CARLO MAZZOLI - A ventidue anni mi sono dato all’Italia. Vivo di essa e per essa, indifferente a tutte le gioie ed a tutti i dolori della vita - |
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Carlo Mazzoli, era nato a Cesena il 31 agosto 1879: nipote di
Felice Orsini (sua madre ne era la sorella) era entrato nel R.E.I da granatiere
(passando per l’Accademia) per poi essere inquadrato negli Alpini (Edolo - 5°
alpini) nel 1905 (8). Con questo reparto partecipa dall’ottobre 1911, come
Tenente fresco di nomina, alla campagna di Libia dove si distingue nei
combattimenti di Derna dell’11 e 12 febbraio 1912 (un argento e due bronzi).
Richiamato in patria e promosso capitano, allo scoppio della Grande Guerra passa
all’8° alpini e assume il comando della 97a compagnia del Btg. Gemona che è di
presidio in Val Dogna in Carnia, dove ancora una volta la sua fama è pari alla
sua scaltrezza. Era un uomo stravagante ed eroico, portava i capelli molto
lunghi, meritandosi dai suoi soldati l'appellativo di "Garibaldi della Val Dogna"
o “SCJAVELÂT” capellone.
Spiegava che il permesso di quel portamento gli scendeva direttamente dal re, ma
re o non re non si capiva come avesse potuto fino a quel momento frequentare una
qualsiasi guarnigione che non fosse di Montagna (in effetti la sua era una
compagnia (97a) di territoriali, ancora più informali, passata dal Gemona dell’
8° alpini al Monte Canin. In effetti, nessun superiore ebbe mai a punirlo e
certamente le sue medaglie gli consentivano diverse libertà.
LA BATTAGLIA DI META’ LUGLIO ('16) SULLO STRECHIZZA
La guerra d’altura, come già dissi, non ha migliaia di attori ma spesso pochi e
ben precisi il cui ricordo però è passato invano. Che la valle Saisera fosse
strategica lo si era capito da tempo e il suo pieno controllo, compreso il
Monte Santo di Lussari*, avrebbe potuto dare una svolta al conflitto.
*Monte Santo, secondo un'antica tradizione
(1360), che vuole qui apparizioni della Madonna. Nel 1760 la comunità dei fedeli
Sloveni (siamo in zona friulana slovena) celebrò il 4° centenario del Santuario
ma dopo qualche anno l'Imperatore d'Austria, Giuseppe II, vietò la celebrazione
di qualsiasi funzione religiosa. Il divieto finì col suo successore. Nel 1915 il
Santuario si trovò in prima linea subendo gravi danni. La statua della Madonna
venne portata a valle dal custode della chiesa, Giovanni Kravina. La statua
peregrinò per la Carinzia e la Slovenia fino al 24 giugno 1925 quando fece
ritorno sul Monte.
Non che questa fosse la
sola di strade, ma a queste altezze a volte un uomo in più o in meno faceva la
differenza, differenza che in pianura stava a una divisione in più o in meno.
Gli italiani - che occupavano dall'inizio delle ostilità il Jôf di Miezegnot -
tentarono di conquistare la Strechizza per aver campo libero con azioni nella
Valcanale e quindi verso Tarvisio, porta d’Austria. Ai piedi della Strechizza e
del contiguo Schwarzenberg o M. Nero (m. 1743) c’è Valbruna (a sbocco della Val
Saisera) e a due passi Tarvisio. A presidiare queste cime poche compagnie delle
sceltissime truppe di montagna della 59a Gebirgsbrigade, gente del posto, e da
parte italiana gli Alpini del Gemona. Gli alpini del M. Canin, un distaccamento
della 97a compagnia territoriale del Cap. Mazzoli, attaccò di sorpresa e
riuscirono in breve a occupare la cima della Strechizza sloggiando la compagnia
del tenente Gustav Kordin che trovò rifugio poco distante ma in posizione
chiusa. La disperazione o la consapevolezza di essere perduti portò il tenente
ad uscire col piccolo gruppo incontro agli italiani. Si racconta che i due
ufficiali cominciarono a spararsi e più si avvicinavano più i colpi erano
precisi. Li trovarono vicini, senza vita, uccisi entrambi da un colpo in fronte.
Una compagnia di riserva austriaca (7a), uomini plasmati da Julius Kugy,
rocciatori e alpinisti accorse portandosi a spalla armi pesanti come le
bombarde. Con tali armi fu possibile annientare le due postazioni di
mitragliatrice che gli Alpini avevano sistemato in cresta. Gli italiani si
videro perduti (nelle sue memorie, Stockinger parla di morti, feriti e qualche
resa). A differenza della pianura dove si faceva corvèe neutrale per lo sgombero
del campo di battaglia (qualche volta !), qui quando andava bene ti seppellivano
i nemici. A nulla valsero i tentativi di andare a salvare i feriti italiani
nella "terra di nessuno" fra Grande e Piccolo Jôf, poiché dalle postazioni
italiane un fuoco impietoso (rivolto agli austriaci) impediva il procedere. Per
tutta la notte fra il 18 e il 19 luglio 1916 i lamenti disperati dei ragazzi con
la Penna nera si levarono dai recessi delle rocce. Erano morti in 20 o poco meno
e vennero sepolti dagli austriaci in 4 fosse poco lontano da una cappella
dedicata a Zita moglie dell'imperatore Carlo. Una foto fatta dagli austriaci ha
permesso di dare un nome ad alcuni di essi D. Collini, F. Collini, Libero
Calligaro da Urbignacco di Buja. La burocrazia poi nel dopo guerra li aveva
dimenticati tanto che si pensa siano tutt’ora in loco e mai traslati a
Redipuglia. La battaglia di metà luglio non aveva interessato solo gli alpini ma
anche due compagnie di bersaglieri dell’11°. La targa ricordo cosi dice.
Compagnie 69/70/71 del Battaglione Gemona dell’8° alpini, 97a Monte Canin,
XXXIII btg dell’11°.
Sua caratteristica è anche il branco di cani che lo attornia e che conduce
all’attacco. Promosso maggiore per meriti di guerra (per conquista del
Mittagskofel 18 e 19 ottobre 1916), gli viene dato nei primi mesi del 1917 il
comando del battaglione “Val d’Orco” del 4° alpini alla difesa di Val Zebrù
sopra Bormio a Capanna Milano, q. 2.877 metri del gruppo dell’Ortles. Esperto di
guerra bianca da anche qui filo da torcere agli austriaci (che hanno messo una
taglia su di lui) e sempre coi suoi famosi cani che diventeranno strategia
ufficiale del comando supremo col centro di addestramento di Bologna.
In un breve intervallo comanda anche un reparto di fanteria sul Carso (Selz) e
qui a fine dicembre 1916 viene ferito da 13 schegge di granata al fianco
sinistro (secondo argento). Creduto morto si riprende per il comando del 4°
alpini come
detto (16 febbraio 1917). Nel maggio 1917 dopo accurato studio e preparazione,
si rende protagonista dell’azione di conquista di q. 3800 di cima
Königspitze*o
Gran Zebrù, quota che rimane la
più alta occupazione dell’esercito italiano raggiunta per “via ordinaria”. Ai
primi di settembre guida la riconquista della strategica q. 3555 di Punta
Trafoier (Trafoi), strappata dagli austriaci agli alpini qualche giorno prima con lo stratagemma
di una galleria di ca 1400 metri scavata nel ghiaccio (una volta successe che la
galleria italiana incontrò la contro galleria austriaca). Sorpreso dal metodo
insidioso e nuovo usato dal nemico, decide subito il contrattacco, scegliendo
però lo scontro diretto, frontale, vittorioso.
A fine guerra viene nominato nella Commissione Confini quindi assegnato al 2°
reggimento alpini e successivamente, come Consulente militare, parte per la
Cirenaica.
Dopo un breve rimpatrio ottiene un comando nella polizia coloniale
che scorta gli immigrati italiani alle nuove colonie agricole. Colpito da tifo
in una oasi, per l’acqua inquinata del pozzo, muore in ospedale a Bengasi il 2
giugno del 1928 (viene poi traslato nel cimitero di Cesena).
http://www.popso.it/donegani/frame/anniversario.html
L'Ortles è una delle montagne più imponenti delle Alpi Retiche meridionali e rappresenta il punto culminante del massiccio. Con i suoi 3902 metri di quota, risulta essere la più alta vetta della provincia autonoma di Bolzano e della regione Trentino-Alto Adige. In passato (nel 1915), era anche la più alta vetta dell'Impero Austroungarico (oggi la montagna più alta dell'Austria è il Grossglockner). Questa si trova completamente in territorio altoatesino (e non al confine con la Lombardia) poiché, a differenza delle altre maggiori vette del massiccio, quali il Gran Zebrù*(ll Gran Zebrù 3851 m, con il suo inconfondibile profilo conico, fa parte del gruppo dell’Ortles-Cevedale di cui è la seconda cima per altezza) o il Cevedale, essa non si eleva sulla dorsale principale bensì sul crinale che divide le valli di Trafoi e di Solda.
Without the transporter cable or teleferica, warfare on any considerable scale at high altitudes would have been impossible. It could bring up in extraordinarily short time supplies of all kinds, and the officers' mess on the Furcola above the Stelvio could telephone for anything' needed to the town of Bormio in the valley below, and in a few hours their order would have arrived at the teleferica station only a few yards from the mess. Good food was an absolute necessity for men who had to face such climatic conditions. 11,000 feet up there was to be found beautiful fresh butter, while in the cities of the plain, even in Milan, butter was unprocurable. There was plenty of fruit of every kind, including the famous candied fruit of Genoa, and stocks of the finest Chianti had migrated from Tuscany to the peaks of the Alps......The Austrian held the height record. He was established on the summit of the Ortler, over 13,000 feet above sea level, and even hauled up a mountain gun to this elevation. In the front line he held the highest peak of the Koenigspitze, while the Italians clung to another point 160 feet lower. To climb these mountains in winter would, before the war, have been a feat for a practised climber. Throughout the war, Alpine troops scaled them daily, carrying on their backs material of every kind, and soldiers lived all the year round in huts built almost on their summits. In bad weather the strain on the constitution and moral of the troops was terrible. The thermometer descended far below zero, and blinding blizzards drove masses of powdered snow through every crack and chink in the doors, windows and walls of the huts. The wind could be so terrible that any man who left shelter literally could not breathe, and all activity had to be confined to the tunnels cut in the snow or glacier ice. When the weather was fine, however, the troops lived in healthy conditions, and illness, apart from frostbite and heart strain, was unknown……
continua
per saperne di più
su
Ortles e Mazzoli,
le incisioni in
Val Dogna su Zita (Cappella del Basson) imperatrice e sulla sua vita
http://digilander.libero.it/freetime1836/libri/libri67.htm
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