opo Marco
Polo, fu il
gesuita Padre
Matteo Ricci il primo occidentale a presentarsi alle porte della Cina nel 1600. Iniziava così la penetrazione in
Cina del cristianesimo, senza prevaricare le divinità locali, operando
umilmente nel quotidiano. La gestione di una tipografia ed anche la
fusione di cannoni rendeva la loro presenza sinonimo di cultura e di
necessità.
Nei
primi decenni del 1700 tutti gli ordini ebbero libero accesso in Cina. Ben
presto si verificarono dispute teologiche, che portarono alla bolla del Papa
Lambertini del 1742 che dichiarava incompatibili fra di loro confucianesimo e
cristianesimo in contraddizione con quanto aveva cercato di fare Ricci fin dal
suo arrivo. Seguirono oltre 100 anni di persecuzioni verso le dottrine
straniere con alti e bassi fino a giungere alla metà del XIX secolo, quando l'interesse commerciale
delle grandi potenze viene attratto dal quel mercato smisurato di 350
milioni di persone. Nella prima metà del secolo gli inglesi si erano
dissanguati per acquistare te senza riuscire a esportare nulla verso la
Cina. Questa diffidente di natura considerava i prodotti occidentali
una cattiva copia dei loro (succedeva ad esempio per le porcellane). L'introduzione clandestina in Cina
dell'oppio (Guerra dell'oppio) in enormi quantità piegò nel giro di 30 anni la struttura
imperiale. La persecuzione o l'intolleranza verso gli occidentali o
cinesi convertiti, è la chiave con la quale le grandi potenze danno
inizio all'opera di penetrazione militare in Cina. Dapprima per prestare protezione, poi per ottenere scali commerciali ed infine vere e proprie
concessioni territoriali (vedi Hong Kong - Macao). Un'azione maldestra dell'Italia nel 1866 ci tiene fuori dalla
prima ondata. Gli stranieri in Cina passarono da 3.500 nel 1870 a 12.000
nel 1899 e con le loro “concessioni” ottenute, costituivano una sorta di Stato
nello Stato. Nel novembre del 1897 la Germania occupò la baia di Kiawchow ed
il porto di Tsingtao nello Shantung. Agli inizi del 1898 si mossero anche
Russia, Inghilterra e Francia, le quali si assicurarono vaste concessioni che
assegnarono loro sfere d’influenza in diverse zone della Cina. La Francia
pretese una base navale nella baia di Canton, la Gran Bretagna nel 1898
ottenne nuove basi al nord di Kow-loon di fronte ad Hong-Kong e l'affitto del
porto di Weihaiwei sulla costa del Golfo di Pechili, mentre la Russia occupò
Dalian e Port Arthur in Corea, strappando anche una concessione per la
costruzione di una ferrovia proprio fra Port Arthur e la tratta manciuriana
della Transiberiana. Ma un fatto era avvenuto che più di tutti aveva
avvelenato gli animi: la sconfitta contro i giapponesi nella guerra del
1894/5. La Cina veniva privata della Corea, di Formosa e di parte della
Manciuria. I francesi hanno già strappato il Vietnam
e i tedeschi le miniere dello Shantung. Migliaia d'altre piccole
concessioni e quartieri ormai sono in mano d'austriaci, olandesi,
inglesi e belgi.
La città proibita
"Vietato l'ingresso ai cani e ai cinesi"
recita un cartello a Shanghai.
Per spiegare e capire i fatti è necessario
però fare una piccola digressione e vedere l'organizzazione dello stato Cinese. Dietro le
porte della Città Proibita vive un regime feudale in sfacelo.
L'imperatrice madre Tsu Hsi vive circondata dai Mandarini (notabili)
dediti solo al dissanguamento delle varie caste, borghesi, artigiani e
popolino di campagna già in condizioni miserevoli. Le conquiste
occidentali della recente rivoluzione industriale sono fermamente
bandite dalla corte e dalle città. Al centro e al sud, tutto il potere
è nelle mani dei viceré che rappresentano ormai solo di nome la
sovrana. Questo crescente sfruttamento suscita
le ire segrete dell'imperatrice, degli intellettuali e delle immense
turbe di poveri che attribuiscono agli stranieri la causa d'ogni loro malanno.
Sono sorte sette in tutte le classi sociali perfino in quella dei
ladri. "Sterminate gli stranieri"; questo slogan della Società
dei Pugni Armoniosi "I H'o t'uan" (Boxer) viene più volte
scandito alla fine del secolo scorso nelle strade di quella che poi
diverrà la città di Pechino. I boxer sono in maggioranza contadini
ignoranti, vestono d'azzurro con una fascia rossa in vita e al capo, e
sono armati solo di una sciabola. I loro nemici sono i diavoli
bianchi e a seguire il clero, cattolico, protestante o ortodosso che dir
si voglia. Incontrollata e spontanea agli inizi, la protesta dei Boxer
viene ben presto incanalata e diretta dalla corte, che li chiama figli
diletti, ed in particolare dal principe Touan che era uscito vincitore
da una faida di palazzo. Questa faida l'aveva visto contrapposto assieme
alla
regina Madre all'altra parte del potere, l'imperatore e il principe Cing.
Ufficialmente l'imperatrice non parteggia ma neanche schiera quello
che resta del suo esercito per proteggere le legazioni dalle violenze.
All'epoca la città è formata da tre nuclei: a Nord la Tartara, a sud
la Cinese e inglobata nella Tartara la Città Imperiale. Le legazioni o
ambasciate costituiscono un gruppo d'edifici addossati alla Muraglia
Tartara, e leggermente discostate l'ambasciata italiana e
austro-ungarica.
Ci provò maldestramente anche
l’Italia ad avere una concessione (L'ambasciata o le ambasciate erano un
territorio di diritto di reciproco scambio ed era cosa comune che fossero
concentrate in particolari quartieri) nel 1899 con la consegna di un
ultimatum al governo imperiale cinese, affinché fosse concesso all’Italia
l’uso della baia ed i diritti esclusivi nel Ce-Kiang. Ma l’Inghilterra venne a
romperci le uova nel paniere facendoci fare dietro front. Un episodio
tragicomico per il quale Canevaro fu costretto a dimettersi, assieme al primo
governo Pelloux. Il 31 dicembre 1899 viene ammazzato per strada il
reverendo Brooks e subito dopo, a Pao Tin, 800 fra cinesi convertiti
e occidentali. Nei primi mesi del 1900 le violenze in città si fanno sempre più frequenti spingendosi anche nel quartiere delle legazioni. Alle proteste degli ambasciatori seguono manifesti su tutti i muri
della città che invitano alla rivolta e al massacro degli
occidentali. Il conflitto raggiunse il culmine nel maggio del 1900,
quando i Boxer, a cui s'era aggiunto l’esercito imperiale, attaccarono e
strinsero d’assedio le legazioni straniere a Pechino, dove fu anche ucciso
l’ambasciatore tedesco Von Ketteler ed il cancelliere di legazione giapponese
Sugiyama. Il 28 dopo una riunione plenaria nella legazione
Inglese viene diramata una richiesta d'aiuto a tutte le cancellerie. Tutte
le navi in navigazione devono far rotta su Tien Tsin porto della
capitale, e dare man forte alla difesa del quartiere
delle ambasciate. L'arrivo delle prime navi e lo sbarco di contingenti
di marinai inoltrati per ferrovia allenta la tensione (
http://www.club.it/culture/culture98/clara.bulfoni/
)
la missione di soccorso
I soldati
presenti in città, sono pochi, appena 500, con munizioni e viveri
scarsi. Il comando militare viene affidato dapprima a un austriaco, Thomas, sbarcato da una nave, poi quello militare e civile a un diplomatico
Sir. Claude McDonald. ambasciatore britannico. La stessa
città di Tien Tsin ora deve essere presidiata. Una nave in rada della
marina cinese ed i forti in mano all'esercito regolare destano una
certa apprensione.
La ferrovia è stata interrotta e la capitale ora è isolata. La prima mossa (17 giugno)
è di sbarazzarsi dei cinesi nei
forti di Tien Tsin in modo da consentire l'afflusso di una forza
internazionale. Primi ad arrivare sono i giapponesi e i russi, più
vicini di casa. A
Pechino la situazione precipita. Un ultimatum dei cinesi prevede lo sgombero degli stranieri entro 24 ore. Della
tensione è vittima il barone Tedesco De Ketteler assassinato per strada
mentre si reca a corte. Gli furono strappati gli occhi. La reazione dei
soldati tedeschi fu spietata ed ancor più quella del Kaiser
quando lo venne a sapere. La Cina era ufficialmente entrata in guerra
con le potenze occidentali. Iniziava l'assedio dei 55 giorni che avrebbe
avuto termine il 14 agosto. La città è isolata, la ferrovia interrotta
e il telegrafo non funziona. Anche gli Stati Uniti da poco
presenti in Asia (Guerra contro la Spagna per le Filippine) aderiscono alla spedizione. Il 5 luglio il
parlamento italiano autorizza la creazione di un corpo di soccorso al
comando del Colonnello Garioni
e i sottoposti T.Col. Salsa negoziatore d'Adua (Btg.
Fanteria) e T.Col.
Agliardi (Btg. Bersaglieri)
ovvero i 3 cinesi. Ne facevano parte molti veterani di Creta e dell'Eritrea; in tutto circa 2000 persone.
Il
Corpo di spedizione inviato dall'Italia era comandato dal Colonnello dei
bersaglieri Vincenzo Garioni, titolare al momento del 24° Reggimento fanteria, e si
componeva di:
-
un Battaglione di fanteria, comandato dal Ten. Col. f.(alp.) Tommaso Salsa,
costituito da quattro compagnie fornite da altrettanti Reggimenti (la 10a
dell'8° Rgt. "Cuneo", la 10a del 41° Rgt. "Modena", la 6a del 43° Rgt "Forlì"
e la 12a del 69° Rgt. "Ancona");
-
un Battaglione Bersaglieri "Estremo Oriente", comandato dal Magg. f.(b) Luigi
Agliardi (un ufficiale proveniente dal 5° Bersaglieri), composto da quattro
compagnie, una fornita dai Reggimenti 5° e 9° (di stanza rispettivamente a
Roma e a Livorno) che avevano pure approntato lo Stato Maggiore del Corpo, una
dai Reggimenti 8° e 1 ° (di stanza a Napoli e a Palermo), una dai Reggimenti
4° e 11° (di stanza a Bologna e ad Ancona) e una dai Reggimenti 2° e 6° (di
stanza a Milano e a Verona);
-
una batteria mitragliatrici, con quattro Gardener e personale d'artiglieria,
comandata dal Cap. a. Alcide Vallauri;
-
un distaccamento misto del Genio su tre drappelli (zappatori, pontieri e
telegrafisti ottici) provenienti dal 1° e dal 3° Reggimento, comandato dal
Ten. g. Vito Modugno;
-
un ospedaletto da campo con cinque letti; - un drappello sussistenza con
quattro forni mobili in ferro;
-
un drappello di Reali Carabinieri (un maresciallo, un vice-brigadiere e sei
militi) alle dirette dipendenze del Comando (va ricordato che alcuni di questi
carabinieri rimasero successivamente a presidio della nostra concessione anche
dopo il rientro in patria del contingente).
Il Corpo di
Spedizione italiano contava dunque, in tutto, 83 ufficiali, 1882 fra
sottufficiali e truppa. La truppa poteva contare su un soprassoldo di 40
centesimi, che saliva a 2 lire per i sottufficiali e a oltre 8 lire per gli
ufficiali. La razione viveri prevedeva 750 g di pane, 375 g di carne, 125 g di
riso o pasta, 15 g di caffè, 20 g di zucchero, 20 di sale, 0,5 g di pepe e 15
g di lardo. L'uniforme si componeva di divisa in tela (scadente e confezionata
frettolosamente), elmetto di sughero coloniale e stivaletti: un vestiario
pesante e ingombrante, pensato per fare magari la campagna in Africa, ma poco
adatto al rigido clima cinese, che in alcune regioni del nord raggiunge
persino i - 20° sotto zero.
Alessandro Ferioli Itc
Leopardi
Ma esiste anche un'altra versione la sola 1a compagnia/2° reggimento, 7a cp/5°
rgt, 7a cp/8° rgt, 8a cp/4° rgt di Ramius
scene da una rivolta
http://digilander.libero.it/trombealvento/fattori/boxer.htm
galleria di illustratori
Mentre il corpo di spedizione si riunisce, viene fatto partire con
estrema urgenza l'incrociatore Ettore Fieramosca seguito a breve
distanza dal Vittor Pisani con compagnie da sbarco della marina. Il contingente
parte da Napoli il 19 luglio, alla presenza
del Re Umberto I che di li a pochi giorni perirà per mano
dell'anarchico Bresci a Monza. Sono necessari 50 giorni di navigazione
per raggiungere i mari della Cina e per i resistenti di Pechino potevano
essere troppi. Più che in aiuto saremmo arrivati per
vendicarne la morte e seppellirne i corpi. All'interno di Pechino al
contrario la situazione sembra reggere. Contingenti di francesi e inglesi
sono già arrivati dalle
vicine colonie. L'unica incognita resta l'esercito cinese di cui si
conosce la consistenza, ma che finora non ha mai attaccato per
primo. Nel resto della Cina la situazione è tranquilla. Passano alcuni giorni e notizie
trapelate fortunosamente
invocano l'intervento al più presto. Alla fine del mese circa 14.000
uomini (per metà giapponesi), compresi 35 marinai italiani sbarcati, si mettono in marcia verso Pechino. Le due colonne
del contingente si scontrano con gli insorti il 5-6-12-13 agosto ed
il 14 i cosacchi russi s'impadroniscono delle porte meridionali della
città. L'assedio è ormai rotto, la cattedrale liberata.
Quando le
avanguardie dell'armata internazionale entrano a Pechino, l'imperatrice
è già scappata a Sian travestita da contadina e Il principe Touan
destituito e sostituito da Cing, più disponibile verso gli occidentali.
Al terrore cinese stava per sostituirsi il controterrore europeo. Già
riecheggiano le minacce del Kaiser, (Non fate prigionieri... il nome della
Germania dovrà diventare famoso come quello di Attila, che nessun
cinese osi più guardare negli occhi un tedesco) a cui fanno seguito le
usanze tribali dei guerrieri indù Sikh della Gran Bretagna e dei cosacchi
russi. Le città più compromesse vengono rase al suolo. Le truppe
internazionali, che sono state poste sotto il comando del Maresciallo
Tedesco Waldersee, procedono in tutto il nord al saccheggio e alla
sommaria esecuzione delle autorità locali. Una tempesta ha attardato
il contingente italiano che sbarca il 29 agosto a Taku.
Ai nostri vennero affidate
diverse missioni per smorzare le ultime resistenze all'interno della Cina.
Ricordiamo quella del 2 settembre, consistente nell'espugnare i forti di
Chan-hai-tuan: un incarico particolarmente gravoso, se si considera che già
altri reparti vi si erano cimentati invano, e che nel frattempo agli assediati
erano giunti due squadroni di cavalleria di rinforzo. Gli italiani
annoveravano 470 uomini su tre compagnie, due di bersaglieri e una di marinai,
e malgrado l'inferiorità numerica degli attaccanti il nemico fu costretto dopo
tre assalti a ritirarsi, abbandonando persino le armi per correre più
velocemente. In un' altra circostanza i francesi, in segno di spregio agli
ordini del Feldmaresciallo von Waldersee, avevano occupato il villaggio di
Paoting-fu, che era stato affidato al controllo degli italiani e dei tedeschi,
prima ancora che questi potessero giungervi. Non avevano però fatto i conti
con il Col. Garioni, per nulla disposto a subire l'affronto senza reagire:
così una notte, alla testa di 330 uomini, egli riuscì ad introdursi a
Cunansien, una cittadina in quel momento assediata dai francesi, e ad issare
il tricolore nella sua piazza principale. Purtroppo, dietro l'aneddoto si può
leggere facilmente una realtà poco edificante: gli italiani erano troppo
inferiori ai loro alleati per numero di uomini, uniformi ed equipaggiamento, e
una delle loro preoccupazioni principali - in mezzo a tante quotidiane
umiliazioni - doveva essere quella di tenere sempre alto l'onore. Ad ogni
modo, neppure i nostri connazionali rinunciarono alla spartizione
"autorizzata” del bottino che sistematicamente teneva dietro ai
rastrellamenti: dopo l'occupazione della banca di Paoting-fu, e la confisca
dell'intero suo deposito, il contingente italiano ebbe circa 26.000 dollari.
Il rientro in patria delle truppe del Contingente cominciò nei primi giorni di
agosto 1901. Due compagnie di bersaglieri fecero ritorno l'anno successivo, e
le restanti compagnie piumate, unite in un battaglione misto, rimasero in Cina
sino al 1905.Alessandro Ferioli - Il presente articolo è stato pubblicato sulla rivista
«I Bersaglieri», periodico della ANB della Regione
Autonoma Friuli-Venezia Giulia nel 2001
Gli
screzi all'interno della coalizione, (la Francia s'è dissociata dalle
operazioni di Waldersee), e la incomunicabilità con le
altre grandi potenze ci causano un senso di frustrazione e inferiorità. Mentre gli altri paesi hanno fatto
affluire generali e marescialli, gli italiani hanno un
colonnello come più alto in grado, che non viene nemmeno consultato
nelle decisioni militari.
Il freddo inverno del nord è alle porte.
Scrisse Barzini sul
Corriere della Sera "... che questi eroici giovanotti si sentano
tanto ridicoli e avviliti: non si può andare all'assalto coperti di
palandrane cinesi di tela variopinta messe solo per non morire dal
freddo." Là, dove saccheggi e ruberie sono ordinaria
amministrazione, i nostri soldati poveri all'aspetto, si fanno almeno notare
per correttezza.
Il colonnello Garioni, comandante, è corteggiato dai notabili che lo
pregano d'assumere la protezione di una città o quartiere. La firma
della pace ufficiale va intanto per le lunghe, favorendo il principe Cing
che conta sui dissapori all'interno della coalizione. Il 7 settembre 1901 si ebbe la firma del
“Protocollo dei Boxer”, che stabilì: il pagamento da parte della Cina di 450
milioni di tael haikwan di riparazioni
(dilazionati), che cresceranno con gli interessi a 980. Nel 1941
all'epoca dell'invasione Giapponese la Cina stava ancora pagando il debito. Il risultato non
fu la completa colonizzazione, ma solo l'allargamento delle
concessioni. All'Italia Tien Tsin. Gli unici che
rifiutarono il denaro per i danni, furono gli americani che lo
destinarono alla loro Università a Ching Hua. Qui
contavano di formare una nuova classe dirigente che in futuro avrebbe orientato il paese, predisponendolo favorevolmente nei loro confronti
!!!. Nel 1900 Mao Tse Tung è ancora un bambino, ma nel giro di dieci anni
qui viene proclamata la repubblica. Il giovanissimo Pu Yi nipote di
Tsu Hsi finisce re fantoccio sul trono giapponese del ManciuKuò. La Cina usciva dal medioevo ma il risentimento contro
gli occidentali sarebbe continuato ancora per molti anni. La chiesa cattolica ufficiale è stata cancellata. Il Vescovo di
Pechino fa il portiere in un caseggiato popolare. Il 4 agosto 1901 i contingenti
internazionali vengono intanto ridotti.
In Cina rimangono 620 bersaglieri ridotti
l'anno dopo a 470. La nostra rappresentanza fu completamente smobilitata
nel 1905 ad eccezione del personale e dei marinai del battaglione S.
Marco nella concessione di Tien Tsin che ammainerà la bandiera l'8 settembre 1943. Una delle conseguenze del collasso della Cina fu
l'indipendenza del Tibet ancor oggi discussa. In Cina, col forzamento
delle frontiere, prese piede una fiorente industria tessile (già c'era
la coltivazione del baco da seta) . In Italia il nuovo secolo iniziava
con un nuovo re. I grossi problemi sociali, che avevano caratterizzato gli ultimi
anni del secolo XIX, furono in parte attenuati dall'emigrazione e da uno sviluppo industriale che vedeva
comparire sulla scena le automobili (FIAT 1899), il cinema, la luce, il
telefono.
Galleria di immagini
http://associazioni.monet.modena.it/messerot/tientsin.htm#due