LA GUERRA CIVILE SPAGNOLA
I volontari Italiani - Le Brigate Internazionali,
C.T.V.- carristi, Capa, Garcia Lorca, Guernica e
la Violenza
In Spagna nel 1931, dopo gli anni della dittatura del Gen. Primo De Rivera salito al potere
in tempi e circostanze non dissimili da quelle di Mussolini, furono indette nuove
elezioni. Il risultato fu una vittoria insperata delle opposizioni, di
sinistra e non, frammentate però in una decina di formazioni diverse.
C'erano i
catalani separatisti (ci sono ancora), i monarchici liberali, gli anticlericali, i comunisti
ecc... Il caos che si venne a creare nella formazione del governo indusse il Re
Alfonso XIII a lasciare il paese. Fu proclamata la Repubblica, cercando di
coinvolgere anche i cattolici classe consistente, nella stessa coalizione dove
sedevano gli anticlericali. Le nuove elezioni del 1933 ribaltarono il verdetto
con l'unico risultato d'avere governi precari di durate limitate, che ben
conosciamo in Italia. Nel 1936, un'altra tornata elettiva, portò i progressisti
di nuovo al governo, con l'innesco di un clima di terrore e violenze in tutto il
paese. Si direbbe che la democrazia dell'alternanza qui funzionasse
egregiamente. L'esercito, che a suo tempo aveva permesso a De Rivera l'ascesa al
potere, questa volta fu al fianco del Gen. Francisco Franco che con un
pronunciamento dalla colonia africana del Marocco si assunse l'onere di
riconciliare l'intera Spagna ad ogni costo e nell'interesse della Corona. Sbarcato
sul suolo spagnolo a fine luglio, iniziò una lenta marcia verso il Nord per la conquista del
paese.
La diplomazia europea.
La guerra pose per la prima volta sullo stesso campo
di battaglia, l’uno di fronte all’altro, il comunismo ed il fascismo.
Qualche storico dice che già la prima guerra mondiale
vedeva, al di là dei
rapporti fra coalizioni e alleanze, il prodromo dello scontro di classe all'interno delle singole nazioni. Tutti i paesi europei vissero in questo
periodo una contrapposizione forte e netta fra i due schieramenti. Non
dimentichiamo che fascisti erano presenti in Gran Bretagna, Francia e perfino
Usa.
Stando così le cose, il coinvolgimento dell’intera Europa non poteva che
dirsi sicuro a riprova ed anticipo di alleanze e diplomazie che
si sarebbero riviste assai presto Da subito si misero in luce l'ambiguità e la debolezza
delle democrazie!.
Dopo una primissima risoluzione a favore del non intervento, appoggiato
solo da alcuni, le azioni ed intenzioni dei vari stati iniziarono a prendere
direzioni differenti. Da una parte, la Francia e l’Inghilterra non se la
sentirono di intervenire in forze e piuttosto che favorire
incidentalmente la vittoria comunista, esse preferirono lasciare che la Spagna
se la sbrigasse da sola. In compenso, non
desistettero mai dalla convinzione che i repubblicani da soli avrebbero potuto
tener testa a Franco, a Mussolini e Hitler. Egoismo e pacifismo ideale di fronte alla
violenza, avevano questa volta minato il mito della Grande Europa Liberale. Che la Repubblica spagnola non avrebbe vinto lo si capì nel 1938 alla famosa conferenza di Monaco; La Francia e l’Inghilterra resero chiare
le loro intenzioni; il lasciapassare alla Germania era ormai
ufficiale: la Cecoslovacchia veniva abbandonata al suo destino, e l’Unione
Sovietica non fu neanche invitata là dove si decidevano le sorti dell’Europa.
Su pressione delle democrazie occidentali impegnate nella politica di "non
intervento", il governo repubblicano decise il ritiro dal fronte delle
Brigate internazionali, tenendo una parata di addio il 29 ottobre 1938 a
Barcellona. Prima ancora di Monaco, l’Italia di Mussolini e la Germania di
Hitler avevano intuito le prospettive offerte dalla situazione spagnola e si affrettarono a
sostenere Franco pur se con motivazioni diverse. La Spagna servì alla Germania da campo di prova per testare
le sue armi e strategie all’alba del conflitto mondiale mentre ancora vigevano
(sul suo territorio) le limitazioni del trattato di pace.
Hitler stesso dichiarò:
“Franco farebbe bene ad erigere un monumento alle pattuglie aeree
tedesche". Di tutt’altro tipo fu la risposta dell’Unione Sovietica, che
per quanto ostacolata da difficoltà di natura geografica (l’attraversamento
del Baltico e del Mar Nero, dove Hitler aveva posto i suoi sottomarini), inviò
aiuti ai repubblicani già nel 1936; e, ancora più importante, attraverso
l’Internazionale comunista organizzò le Brigate internazionali: comunisti,
socialisti, anarchici accorsi da tutto il mondo in soccorso dei repubblicani
spagnoli. Le battaglie videro soldati di una stessa nazione affrontarsi su due
fronti opposti; come a Guadalajara, dove le camicie nere ed i volontari italiani
delle Brigate si misurarono e combatterono una dura battaglia. Non va però
dimenticata la profonda conflittualità interna alle forze di sinistra che molto
probabilmente accelerò l’esito infausto della guerra. Il regista inglese Ken
Loach, nel bel film "Tierra y Liberdad" (1995), racconta i massacri di trotskisti
ed anarchici ad opera della matrice stalinista. L’anno era il 1937, una data
cruciale per la guerra civile spagnola, che finì per compromettere gravemente
la resistenza repubblicana.
LA CULTURA EUROPEA.
La guerra civile spagnola
ha avuto grande risonanza nel mondo e continua ad averla per la partecipazione
diretta o solidale della cultura contemporanea di sinistra. Tralasciando la
maggior parte degli spagnoli citiamo Unamuno, rettore dell'Università di
Salamanca che non riesce a condividere entrambe le fazioni " Vincerete,
ma non convincerete. Vincerete perchè avete la forza bruta sufficiente, ma non
convincerete..." e così aggiungeva "la grande guerra non l'hanno
vinta né gli uni né gli altri, l'hanno perduta tutti, portando due barbarie,
quella comunista e quella fascista". Il 4 luglio 1937 a Valencia si
apriva il 2° congresso degli scrittori, migrato poi in altri centri per due
settimane. Alberti, Machado, Leon, Neruda, Aragon e Malraux (combattente
armato) alcuni dei convenuti fra la inaspettata assenza di Hemingway (Per
chi suona la campana) John Dos Passos e Mann. André Gide il modello di
riferimento del 1° congresso era già stato proscritto, perchè parlava male
dei Russi. I distinguo sulle lotte interne alla sinistra usciranno molto dopo,
incrinandone l'immagine e la reale capacità rivoluzionaria. Un discorso a parte
merita Federico Garcia Lorca, poeta. Il 13 luglio, dopo aver cenato con Neruda e
nonostante gli amici glielo sconsigliassero, parte per Granada. Il 17 scoppia
l'insurrezione. Garcia Lorca (vita e opere sul sito
http://www.antoniogramsci.com/garcia-lorca/cronolog09.htm
) si nasconde in casa di amici dove il 19 agosto
viene scoperto. Condotto a Viznar, alla fonte delle lacrime, viene ucciso. Oltre
ai
vari scrittori, in Spagna solo come corrispondenti di giornali, c'era il fotografo
Robert Capa
famoso per la sua istantanea eretta a simbolo della guerra.
Ancor oggi si dibatte sulla sua veridicità con pareri discordi e contestazioni
.
da Alberto
Rosselli:
genovese, giornalista free lance e scrittore, si occupa da anni di tematiche
storiche e storico-militari dell'età moderna e contemporanea collaborando con
alcune delle più note riviste specializzate nazionali.
LE FORZE IN CAMPO - All'inizio dell'insurrezione
franchista, le Forze Armate Spagnole si divisero in maniera abbastanza
irregolare tra le due fazioni in campo.
L'Esercito Repubblicano poté fare conto su
36.000 soldati e ufficiali dell'Esercito regolare; 20.000 Guardie Civil, 25.000
Asaltos (milizia del ministero degli Interni costituita nel 1931 per difendere
la Repubblica) e 10.000 Carabineros. Le forze della Marina Repubblicana
assommavano a 1 corazzata, 3 incrociatori, 8 cacciatorpediniere, 5 torpediniere,
una cannoniera, 5 guardacoste e 6 sommergibili. Mentre quelle dell'Aviazione
disponevano di circa 200 aerei di modello superato. Alle truppe regolari
presenti nei due schieramenti si devono poi aggiungere quelle
"volontarie" reclutate in Spagna (nelle file repubblicane militarono
ben 400.000 "miliziani"), e naturalmente, le Brigate Internazionali. Tra il '36 e il '37, a difesa del governo repubblicano,
arrivarono in Spagna volontari provenienti da 52 paesi dei cinque
continenti, furono circa 40.000 (i caduti furono 9934 mentre 7686 furono feriti gravemente).
I primi contingenti,
organizzati dalla Terza Internazionale, entrarono clandestinamente in Spagna
attraverso la frontiera francese nell'ottobre 1936 e, dopo aver ricevuto un
sommario addestramento ad Albacete, raggiunsero Madrid, assediata dai
nazionalisti l'8 novembre.
La
ripartizione per nazionalità dei volontari delle Brigate Internazionali fu la
seguente: francesi 10.000, tedeschi 5.000, italiani 3.350, statunitensi 2.800,
inglesi 2.000, canadesi 1.000. Più diverse centinaia di yugoslavi, albanesi,
ungheresi, belgi, polacchi, bulgari, cecoslovacchi, svizzeri, nordeuropei,
messicani e africani. La partecipazione dei volontari italiani, inquadrati nella
Brigata Garibaldi, fu consistente, e mise in campo alcuni tra i maggiori
esponenti dell'antifascismo: i comunisti Togliatti, Longo e Vidali, il
socialista Nenni, il repubblicano (ex bersagliere) Pacciardi (la vita sul sito
http://www.geocities.com/soho/den/7257/numero3/paccia.html
Nel '41 negli Stati Uniti proporrà la formazione di una legione di volontari
italiani da impiegare poi sul fronte tedesco contro Hitler -ma non contro gli
italiani di Mussolini- a fianco degli U.S.A. Il progetto fallì per l'opposizione
del governo statunitense. Non accettò alcun compromesso con Badoglio e con la
Monarchia; per la sua intransigenza fu osteggiato da Churchill, e non poté
rientrare in Italia fino al '45. Divenne poi dirigente del partito repubblicano
e dal '48 al '53.da Romacivica).
Tra gli italiani figuravano anche
l'anarchico Camillo Berneri e il dirigente di Giustizia e Libertà Carlo
Rosselli, che furono tra i primi ad accorrere in Spagna e già nell’agosto del
1936 costituirono la “Colonna Italiana Francisco Ascaso”, una formazione di
circa 300 volontari di ogni fede politica. Modestissimo il numero dei "volontari"
sovietici (quasi tutti commissari politici), appena 557.
L'Esercito Nazionalista
disponeva, invece, di 7.000 ufficiali e 25.000 soldati dell'Esercito più 30.000
soldati appartenenti al Tercio (legionario) e alle truppe marocchine. A questi si sommavano
14.000 uomini della Guardia Civil, 10.000 degli Asaltos e 6.000 Carabineros. La
Marina nazionalista era composta da una corazzata (molto vecchia), un
incrociatore, un cacciatorpediniere, 3 torpediniere, 4 cannoniere e 4
guardacoste. L'aviazione contava appena 100 aerei, tutti di modello molto
antiquato. A fianco dell'Esercito Nazionalista prestarono servizio oltre 50.000
tra soldati e aviatori italiani, 16.000 tedeschi, 20.000 portoghesi, 600
irlandesi (che stavano sempre dalla parte opposta di dove stavano gli inglesi) e alcune centinaia di francesi, russi bianchi, yugoslavi e rumeni.
Alle truppe regolari presenti nei due schieramenti si devono poi aggiungere
quelle "volontarie" reclutate in Spagna. In quelle nazionaliste
confluirono, almeno inizialmente, 6.000 "requetés" - monarchici
carlisti - e circa 15.000 falangisti).
GLI
AIUTI: l'Italia, oltre ad ingenti
quantitativi di materiale aeronauatico e logistico, inviò in Spagna circa 6.000 aviatori, 763 aeroplani (tra cui 418
caccia, 180 bombardieri e 112 tra ricognitori-assaltatori, addestratori e
idrovolanti), 1.930 cannoni, 149 corazzati leggeri Ansaldo L3, 8 autoblindo
Lancia, oltre 240.000 fucili e 7.663
automezzi. Tutti questi mezzi, che la nostra industria
a differenza di quella tedesca non poteva rimpiazzare in tempi brevi, verranno a mancare
all'inizio della II guerra mondiale. Il tutto per un totale di circa 12 miliardi di lire del 1940.
La Germania forni a Franco un certo numero di moderni carri armati
leggeri Markl e Markll, alcune efficienti batterie antiaeree da 88 mm.,
pezzi da 105, mitragliere pesanti da 20 mm Mauser, mortai da 81 mm
e cannonicini controcarro da 37 mm. Più un cospicuo
quantitativo di rifornimenti di tutti i tipi. Senza contare i 542 buoni
apparecchi (di cui 246 caccia, 189 bombardieri e 107 tra trasporti ricognitori e
idrovolanti) che andarono a formare la Legione Kondor nella quale militarono
centinaia di piloti e specialisti della Lutfwaffe. U.R.S.S.
Stalin fornì alla Spagna Repubblicana 47 milioni di
rubli (raccolti tramite sottoscrizione del Comintern) più altri 70 milioni di
rubli forniti direttamente da Mosca. E' da sottolineare a questo proposito che
Stalin concesse al governo di Madrid tali somme soltanto in cambio del deposito
delle riserve auree spagnole trasferite allo scoppio della guerra nella capitale
sovietica, (questo oro, per inciso, non venne mai più
restituito alla Spagna). Complessivamente, secondo le stime del governo inglese,
tra il luglio del 1936 e il dicembre 1938, l'Unione Sovietica consegnò alla
Spagna Repubblicana 250 aerei da combattimento (tra cui caccia I-15 e l-16 e
bornbardieri SB-2 Katiuska), 1.400 autocarri, 731 carri armati leggeri e medi
BT-15 e T-26 superiori agli italiani, 1.230 pezzi d'artiglieria, centinaia di migliaia fucili e bombe a
mano. Senza contare le decine e decine di migliaia di tonnellate di rifornimenti
e attrezzature militari di tutti i tipi sbarcate nel corso del conflitto dai
piroscafi russi nei porti di Valencia, Alicante, Cartagena e Barcellona.
Notevole fu anche il contributo della Francia che, tra l'altro, forni alla
Repubblica 260 aerei da combattimento. Si
calcola che tra il luglio del 1936 e il luglio del 1938 siano giunti, attraverso
i Pirenei, al governo di Madrid 198 cannoni, 200 carri armati leggeri e medi (in
parte Renault FT.17 vecchio tipo), 3.247 mitragliatrici, 4.000 camion, 47 moderne
batterie d'artiglieria, 9.579 veicoli di vario tipo. Complessivamente, nel corso della guerra la Repubblica mise in
campo 2.461 apparecchi contro i circa 1.500 appartenenti all'aviazione
nazionalista.
LA
GUERRA - Il 15 agosto 1936, i ribelli nazionalisti riuscirono a
conquistare Badajoz, iniziando una grande avanzata in direzione est, verso la
valle del Tago. Il 4 settembre, nel nord ovest, i ribelli conquistarono Irun,
chiudendo i collegamenti tra la Francia e la regione basca: nello stesso giorno,
a Madrid, venne eletto un nuovo governo del Fronte Popolare, presieduto da Largo
Caballero, nel quale confluirono anche i nazionalisti baschi e catalani e,
successivamente (mese di novembre), gli anarco-sindacalisti. Ma l'offensiva dei
ribelli continuava e il 12 settembre i falangisti conquistarono San Sebastian.
L'8 ottobre, sette giorni dopo la nomina di Franco a capo dello Stato Spagnolo,
il governo repubblicano concesse l'indipendenza alle province basche che
nominarono un proprio governo alla guida del presidente José Aguirre. Il 6
novembre del '36, le forze franchiste iniziarono un potente attacco contro
Madrid, costringendo il governo repubblicano a trasferirsi nella più sicura
Valencia. Il 18 novembre. Adolf Hitler e Benito Mussolini riconobbero
ufficialmente il governo nazionalista. Il 26 aprile 1937, un piccolo paese, Guernica, balzò agli onori
della cronaca per un violento bombardamento dell'aviazione nazionalista. Il 18 giugno, dopo settimane di violentissimi combattimenti e
innumerevoli bombardamenti d'artiglieria e aerei, le forze nazionaliste
riuscirono a conquistare l'importante scalo di Bilbao, lanciandosi subito dopo
all'attacco di Santander. Sette giorni dopo la caduta delle Asturie, il governo
repubblicano, nell'intento di consolidare la sua posizione, abolì di fatto
l'autonomia della Catalogna (già revocata il 12 agosto) trasferendo da Valencia
a Barcellona la sua sede. Il 15 aprile, le forze "ribelli"
raggiunsero, al termine di una rapidissima marcia, la località costiera di
Vinaroz, ottenendo la divisione delle forze di Castiglia e Catalogna. Visto il buon andamento delle operazioni, Mussolini
iniziò a ritirare una parte dei
"volontari" italiani che combattevano a fianco dei nazionalisti, sulla base di un'intesa con
l'Inghilterra. Il 23
dicembre del '38 l'esercito nazionalista scatenò, da sud verso
nord, l'offensiva finale dell'Ebro per conquistare la Catalogna. L'avanzata, pur
validamente contrastata dalle residue forze repubblicane della regione (a quel
tempo, tutti i "volontari" sovietici e la gran parte di quelli
appartenenti alle Brigate Internazionali erano già stati rimpatriati), scardinò
uno dopo l'altro tutti i centri difensivi avversari posti a difesa del grande
fiume e, dopo un mese di violenti combattimenti, il 26 gennaio 1939, le prime
avanguardie motorizzate entrarono a Barcellona. Tra la fine di gennaio e i primi
di febbraio circa 200.000 soldati repubblicani chiesero asilo in Francia dove
vennero internati in grandi campi di concentramento. La guerra stava volgendo al
termine e il 27 febbraio l'Inghilterra e la Francia optarono per il
riconoscimento ufficiale del governo del generale Francisco Franco.
Il giorno
seguente, il presidente Azaña, che con un aereo si era rifugiato in Francia,
diede le sue dimissioni da capo del governo, lasciando il solo Negrin a
sbrigarsela con i franchisti. Questi, nonostante gli appelli dei governi di
Londra e di Parigi, volle continuare egualmente la lotta, sostenuto dagli
elementi più decisi della Spagna repubblicana. Tuttavia, il 6 marzo, a Madrid,
un colpo di stato militare organizzato dal generale repubblicano Sigismundo
Casado, allontanò dal potere Negrin. Per evitare la cattura, quasi tutta la
flotta repubblicana di base a Cartagena si rifugiò nel porto tunisino di
Biserta, dove venne internata dalle locali autorità francesi. Il nuovo governo
repubblicano tentò di perseguire una politica mirata ad una "pace
onorevole", ma questo indirizzo provocò un violento conflitto con la
compagine comunista, scatenando una crisi che sfociò addirittura in uno scontro
armato e sanguinoso tra fazioni appartenenti allo stesso schieramento. Il
Consiglio per la Difesa Nazionale repubblicana fu infine costretto ad accettare
la resa senza condizioni imposta dall'inflessibile generale avversario. Il 28
marzo del 1939, dopo avere firmato la capitolazione, i membri del Consiglio
fuggirono in aereo in Algeria: si lasciavano alle spalle un sogno dissolto dai
molteplici ed insanabili dissidi interni tra ala moderata e ala oltranzista, tra
comunisti e anarchici. La
Violenza, durante e dopo il conflitto, marcherà
indelebilmente questa pagina di storia e cercherà di riproporsi di li a poco in
Italia ed Europa anche a conflitto terminato.
Noi Italiani, appena usciti dalla guerra
d'Etiopia che ci era costata e
continuava a costarci in investimenti senza ritorno una cifra esagerata, andavamo ad impegnarci in un conflitto ideologico che, se pur valente in
Italia, non garantiva nessun risultato e nessun impegno a sostegno di future alleanze. Al
termine del conflitto il ragioniere dello stato presentò il rendiconto che
assommava (a lire d'allora) a oltre11 miliardi. La Spagna del dopo guerra
civile era impegnata alla ricostruzione e fino al 1940 non era riuscita a
rimborsarci che un ventesimo. Dopo, nonostante avessimo dimezzato le nostre
richieste, non ci restituì più nulla. Nel dicembre 1936 arrivarono per prime 3000
camicie nere avanguardia di tutti quei volontari che andranno poi a costituire
il C.T.V. (Corpo Truppe Volontarie).
Questi volontari, sia che fossero dei richiamati, con la mira di un posto
di lavoro a fine conflitto, che fossero militari di ferma con prospettive di
carriera, escluso gli alti ufficiali comandati, vissero l'avventura spagnola
come esaltazione del valore romano e mediterraneo nell'impero appena costituito.
Si disse
che l'occhio di Mussolini guardasse all'Oceano come quello di Hitler all'orso
sovietico, mentre più prosaicamente si può dire che questi cercava di avere il
fianco sud coperto da nazioni non nemiche e noi di sfogare una crisi interna al
regime che aveva portato gli oppositori a dire " Oggi in Spagna domani in
Italia". Agli inizi del 1937 il contingente assommava a 19.800 soldati
nella divisione Littorio, comandata dal bersagliere Annibale Bergonzoli e 29.000 camicie nere (3 divisioni della milizia).
Molti uomini erano richiamati delle classi del 1911/12, oltre quindi i trentanni,
e volontari stagionati o di partito in cerca dell'ultima occasione di successo.
Qualcuno disse che erano partiti anche dei galeotti, ma di questo non v'è
traccia. La destinazione della Spagna per molti fu una sorpresa, poiché si
erano offerti per i battaglioni lavoratori d'Africa. Il
18 marzo contrariamente al volere di Franco, l'intero corpo italiano si trovava
schierato a Guadalajara fronteggiando le brigate internazionali e principalmente
l'italiana Garibaldi. L'esito degli scontri non portò allo sfondamento del
fronte, rafforzando la posizione dei
repubblicani che ne approfittarono per cantare vittoria.
Batalla
de Guadalajara.
Tras la batalla del Jarama, Franco intenta el ataque a Madrid partiendo del
nordeste. En las primeras horas del 8 de marzo de 1937 comenzó la acción con un
combate aéreo llevado a cabo por 9 aparatos protegidos por una escuadrilla de
caza. La artillería entró al mismo tiempo en acción. Mirabueno fue tomado
rápidamente. El día 10, Brihuega y Jadraque defendidas por los “Leones Rojos” y
los “Leones de Alicante” son tomadas por los nacionales. En la noche del día 11,
Miaja desguarnece astutamente el frente sur ante Varela y traslada en camiones
sus tropas al sector de Guadalajara. Los nacionales que proseguían su avance
tranquilamente hacia Guadalajara, han de detenerse ante una fuerte resistencia y
el mal tiempo reinante, con fuerte viento, lluvia y nieve. El 12, los refuerzos
de Miaja se oponen al avance nacional, pero no pueden impedir la toma de éstos
de Trijueque. Encargado del papel fundamental de la operación el Corpo di Truppe
Volontarie (CTV) -tropas italianas al servicio del bando nacional- altas de
moral después de su reciente triunfo en Málaga, asumió el mando supremo de tal
operación el general italiano Mario Roatta, que tuvo a su disposición cerca de
50.000 hombres, encuadrados en cuatro divisiones motorizadas, mandadas por los
generales Rossi, Coppi, Nuvoloni y Bergonzoli, varias brigadas mixtas y,
cubriendo el flanco derecho, la División Soria, mandada por el general José
Moscardó Ituarte. En la línea central se produjo un gran amontonamiento de
carros de combate y hombres de la
columna italiana, y fue por ahí por donde los rojos iniciaron la noche del día
13, la contraofensiva con las Brigadas Internacionales. El día 15, los
nacionales evacuan Trijueque. Retroceden los voluntarios italianos y durante
varios días prosiguen los ataques marxistas que avanzan en toda la línea,
reconquistando Brihuega. Las divisiones italianas, desconcertadas y desasistidas,
pues no reciben la ayuda que esperan del sector Sur, emprenden una rápida y
desorganizada retirada, abandonando en su huida gran cantidad de material bélico.
La derrota italiana costó a los inicialmente atacantes, cerca de 6.500 bajas y
alrededor de 300 prisioneros y aunque, a la hora del recuento, habían avanzado
15 km. en profundidad, constituyó un rotundo fracaso, del que la propaganda roja
supo sacar no poco beneficio.
Il nuovo comandante
italiano, il Bersagliere BASTICO, sostituto di Roatta, pose mano al ridimensionamento del corpo,
sciogliendo due divisioni e rimpatriando uomini. Le divisioni sciolte, frecce
azzurre e frecce verdi, erano in effetti a personale misto italo-spagnolo con
prevalenza di questo nella truppa (80%). Gli
italiani d'ora in poi agiranno di supporto e sotto il comando franchista fino
alla battaglia di Santander dell'agosto 1937. Tenute poi in riserva, le
nostre forze furono utilizzate ad Aragona
(marzo 38) Ebro (aprile 38) Albentosa (luglio 38).Il rimpatrio continuo di
feriti, ammalati e caduti, aveva ulteriormente assottigliato le fila e pertanto
s'impose la regola di rimpatriare chi aveva già fatto 18 mesi di fronte,
sostituendolo con l'arrivo di un nuovo contingente (15.000 uomini) e la
ricostituzione di una divisione.
Il 26 Gennaio 1939 cadeva Barcellona e restava
aperto solo il fronte di Madrid. In previsione dell'assalto finale a Madrid,
altri 10.000 soldati furono inviati in Spagna in marzo, senza però prendere
parte alla caduta di Madrid alla fine del mese. La prova generale della guerra aveva
indicato vincente l'asse Roma Berlino ma sulla scena mancavano i grandi
protagonisti. Certamente la guerra aerea e motorizzata non sarebbe stata
diversa, ma anche i bombardamenti e le vittime civili n'erano un
futuro triste presagio. In quanto volontario e non partecipante a guerra
dichiarata, il Corpo Truppe Volontarie (C.T.V.) non veste simboli italiani, porta una
divisa kaki con mostreggiature e gradi spagnoli e scudetto della divisione
d'appartenenza. Gli unici riferimenti alla provenienza italiana, saranno le
camicie nere della div. XXIII marzo ed il piumetto che alcuni dei reparti monteranno quando la loro struttura
organica nel tempo resterà invariata. Gli
ufficiali d'ogni arma corpo e specialità sono dispersi alle varie unità e brigate.
Dai Bersaglieri vengono tratti uomini dal XXXII btg moto del 9° reggimento con
tutti gli ufficiali, due compagnie motomitraglieri e fucilieri dal 6° e 2° reggimento e un
plotone di ciclisti costituito in Spagna e inserito nel reparto celere della Littorio. I
Bersaglieri confluiranno nel Battaglione Motorizzato del
raggruppamento carristi che ebbe gli ex bersaglieri Capitani Oreste Fortuna e
PaoloPaladini (medaglie Oro) come primi comandanti. In Spagna caddero 3320
volontari e rimasero feriti in 11.200. 1.200 ufficiali vennero promossi al grado
superiore e quelli ritornati alla vita civile si videro riconosciuto un posto di
lavoro sicuro. I caduti italiani di Spagna sono sepolti al Sacrario Militare
Italiano di Saragozza.
Un recente contributo sul sacrario di Saragozza viene da una
tesi di laurea di Dimas Vaquero. Il neo laureato ha dovuto superare molte
difficoltà trovate nel suo cammino a partire dal
"divieto a poter consultare qualsiasi documento sulla Torre e sui loculi dei
soldati italiani da parte della amministrazione italiana" – come lui
stesso afferma nel prologo del suo Riepilogo della Tesi Dottorale –
al consulto dei diversi archivi della città di
Saragozza, con risultati negativi dove non si trova nessun dato sul processo di
costruzione di questo monumento". Dopo anni di contatti con
associazioni italiane e spagnole, ex combattenti, studio presso archivi spagnoli
ed italiani, visita ai luoghi e cimiteri dei caduti italiani sparsi su tutto il
territorio iberico, " ho trovato sempre più
interessante il tema che mi ero proposto: i morti italiani, i loro posti di
sepoltura, cerimonie e monumenti, loro simboli..... partire dai luoghi di Storia
per giungere ai luoghi della Memoria".
Nelle pagine di questi volumi
si possono trovare alcune sorprese, come: lo splendido esempio dell’agente
consolare Tranquillo Bianchi, simbolo di speranza per molti cittadini di Malaga
durante le epurazioni franchiste; Mussolini che offre ingenti aiuti a Franco
contro i repubblicani, ma poi chiude gli occhi al contrabbando marittimo per
rafforzare l’industria di guerra repubblicana contro lo stesso Franco e quindi
contro gli stessi soldati italiani che combattevano gli uni contro gli altri. La
presenza italiana nel conflitto fu pagata a caro prezzo dal popolo italiano:
"seguendo la lista dei morti, un gran numero di essi
provenivano da Napoli, Catanzaro, Bari, Messina, Cagliari, Catania".
Sono 236 le località spagnole dove ci furono caduti italiani: 3414 morti, 150
deceduti in Italia, 232 dispersi, 547 italiani morti dalla parte dei
repubblicani, di cui 22 sono sepolti nella Torre di Saragozza, mausoleo
dedicato, come afferma la dedica incisa sull’arco della torre
"L’Italia a tutti i suoi caduti in
Spagna". Il Dr. Dimas afferma: "Tutti devono
essere ricordati e a tutti si deve rendere omaggio, tutti diedero la propria
vita per una causa, molto rispettabile e così lo dimostra il Sacrario militare
italiano di Saragozza... Vissero anche loro la piccola guerra civile in terra
spagnola, con scontri fra patrioti, lontani dalla propria terra in schieramenti
diversi, triste riflesso di quello che è una guerra civile”.
Sempre dalla tesi…. Dopo lo
scoppio della guerra civile in Spagna, 18 luglio 1936, l’Italia di allora decise
di correre in soccorso dei nazionalisti spagnoli guidati da Francisco Franco:
74.285 soldati con 1.930 cannoni, 10.135 mitragliatrici, 240.747 fucili e 7.663
automezzi; 5.699 aviatori con 763 aeroplani; 91 unità navali. Sul fronte opposto
dei repubblicani ci furono altri italiani, i volontari delle Brigate
Internazionali, inquadrati in una forza internazionale cui partecipavano 40.000
volontari di 52 paesi dei cinque continenti. I volontari italiani, inquadrati
nella Brigata Garibaldi, furono circa 3.350.

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