del 1849 Masina si
sposta coi suoi uomini a Roma a disposizione della Legione Italiana di
Garibaldi. Lo squadrone di lancieri (90) e un mezzo squadrone di
Finanzieri (30) costituirono la Cavalleria Franca. A Porta Angelica il 30
aprile 1849 i primi scontri con i Francesi, Il 10 maggio a Palestrina e il 19 a
Velletri coaudiuvati dai Bersaglieri del Manara contro le truppe napoletane in
ritirata. Qui cade il caporale dei finanzieri Nicola Paolini e qui anche
Garibaldi finisce a terra sotto un mucchio di uomini e cavalieri. Data la
situazione viene da molti
considerato morto e nei giorni seguenti si dirà che un suo sosia sta al comando
delle truppe. Il 26 maggio viene
imposto a Garibaldi di rientrare a Roma, ormai minacciata nelle mura perimetrali. Il 3 giugno Angelo Masina sulla gradinata di Villa Corsini cadeva, colpito al petto, coi pochi uomini che gli
erano rimasti dopo una giornata di scontri furiosi.
Dalle memorie di Garibaldi:
" .. in questa circostanza vidi per la prima volta a Bologna il valorosissimo
Masina, un uomo che basta vedere una volta per amarlo e apprezzarlo..... dotato di
un grande prestigio personale, infiammava o raffreddava il popolo a seconda
della bisogna..".
Sfogo di Garibaldi (sempre dalle sue
memorie) " Più tardi a Roma nel 1849 io consigliai
di chiamare Mazzini e fu un consiglio stolto. Uomo di grandi teorie ma di
pratica nessuna. Parla sempre di popolo, ma non lo conosce. Autorevole come egli
appare a chi non l'avvicina..... s'arrivò al sistema aborto del triumvirato...
Avezzana
veterano di 100 battaglie fu mandato ad Ancona dove non ce n'era bisogno e
sostituito nel comando da Roselli.
E queste sono le conseguenze del despotismo
quando si allontana il merito per sostituirlo con la docilità... Quando entrammo
nel regno (napoletano) una divisione si arrese ai pochi bersaglieri di Manara.
Se i prodi della Sicilia ci avessero dato una mano i Borboni sarebbero caduti 11
anni prima (1849-1860). .. il generale in capo (Mazzini) aveva deciso di concentrare tutte le
forze in Roma e questo era anche il desiderio di Bonaparte (Luigi) che così
poteva annientarci in un sol colpo. Nel 1854 mi trovavo ammalato, dopo il
viaggio dall'america, e lessi su alcuni giornali ch'io sarei sbarcato in Versilia (capitolo Felice Orsini) con migliaia di uomini per cooperare a una
operazione del grande capo (Mazzini). Quella volta parlai di inganni e i
mazziniani mi coprirono di contumelie..."
Callimaco
Zambianchi. Comandante dei finanzieri romani
Zambianchi era un gigantesco romagnolo cinquantenne, fanatico anticlericale, torturatore e giustiziere di preti durante la Repubblica Romana. Quello che
per Garibaldi era un auspicio, per lui diventava un ordine. Era inviso a molti, specie
al Mazzini che perorava un diverso atteggiamento verso il Papato. Quando i
garibaldini partirono da Quarto nel 1860, non avevano sulle navi munizioni sufficienti per l’impresa. La Società Nazionale aveva mandato armi e denari, ma non
munizioni sufficienti.
I Mille salparono ugualmente per Talamone e Orbetello (ex Stato dei Presidi che
comprendeva fino al 1801 Orbetello, Porto Ercole, Porto S. Stefano e Talamone,
ai quali si aggiunse Porto Longone nel 1602), dove riuscirono a
"farsele dare" dai governativi con alcuni cannoni. Per far credere che fosse Roma l'obiettivo della spedizione, Garibaldi avviò il colonnello Zambianchi con sessanta uomini, verso lo Stato Pontificio. Rifornitisi pure di viveri e di carbone, il pomeriggio del 9 maggio i garibaldini presero la rotta della Sicilia, lasciando Zambianchi
a distrarre l'attenzione dalle navi. Forse Garibaldi se lo voleva anche togliere dai piedi o forse pensava che comunque fosse andata era la persona giusta nel punto giusto.
Zambianchi avviatosi verso il confine pontificio, ingrossò le sue file con nuovi volontari, raggiungendo la forza di 320 uomini che divise in tre compagnie, al comando di Elìa Stèccoli, Andrea Sgarallino e Giuseppe Guerzoni.
Era di stanza ad Orbetello il 25° battaglione Bersaglieri, e quindi in grado di
intervenire se la situazione fosse stata giudicata anomala. Non era anomala e
peraltro concordata con Cavour. I nostri cedettero capsule e munizioni. Un gruppo di
bersaglieri disertò unendosi a Garibaldi verso la Sicilia e un altro con Zambianchi (ma furono ripresi pochi giorni dopo).
Un fatto simile avvenne anche a
Ferrara qualche giorno dopo, ma fu isolato per non mettere sul chi vive il
Papato. La notte fra il 18 e il 19 maggio sconfinavano nello Stato pontificio raggiungendo Làtera, nel viterbese, dove le autorità diedero l'allarme. Passarono una nottata in bevute, tanto che nella tarda mattinata del 20 maggio, furono sorpresi da una furiosa carica
di pochi gendarmi pontifici a cavallo, guidati dal trentottenne colonnello Georges de Pimodan. Malgrado Zambianchi fosse ubriaco, i garibaldini si riorganizzarono, respingendo il secondo attacco. Temendo l'arrivo di rinforzi Zambianchi, ritornato cosciente, ordinò la ritirata e rientrò in Toscana, dove le tre compagnie furono disarmate e sciolte da un distaccamento del 1°
granatieri. Condotto ad Orbetello Zambianchi riuscì a fuggire, ma a Genova fu arrestato di nuovo. Ottenuto un passaporto per l'America, s'imbarcò, ma durante la traversata “cessò” di vivere.
Questa una versione.
L'altra lo fa morire 2 anni dopo in sud America.... Liberato dopo alcuni mesi,
lo scomodo personaggio fu inviato in esilio in America Latina, secondo alcuni
storici dietro l'offerta, da parte dello stesso Cavour, della considerevole
somma di 20.000 lire. Come ricostruì Giuliano Oliva 11 , Callimaco Zambianchi
non morì affatto sul piroscafo che stava per giungere a Buenos Aires, anzi visse
qualche altro anno....,Con il grado di colonnello ingegnere, Zambianchi
partecipò: "... alla campagna che felicemente portò il lodevole risultato
dell'unione nazionale..." 12 . Destinato al comando delle fortificazioni di San
Nicolas de los Arroyos, Zambianchi ristabilì la batteria dell'Alto Verde,
predisponendo anche un piano di difesa per tutta la città, evitando così colpi
di mano nemici. In seguito Callimaco Zambianchi passò in forza al I Corpo
dell'Esercito,alle dirette dipendenze del Colonnello Wenceslao Paunero,
Ispettore Generale delle Armi. Con tale unità egli prese parte alla spedizione
diretta all'interno della Repubblica, precisamente verso Cordoba che era stata
conquistata alla causa di Buenos Aires. Mentre si trovava in marcia con il suo
reparto, a causa di una malattia che si era aggravata a causa delle fatiche del
servizio e della mancanza della necessaria assistenza ospedaliera, Zambianchi
entrò in coma irreversibile. A pochi mesi dalla brillante vittoria del suo amico
Mitre, il povero esule italiano morì nella stessa Cordoba il 13 febbraio 1862.
MEDAGLIERE
DELLA GUARDIA DI FINANZA
Medaglia d'oro per il I battaglione mobilitato Guardia di Finanza concessa con D.P. del 26 luglio 1950:
……teneva fede alle leggi dell'onore militare e, a fianco dei reparti della divisione «Acqui» nella tragica ed eroica resistenza di Cefalonia e di Corfù, dava largo, generoso contributo di sangue, battendosi in condizioni disperate ed immolandosi in glorioso olocausto alla Patria».
Cefalonia-Corfù, 9-25 settembre 1943.
Medaglia d'oro per il Dragamime 36 della Guardia di Finanza concessa con D.P.R. dell’ 8 maggio 1972: ….attaccato nella notte del 20 gennaio 1943 da preponderanti forze navali nemiche, correva incontro all'avversario nell'eroico intento di coprire e salvare le altre unità della formazione, fino a trovarsi a portata delle proprie modestissime armi di bordo…. Sublime esempio di indomabile spirito aggressivo, di sovrumana determinazione e di dedizione al dovere sino al supremo sacrificio».
Mediterraneo centrale, 20 gennaio 1943.
Medaglia d'oro per la partecipazione alla Guerra di Liberazione D.P. dell’ 18 giugno
1984: …..In Patria e oltre confine, nel corso di 20 mesi dall'olocausto di Cefalonia-Corfù, sia isolati, sia in formazioni patriottiche italiane e straniere, sia affiancati a unità operanti alleate, dispiegarono a duro prezzo salde virtù di combattenti; con il Corpo Volontari della Libertà ….. I 1.100 caduti, i 2.000 feriti, i 5.000 deportati, le 193 ricompense al V.M., le promozioni per merito di guerra, rappresentano e testimoniano il tributo di sacrificio, di valore e di sangue, offerto da una eletta schiera di Fiamme Gialle combattenti, alla nobile causa della Libertà».
Zona di guerra, 8 settembre 1943-26 aprile 1945.
Medaglia d'argento per il naviglio della Guardia di Finanza concessa con D.P. del 29 luglio
1949:……cooperava con la Marina Militare, con perfetta efficienza di uomini e di mezzi, nell'assolvimento del gravoso compito di vigilanza alle coste nazionali e di oltremare, …Successivamente all'armistizio, tenendo fede alle leggi dell'onore militare, concentrava le superstiti unità e, pur menomato nei mezzi e negli uomini per le notevoli perdite subite, iniziava con rinnovato ardimento la lotta contro il tedesco aggressore.
Mediterraneo, 10 giugno 1940-8 settembre 1943. Tirreno-Adriatico, 9 settembre 1943-8 maggio 1945.
Medaglia d'argento per il III battaglione mobilitato Guardia di Finanza concessa con D.P. del 15 marzo
1950:…. «Operante con scarsi effettivi e mezzi inadeguati, in zona particolarmente difficile per condizioni ambientali, contro agguerrite, preponderanti forze, imbaldanzite da precedenti successi, reagiva con superbo vigore a reiterati attacchi opponendo ostinata resistenza …….a corto di munizioni, si svincolava con abile manovra e contenendo l'incalzante nemico in accaniti combattimenti, riusciva, coi resti valorosi, a raggiungere la nuova linea difensiva che si era potuta predisporre in virtù della eroica, prolungata azione ritardatrice affidata al fiero Battaglione.
Fronte greco-albanese, novembre/dicembre 1940.
Medaglia d'argento per il gruppo mobilitato misto Guardia di Finanza dell'Eritrea concessa con D.P. del 13 dicembre
1948:… «Per quasi tre mesi, in clima tropicale ed in zona desertica, concorse alla difesa della piazzaforte di Massaua, dando prova di elevato spirito guerriero. …. resistette con tenacia ed eroismo sulle proprie posizioni ai reiterati violenti attacchi di preponderanti agguerrite forze che respinse infine con forti perdite. Col valore e col sacrificio, tenne in onore il prestigio delle armi italiane».
A. O., 23 gennaio-8 aprile 1941.
Medaglia d'argento per il Battaglione mobilitato misto Guardia di Finanza dell'Amhara concessa con D.P. del 10 febbraio
1953: «In lungo ciclo operativo nel Bassopiano Sudanese e nell'interno dell'Amhara brillantemente concorreva alle operazioni militari, distinguendosi per ardore combattivo, mirabile saldezza, ferrea disciplina e infrangibile tenacia; …. Col generoso contributo di eroismo, di sacrificio e di sangue. Rinnovava così in terra d'Africa le gloriose tradizioni delle Fiamme Gialle d'Italia».
Territorio Amhara (A.O.), giugno 1940- Gondar novembre 1941.
Generale di Corpo d'Armata Achille Borghi
Comandante dal l° febbraio 1915 al 24 maggio 1915 e dal 1°
marzo 1917 all'agosto 1918 per decesso. dal sito
http://www.gdf.it
Il 4° Comandante
Generale del Corpo
della Regia Guardia di Finanza, Tenente Generale Achille BORGHI, fu nominato sottotenente
nel 1876 ed assegnato al 4° reggimento bersaglieri, presso il quale rimase anche
da tenente e da capitano. Passato al 1° cacciatori del Corpo speciale d'Africa
prestò servizio in terra africana dal 1887 al 1889 allorché fu rimpatriato ed
assegnato al 10° reggimento bersaglieri.
Le successive promozioni ai gradi di maggiore, tenente colonnello e colonnello
lo portarono rispettivamente ai reggimenti di fanteria 37°, 78° e 82° col quale
ultimo partì per la Libia per la campagna di guerra Italo-Turca. Nel 1913 fu promosso maggior generale ed assunse il comando della brigata
Valtellina che tenne fino al 1° febbraio 1915 quando venne nominato Comandante
Generale della Regia Guardia di Finanza. Rimase però poco nel Corpo perché allo
scoppio del conflitto mondiale entrò a far parte delle truppe mobilitate tenendo i comandi della brigata di fanteria Lazio e delle
divisioni 32^, 14^, 36^ ed ancora della 24^. Assunse nuovamente il comando della
Regia Guardia di Finanza il 1° marzo 1917 e lo tenne fino a che la morte lo
colse, il 10 agosto dell'anno successivo, in piena attività di servizio.
Fu decorato di due Medaglie d'argento al valor militare durante la campagna di
guerra Italo-Turca ed insignito della Croce al merito di guerra, della Medaglia
a ricordo delle campagne d'Africa, della Medaglia commemorativa della guerra
Italo-Turca, della Medaglia commemorativa della guerra 1915-1918, della Medaglia
a ricordo dell'Unità d'Italia, della Medaglia interalleata della Vittoria, della
Croce d'oro con Corona Reale per anzianità di servizio, della Croce d'ufficiale
dei SS. Maurizio e Lazzaro e della Croce di Grand'ufficiale dell'Ordine della
Corona d'Italia.
Venivano inoltre dal
corpo dei bersaglieri il 2° comandante della Gdf il Gen. Tullio
Masi già comandante il 3° Bersaglieri dal 1897 al 1901. Venivano dai
Bersaglieri 20° comandante Gen. Umberto Rosato, il 23° comandante Gen. Raffaele
Giudice in servizio all'Ariete (8°) e alla Centauro
Il
Generale di Corpo d'Armata Raffaele Giudice nasce a Palermo il 31/10/1915 e
frequenta l’Accademia Militare. Come ufficiale inferiore ha partecipato, dal
1939 al 1943, alle operazioni di guerra in Albania ed in Africa Settentrionale.
E' decorato di una Medaglia d'Argento e di una Croce di Guerra al Valor Militare
e di una Croce di ferro di 2^ classe. Dopo aver comandato, dal 1959 al 1960,
l'8° Reggimento Bersaglieri "Ariete", è stato Capo di Stato Maggiore del Comando
Regione Militare della Sicilia dal 1960 al 1961, Capo di Stato Maggiore del
Comando Militare Meridionale dal 1961 al 1963. Ha poi comandato la Brigata
Corazzata "Centauro" sino al 1966 e retto una Sezione del Centro Alti Studi
Militari negli anni 1967-1968. Nel 1969/1970 ha comandato la Divisione Corazzata
"Centauro" e con la promozione a Generale di Corpo d'Armata nel 1971, ha retto,
dal febbraio 1973, il Comando della Regione Militare della Sicilia. Il 31 luglio
1974 è stato nominato 23 ° Comandante Generale della Guardia di Finanza
e il 29° comandante Luigi Ramponi Colonnello al 1° Reggimento e
Generale alla Brigata Garibaldi.
Il
Generale di Corpo d'Armata Luigi Ramponi è nato a Reggio Emilia il 30 maggio
1930. Dopo l'Accademia Militare e la Scuola d'Applicazione d'Arma a Torino viene
nominato Sottotenente dei Bersaglieri (1951). Dopo aver frequentato il corso di
abilitazione al lancio con paracadute e quello di pilota osservatore
dell'Esercito, ha comandato reparti aerei del 4° e 8° Reggimento di Artiglieria,
del Centro Addestramento Aviazione Leggera dell'Esercito e, successivamente l'XI
Battaglione Bersaglieri della Divisione "Folgore". Ha frequentato dal 1965 al
1968 la Scuola di Guerra dell'Esercito ed ha ricoperto incarichi di Stato
Maggiore presso il V C.D.A. E' stato insegnante presso la Scuola di Guerra e dal
1977 al 1980 ha ricoperto l'incarico di Addetto Militare presso l'Ambasciata
d'Italia a Washington. Promosso Colonnello nel 1972, ha comandato il 1°
Reggimento Bersaglieri. Nominato Generale nel 1979, ha comandato la Brigata
meccanizzata "Garibaldi" e dal 1982 al 1985 è stato Comandante della Regione
Militare della Sardegna. Dal 5 dicembre 1985 ha ricoperto la carica di Capo
Ufficio del Segretario Generale della Difesa e Direttore Nazionale degli
Armamenti. Il 1° aprile 1988 è stato nominato Sottocapo di Stato Maggiore della
Difesa. Dall'11 gennaio 1989 al 31 agosto 1991 è stato Comandante Generale della
Guardia di Finanza.
Non viene
classificato nell'album dei comandanti generali pur avendone fatto parte in
circostanze particolari
Il Gen. Oreste Moricca, valente schermidore (oro a
Parigi nel 1924) che ricoprì la carica di primo comandante dell'Italia liberata
al sud nel 1944. La sua scheda è al link
http://digilander.libero.it/lacorsainfinita/guerra2/personaggi/moricca.htm
Il gen. Moricca assunse il comando , che da allora venne designato “ Comando
della R. Guardia di Finanza dell‘ Italia liberata ”, il 1 marzo 1944 e si dedicò
subito con grande energia alla riorganizzazione del Corpo ed al miglioramento
dell’efficienza del servizio scaduto per le travagliate condizioni economiche e
sociali in cui versava il Paese da quasi un anno. Dopo la conquista di Roma da
parte degli anglo-americani, il Comando Generale della R. Guardia di Finanza
dell’Italia liberata si trasferì nella capitale (1 agosto 1944) al seguito del
Governo, e sotto la stessa data il gen. Moricca cessava dalle sue funzioni
interinali che furono riassunte dal gen. Aldo Aymonino, comandante generale fino
all’8 settembre1943 autosospesosi per non dover prestare servizio agli ordini
del regime nazifascista.

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